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26/09/22

Una storia veramente misteriosa: L'anello di Grace scomparso e la Biga di Monteleone

 


Un carro etrusco unico al mondo che 120 anni fa dall'Umbria e' finito a New York a far bella mostra di se' al Metropolitan Museum

Un intrigo ordito da generali, conti e cavalieri tra distrazioni, incapacità e connivenze nell'Italia del primo Novecento. 

Ma anche la testimonianza inedita di una donna con un anello dai magici poteri, che aggiunge mistero a mistero

A Roma al museo di Villa Giulia è tornata alla ribalta la vicenda contrastata della biga di Monteleone di Spoleto.

, protagonista di un docu firmato da Dario Prosperini - in anteprima questa sera all'Etru - che per la prima volta ne ricostruisce passo passo le tappe con la voce dei protagonisti di allora e diversi documenti inediti. Mentre apre nuovi interrogativi sulla disattenzione collettiva che ha regnato a lungo nel nostro Paese nei confronti del patrimonio dell'arte. 

Oggetto di una battaglia che dura da vent'anni con i 600 abitanti del borgo umbro che ne richiedono a gran voce il ritorno in patria, la biga, che gli americani hanno ribattezzato il Carro d'oro, e' un capolavoro del VI secolo a.C. fatto di legno di noce e lamine di bronzo scolpite, opera della sapienza etrusca ma ispirato dall'arte greca, alla quale si riallaccia narrando le gesta di Achille. 

Fabbricato a Vulci, la biga era passata di mano, offerta a un militare che alla fine se la porto' nella tomba insieme a tutto il suo tesoro di oggetti di bronzo e terracotta. 

A ritrovarlo, 2600 anni dopo, furono due contadini, Isidoro e Giuseppe Vannozzi, che l'8 febbraio del 1902 scavando davanti al loro casolare si trovarono sotto gli occhi la tomba del comandante etrusco. