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25/02/10

Ricominciare a dire Amen.


La parola Amen è una parola straordinaria.

So tratta di una traslitterazione dall'ebraico biblico al greco del Nuovo Testamento, poi in latino ed in italiano e in molte altre lingue, così che è in pratica una parola universale.

È stata definita la parola più conosciuta nel parlare umano.


E' utile ricordare che l'avverbio ebraico אמן ámén significa soprattutto "certamente", "in verità", ma etimologicamente è connesso con il verbo אמן ámán, che significa (in forma base, cioè qal) "educare".


Da una parte, quindi, quando noi diciamo amen, ci riferiamo ad un "esser certo, sicuro", "esser veritiero, vero" - il sostantivo derivato אמת emet significa infatti "ciò che è stabile e fermo", quindi "verità" .


Amen è proprio la parola che Gesù pronuncia nel Nuovo testamento, quando introduce i suoi discorsi: "Amen, amen, dico a voi" - con il significato: "In verità vi dico", "Ciò che dico, è vero e certo".

Se ripetuta al termine dell'ascolto della parola divina, quindi 'amen' ha un significato che esprime con forza il concetto di affidamento.

Può essere tradotta: così è, così sia, in verità.

Quando diciamo Amen diciamo due cose insieme: è la verità, è questa la verità. E poi (non meno importante, anzi): io mi affido a questa verità.


Af-fidarsi è oggi l'esercizio più difficile. Che possiamo sperimentare nel silenzio dei nostri pensieri, quando siamo in grado di riconoscere la verità e di pronunciare - con una semplice, antichissima parola (quasi primordiale) - il nostro intero credo.

30/11/09

La vecchiaia e la Sintesi di una Vita - Vito Mancuso rilegge Wittgenstein.

Vorrei oggi riportarvi questo bellissimo articolo, scritto da Vito Mancuso, che racchiude alcune delle ultime riflessioni del Card. Carlo Maria Martini. Penso ci sia davvero molto su cui meditare. A partire dalla vicenda descritta all'inizio dell'articolo che sfiora una delle personalità centrali del Novecento filosofico, Ludwig Wittgenstein.

LA SINTESI DI UNA VITA

Nei primi mesi del 1916 Ludwig Wittgenstein, volontario nell' esercito austriaco, si trovava in Galizia sul fronte orientale col reggimento impegnato a sostenere il più grande attacco nemico, la cosiddetta Offensiva Brusilov. In mezzo a perdite altissime la sua azione dovette essere di un certo rilievo visto che il 1° giugno venne promosso caporale e il 4 decorato al valor militare. Pochi giorni dopo, l' 11giugno, colui che diventerà uno dei più grandi logici e filosofi delNovecento, annota sul suo quaderno: «Il senso della vita, cioè il senso del mondo, possiamo chiamarlo Dio. Pregare è pensare al senso della vita».

Io penso che per ogni essere umano la vecchiaia sia paragonabile a una trincea della Prima guerra mondiale. Sono finite le cerimonie, le marce, le sfilate, gli inni, le retoriche che fanno da preambolo non solo alla vita militare delle retrovie, ma anche alla vita quotidiana nella gran parte dei suoi momenti. Giunge il momento del redde rationem, il leopardiano «apparir del vero». Chi arriva alla vecchiaia non ha più nessuno davanti, è in prima linea sul fronte dell' essere o del nulla. E penso sia naturale in questa stagione dell' esistenza guardare al senso complessivo della vita, della propria e di tutti gli amici che si sono visti cadere, con un'intensità esistenziale paragonabile a quella di un soldato in trincea.

Ciò che Wittgenstein percepì a 27 anni di fronte al fuoco dell'esercito russo ogni uomo che prenda sul serio l' esistenza è destinato a sperimentarlo quando inizia a sentire arrivare il termine dei suoi giorni. Non è un caso quindi che il cardinale Carlo Maria Martini,riflettendo sulla preghiera dall' alto dei suoi 82 anni, abbia sentito anzitutto il richiamo di un grande vecchio della letteratura biblica quale Qohèlet ricordandone la celebre descrizione allegorica degli effetti fisici della vecchiaia, quando le mani («i custodi dellacasa»), le gambe («i gagliardi»), i denti («le donne che macinano»), gli occhi («quelle che guardano dalle finestre»), le orecchie («ibattenti sulla strada») non funzionano più come prima, preludio al momento in cui l' uomo se ne andrà "nella dimora eterna".

