Visualizzazione post con etichetta poesia latina. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta poesia latina. Mostra tutti i post

23/05/21

Poesia della Domenica: "Guarda il Soratte carico di neve" di Orazio (Odi, I,9)

 




Odi, I, 9


Guarda il Soratte carico di neve
e i rami stremati sotto il peso
e i fiumi rappresi
per il freddo pungente.

Sciogli le membra gelate, getta legna
sul fuoco, e dall’anfora sabina
mesci in abbondanza, Taliarco,
il vino invecchiato per quattro anni.

Il resto, lascialo agli dei. Ecco, si placa
la rissa dei venti sul mare che ribolle,
i cipressi e i vecchi orni
non si muovono più.

Che cosa avverrà, non chiederlo:
tutto ciò che la sorte ci assegna è guadagnato.
Sei giovane: danza, fa’ l’amore
senza rimorsi,

finché è verde l’età ed è lontano
l’astio della vecchiaia. Cerca le piazze,
le parole bisbigliate nella notte
all’ora stabilita,

il riso traditore che ti svela
la fanciulla nascosta, e dalle dita
che giocano a sfuggire
strappale il pegno d’amore.


Quinto Orazio Flacco (I secolo a.C.) 

26/05/19

Poesia della Domenica - III carme (La morte del Passero) di Gaio Valerio Catullo



Piangete, o Veneri e voi Amori,
e voi uomini che avete più gentilezza.
È morto il passero alla mia ragazza,
il passero, tesoro della mia ragazza;
lei lo amava più dei propri occhi,
perché era dolce come il miele e la riconosceva
così come una bimbetta la sua mamma;
mai che si scostasse dal suo grembo
e, saltellando intorno qua e là,
cinguettava sempre, solo rivolto alla sua padrona.
Ora procede per una strada oscura,
là donde si dice che nessuno torni.
Maledizione a voi, maledette oscurità infernali,
che inghiottite ogni cosa graziosa:
un passero così carino voi m'avete rapito.
Che brutta azione! Che passerotto infelice!
Ora per colpa tua, gonfi di pianto, sono arrossati
gli occhi soavi della mia ragazza.


Catullo, Liber Catulliano, III carme (La morte del passero), I sec. a.C.

Lugete, o Veneres Cupidinesque,
Et quantum est hominum venustiorum:
Passer mortuus est meae puellae, 
Passer, deliciae meae puellae, 
Quem plus illa oculis suis amabat; 
Nam mellitus erat, suamque norat 
Ipsam tam bene quam puella matrem, 
Nec sese a gremio illius movebat, 
Sed circumsiliens modo huc modo illuc 
Ad solam dominam usque pipiabat. 
Qui nunc it per iter tenebricosum 
Illuc, unde negant redire quemquam. 
At uobis male sit, malae tenebrae 
Orci, quae omnia bella deuoratis; 
Tam bellum mihi passerem abstulistis. 
O factum male! io miselle passer! 
Tua nunc opera meae puellae 
Flendo turgiduli rubent ocelli.

in alto: Cardellino, di Carel Fabritius, 1654

02/12/18

Poesia della Domenica: "Dobbiamo, Lesbia mia vivere, amare" di Catullo.



Dobbiamo Lesbia mia vivere, amare,
le proteste dei vecchi tanti austeri
tutte, dobbiamo valutarle nulla.
Il sole può calare e ritornare,
per noi quando la breve luce cade
resta una eterna notte da dormire.
Baciami mille volte e ancora cento
e dopo ancora mille e dopo cento,
e poi confonderemo le migliaia
tutte insieme per non saperle mai,
perché nessun maligno porti male
sapendo quanti sono i nostri baci.


Catullo, tratto da I Canti, Introduzione e note di Alfonso Traina, Traduzione di Enzo Mandruzzato, Rizzoli, Bur, 1982 p.85

04/07/18

Il Libro del Giorno: "Cinzia con i suoi occhi" di Pietro Zullino (Sesto Properzio).




Esce finalmente in libreria dall'editore Dante Alighieri, un grande romanzo italiano, postumo, scritto da Pietro Zullino, che ha le potenzialità per diventare un piccolo caso editoriale.  
E' un affascinante romanzo fiume, dedicato a Sesto Properzio, il grande poeta romano vissuto nel I sec. a.C., penalizzato dalla critica storica per secoli, e in tempi recenti riscoperto come forse il più moderno dei poeti antichi. 
Zullino dedicandovisi con passione, ha scritto un libro memorabile. Con l'uso di una lingua geniale e modernissima, erudito (ritraducendo ex novo tutte le poesie di Properzio) e straordinariamente nei suoi risvolti, su ciò che è la ribellione nel campo dell'intelligenza e della produzione artistica. 
Zullino, che era autore di lustro, e aveva pubblicato con i più grandi editori italiani, scelse volontariamente (esacerbato dalle logiche editoriali) di autoprodursi il libro qualche anno prima di morire e di stamparlo in poche copie da distribuire agli amici (senza nemmeno firmarlo, ma attribuendolo direttamente al nume di Properzio). 
Finora dunque erano stati ben pochi coloro che avevano avuto il privilegio di leggerlo.
E' valsa però la pena di aspettare: l'edizione che arriva oggi nelle librerie porta infatti la cura di Olga Cirillo, specialista di poesia augustea all'Univesità Federico II di Napoli. Con un prezioso apparato di note e bibliografico si ricostruisce il materiale filologico al quale Zullino ha attinto e come da lui è stato reinventato per i fini di un bellissimo romanzo italiano.

