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10/11/15

La "Resurrezione" di Piero della Francesca al Restauro: emergono grandi sorprese.





A pochi mesi dall’avvio del restauro della Resurrezione di Piero della Francesca per mano dei restauratori Paola Ilaria Mariotti e Umberto Senserini, il Comune di Sansepolcro, il Museo Civico, l’Opificio delle Pietre Dure e Soprintendenza di Arezzo (costituenti la direzione dei lavori) comunicano i primi, importanti, risultati delle indagini e delle operazioni effettuate in questo primo periodo

L’intervento conservativo e di restauro sull’opera, che era già stata oggetto di una ampia campagna di indagini preliminari, è iniziato con test mirati ad effettuare le operazioni di prima pulitura. 

Dopo aver approfondito lo studio delle sostanze estranee soprammesse all’originale, è stato deciso di procedere nella pulitura asportando selettivamente gli strati di accumulo superficiali, utilizzando solventi ad azione contenuta che operassero limitatamente alle sostanze da asportare. 

I metodi di pulitura saranno diversi in base alle campiture cromatiche diverse, questo per adeguarsi alla tecnica di esecuzione e ai pigmenti impiegati.

I metodi di pulitura sono stati prima testati in base alla loro specifica idoneità chimico-fisica su micro-aree di prova, poi estesi alla intera campitura cromatica; l’operazione, si ribadisce, è finalizzata, al momento, solo alla asportazione delle sostanze estranee di deposito e di accumulo e dei fissativi applicati sulla superficie pittorica in passato, che hanno subito trasformazioni chimiche che li rendono dannosi

In tal modo si è recuperata la visibilità di alcuni particolari, prima osservabili solo in fotografia all’infrarosso, come piccoli borghi, torri e castelli che popolano le colline dello sfondo. 

La Resurrezione di Piero della Francesca, collocata sulla parete di fondo della sala Piero della Francesca del Museo Civico di Sansepolcro, anche se in restauro, è attualmente visibile grazie ad un ponteggio progettato ed realizzato ad hoc

Il restauro è stato voluto dall’amministrazione comunale in seguito ad una campagna diagnostica, condotta dall’Opificio delle Pietre Dure nel 2008-2010, che aveva constatato la presenza di fenomeni di degrado in atto in corrispondenza della pellicola pittorica e degli intonaci dipinti. 

Tali fenomeni di degrado sono principalmente identificabili in solfatazioni, decoesione della superficie pittorica e degli intonaci, sollevamento e distacco dello strato pittorico in alcune parti. 

Anche i materiali superficiali derivati da interventi pregressi hanno un’incidenza negativa non solo sulla lettura dell’opera in quanto offuscano il colore originale, ma anche sulla sua conservazione in quanto l’invecchiamento dei secoli li ha trasformati in ossalati. 

Fra i più preoccupanti fenomeni di degrado vi sono quelli relativi al distacco dell’intonaco pittorico in numerose zone della superficie dipinta

Numerosi ritocchi antichi sono presenti in corrispondenza delle cadute di colore: nel tempo tali ritocchi si sono alterati cromaticamente rispetto all’originale, come ad esempio sul manto rosa del Cristo dove adesso risultano di colore arancio; o sull’elmo verde del soldato dove si sono alterati in azzurro.

Più goffi nel loro intento erano alcuni ritocchi a pastello giallo che erano stati apposti sul colmo delle colline per attenuare la tonalità bruna che le velature di verde rame trasparente hanno assunto a causa dell’invecchiamento naturale del materiale. 

Nonostante non siano ancora completamente note le vicende conservative della pittura, un antico intervento di pulitura che usò sostanze aggressive risulta evidente da questi fenomeni di degrado e anche dalle scolature visibili sotto i cespugli bruni, conseguenza di un parziale scioglimento del verderame dovuto ad una reazione con una sostanza basica.

 Proprio per chiarire queste vicende accanto al restauro procedono le ricerche di archivio che si spera possano dare risposta ai tanti interrogativi che segnano la vita di questo capolavoro. 