In questa prospettiva la preghiera di chi è anziano per Martini è anzitutto ricerca di consolazione interiore di fronte alla crescente fragilità che la vecchiaia comporta, è richiesta della ragione e del sentimento che un senso definitivo della vita ci sia e che a questo senso si possa personalmente partecipare. Il cardinal Martini però aggiunge un'ulteriore considerazione sulla preghiera di chi è anziano, rivolta ora non più al futuro ma al passato, e qui a mio avviso egli tocca il momento più alto del suo scritto.

Mi riferisco a quando egli parla degli anziani come di coloro che hanno raggiunto «una certa sintesi interiore» e che per questo possiedono «uno sguardo di carattere sintetico sulla propria vita ed esperienza». Aver compiuto un lungo cammino non significa solo vederne la fine, significa anche potersi voltare e vederne per intero il percorso. Da questa altezza può scaturire «una lettura sapienziale della storia e del mondo», per descrivere la quale Martini giunge a coniare in perfetto stile evangelico una vera e propria beatitudine, una nona beatitudine che non sfigurerebbe come prosieguo delle otto beatitudini proclamate da Gesù nel celebre Discorso della montagna: «Beati coloro che riescono a leggere il proprio vissuto come un dono di Dio, non lasciandosi andare a giudizi negativi sui tempi vissuti o anche sul tempo presente inconfronto con quelli passati!». Martini sa bene che il giudizio negativo sul presente è una delle tipiche malattie che affliggono lo spirito della vecchiaia, quando la consapevolezza che presto per sé sarà la fine conduce spesso a un rapporto amaro e risentito con ilpresente, valutato solo come progressiva decadenza rispetto "ai miei tempi".

Ma il cardinale aggiunge che a un uomo può capitare di peggio,cioè di guardare indietro alla propria esistenza e di vedere solo macerie (talora anche le ricchezze e gli onori ricevuti non sono altroche macerie perché costruiti con la frode e a prezzo dell' onestà personale). Ne viene che non solo il futuro ma anche il passato
risultano avvolti da un disperato senso di vuoto. Può capitare, e se capita è forse la più grande disgrazia per la vita di un uomo. Per questo «beati coloro che riescono a leggere il proprio vissuto come un dono di Dio», cioè come dotato di senso, di logicità, di sincerità, di rettitudine.

Pregare è pensare al senso della vita, scriveva Wittgenstein; pregare è pensare con riconoscenza e con gioia alla storia della propria vita, aggiunge il cardinal Martini. Felice quindi chi ha lavorato su di sé per essere in grado di coltivare questi sentimenti, essendo diventato così libero dal proprio ego da poter dire grazie alla vita anche al cospetto della fine cui il proprio ego inevitabilmente va incontro.

Per quanto concerne la modalità concreta della preghiera, Martini ne distingue due forme fondamentali, quella vocale fatta di recitazione di formule e di partecipazione alla liturgia comunitaria, e quella mentale, più personale, intima, colloquiale. Egli dice che generalmente col progredire dell' età «diminuisce la preghiera mentale per la minore capacità di concentrazione» e quindi aumenta la preghiera vocale, con la conseguenza che si ritorna a pregare quasi come si faceva da bambini,quando si ripetevano formule misteriose sentite dai grandi. Si trattadi una considerazione molto cattolica da cui emerge il valore dellacomunità. Nella trincea di fronte all' essere e al nulla non si è da soli, ma si può contare sulla relazione con altri, su ciò che ladottrina chiama "comunione dei santi", e che a me, e penso anche al cardinal Martini, piace allargare abbracciando santi per nulla canonici, tra cui il caporale Wittgenstein e tutti i giusti che primadi noi hanno lasciato questo mondo.

VITO MANCUSO

12/06/09

Il Miracolo dell'Airbus - Una storia di fede.


