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15/01/23

Poesia della domenica - "Amore e amicizia" di Emily Bronte



Amore e amicizia 


Amore è come una rosacanina,
amicizia è un agrifoglio.
E' bruno l'agrifoglio quando la rosa è in boccio
ma chi dei due verdeggerà più a lungo?
La rosa selvaggia è dolce in primavera,
i suoi fiori profumano l'estate,
ma aspetta che l'inverno ricompaia
e chi loderà la bellezza del rovo?
Sdegna la fatua corona di rose
e vestiti di lucido agrifoglio,
perché Dicembre che sfiora la tua fronte
ti lasci ancora una verde ghirlanda.


---

Love and friendship


Love is like the wild rose-briar,
Friendship like the holly-tree
The holly is dark when the rose-briar blooms
But which will bloom most constantly?
The wild-rose briar is sweet in the spring,
Its summer blossoms scent the air;
Yet wait till winter comes again
And who will call the wild-briar fair?
Then scorn the silly rose-wreath now
And deck thee with the holly's sheen,
That when December blights thy brow
He may still leave thy garland green.



tratta da: EMILY BRONTE - POESIE - a cura di Ginevra Bompiani - Einaudi Poesia, 1971 


18/07/22

L'incredibile, tragica morte di Percy Bysshe Shelley in Italia, poeta romantico per eccellenza

 

Louis-Edouard Fournier, Il funerale di Shelley 
oggi conservato alla Walker Art Gallery di Liverpool

Percy Bysshe Shelley è ancora oggi un poeta amatissimo e - anche in anni di crisi della lettura - uno dei più letti. 

Un destino abbastanza strano per un poeta che non raggiunse la fama durante la sua vita, ma che invece conobbe il successo dopo la sua morte, esercitando poi una importantissima influenza sulle successive generazioni di poeti tra cui Robert Browning, Algernon Charles Swinburne, Thomas Hardy e WB Yeats.

Il critico letterario americano Harold Bloom lo ha descritto con una delle sue fulminee immagini: "un superbo artigiano, un poeta lirico senza rivali e sicuramente uno degli intelletti scettici più avanzati che abbiano mai scritto una poesia".

E le sue opere, come "Ozymandias " (1818), "The Spirit of Solitude" (1815), "Adonais" (1821), "Prometheus Unbound" (1820), sono oggi considerate capolavori assoluti della poesia mondiale, anche se gran parte della sua poesia e della sua prosa (saggi politici, sociali, filosofici),  non fu pubblicata durante la sua vita, o pubblicata solo in forma espurgata, a causa del rischio di censure e persecuzioni.

Nonostante ciò, dal 1820, le sue poesie e gli scritti politici divennero popolari nei circoli politici, suscitando l'ammirazione di Karl Marx, del Mahatma Gandhi o di  George Bernard Shaw.  

Quasi come per adeguarsi allo spirito tragico della sua poesia, la vita di Shelley è stata segnata da crisi familiari, problemi di salute e problemi causati dal suo ateismo e dalle sue opinioni politiche in sfida alle convenzioni sociali. 

Andò in autoesilio permanente in Italia nel 1818, e nei quattro anni successivi produsse alcune delle più belle poesie del periodo romantico. 

La sua seconda moglie, Mary Shelley, fu la celebre autrice di Frankenstein

Percy, come è noto, morì in un incidente in barca nel 1822 all'età di 29 anni. 

Il 1 ° luglio 1822, Shelley e l'amico Edward Williams salparono sulla nuova barca di Shelley, la Don Juan , da Genova, dove il poeta viveva in quel periodo, per Livorno, dove Shelley incontrò Leigh Hunt e Byron per prendere accordi per un nuovo giornale, The Liberal

Dopo l'incontro, l'8 luglio, Shelley, Williams e il loro timoniere salparono da Livorno alla volta di Lerici. Poche ore dopo, il Don Juan e il suo equipaggio inesperto si persero in una tempesta, a poche centinaia di metri dalla riva.  