Sul fronte dello studio della tecnica esecutiva sono emersi nuovi particolari.

Possiamo dire che la Resurrezione è stata realizzata tramite 18 giornate, cioè 18 stesure intonaco: questo non significa che Piero abbia impiegato 18 giorni per dipingere l’opera. 

Una giornata poteva infatti corrispondere ad un periodo di tempo superiore al giorno solare o, in caso di scelta di non usare una tecnica ad affresco puro, poteva essere dipinta anche in vari giorni e ripresa anche successivamente per apportare finiture

E’ risultato, inoltre, evidente che tutta la cornice perimetrale dell’opera, integrata perché fortemente lacunosa, è stata completata in varie riprese (almeno 4)

Piuttosto interessante è stato poter appurare come fosse rimasto incompleto fino a tempi relativamente recenti come dimostra una documentazione fotografica del 1961 grazie alla quale si possono vedere alcune le zone perimetrali di colore bianco o stuccature angolari di colore neutro.

 Il rifacimento perimetrale è documentato con esattezza attraverso un rilievo grafico. Come tecnica di trasporto del disegno, Piero ha impiegato il metodo dello spolvero che ha lasciato sul muro la memoria di un esattissimo e ammirevole disegno. La tecnica pittorica è attualmente oggetto di indagini scientifiche (a cura del Laboratorio Scientifico dell’OPD, da parte dei chimici Giancarlo Lanterna e Carlo Galliano Lalli) ma possiamo già affermare che Piero ha qui impiegato una tecnica mista, di cui la maggior parte della campiture cromatiche, fu realizzata a secco. 

Le indagini termografiche (a cura di Facoltà di Ingegneria dell’Aquila), ripetute in quattro diverse campagne, a seconda della stagione e su varie porzioni architettoniche della sala, hanno consentito di ubicare esattamente la canna fumaria presente dietro la parete della Resurrezione in tutta la sua estensione, nonché di comprendere la tessitura muraria della pittura e della intera parete. 

Il Restauro della Resurrezione di Piero della Francesca conservata nel Museo Civico di Sansepolcro è realizzato da: Opificio delle Pietre Dure di Firenze: Marco Ciatti, Soprintendente; Cecilia Frosinini, Direttrice del Settore Restauro Dipinti Murali e Stucchi Paola Ilaria Mariotti, Restauratore e Conservatore Soprintendenza BAP SAE di Siena, Grosseto e Arezzo: Anna Di Bene, Soprintendente Paola Refice, Funzionario di zona Umberto Senserini, Funzionario Diagnosta Restauratore Ente proprietario: Comune di Sansepolcro Daniela Frullani, Sindaco di Sansepolcro Chiara Andreini, Assessore alla Cultura del Comune di Sansepolcro Museo Civico di Sansepolcro: Mariangela Betti, Direttrice Enti coinvolti: Istituzione culturale Biblioteca Museo Archivi storici - Città di Sansepolcro Daniele Piccini, Presidente Il Restauro è realizzato grazie ai contributi di: Comune di Sansepolcro, Ente proprietario Dr. Aldo Osti, Mecenate e finanziatore Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo MUSEO CIVICO DI SANSEPOLCRO Via Niccolò Aggiunti, 65 – 52037 Sansepolcro, Arezzo, Italy Telefono e fax: +39 0575 732218 e-mail: museocivico@comune.sansepolcro.ar.it Prenotazioni visite: tel. +39 0575 732218 Orari di visita: tutti i giorni (mai chiuso), dalle ore 10.00 alle ore 13,00 e dalle 14,30 alle ore 18 Ingresso: intero € 8, ridotto e gruppi € 5 Sito web: www.museocivicosansepolcro.it 

24/10/15

Ecco l'enigmatico e controverso Balthus (alle Scuderie del Quirinale e a Villa Medici).





fonte Nicoletta Castagni per ANSA

Enigmatico e controverso, ma soprattutto uno dei pittori figurativi piu' importanti del '900, formatosi alla lezione dei maestri italiani del XIV e XV secolo: e' questo il Balthus, lontano dallo scandalo e dalla provocazione, celebrato a Roma in una grande mostra allestita da domani al 31 gennaio nelle due sedi delle Scuderie del Quirinale e di Villa Medici, di cui l'artista fu direttore dal 1961 al 1976. 

