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04/08/21

Mogol spiega L'Arcobaleno, la canzone "dettata" dall'aldilà da Lucio Battisti



Non tutti probabilmente conoscono la storia della canzone L'Arcobaleno, portata al successo nel 1999 da Adriano Celentano, scritta da Gianni Bella e Mogol.  La riporto qui - nel racconto diretto di Mogol, assai godibile, in un video - non tanto per il valore artistico della canzone (che resta comunque una bella canzone di musica leggera italiana), ma per la storia - piuttosto esoterica - che nasconde e che ha incuriosito migliaia di persone  e non soltanto i fan del compianto Lucio Battisti, genio della musica pop italiana, morto davvero troppo prematuramente, nel 1994 e come si sa era molto amico sia di Adriano Celentano che di Mogol, suo paroliere per interi decenni. 

Qui di seguito il video della canzone:




25/03/20

Mina compie oggi 80 anni - Storia di un mito italiano



Anna Maria Mazzini, in arte Mina, domani compie oggi ottant'anni. 

Che sono un traguardo importante per chiunque ma che per lei, la Tigre di Cremona, assumono una valenza particolare tenuto conto di che cosa rappresenta per la musica italiana e internazionale. Le sue canzoni hanno fatto da colonna sonora alla storia patria, pietre sulle quali molti italiani hanno costruito le proprie fantasie, ritornelli che sono entrati nella memoria collettiva e personale. 

Un repertorio sconfinato e raffinato, 'Le mille bolle blu', anno di grazia 1961, 'E se domani', 'Grande grande grande', 'Non credere' sono alcuni titoli dei brani che l'hanno resa famosa e irraggiungibile. 

Louis Armstrong defini' Mina "la cantante bianca piu' grande del mondo", stregato da quella voce potente e cristallina, invasiva per il cuore, incontenibile per l'anima. 

Ad alimentare la leggenda di Mina molto ha contribuito il buen retiro a Lugano. 

Il 6 novembre 1989 e' diventata cittadina elvetica, con tanto di passaporto, anche se in realta' in Svizzera viveva dal 1966

Poi la scelta nel 1978 di scomparire dalla scena, cioe' dalle televisioni e dai concerti, da qualsiasi evento pubblico. 

Nessuna immagine, solo qualche scatto rubato con il teleobiettivo da paparazzi coraggiosi o immagini postate dai familiari. 

L'ultima della figlia Benedetta, qualche tempo fa: piu' che altro la nuca con i capelli rossi raccolti nel consueto chignon. 

Una donna unica, Mina. Per il trucco cosi' mercato da diventare iconico, per gli abiti che la rendono particolarmente sensuale tra paillettes e spacchi, per la gestualita' da femme fatale. 

La contrapposizione con Milva, la Pantera di Goro, le scivola sulla pelle. E' oltre, Mina. Oltre tutto e tutti. Oltre il Festival di Sanremo, oltre Canzonissima, oltre Studio Uno. Oltre e basta

Anche la vita sentimentale della signora Anna Maria Mazzini e' stata particolare. 

Dalla relazione con Corrado Pani, nel 1963 e' nato il primogenito Massimiliano, dal matrimonio con il giornalista Virgilio Crocco e' nata Benedetta, nel 1971. 

Ultimo colpo di fulmine con Eugenio Quaini, con il quale si e' sposata nel 2006. 

Amori intensi e fugaci, tutti avvolti in quell'alone di mistero che oggi chiameremmo privacy estrema.

 Gli ottant'anni di Mina sono un punto ma nessuno si sogna di andare a capo. 

Il suo ultimo lavoro, il disco con Ivano Fossati, ha riscosso il solito, enorme successo. Si chiama 'Mina-Fossati'. Undici brani, il primo si intitola 'L'infinto di stelle': forse non e' un caso. E, comunque, auguri.

30/03/19

Libro del Giorno: "Battisti-Panella, da Don Giovanni a Hegel" di Alexandre Ciarla.



Da tempo, personalmente, aspettavo un libro come questo. 

Faccio parte infatti di quella esigua minoranza di pazzi maniaco-ossessivi che dal primo CD - Lp, allora - pubblicato da Lucio Battisti con il nuovo paroliere, il poeta romano Pasquale Panella, Don Giovanni (1986), dopo la lunghissima era Mogol, e dopo il brutto inciampo dell'album E già (1982), realizzato con i testi scritti dalla moglie del cantautore che si firmò Velezia, si innamorò perdutamente di quelle sonorità e di questi testi completamente poetici ed ermetici, del tutto insurrezionali rispetto a quanto si era finora sentito nella musica leggera o d'autore italiana. 