La nave, una barca aperta, era stata costruita su misura a Genova per Shelley. 

Mary Shelley dichiarò nella sua Note on Poems of 1822 (1839) che il progetto aveva un difetto e che la barca non era mai idonea alla navigazione

In realtà, invece, il Don Juan era sovra-alberato; l'affondamento è stato dovuto a una forte tempesta e alla scarsa abilità marittima dei tre uomini a bordo. 

Il corpo gravemente decomposto di Shelley fu portato a riva a Viareggio dieci giorni dopo e fu identificato dai vestiti e da una copia della Lamia, scritta dall'amico John Keats nella tasca della giacca

Il 16 agosto il suo corpo fu cremato su una spiaggia nei pressi di Viareggio e le ceneri furono traslate nel Cimitero Acattolico di Roma, a fianco di quelle dell'amico Keats. 

Il funerale di Shelley fu immortalato dal pittore Louis Édouard Fournier (1889): nella tela, al centro si vedono in piedi, gli amici Trelawny, Hunt e Byron. In verità però Hunt non assistette alla cremazione e Byron se ne andò presto. Anche Mary Shelley, che è raffigurata inginocchiata a sinistra, non partecipò a quella cerimonia. 

Il giorno dopo che la notizia della sua morte raggiunse l'Inghilterra, il quotidiano Tory London The Courier scrisse: "Shelley, lo scrittore di alcune poesie infedeli, è annegato; ora sa se Dio esiste o no". 

Infine, un particolare macabro, ma eloquente per l'amore che gli amici nutrivano per il poeta: quando il corpo di Shelley fu cremato sulla spiaggia, il suo cuore "insolitamente piccolo" resistette al rogo, probabilmente a causa della calcificazione dovuta a una precedente infezione tubercolare. 

Trelawny diede il cuore bruciato a Hunt, che lo conservò sotto spirito  e si rifiutò di consegnarlo a Mary. 

Alla fine cedette e il cuore fu infine sepolto nella chiesa di Saint-Peter, a Bournemouth o nel priorato di Christchurch.

Fabrizio Falconi - 2022 

14/07/22

*Quando Rimbaud a 18 anni trafisse con un colpo di spada Etienne Carjat, il fotografo che lo aveva ritratto nella foto divenuta iconica.*

 

La celebre foto realizzata da Etienne Carjat al giovanissimo Rimbaud,
colorizzata con tecnologie moderne

La breve vita del grande Arthur Rimbaud (solo 37 anni), uno dei più grandi geni della letteratura di tutti i tempi, è costellata di episodi "scandalosi", che testimoniano il carattere difficile, umbratile, bipolare si direbbe oggi, del "ragazzo dalle suole di vento", destinato a diventare un mito.
Uno dei meno conosciuti è forse quello che risale al 2 marzo 1872, quando il poeta aveva solo 18 anni, ma stava già conquistandosi, a furia di scorribande, furibonde letture, e provocazioni, un suo posto nella scena letteraria parigina.
L'incresciosa scena avvenne durante un pranzo dei “Vilains Bonshommes”, nella stessa rivendita di vino in cui Rimbaud cinque mesi prima aveva stupito un gruppo di poeti già affermati o in odore di notorietà, con le sue straordinarie poesie.
Questa volta tra i poeti c'era perfino il grande Mallarmé, e a quanto risulta, fu probabilmente l'unica volta che Rimbaud e Mallarmè si incontrarono, durante le loro vite.
Al termine del pranzo c’era l’abitudine che i commensali leggessero i loro versi.
Come al solito, i poeti più noiosi si prendevano più tempo.
Rimbaud scalpitava e si mordeva la lingua, reso forse anche più intollerante da abbondanti dosi di alcol.
Venne il turno di August Creissels, un poeta mediocre, che si alzò e cominciò a recitare il suo “Sonnet du Combat”, un poemetto che sembra fosse piuttosto imbarazzante, qualitativamente.
Rimbaud cominciò ad aggiungere una parola alla fine di ogni verso:
“Sottoposta questa legge, la terzina in uniforme” – e Rimbaud dice: “merde!”
“Sta austera e inflessibile al suo posto designato” – e Rimbaud dice: “merde!”
Ad un certo punto il poeta-fotografo Etienne Carjat - che aveva già fotografato nel suo studio Rimbaud, giovanissimo - intimò a Rimbaud di smetterla, chiamandolo “piccolo rospo”.
Rimbaud, raggiunto alle spalle da Verlaine, afferrò il bastone da stocco dell’amico (all’interno del bastone c’era una vera e propra lama) e la affondò verso Carjat, sfiorandogli la mano.
Rimbaud venne disarmato, sollevato in aria da Carjat stesso, e scaraventato fuori.
Arthur però attese pazientemente all’esterno il termine delle letture, e quando Carjat uscì gli si parò davanti all’improvviso e lo trafisse allo stomaco con lo stesso bastone-spada.
Per fortuna la ferita fu di poco conto, ma Carjat si infuriò a tal punto da distruggere i negativi delle due foto che aveva fatto a Rimbaud. Per fortuna le foto si salvarono lo stesso e - essendo praticamente le uniche esistenti del poeta - sono diventate nel tempo vere e proprie icone.
L’altro risultato fu ovviamente l’espulsione di Rimbaud dal gruppo dei “Vilains Bonshommes”.
Purtroppo non conosciamo la reazione di Mallarmé alla scena a cui gli capitò di assistere. Ma forse non è difficile immaginarlo, visto il carattere del tutto dissimile, di quello che è stato ed è venerato come il padre del simbolismo poetico francese.