Credo che tutti, di questi tempi, abbiamo bisogno di notizie un po' diverse di quelle che ci propinano giornalmente i media, e che davvero restringono il campo delle cose umane a beghe di cortile, o di pollaio. La notizia che vi riferisco qui sotto è diversa, e merita forse una riflessione. La pubblico a beneficio dei lettori de Il mantello di Bartimeo.


Giugno 2009 di Natalia Von Korsch, Rio de Janeiro.


Religioso rinuncia ad imbarcarsi sul volo della morte dopo che un’amica riceve messaggio divino
Rio


La voce di Dio ha salvato dal volo 447 dell’Air France il pastore missionario dell’Assemblea di Dio a Parigi, Gláucio Oliveira, 29 anni. Il religioso già aveva prenotato un posto sull’aereo che è caduto nell’Oceano Atlantico quando ha ricevuto, lo scorso giovedì, un ‘ordine’ di non continuare con il viaggio. Il messaggio è stato dato da un’amica.

Jussara Gonçalvez, 37 anni, partecipava ad un gruppo di preghiera ed è stata chiamata dalla collega Renata Carnevale, 30 anni, che diceva di aver ricevuto un messaggio dal Signore. “Non lasciare che l’uomo vada in viaggio, la sua fossa è aperta. Morirà”, ha detto Renata.

Piangendo molto, Jussara ha chiamato nella stessa ora il pastore. Spaventato, Gláucio non ha confermato la prenotazione: “Sono andato dalla TAM sabato, ma dato che un amico, anch’egli pastore, è morto in un incidente della compagnia, io volo soltanto con Air France, che consideravo l’aereo migliore del mondo. Ma Dio mi ha mandato Renata che ha ricevuto la rivelazione che se fossi entrato in quell’aereo la mia fossa era aperta.


Noi ci siamo visti solo una volta, lei non sapeva del mio viaggio. Tuttavia, quando la Jussara mi ha trasmesso il messaggio, ero terrorizzato. Ho pregato Dio e ho sentito in cuore che non dovevo andare. Egli è stato fedele con me, perché io sempre gli ho obbedito.”

Renata, la donna che ha salvato la vita del pastore, è a letto dalla mattina di lunedì quando ha appreso dell’aereo caduto. Per telefono, ha confermato di aver ricevuto un messaggio da Dio: “Non è stata una visione, ho solo consegnato un messaggio da parte del Signore.”

fonte: Terra.com.br (ripreso dalle maggiori agenzie internazionali di stampa).

25/02/09

PARCE MIHI DOMINE - Quando la preghiera si fa musica - Jan Garbarek

 

Capita a volte che la musica sia la porta più semplice per arrivare a Dio. E' questo il caso di un disco particolarissimo, che spesso metto sul mio stereo. Lo ha realizzato anni fa Jan Garbarek. Si intitola Officium. Sono elaborazioni moderne (Garbarek è un grande sassofonista) sulla base di canti gregoriani del XV. secolo . Vi riporto qua sotto la scheda tratta da http://ruckert.splinder.com/ ma poi vi invito a guardare semplicemente questo video (o ad ascoltare soltanto la musica) e ad abbandonarvi completamente. Islanda. Un oceano irregolare di lava raffreddata si distende fino all'orizzonte. Manfred Eicher il percorre con la sua auto la strada. Era, come sempre, pensieroso e pronto a far esplodere la sua mente in mille idee, spesso meravigliose quanto folli, ma capaci di rendere la sua casa discografica - ECM records - una delle più importanti al mondo per la diffusione della musica contemporanea.

In sottofondo, a far da contorno a quel'affascinante paesaggio lunare, la musica dell'Officium defunctorum di Morales (XVI° secolo). Passano i giorni nella fredda e desolata Islanda. Nella mente di Manfred le idee iniziano a raffreddarsi e stratificarsi lentamente. Nei suoi pensieri riecheggiano contemporaneamente ascolti recenti, musiche del passato e del presente, i canti polifonici medioevali ed il sassofono inconfondibile di Jan Garbarek, musica antica e jazz.

Poi tutto trova d'incanto la sintesi in un'idea assurda e coraggiosa: unire le improvvisazioni di Garbarek con le voci di un lontano passato del quartetto vocale inglese "The Hilliard Ensemble". Così nacque "Officium", uno dei lavori discografici più indescrivibili, affascinanti, coraggiosi, intriganti e profondi degli ultimi vent'anni.