Esposte oltre 200 opere tra dipinti e disegni, provenienti dalle maggiori collezioni internazionali, presentate in un percorso unitario, che prevede, nella sede dell'Accademia di Francia, anche la visita agli appartamenti in cui visse e ai restauri da lui curati. "E' come se nell'aria fosse rimasta impressa la sua firma invisibile", dice la moglie Setsuko Klossowska de Rola ricordando gli anni romani e l'impegno di Balthus per riportare a splendore la magnifica residenza sul Pincio. 

"Era un'epoca meravigliosa", prosegue, ancora bellissima e rigorosamente in kimono, protagonista con il marito della vita culturale e artistica della capitale negli anni '60, condivisa con amici quali Visconti, Fellini, Moravia. "C'era una grande vivacita', Balthus era molto felice di farne parte". 

E del resto Balthasar Klossowski de Rola, nato e cresciuto nel cuore dell'elite europea (la madre, dopo un burrascoso matrimonio con il celebre storico dell'arte Erich Klossowski, si unisce al poeta austriaco Rainer Maria Rilke), ha sempre avuto con l'Italia un rapporto privilegiato. 

A 17 anni, aggiunge Setsuko, Balthus gira la Toscana in bicicletta, alla scoperta dell'arte quattrocentesca, da Masaccio a Piero della Francesca, per un'esercizio di copia che restera' fondamentale nella sua opera. Assimilata nel profondo, la pittura classica e' la lezione che sottende l'intera produzione di Balthus, come testimoniano i dipinti allestiti alle Scuderie fin dalla prima sala, occupata dalle copie di alcune scene della Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, che ispirano tele come 'La rue', nelle versioni del 1929 e del '33. 

Una sorta di manifesto estetico, in cui la composizione prospettica si collega in modo evidente alla tradizione, contro i dettami del movimento surrealista e delle avanguardie all'epoca imperanti. E inoltre la scena inizia a popolarsi di quei temi scandalosi di fanciulle concupite e bambini morbosi, destinati a suscitare infinite polemiche. 

Nella selezione romana, soprattutto per le Scuderie, la curatrice Cecile Debray ha volutamente sorvolato sulla produzione piu' scabrosa (di 'Lezioni di chitarra' c'e' solo un disegno preparatorio, nel contesto del rapporto con Artaud e il Teatro della Crudelta') puntando invece a documentare gli influssi artistici e letterari. Ecco l'infanzia sospesa tra innocenza, sogno ed elementi di sensualita', scaturiti dalla lettura di Carrol. 

E non manca la serie dei disegni ispirati a 'Cime tempestose' della Bronte, dove i protagonisti hanno le sembianze di Balthus e della prima moglie, un legame cosi' drammatico e spietato, che porto' l'artista a tentare il suicidio. E come la donna e' al centro del celeberrimo 'La toeletta di Cathy', cosi' Satsuko e' raffigurata nelle grandi tele dipinte a Villa Medici come 'La camera turca', circondata dai disegni, dagli scatti, e dagli ultimi incompiuti.

14/03/15

Il grande Piero della Francesca sbarca in America .



Cecilia Frosinini, direttore del Settore Restauro dipinti murali dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, terrà una conferenza su Piero della Francesca il prossimo 16 di marzo presso l’Ambasciata italiana a Washington D.C. 

Il tema della conferenza è la distinzione, al fine di una fondamentale e completa comprensione dell’arte di Piero, fra il significato di “disegno come progetto” e “disegno come espressione grafica” nella sua pratica pittorica. Le due parole (in inglese “design” e “drawing”) sono spesso usate come sinonimi e, soprattutto in italiano, il più delle volte riassunti nel concetto unico di “disegno”. 

Eppure, i significati dei due termini sono differenti e questa distinzione concettuale era perfettamente nota a Piero e ai suoi contemporanei. 