Fabrizio Falconi - 2022

29/05/22

Poesia della Domenica - "Sensazione" di Arthur Rimbaud


Sensazione

Le sere turchine d’estate andrò nei sentieri,
Punzecchiato dal grano, calpestando erba fina:
Sentirò, trasognato, quella frescura ai piedi.
E lascerò che il vento m’inondi il capo nudo.

Non dirò niente, non penserò niente: ma
L’amore infinito mi salirà nell’anima,
E andrò lontano, più lontano, come uno zingaro
Nella Natura, – felice come con una donna.

Arthur Rimbaud

marzo 1870


Par les soirs bleus d’été, j’irai dans les sentiers,
Picoté par les blés, fouler l’herbe menue:
Rêveur, j’en sentirai la fraîcheur à mes pieds.
Je laisserai le vent baigner ma tête nue.
 
Je ne parlerai pas, je ne penserai rien:
Mais l’amour infini me montera dans l’âme,
Et j’irai loin, bien loin, comme un bohémien,
Par la Nature, – heureux comme avec une femme.

da “Œuvres complètes”, a cura di Antoine Adam, “Bibliothèque de la Pléiade”, Paris, 1972

traduzione di Diana Grange Fiori



06/09/20

Poesia della Domenica: "Il Pellicano" di Alfred de Musset





Il Pellicano 



Quando il pellicano, stanco da un lungo viaggio,
Nelle nebbie della sera ritorna al suo canneto
I suoi piccoli, affamati, corrono sulla riva
Vedendolo  cadere sulle acque.
Già, credendo di catturare e condividere le loro prede,
Corrono al padre con grida di gioia
Scuotendo il loro becco sul loro gozzo orrido.
Lui, lentamente guadagnando un alto scoglio,
Mettendo al riparo dell’ala la sua covata,
Pescatore di malinconia, guardò il cielo.
Il sangue scorre a lunghi fiotti nel petto aperto
Invano ha cercato la profondità dei mari;
L’oceano era vuota e deserta spiaggia;
Per tutto nutrimento egli fornisce il suo cuore
Scuro e tranquillo, disteso sulla pietra
Partecipando ai suoi figli le sue interiora di padre,
Nel suo amore sublime egli culla il suo dolore,
E, guardando colare la sua insanguinata mammella;
Sul suo festino di morte, egli vacilla e crolla,
Ubriaco di voluttà, tenerezza e orrore.
Ma a volte nel bel mezzo del sacrificio divino
Stanco di morire in troppo  lungo supplizio,
Egli teme che i suoi figli non lo lascino in vita
Allora si alza e apre le sue ali al vento
E, strappandosi il suo cuore con un grido selvaggio,
Urla nella notte un così addio funebre,
Che gli  uccelli disertano la riva al mare
E il viaggiatore attardato sulla spiaggia
Sentendo passare la morte, si raccomanda a Dio.
Poeta, è così che fanno i grandi poeti.
Lasciano la gioia  a chi vivono un tempo;
Ma i festini umani che servono alle loro feste
Sono simili per la maggior parte a quelli dei pellicani
Quando parlano così di speranze ingannate,
Di tristezza e di oblio, di amore e di dolore,
Questo non è un concerto a dilatare il cuore.
Le loro declamazioni sono come spade
Essi disegnare un cerchio in aria abbagliante
Ma vi pende sempre qualche goccia di sangue.


