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29/11/16

La Morte di Fidel - le reazioni della Cultura.



La morte di Fidel Castro è occasione di bilancio anche per il mondo della cultura internazionale.

Giudizi, pareri e ricordi personali:

"Era un uomo elegante, con le lunghe mani affilate da aristocratico spagnolo. Anche di primo mattino fumava dei sigari Cohiba molto sottili che ne accentuavano il fascino. La sua voce era invece deludente: una tonalità molto alta, quasi effeminata, che contraddiceva le pose da macho", ricorda intervistata da Repubblica Inge Feltrinelli, moglie di Giangiacomo, con cui negli anni Sessanta si recò a Cuba proprio per incontrare Castro in vista della pubblicazione delle sue memorie. 

Il lider maximo, ricorda la giornalista ed editrice, non amava parlare di sé, anzi, "la sua vita era la revolución. Parlava di economia e di marxismo ma non era un comunista teorico: al contrario appariva superficiale e velleitario".

All'epoca dell'incontro, nel 1964, Inge spiega che Castro "non sapeva nulla di letteratura. Un ruolo istruttivo importante l'avrebbe svolto García Márquez, che gli fece conoscere la narrativa sudamericana".

Lo stesso Gabo (scomparso nel 2014) che, qualche anno fa, parlava di Fidel così: "La sua visione dell'America Latina nel futuro, è la stessa di Bolivar e Martí, una comunità integrale ed autonoma, capace di muovere il destino del mondo. Il paese del quale sa di più dopo Cuba, sono gli Stati Uniti".

Dal mondo del cinema sono risuonate le parole dell'attore Andy Garcia, cubano naturalizzato statunitense, da sempre critico nei confronti di Castro. "Ho sempre detto che Cuba è stata tradita, mistificata, usata da Fidel. Un dittatore. Non una icona rivoluzionaria", dice in un'intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera.

"Penso che per anni e anni - aggiunge - la mia splendida Cuba sia diventata un Paese amletico e ferito per colpa di due regimi, quello di Batista e quello di Castro".

Forti i contrasti anche nella letteratura sudamericana. Mario Vargas Llosa, peruviano, naturalizzato spagnolo, premio Nobel nel 2010, ha definito Castro una "persona che ha abbagliato" la sua generazione perché "era come un eroe di un romanzo d'avventura", ma è stato responsabile di aver "mantenuto più o meno immobile la struttura del Paese".

A suo avviso, non ci sarà nessuno in grado di "sostituire Fidel come mito, leggenda o eroe" ed è per questo motivo che "le strutture di dominio e di controllo cominceranno a sgretolarsi lentamente". 

Luis Sepulveda ha invece voluto ricordare i meriti del Fidel 'rivoluzionario'. "Oggi - ha scritto dopo la notizia della morte di Castro - è il giorno del dolore di coloro che hanno osato fare il passo necessario di rompere con l'esistenza docile e sottomessa, e si unirono al cammino senza ritorno della lotta rivoluzionaria".

Parole riprese in Italia dal giornalista Gianni Minà, grande esperto di America Latina, che trent'anni fa lo intervistò per 16 lunghe ore. "Non sorprende - ha scritto Minà su il manifesto - che, in quasi tutto il mondo, la notizia della sua dipartita è stata trattata con assoluto rispetto, tranne forse da alcuni gruppuscoli di Miami, quelli che hanno favorito il terrorismo organizzato in Florida e messo in atto a Cuba, come Posada Carriles che continua a passeggiare tranquillamente per Miami".

 E poi ci sono le voci di chi Cuba e i suoi miti li ha raccontati nei libri, come Paco Ignacio Taibo II, autore di 'Senza perdere la tenerezza', straordinario racconto della vita di Ernesto 'Che' Guevara, che proprio nel giorno in cui Castro moriva stava presentando per la prima volta a Cuba la sua opera. "Fidel - dice in un'intervista pubblicata oggi da La Stampa - ha vissuto molte vite. C'è il Comandante della Rivoluzione, c'è il 'líder' della vittoria, quello della Baia dei Porci, della crisi dei missili e via dicendo. È finalmente arrivato il momento di metterle in ordine".

Secondo lo scrittore "sono state eliminate le zone oscure della sua biografia e le interpretazioni più partigiane, come quelle sulla morte del Che. Credo che oggi andrebbe sottolineato qualcosa di poco noto, come la guerra in Angola: una piccola isola dei Caraibi volle sfidare il regime razzista sudafricano a migliaia di chilometri di distanza".

fonte Lapresse