Con gli album seguenti a quello, i cosiddetti bianchi (divenuti di culto per tutti i battistiani della seconda generazione),  L'apparenza (1988), La sposa occidentale (1990), Cosa succederà alla ragazza (1992), Hegel (1994), prima della precoce scomparsa del geniale musicista di Poggio Bustone morto nel 1998 a soli 53 anni, ho convissuto per molti anni, non stancandomi mai di riascoltarli (una delle caratteristiche di questi album infatti, come sottolinea l'autore di questo libro nelle ultime pagine è quella, misteriosa, di non invecchiare e di non "stancare" mai l'ascolto come avviene per quasi tutta la musica "leggera" dopo un certo numero di ascolti).

Con i 5 bianchi Battisti e Panella scioccarono il consolidato pubblico battistiano assuefatto - e per sempre orfano - delle romantiche rime mogoliane e al  contempo la schiera dei critici musicali italiani, proponendo una ardua, sempre più ardua fusione tra sperimentazioni elettroniche - sempre più estreme, giocate da Battisti negli eremitici e inaccessibili, asettici studi londinesi -  e testi apparentemente "astrusi", che invece si rivelavano, mano a mano, del tutto geniali e fecondi di sorprese e di vera sostanza poetica. 

Alexandre Ciarla in questo libro dimostra di far pienamente parte di questa schiera di maniaco-ossessivi che hanno ruminato questi cinque album ad libitum e ancora continuano a farlo. Ma fa di più: li scandaglia minuziosamente, con una pazienza e una precisione da entomologo, analizzando verso per verso non soltanto i testi delle canzoni di Panella - e confrontandolo con le rarissime ed enigmatiche interviste rilasciate dal poeta romano che oltretutto "per contratto" non ha mai potuto o voluto rivelare i particolari con quel cantautore che dell'ombra aveva fatto la sua casa, rifuggendo, più ancora di Mina, qualunque contatto con il pubblico e con la stampa, sparendo praticamente nel nulla -  ma anche le allusioni nascoste nelle enigmatiche copertine, i giochi di rimando da un album all'altro e con gli altri scritti da Panella per altri cantautori conteporanei, ma molto meno geniali di Battisti.

Ciò che emerge da questo studio così minuzioso e approfondito - e a tratti veramente geniale - è la conferma che Battisti e Panella, con questi cinque album misero veramente a soqquadro decenni di musica italiana, scardinandone il senso sentimentale - delle emozioni, del racconto d'amore - che facevano da fil rouge di quasi tutta la produzione musicale del nostro paese.  

Queste canzoni parlano d'altro - anche se di cosa esattamente è difficile dire: parlano di filosofia, di estetica, del corpo femminile, della illusione di ogni incontro, delle divagazioni e delle insincerità del "cantar leggero", del nascondersi e del rincorrersi, delle incertezze e dei dubbi: una materia dunque sfuggente e ambigua e lontanissima da qualsiasi altro "prodotto" della musica italiana degli ultimi decenni.

E' per questo che queste canzoni sembrano non invecchiare mai e anzi, ringiovanire ad ogni ascolto: è come se fossero state scritte fuori dal tempo, in un tempo oltre.  E, grazie a Battisti, che con il suo genio era in grado di "musicare anche l'elenco del telefono", con una veste formale-musicale assolutamente unica e anch'essa fuori dal tempo.

Lode dunque ad Alexandre Ciarla che dopo anni di minuziose ricerche e di cura di un fortunato blog personale al duo Battisti-Panella, si è autoprodotto e stampato questo forbito e documentatissimo libro fortemente raccomandato agli appassionati... ma non solo.

Fabrizio Falconi


Alexandre Ciarla
Battisti-Panella da Don Giovanni a Hegel
Analisi e spiegazione di tutte le canzoni 
prefazione di Renzo Stefanel
2015 - Amazon edizioni

27/02/19

Mia Martini - Un ricordo personale.


Mia Martini


In questi giorni di giuste rievocazioni del talento e della umanità di una bravissima cantante italiana, Mia Martini, morta il 12 maggio del 1995, vorrei proporre un piccolo ricordo personale, indelebile, che risale agli anni '70, che forse, alla luce di quel che è successo, spiega qualcosa dello strano e terribile destino al quale Mia è andata incontro. 

Credo con buona certezza che fosse il 1976. 

Al Teatro Olimpico di Roma, andava in scena ogni domenica una rassegna che avevano intitolato, non troppo originalmente "Domenica Musica"

Ci passava però il fior fiore della musica italiana emergente di quegli anni. 

Doveva essere il 1976 perché Renato Zero - uno dei cantanti in cartellone - assolutamente sconosciuto all'epoca, cantava Madame (bellissima per altro) e una protoversione di Mi vendo, esibendosi con indosso una calzamaglia nera attillatissima e tacchi alti,  apostrofato in ogni modo dal pubblico di allora, manco fosse la scena di avanspettacolo felliniano. 