Alfred de Musset (1810-1857)


Le Pélican


Lorsque le pélican, lassé d’un long voyage,
Dans les brouillards du soir retourne à ses roseaux, 
Ses petits affamés courent sur le rivage 
En le voyant au loin s’abattre sur les eaux. 
Déjà, croyant saisir et partager leur proie, 
Ils courent à leur père avec des cris de joie 
En secouant leurs becs sur leurs goitres hideux. 
Lui, gagnant à pas lents une roche élevée, 
De son aile pendante abritant sa couvée, 
Pêcheur mélancolique, il regarde les cieux. 
Le sang coule à longs flots de sa poitrine ouverte ; 
En vain il a des mers fouillé la profondeur ; 
L’Océan était vide et la plage déserte ; 
Pour toute nourriture il apporte son coeur. 
Sombre et silencieux, étendu sur la pierre 
Partageant à ses fils ses entrailles de père, 
Dans son amour sublime il berce sa douleur, 
Et, regardant couler sa sanglante mamelle, 
Sur son festin de mort il s’affaisse et chancelle, 
Ivre de volupté, de tendresse et d’horreur.
Mais parfois, au milieu du divin sacrifice, 
Fatigué de mourir dans un trop long supplice, 
Il craint que ses enfants ne le laissent vivant ; 
Alors il se soulève, ouvre son aile au vent, 
Et, se frappant le coeur avec un cri sauvage, 
Il pousse dans la nuit un si funèbre adieu, 
Que les oiseaux des mers désertent le rivage, 
Et que le voyageur attardé sur la plage, 
Sentant passer la mort, se recommande à Dieu. 
Poète, c’est ainsi que font les grands poètes. 
Ils laissent s’égayer ceux qui vivent un temps ; 
Mais les festins humains qu’ils servent à leurs fêtes 
Ressemblent la plupart à ceux des pélicans. 
Quand ils parlent ainsi d’espérances trompées, 
De tristesse et d’oubli, d’amour et de malheur, 
Ce n’est pas un concert à dilater le coeur. 
Leurs déclamations sont comme des épées :
Elles tracent dans l’air un cercle éblouissant, 
Mais il y pend toujours quelque goutte de sang.


24/05/20

Poesia della Domenica: "'Na ssciacquata de bbocca" di Giuseppe Gioacchino Belli



2025. ’Na ssciacquata de bbocca 

Disce: vanno pulite. Ebbè? cce vanno:
Chi ha ddetto mai de nò? cchi vve lo nega?
Ma sta painería come se spiega
cor culetto scuperto de l’antr’anno?
Disce: cìanno quadrini. Ebbè? cce ll’hanno:
sò rriccone: la grasscia je se sprega.
Ma Ddio sa cco cche bbuscio de bottega
fanno quer po’ de guadaggnà cche ffanno.
Eh rrïuprisse l’occhi er zor Filisce!
Povero padre! povero cojjone,
che le credeva l’àrbera Finisce!
Saranno, veh ddu’ regazzucce bbone.
Cqui nnun ze fa ppe mmormorà: sse disce
pe ddí cche ssò ddu’ porche bbuggiarone.