Nell’opera di Piero si è spesso sottolineato come il disegno potesse essere una riproduzione meccanica, testimoniato anche dall'ampio uso di spolvero nei suoi dipinti murali, anche se nessuno dei suoi cartoni è sopravvissuto fino al nostro tempo. Ricerche più recenti condotte dall'Opificio delle Pietre Dure hanno fornito evidenze per una più approfondita fase di pianificazione della tecnica artistica di Piero della Francesca. 

Una progettazione così meticolosa delle sue composizioni, al punto di renderlo quasi ossessivo nell'uso dei cartoni, accuratamente progettati e anche riutilizzati, anche attraverso scalature geometriche. 

Piero non utilizzava quindi i cartoni per economizzare il tempo di realizzazione delle sue opere, ma come mezzo di controllo dello spazio pittorico e per l'inserimento degli elementi figurativi in esso. La conferenza di Washington illustrerà molti esempi dei risultati di questa ricerca, dalle pitture murali alle opere su tavola. 

I dati sono stati raccolti con l’ausilio di attrezzature scientifiche avanzate e sono, altresì, contestualizzati in una cornice storico-artistica più ampia e circostanziata. 

A New York, il 18 di marzo, presso l’Istituto Italiano di Cultura, l’assessore alla Cultura del Comune di Sansepolcro, Chiara Andreini, e in collaborazione con Toscana Promozione, assieme a Cecilia Frosinini presenteranno ancora il progetto del restauro della Resurrezione di Piero della Francesca. 

L’operazione newyorchese nasce nell’ambito delle attività di promozione della Regione Toscana, che ha trovato nel restauro in essere della Resurrezione di Piero un evento di sicuro rilievo per il lancio, anche su piano internazionale del progetto: “Una Toscana sempre nuova da scoprire nell’anno dell’Expo”. 

Di questo progetto, il restauro della Resurrezione, è parte sostanziale. L’appuntamento di New York vede anche la volontà, da parte del Comune di Sansepolcro, del suo Museo Civico e delle Istituzioni regionali, di promuovere oltreoceano l’esperienza più vera e profonda che si può vivere a Sansepolcro sulle tracce di Piero. 

La città dove Piero della Francesca è nato, ha vissuto, e dove ha concluso la sua vita è, ancora oggi, un gioiello fra i borghi della Toscana più bella e antica, qui si respira quell’atmosfera che fu parte sostanziale della vita di Piero della Francesca. 

Proprio qui si possono calpestare ancora le strade che Piero stesso ha percorso e penetrare quell’aria di cultura e d’arte che resero grande fra i grandi il borghigiano d’eccellenza, pittore e matematico fra i più importanti della sua epoca e di tutta la storia. 

Sansepolcro è una cittadina viva e attiva, i suoi palazzi offrono una visione di architetture, dal passato al presente, che ben compenetrano la storia e la contemporaneità. E’ un luogo dove il turista, attento e raffinato, può trovare la bellezza, la cultura e il piacere di vivere un’esperienza unica che resta nel tempo. 

Il Museo Civico di Sansepolcro, da sempre meta turistica del viaggiatore colto offre tesori di inestimabile valore, dalla Resurrezione di Piero, oggi in restauro, ma straordinariamente visibile anche in questo periodo, al Polittico della Madonna della Misericordia, al San Giuliano. Piero della Francesca è qui. 

E qui si incontrano anche le opere di Andrea della Robbia, del Pontormo, di Santi di Tito, di Raffaelino del Colle, e di molti altri artisti del passato che hanno lavorato nel segno di Piero e contribuito alla cultura e alla bellezza della Val Tiberina. 

Il restauro della Resurrezione di Piero della Francesca si presenta a Washington e New York 

Comune di Sansepolcro Museo Civico Opificio delle Pietre Dure di Firenze Washington DC, 16 marzo 2015, Ambasciata d’Italia New York, 18 marzo 2015, Istituto Italiano di Cultura.