Un incontro impossibile tra musiche di epoche diverse, un paradosso temporale cui è impossibile dare un nome e tantomeno un'etichetta. Un quartetto vocale esegue brani polifonici di musicisti vissuti fra il 1200 ed il 1500, mentre in sottofondo il "jazzista" Jan Garbarek improvvisa con il suo sassofono. Che fortuna può avere una follia del genere? Da come venne accolto il disco all'epoca della sua pubblicazione nel 1994, vien da pensare che avevano ben ragione i latini nel dire: "Audax fortuna iuvat". Il disco ebbe un grande successo, tenuto anche conto dell'ambito colto al quale si rivolgeva. Un successo non solo di vendite, ma anche di critica. Certo come sempre non mancarono alcune voci sfavorevoli, ma furono comunque minoritarie. I più furono affascinati dalle peripezie di Garbarek che con semplicità si univa alle voci del quartetto vocale inglese. Questo accostamento in apparenza innaturale e assurdo riesciva ad avere e dare un senso di estrema naturalezza, linearità e continuità. Un disco unico insomma. Questa musica regala pace ed oggi riavvicinandomi ad essa ho constatato che gli anni non hanno modificato la percezione ed il ricordo di questi suoni sereni, spirituali ed intensi. Immobile nel tempo, sospesa nello spazio questa musica non invecchia e vive autonomamente in un luogo che non esiste e non è mai esistito se non nella mente meravigliosamente folle di un produttore discografico. Chissà se Manfred quel giorno era consapevole della forza della sua idea.

22/05/08

Taizè - Jesus le Christ - una esperienza mistica d'ascolto.



Di tutti gli splendidi canti di Taizè, questo è secondo me forse il più suggestivo: Jesus le Christ, composto da J. Berthier.

Ascoltarlo nella grande, immensa Chiesa di Taizè, recitarlo insieme a migliaia di persone, come avviene ogni giorno, è una esperienza indimenticabile.

Qui sopra lo ascoltate in una occasione recente, durante il Meeting Europeo di Ginevra, il 28 dicembre 2007.
Qui sotto lo ascoltate invece nell'originale - e senza sovrapposizioni di altre voci - e con splendide foto di accompagnamento.
E' una preghiera. (comunità di Taizè - www.taize.fr )

17/05/08

La Preghiera secondo Gesù.




Nei Vangeli Gesù fornisce spesso indicazioni molto molto precise su cosa è la fede.

E in un mondo che sembra aver puntato tutto sulla idolatria dello sguardo - "credo solo in ciò che vedo" - Gesù non si stanca mai di raccomandarci esattamente l'opposto.

Ovvero la fede. Che è basata sul prima e non sul dopo. Su quello che speriamo e non su quello di cui abbiamo certezza e che vediamo.

Nell'episodio evangelico della Maledizione del Fico, dopo che i discepoli hanno constatato che il Fico maledetto da Gesù si è nel giro di pochi minuti, di poche ore, seccato, Gesù ancora una volta li ammonisce su cosa è la fede.

Con queste parole (Mc. 11,22) :

Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! [23]In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. [24]Per questo vi dico: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà accordato. [25]Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».

La fede dunque è 'credere che quanto si dice avverrà'.

Ma è molto più preciso di questo: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà accordato.

Sembra dunque che bisogna pregare 'credendo di avere già ottenuto'.

Non è affatto semplice come sembra: chi è che mentre prega "crede già di aver ottenuto" ??

Mentre preghiamo, di solito, siamo tutto meno che sicuri. Siamo deboli, esitanti, dubbiosi, speranzosi, ma timorosi di illuderci, in una parola sola: non abbiamo poi così tanta fede. E' più vicino all'idea di come se stessimo partecipando ad una scommessa: io ci provo, e vediamo se verrò esaudito.

Non è così che Cristo ci dice di fare.

E chi è poi che - mentre prega - 'se ha qualcosa contro qualcuno' - mentre prega, perdona ???

Pregare: una cosa che sembra facile facile. Ma non lo è affatto.