4 agosto 1843

Giuseppe Gioacchino Belli

Due ragazzette che un anno fa non avevano di che vestirsi, adesso «vanno pulite», facendo sfoggio di un’eleganza nei vestiti («sta painerìa») inspiegabile. La gente mormora, i pettegolezzi dilagano e sfiorano il padre delle due ragazze che non capisce da dove venga fuori tanta ricchezza. Il pettegolezzo sfocia nel finale, nel quale Primo Levi, che adorava questo Sonetto come altri del belli, ritenendolo un monumento al pettergolezzo, scorge il soddisfacimento fisico che procura il mormorìo di strada

08/12/19

Poesia della Domenica - "Il biancospino del conte Eberardo" di Ludwig Uhland








Il biancospino del conte Eberardo


Eberardo, il conte il barbuto
dalla contea del Wurttenberg,
è venuto in pellegrinaggio
alla terra di Palestina.


A cavallo attraversava
una foresta fresca,
e subito ha tagliato
un ramo verde di biancospino.


Lo ha attaccato con cautela
al suo ferrato copricapo,
lo ha portato alla battaglia
e sulle onde del mare.


Una volta tornato a casa,
lo ha piantato nella terra,
dove presto nuovi germogli
la primavera ha risvegliato.


Il conte, fedele e buono,
ogni anno lo andava a guardare,
e in cuor si rallegrava,
per come era cresciuto.


Il signore è vecchio e stanco,
il rametto ormai è un albero,
e lui lì sotto sta seduto
e sogna profondamente.


La chioma alta e larga,
con dolce stormire gli rimembra
quel tempo antico
e la terra lontana.
(Tubinga, 26 aprile 1787 – Tubinga, 13 novembre 1862)



Graf Eberhard im Bart
Vom Würtemberger Land,
Er kam auf frommer Fahrt
Zu Palästina’s Strand.

Daselbst er einsmals ritt
Durch einen frischen Wald;
Ein grünes Reis er schnitt
Von einem Weißdorn bald.


Er steckt’ es mit Bedacht
Auf seinen Eisenhut;
Er trug es in der Schlacht
Und über Meeres Flut.


Und als er war daheim,
Er’s in die Erde steckt,
Wobald manch neuen Keim
Der neue Frühling weckt.


Der Graf, getreu und gut,
Besucht’ es jedes Jahr,
Erfreute dran den Mut,
Wie es gewachsen war.


Der Herr war alt und laß,
das Reislein war ein Baum,
Darunter oftmals saß
Der Greis im tiefsten Traum.


Die Wölbung, hoch und breit,
Mit sanftem Rauschen mahnt
Ihn an die alte Zeit
Und an das ferne Land!

03/08/19

Libro del Giorno: Emily Dickinson, "Lettere" (1845-1886) a cura di Barbara Lanati


Un libro estremamente affascinante, che ricostruisce parte dell'immenso epistolario di Emily Dickinson, oggi considerata a ragione uno dei massimi poeti, pur avendo pubblicato nel corso della sua vita soltanto 8 brevi poesie in tutto. 

Emily ottenne una fama postuma, con le sue 1775 brevi liriche divenute in breve tempo un punto di riferimento imprescindibile della poesia dell'Ottocento.

E parallelamente alla fortuna dell'opera si cominciò a indagare sulla vicenda personale di Emily, per molti versi quasi incredibile: Emily che visse una intera esistenza senza quasi mai uscire dalla sua casa con grande giardino di Amherst, nel Massachusets - New England - in cui si era praticamente autoreclusa sin dagli anni della gioventù, dedicandosi esclusivamente alla lettura, alla contemplazione della natura, alla composizione delle sue poesie, e alla redazione di migliaia di lettere che sono in gran parte arrivate fino a noi e che documentano aspetti e sostanza di una delle personalità più acute dell'Occidente poetico. 