06/03/12

La visione di Costantino e L’Arco di Malborghetto sulla Via Flaminia - 8 - Conclusioni.




8. Conclusioni.


Al termine di questa relazione, vogliamo esporre qualche breve conclusione che ci sembra di poter trarre dalle considerazioni precedentemente esposte:

Non sembra esservi plausibile dubbio che il cosiddetto Arco di Malborghetto, al 19mo chilometro della Via Flaminia, alle porte di Roma, sia stato edificato in stretta relazione all’episodio della Battaglia di Ponte Milvio. 

La lontananza però dell’arco stesso dal luogo dove la Battaglia ebbe luogo – una distanza di circa 12 km. -  autorizza a immaginare che l’Arco stesso non sia stato edificato a ricordo della Battaglia, ma per commemorare il luogo dove avvenne la misteriosa visione del segno nel cielo, riferita da diverse fonti coeve e posteriori alla vita dell’Imperatore Costantino.  Nella raffigurazione artistica più famosa dell’episodio in questione – quella di Piero della Francesca ad Arezzo – l’artista dipinse, sullo sfondo della scena, un cielo stellato che i recenti studi hanno dimostrato rispettare fedelmente la riproduzione esatta del planisfero celeste boreale.   

L’esperimento di puntatura di un normale programma astronomico sul cielo di Malborghetto - compiuto per la prima volta da Bruno Carboniero e illustrata nel suo libro (scritto a quattro mani con Fabrizio Falconi, In Hoc Vinces, Edizioni Mediterranee, 2011) -  durante la notte della visione, conferma a grandi linee il quadro astronomico riprodotto da Piero, con in più il particolare che l’artista di San Sepolcro inserisce nel quadrante di cielo al posto dove avrebbe dovuto trovarsi la Costellazione del Cigno: un angelo con in mano una croce. 

Peraltro la raffigurazione dell’angelo di Piero risulta assai somigliante all’immagine della costellazione così come è riprodotta nelle antiche tavole di astronomia. La dimostrazione che abbiamo riferito – riproducibile con i normali programmi di simulazione astronomica in commercio, non è, ovviamente dimostrativa.  

Propone semplicemente una ipotesi di lavoro, e cioè che Piero della Francesca, studioso appassionato dei principi matematici e alchemici, abbia avuto conoscenza della particolare luminosità della Costellazione del Cigno – che appare in cielo con forma di croce – nel periodo dell’anno in cui avvenne il Sogno di Costantino (cioè la fine del mese di Ottobre) , e che abbia inserito questo velato  riferimento, nelle forme e nei volumi dell’angelo (con le ali di cigno) che scende dal cielo per portare il Segno al primo imperatore cristiano.  I molti studi, le molte ricerche fiorite negli ultimi anni intorno al Piero esoterico offrirebbero numerosi spunti a questa pista interpretativa. 

Ma ci fermiamo qui, convinti come siamo che l’episodio della battaglia di Ponte Milvio debba continuare ad essere argomento di prioritaria competenza da parte degli storici, considerata la complessità degli effetti che quel rapido conflitto portò come conseguenza durante i secoli a venire sui destini dell’intero Occidente. 
Fabrizio Falconi
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21/02/12

La visione di Costantino e L’Arco di Malborghetto sulla Via Flaminia - 7 - Il cigno, l'angelo e Piero.


7. Il cigno, l'angelo e Piero


Nel celebre affresco di Piero della Francesca, nel Duomo di Arezzo, ispirato alla Leggenda della Vera Croce, tratto dal racconto di Jacopo da Varagine, nell’episodio del Sogno di Costantino, Piero ha immaginato e dipinto la figura di un angelo che con intuizione  prospettica straordinariamente moderna, scende dall'alto da sinistra verso destra, con il braccio dritto verso l'imperatore dormiente nella tenda, stringendo in mano una minuscola croce.

E’ ora sorprendente notare come la figura ritratta da Piero assomigli in forma e volume alla figura del Cigno, come riprodotta in molte tavole astronomiche-zodiacali.