Mia Martini, Renato Zero e Loredana Berté negli anni '70

Lui però era coraggiosissimo (oltre che bravissimo) e andava avanti imperterrito

Quando toccò a Mia Martini - lo giuro, non invento niente - accadde - e fu l'unica volta  di un incidente simile in tutte quelle domeniche alle quali ho assistito - che la "base" musicale misteriosamente si arrestò mentre Mimì cantava

Fra l'altro accadde in un modo veramente orrendo: la musica si fermò rallentando come quando un giradischi viene spento. 

Il pubblico rimase attonito, molti cominciarono a fischiare, la povera Mia sul palco, imbarazzata, continuò a cantare (benissimo) a voce nuda, senza base. Ma non bastò ad evitare i fischi finali.

Questo ricordo mi convinse, anni più tardi, che già da allora, qualcuno che era vicino a lei fomentasse le voci terribili che l'hanno uccisa, provocando questi piccoli incidenti. 

Magari per puro divertimento sadico, per cattiveria gratuita. La cosa peggiore che si possa fare ad una persona.

Ciò che è certo è che Mia Martini era uno spirito troppo sensibile, evidentemente, per assegnare a questa crudeltà il posto che aveva nella scala più bassa delle attitudini umane, e oltrepassarla fieramente.

Cosa che non riuscì a fare e che la portò ad una sofferenza evidentemente troppo ingombrante, il che ne fa una vera vittima della stupidità e della cattiveria (dis)umane. 

Fabrizio Falconi



11/10/11

Elogio di Mina - Un segno dei tempi passati e di quelli presenti.



Questo è un elogio di Mina.

Mina, nome d'arte di Mina Anna Mazzini, nata a Busto Arsizio il 25 marzo 1940, la più grande cantante italiana. 

C'è un motivo che ci spinge ad elogiarla.  La sua presenza - nonostante l'assenza pubblica che data 1978, anno di abbandono della scena - più viva che mai (blog e social network crepitano di sue esibizioni in b/n, inserite da fans e adoratori di tutto il mondo) spinge a farsi qualche domanda e a darsi qualche risposta.

Mina è il contrario di quello che passa oggi il convento.

Televisivamente, ma non solo. Direi proprio, antropologicamente. 


Chi è Mina ? Cosa sappiamo di lei quando vediamo i suoi video, le sue apparizioni nell'arco di quel ventennio - 1958-1978 - magico per il nostro paese (un periodo nel quale l'Italia produsse frutti culturali abbondantissimi, nel cinema, nella musica, nella letteratura, uniti ad una rinascita complessiva del paese che andò sotto il nome di boom) ?

Mina era innanzitutto una artista di capacità quasi sovrumana. Se si guardano questi video, e ad ogni passaggio in televisione, Mina appare di una bravura travolgente. Il suono della sua voce è pura melodia ma è anche tante altre cose insieme: virtuosismo, mai stucchevole e mai fine a se stesso, aggressività, grinta, interpretazione, magia, sospensione, incantamento.  Il suo talento indiscusso è purissimo: la voce sgorga con naturalezza incredibile, eppure appare chiaro che il semplice talento innato è stato affinato duramente, con l'esercizio, lo studio, una dedizione assoluta (che del resto risulta evidente dalla sua biografia).

Ma Mina non è solo questo.

Mina è una donna bella, anche se non bellissima. Mina è una donna di classe che entra nelle case di tutti, con discrezione e magnetismo.  Con intelligenza.  Non è mai trasgressiva - non ne ha bisogno - e non è mai fuori tono, fuori registro.  Si impone semplicemente con l'evidenza della sua bravura e con l'intelligenza delle misurate parole e degli sguardi, oltre che dell'ironia con la quale interpreta volentieri il ruolo della femme fatale che affascina ogni italiano.

La sua bravura inarrivabile per chiunque, è esibita con un pizzico di civetteria, ma senza nessuna prosopopea, e nessuna aria di superiorità.  Mina è anzi un cavallo di razza che accetta il confronto con il diverso e anche con l'opposto.

Mina è gioiosa, è felice di cantare, è felice di dare felicità.  Le sue canzoni, le canzoni che non sono sue ma che diventano sue, perché la sua personalità è così straripante, si trasformano istantaneamente per molti anni nel conforto, nel mantra, nell'accompagnamento sonoro della vita (la vita vera) di migliaia di persone.

Attenzione, ora: tutte le doti che abbiamo enumerato in questo elogio sembrano oggi dimenticate o cancellate o scomparse, se soltanto si realizza un confronto con ciò che pubblicamente passa il convento anche in termini nazional-popolari come è ed è sempre stata la canzone leggera.

Talento, bravura, esercizio, studio, dedizione assoluta, bellezza, classe, discrezione, magnetismo, intelligenza, ironia, misura, personalità.    Che fine hanno fatto, in questo Paese ?

Cosa è successo a questo Paese perché si sia passati in poco, poco tempo, da questo modello, il modello di Mina al niente divenuto paradigma dei 15 minuti di celebrità assegnato per statuto agli imbelli che si agitano inutilmente su quella che assomiglia sempre di più alla tolda di un Titanic ?

Fabrizio Falconi