Barbara Lanati, che ha curato le edizioni italiane delle poesie della Dickinson (con Silenzi del 2002 e Sillabe di seta, 2004, entrambe per Einaudi) ha curato anche questo volume nel quale è possibile calarsi completamente nel mondo di Emily, nei suoi pensieri, nelle sue preoccupazioni, speranze, sensibilità, amori, platonici o immaginari, ma vibranti e sensuali.

"Una lettera mi è sempre parsa come l'immortalità..." scriveva la Dickinson e questo spiega bene il culto che aveva per le lettere, la bramosia con le quali le riceveva e le inviava ai suoi destinatari.

Accattivanti e tenere, sensuali e disperate dunque, le lettere che Emily, prima ragazza e poi donna, ci ha lasciato, sono le tessere luminescenti e screziate con cui è possibile oggi tentare di ricostruire il mosaico della sua esistenza e della sua figura. 

Rappresentazione resa finora incerta da una sorta di vocazione alla solitudine, una specie di solipsismo congenito e apparente che fece di lei, negli anni in cui visse, a margine del Rinascimento americano, una figura di eccezionale, insospettata statura. Per diventare poi in pieno Novecento la figura simbolo della donna forte, colta, moderna e disperatamente sola. O volutamente tale. Eppure anche seducente, allusiva, maliziosa.

Frutto di una mente ultrasensibile e in grado di scendere nella più densa profondità dell'animo umano.



18/06/19

Libro del Giorno: "Silenzi" di Emily Dickinson


Arrivata in Italia soltanto con la prima edizione critica del 1955, l'opera di Emily Dickinson ha conosciuto un crescente successo cui ha certamente contribuito il lavoro di divulgazione e di traduzione di Barbara Lanati, innanzitutto con questo fortunato libro, uscito per la prima volta nel 1990 che raccoglie una meditata selezione dell'opera della grande poetessa di Amherst. 

Con l'interesse per l'opera è parimenti cresciuto in Italia quello per il personaggio Emily, per la sua vicenda biografica interessantissima nella sua particolarità unica.  Una vita vissuta in autoreclusione, in perenne ombra, al riparo della stanza al secondo piano della Mansion in perfetto stile New England dove la Dickinson visse praticamente i 56 anni della sua vita, con la misera eccezione di qualche rarissimo viaggio nelle città vicine.  

Come è noto, la Dickinson visse una vita di totale anonimato - in tutta la sua esistenza non pubblicò che sette poesie, in alcune riviste letterarie dell'epoca - anche se per la eccentricità della sua scelta di vita, per il riserbo assoluto con cui visse, per la maniacalità con cui per molto tempo evitò perfino di farsi vedere dagli ospiti nella sua stessa casa - sembra che per quindici anni non uscì mai dalla sua stanza, se non una sola volta per partecipare ai funerali di uno dei suoi nipoti morto prematuramente - per la fitta e corposissima corrispondenza che curò - più di duemila lettere - con interlocutori diversi, anche uomini con cui tessé amori platonici, per la sua straordinaria conoscenza della poesia classica, era già soprannominata dai vicini Il Mito

Barbara Lanati nella bella prefazione al volume ricostruisce in parte questa vicenda biografica, scandagliando le pieghe misteriose di una poesia metafisica e crepuscolare: estasi e passione, dolore e morte nutrono i versi della Dickinson che a dispetto della sua immagine di vergine riservata, chiusa e timida del Massachussets, vittima dell'autorità morale paterna e del vittorianesimo imperante, seppe esprimere una scrittura inquieta e inquietante, "astratta e insieme raffinatamente sensuale sgorgata da una vita fatta di reclusione, silenzio, attesa."

Eremita moderna fuori dalla religiosità dogmatica o confessionale, la Dickinson continua a interrogarci con i suoi meravigliosi, enigmatici, affascinanti versi immortali. 