A seguito dei recenti restauri del ciclo di affreschi, durante i lavori del convegno Lo spazio di Piero  svoltosi a Sansepolcro nel 2003 (9), alcuni  interventi hanno approfondito i contorni della scoperta - resa possibile proprio dai nuovi restauri - che sullo sfondo dietro la tenda dell'Imperatore, Piero ha dipinto un vero cielo stellato (uno dei primi nella Storia dell'Arte).  

Il prof. Vladimiro Valerio, storico dell’architettura all’Università di Venezia, nella sua relazione in quel convegno, ha dimostrato come Piero avesse dipinto un cielo reale, con le giuste posizioni delle costellazioni, anche se invertite, probabilmente a causa dell’utilizzo di un piccolo planetario forato, con il quale l’artista o chi per lui aveva proiettato i punti delle singole stelle, al negativo,  sulla parete.

In quello stesso convegno, un altro relatore, la prof.ssa Marisa Dalai-Emiliani, dell’Università La Sapienza di Roma,  è giunto alle stesse conclusioni, peraltro già  illustrate dallo stesso studioso in una conferenza precedente (10):

"il riquadro con il Sogno di Costantino è sempre stato considerato come uno tra i primi esempi di notturno della storia della pittura moderna.      Ma il restauro ha ora rivelato che il buio della notte dietro l’accampamento imperiale è trapunto di stelle, nella luce chiara dell’alba.      L’attenzione riservata sinora a questo particolare si è limitata a sottolinearne l’aspetto lirico, quasi si trattasse soltanto di una raffigurazione impressionistica del firmamento.  Si avanza invece qui l’ipotesi che Piero della Francesca abbia per la prima volta proiettato scientificamente sulla superficie piana della parete del coro di San Francesco un settore di planisfero celeste, di cui si leggono distintamente infatti alcune costellazioni nella corretta posizione reciproca, ma invertita rispetto alla visione della realtà.  Si apre quindi il problema delle fonti astronomiche antiche che l’artista poté conoscere e di un eventuale modello visivo per la rappresentazione di una parte del globo celeste. Non meno importante, sul piano del significato iconografico, è la scelta dell’aurora come tempo del sogno profetico, secondo un’antica credenza attestata tra gli altri da Ovidio, Orazio, Cicerone, Avicenna e ripresa da Dante nel XXVI Canto dell’Inferno: Ma se presso al mattin del ver si sogna… "


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30/01/12

La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 3.


3. La notte della Visione. 

Sappiamo con certezza assoluta che la battaglia di Ponte Milvio avvenne il giorno 28 ottobre 312.   La nostra attenzione si sposta allora alla notte precedente la battaglia, la notte del 27 ottobre.  Una notte che Piero della Francesca ha raccontato nell'affresco che fa parte del ciclo "Leggenda della Vera Croce" nel Duomo di Arezzo, capolavoro dell'arte di tutti i secoli.

Le truppe di Costantino, provenienti dal Nord Italia, dopo numerose vittorie e la cattura del prefetto del pretorio di Massenzio, arrivano alle porte di Roma alla fine di ottobre, si accampano sulla Via Flaminia, preparandosi all'idea di un lungo assedio. Tutto lascia pensare infatti che Massenzio terrà il suo esercito all'interno delle Mura Aureliane e si preparerà a resistere ad oltranza.  Roma è una città che fino a quel momento nessun invasore è riuscito a violare.

Invece, contro ogni previsione e in spregio alle elementari norme di strategia bellica, Massenzio decide di affrontare l'esercito di Costantino in campo aperto, predisponendosi ad una sicura disfatta. Sulle motivazioni che spinsero l’assediato a compiere questo errore fatale esistono da sempre numerose teorie e ipotesi: dalla propensione di Massenzio per la superstizione (diverse fonti sostengono che ricevette un parere che egli interpretò come positivo dalla consultazione dei Libri Sibillini (5) ), ad una temporanea perdita di facoltà mentali, al fatto che quel giorno, 28 ottobre 312 coincideva anche con il sesto giubileo della sua proclamazione imperiale.