Pietro Zullino (Sesto Properzio) 
Cinzia Con I Suoi Occhi 
a cura di Olga Cirillo
ISBN: 978-88-534-4201-7 
Società Editrice Dante Alighieri
Euro 16,00 €

06/04/16

Il più grande romanzo italiano degli ultimi 15 anni è inedito. (Pietro Zullino - "Cinzia con i suoi occhi").


Il più grande romanzo italiano degli ultimi 15 anni è inedito.  Succede anche questo nell'editoria italiana. Pietro Zullino, che ho avuto la fortuna di avere come amico, scrisse questo suo libro qualche anno prima di morire. 
E' un romanzo fiume, dedicato a Lucio Properzio, il grande poeta romano vissuto nel I sec. a.C., penalizzato dalla critica storica per secoli, e in tempi recenti riscoperto come forse il più moderno dei poeti antichi. 
Zullino ha scritto un libro memorabile. Con l'uso di una lingua geniale e modernissima, erudito (ritraducendo ex novo tutte le poesie di Properzio) e passionalmente coinvolto, enormemente attuale nei suoi risvolti, su ciò che è la ribellione nel campo dell'intelligenza e della produzione artistica. 
Zullino, che era autore di lustro, e aveva pubblicato con i più grandi editori italiani, scelse volontariamente (esacerbato dalle logiche editoriali) di autoprodursi il libro e di stamparlo in poche copie da distribuire agli amici (senza nemmeno firmarlo, ma attribuendolo direttamente al nume di Properzio). 
Sono dunque ben pochi quelli che hanno avuto il privilegio di leggerlo. 
Nell'attesa che qualcuno - di quelli che contano (ma cosa contano?) si accorga di lui, è già stata fatta una traduzione in americano moderno del romanzo.  
E a Pietro e alla sua opera è stato dedicato post-mortem un volume di studi a cui ho contribuito proprio con questo testo, su Cinzia
Che qui ripropongo. 


Cinzia con i suoi occhi di Pietro Zullino: “Chi ama può vagare”, il romanzo di una ribellione

di  Fabrizio Falconi

 La fortuna dei libri di Pietro Zullino presso i maggiori editori italiani – Mondadori e Rizzoli tanto per citare soltanto i più blasonati – durò oltre un decennio, a cavallo tra gli anni ’70 e la fine degli anni ’80.
 A partire da quella data, qualcosa si spezzò: a Zullino, come ad altri autori di quegli anni, che si erano concentrati, nella loro produzione, sulla adesione profonda agli ideali interiori (autenticità, fedeltà, vero) invece che all’inseguimento delle mode del momento e dei diversi conformismi del mondo editoriale italiano, capitò di sentirsi sempre più ai margini, sempre più fuori posto, sempre meno in sintonia con i gusti prevalenti.
 Zullino, con la sua propensione per lo studio, con il suo rovesciamento dei canoni storico-accademici, con il suo spiccato senso per la colta provocazione che gli permetteva di leggere la realtà contemporanea con occhi sempre nuovi, sentiva di non appartenere alla folta schiera dei narratori per una stagione. Il suo sguardo era rivolto all’oltre, ciò che gli premeva era la continuazione dell’indagine del contesto storico-politico come conformazione ed estensione delle contraddizioni individuali umane, quelle cioè celate nel cuore di ogni uomo.
 Da questo punto quindi l’esplorazione del mondo classico e delle sue radici era per Zullino il terreno ideale per dare corpo a quella esplosione multiforme di ripensamenti sulla realtà che si vive (nell’oggi) e su quella che si immagina, se è vero che proprio nei reconditi del mondo antico, e in specie nella vicenda della Roma imperiale, è possibile rintracciare i segni sensibili e tutte le contraddizioni del presente storico e antropologico, come scriveva Ungaretti a proposito di Virgilio che – diceva -  ci accompagna non più come un emblema ma come uno dei fatti della nostra vita (1). 
  I fatti della nostra vita, dunque, quelli che più interessavano Zullino e che nei primi anni del 2000 lo portarono a cimentarsi in un lungo, estenuante progetto rappresentante la summa di una meticolosa ricerca capace di coniugare lo studio e l’esercizio linguistico – da sempre cifre caratteristiche della sua opera – con la pura narrazione, con il disegno di un amplissimo (e definitivo) affresco su quel mondo, il mondo degli amati classici latini, di quei cantori che prima e forse meglio di tutti gli altri seppero scendere nei recessi dei fondamentali umani.