Silenzi
cura e traduzione di Barbara Lanati 
Feltrinelli, 2014 
Pagine: 240 Prezzo: 9,50€ 
ISBN: 9788807900853 

02/06/19

Poesia della Domenica: " Parole come lame affilate lei maneggiava" (479) di Emily Dickinson





479


Come lame affilate maneggiava -
Quelle sue dolci parole - luminosi bagliori -
che una dopo l'altra ora mettevano a nudo un nervo
ora giocavano impudiche con le ossa -

Perché lei non aveva mai pensato - di ferire -
Quella - non è faccenda d'acciaio -
una smorfia volgare della carne -
affare che a stento le creature sopportano -

Provare dolore è questione naturale -
non di buona educazione -  il velo sugli occhi -
antica mortale abitudine -
semplicemente si chiudon le porte - per morire.

Emily Dickinson

traduzione di Barbara Lanati, da E. Dickinson, Silenzi, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 1990

479

She dealt her pretty words like Blades—
How glittering they shone—
And every One unbared a Nerve
Or wantoned with a Bone—

She never deemed—she hurt—
That—is not Steel's Affair—
A vulgar grimace in the Flesh—
How ill the Creatures bear—

To Ache is human—not polite—
The Film upon the eye
Mortality's old Custom—
Just locking up—to Die. 

04/02/18

Poesia della Domenica: "Se tu venissi in autunno", di Emily Dickinson.


(511)


Se tu venissi in autunno,
Io scaccerei l’estate,
Un po’ con un sorriso ed un po’ con dispetto,
Come scaccia una mosca la massaia .

Se fra un anno potessi rivederti,
Farei dei mesi altrettanti gomitoli,
Da riporre in cassetti separati,
Per timore che i numeri si fondano.

Fosse l’attesa soltanto di secoli,
Li conterei sulla mano,
Sottraendo fin quando le dita mi cadessero
Nella Terra di Van Diemen.

Fossi certa che dopo questa vita
La tua e la mia venissero,
Io questa getterei come una buccia
E prenderei l’eternità.

Ora ignoro l’ampiezza
Del tempo che intercorre a separarci,
E mi tortura come un’ape fantasma
Che non vuole mostrare il pungiglione.

Emily Dickinson

IF you were coming in the fall,
I ’d brush the summer by
With half a smile and half a spurn,
 As housewives do a fly.

If I could see you in a year, 
I ’d wind the months in balls,
And put them each in separate drawers,
Until their time befalls.

If only centuries delayed,
I ’d count them on my hand, 
Subtracting till my fingers dropped
Into Van Diemen’s land.

If certain, when this life was out,
That yours and mine should be,
I ’d toss it yonder like a rind, 
And taste eternity.

But now, all ignorant of the length
Of time’s uncertain wing,
It goads me, like the goblin bee,
That will not state its sting.

06/11/16

La poesia della domenica: "Le arie che incantano e che fanno la bellezza."




Le arie che incantano e che fanno la bellezza sono:

L'aria smaliziata,
L'aria annoiata,
L'aria svaporata,
L'aria impudente,
L'aria di dominio,
L'aria di volontà,
L'aria cattiva,
L'aria malata,
L'aria fredda,
L'aria di guardare di dentro,
L'aria da gatta, infantilismo, noncuranza e malizia mescolati insieme.

In certi stati quasi soprannaturali dell'anima, la profondità della vita si rivela tutta intera nello spettacolo, per quanto comune sia, che si ha sotto gli occhi. Esso ne diventa il simbolo. 

31/07/15

Lord Byron a Roma - 22 giorni di fuoco ! (Una bellissima mostra).





C'è una interessantissima mostra, per chi resta in città, al Keats-Shelley Memorial House di Piazza di Spagna - ha aperto il 26 giugno scorso e durerà fino al 6 novembre prossimo -  il delizioso museo Romano in Piazza di Spagna.

La mostra si intitola Lord Byron in the hand of Mary Shelley ed è dedicata alla figura di Lord Byron, forse il più famoso artista della sua epoca. 