Senza dilungarci, è bene qui sottolineare che la Battaglia denominata poi “di Ponte Milvio”, prese il nome dal luogo dove essa terminò, e cioè laddove le truppe di Massenzio, costrette a ripiegare, si trovarono di fronte il fiume, nel disperato tentativo di attraversamento del quale, molti morirono annegati – ivi compreso lo stesso Massenzio insieme al suo destriero.
In realtà la Battaglia di Ponte Milvio cominciò qualche chilometro prima, sul percorso dell'attuale (e dell'antica) Via Flaminia e cioè sull’argine destro del Tevere, nella zona nota come Saxa Rubra,  proseguendo poi per i restanti 7 km circa, fino al Ponte. 
Ma torniamo alla Visione.   Dunque, le truppe sono accampate, si aspetta solo il clangore della Battaglia.  Il giorno prima, e quindi il 27 ottobre, ecco l'evento che ci riguarda, evento tramandato fino a noi da due fonti storiche principali: la prima, molto succinta, in Lattanzio (Sulla morte dei Persecutori, 44, 3-5):

Costantino fu esortato in sogno a far contrassegnare gli scudi dei suoi soldati con i segni celesti di Dio e a iniziare quindi la battaglia. Egli fece così e, girando e piegando su se stessa la punta superiore della lettera greca (X), scrisse in forma abbreviata CRISTO sugli scudi.

La seconda fonte, molto più dettagliata, è quella di Eusebio di Cesarea, biografo di Costantino (Vita di Costantino, I - 25-30):

Nell'ora in cui il sole è a metà del suo cammino, quando il sole comincia appena a declinare, disse (Costantino, ndr) di aver visto con i propri occhi in pieno cielo e al di sopra del sole, il segno luminoso di una croce, unita alla quale c'era una iscrizione: "Con questa vinci". A causa di questa visione un grande sbigottimento si impadronì di lui e di tutto l'esercito, che lo seguiva nel viaggio, e che fu spettatore del miracolo. Raccontava che molta era la sua incertezza sulla natura di questa apparizione. Mentre rifletteva e pensava sull'accaduto, sopraggiunse veloce la notte. Allora gli si mostrò in sogno Cristo, figlio di Dio, con il segno che era apparso in cielo e gli ingiunse di costruire una immagine simile a quella del segno osservato in cielo e di servirsene come difesa nelle battaglie contro i nemici. Non appena spuntò l'alba, si levò e raccontò agli amici tutto l'arcano.

Le due versioni, come si vede, differiscono:  nella prima abbiamo soltanto un sogno. Nella seconda una visione che avviene in pieno giorno, più un sogno notturno.
Il sogno c'è in tutte e due le versioni.  E in tutte e due le versioni c'è quel segno: la croce, che vedremo inserita anche da Piero della Francesca nella sua raffigurazione di Arezzo. 
Costantino disse di essere stato esortato (sia secondo il racconto riferito da Eusebio, che secondo quello di Lattanzio), a fornire gli scudi dei suoi uomini, di un particolare segno,  e cioè quel famoso Labarum,  del quale abbiamo già accennato.

 (3-segue). 

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27/04/11

La Resurrezione ha per teatro dei dormienti ?


Esiste la teologia (indagine di Dio) delle immagini. Sicuramente uno dei casi più limpidi è quello del celebre affresco dipinto da Piero della Francesca tra il 1450 e il 1463 e conservato nel Museo Civico di San Sepolcro (per celebrare il nome stesso di quel Borgo). Una immagine nota nel mondo – secondo Aldous Huxley “il più bel dipinto del mondo” - enigmatica e complessa seppure apparentemente elementare nella sua raffigurazione. La Resurrezione di Piero offre anche a noi – specie in questo tempo Pasquale – molti motivi di riflessione e meditazione.

Innanzitutto in questa che è a tutti gli effetti una icona – cioè espressione grafica del messaggio cristiano affermato nel Vangelo – viene celebrata la Resurrezione di Gesù. Ma come noi sappiamo bene,questa scena, la scena cioè in cui Gesù si solleva dal sepolcro mortale e lo lascia, è assente nei Vangeli.