Figlio di un padre che non conobbe mai e di una madre che lo asfissiò, ossessionandolo sia fisicamente che psicologicamente, George Gordon Noel Byron, più conosciuto come Lord Byron, nato a Londra nel 1788, divenne come è noto il più celebre poeta dei suoi tempi.  Non solo: la sua vita faticò molto a dividersi dalla sua arte: Byron anzi fu in un certo senso il vero, perfetto dandy.  Chiacchieratissimo in vita per i suoi scandali e per le sue continue eccentricità (come quando si fece rinchiudere nella Cella del Tasso, a Ferrara o come quando attraversò a nuoto lo stretto dei Dardanelli), Byron morì nel 1825 in Grecia, a Missolungi, in seguito a una febbre reumatica contratta a Cefalonia, che degenerò in meningite delirante.  E proprio come accade per le rockstars di oggi, la sua morte divenne un evento, lasciando inconsolabili fans a lamentarne la dipartita.

Nella mostra romana si ripercorrono le tappe della vita di Byron con l'esposizione di importanti reperti come i manoscritti del canto VI di Don Juan e di Manfred, tra le opere più famose del poeta; l'anello di Byron e il suo celebre ritratto in abiti albanesi del pittore Thomas Phillips. 

A Roma Byron arrivò nella primavera del 1817, interrompendo un gaio soggiorno veneziano, proprio per realizzare il sogno di vedere da vicino quella città che lo aveva sempre – da lontano – ammaliato. Un medico infatti prescrisse al poeta di allontanarsi dall’umidità veneziana, per guarire da un mal di petto. Byron  non se lo fece ripetere e colse l’occasione per realizzare il suo sogno, attraversando l’Italia con il suo corteo al seguito, una carrozza con i sedili reclinabili e una quantità enorme di bagagli.
Giunto nella capitale, andò abitare nella centralissima Piazza di Spagna, al numero 66, a pochissima distanza dalla casa-museo odierno dedicata a Keats e Shelley. E non aspettò nemmeno un minuto per cominciare ad esplorare la città in sella al suo cavallo. L’impressione che ne ricavò fu immediata e stordente: Sono incantato da Roma come lo sarei da una cappelliera di pizzi, scrisse al suo editore John Murray, e di Roma non vi dirò nulla: è indescrivibile. La guida qui vale più di ogni altro libro. Ho passato tutta la giornata a cavallo… 



Fabrizio Falconi - ©riproduzione riservata. 

07/06/13

Arthur Rimbaud - Partenza.






Partenza


Visto abbastanza. La visione s'è
incontrata in tutti i climi.

Avuto abbastanza. Rumori di città,
la sera, e al sole, e sempre.

Conosciuto abbastanza. Le soste della vita.
O Rumori e Visioni!

Partenza nell'affetto e nel rumore nuovi.



Arthur Rimbaud - 1890

09/06/12

La poesia della domenica - 'Ogni vita converge a qualche centro' di Emily Dickinson



(680)

Ogni vita converge a qualche centro,
Dichiarato o taciuto.
Esiste in ogni cuore umano
Una mèta

Ch'esso forse osa appena riconoscere,
Troppo bella
Per rischiare l'audacia
Di credervi.

Cautamente adorata come un fragile cielo,
Raggiungerla
Sarebbe impresa disperata come
Toccar la veste dell'arcobaleno.

Ma più sicura quanto più distante
Per chi persevera:
E come alto alla lenta pazienza
Dei santi è il cielo!

Non l'otterrà forse la breve prova
Della vita, ma poi
L'eternità rende ancora possibile
L'ardente slancio.

(c.1863)

Emily Dickinson (1830-1886), da Poesie, traduz. Margherita Guidacci, Bur 1979 pag.217

EACH life converges to some centre
Expressed or still;
Exists in every human nature
A goal,  


Admitted scarcely to itself, it may be,        5
Too fair
For credibility’s temerity
To dare.  


Adored with caution, as a brittle heaven,
To reach        10
Were hopeless as the rainbow’s raiment
To touch,  


Yet persevered toward, surer for the distance;
How high
Unto the saints’ slow diligence        15
The sky!  


Ungained, it may be, by a life’s low venture,
But then,
Eternity enables the endeavoring
Again.   20