In nessuno dei quattro racconti dei Vangeli c’è descritta la scena della Resurrezione, per il semplice fatto che la scena avviene, come si direbbe oggi, senza testimoni.

Il racconto che viene fatto della Resurrezione è ‘a posteriori’: noi conosciamo la storia dal dopo, da quando cioè la Maddalena prima e i discepoli poi, recatisi al sepolcro per omaggiare il Cristo sepolto, si trovano di fronte una verità inaudita e razionalmente inaccettabile. Al punto tale che la Resurrezione del Maestro porterà, nei loro cuori oltre allo stupore, anche confusione e sconcerto.

Piero dunque immagina e descrive una scena che ‘nessuno ha mai visto’. E ciò è particolarmente simbolico anche per noi. Il Gesù che per certi versi appare trionfante, uscire dal sarcofago – il gesto del braccio sul ginocchio, il vessillo impugnato nell’altra mano, lo sguardo fisso sull’osservatore – riemerge dalla morte nel silenzio e, sembrerebbe di poter dire, nella desolazione (il panorama circostante) e nella indifferenza: i quattro soldati di guardia al sepolcro dormono infatti pesantemente. Uno, addirittura usa il marmo del sepolcro come poggiatesta (e diversi critici sostengono si tratti dell’autoritratto di Piero). Non vedono e non odono. Gli uomini sono addormentati. La terra è addormentata e oscura.

In questa ‘Terra desolata’ (Eliot), umanamente e naturalmente, prorompe l’evento misterioso e stupefacente della Resurrezione: il Cristo – vivo più che mai, il sangue ancora fuoriesce dalla ferita al costato, le guance sono di porpora – torna ad affermarsi presente nel mondo, torna come prima e diverso da prima.

Torna potremmo dire come torna ogni ricorrenza pasquale, eppure torna senza che gli uomini avvertano la sua presenza. In fondo sembra realizzarsi la profetica domanda – retorica – che il Maestro stesso aveva fatto ai discepoli poco prima di morire: “Ma quando il Figlio dell’uomo tornerà troverà ancora fede sulla terra?” (Lc. 18,8).

Ed è piuttosto simbolico che i discepoli dormano profondamente sia nell’ultimo atto della vita terrestre di Gesù in mezzo al loro - nell’Orto di Getsemani quando Egli chiede di vegliare e loro non riescono a farlo nemmeno per un ora – sia nel primo atto della nuova vita di Gesù.

La sorte di Gesù, così come la sua venuta rivoluzionaria nella nuova veste nella quale dovrà venire per quel tempo in cui “saranno giudicati i vivi e i morti (e dunque ogni ingiustizia sarà appianata) e il suo Regno non avrà fine” ha come testimoni uomini che non hanno saputo fare di meglio che addormentarsi.

Verrà probabilmente un tempo nuovo anche per loro. E forse, quella chiamata nuova che comincia dal prodigio della Resurrezione e che scuote i discepoli a “darsi finalmente da fare” si trasmetterà ad ogni uomo. E’ il nostro compito anche oggi, sembrerebbe di poterlo dire: svegliarci da questo sonno profondo, prendere finalmente coscienza di una presenza viva, chiederci cosa vuole realmente da noi, cosa ci chiama a fare, non a sognare. Il tempo del sonno non è quello della nuova vita.

Fabrizio Falconi

04/04/10

Domenica di Pasqua - Notturno di Margherita Guidacci




Col viso vòlto ad Oriente
per aspettare l'alba
e il cuore vòlto ad un più chiaro Oriente
da cui verrà la risurrezione,

io mi sono coricata. Che importa
se per una sola notte o per tutte ?
Uno stesso Signore mi è guida
verso l'alba e la risurrezione !



Margherita Guidacci (1921-1992)
La preghiera nella poesia italiana, Caltanissetta-Roma 1969, p.515



E Buona Santa Pasqua di Resurrezione a tutti da Il Mantello di Bartimeo !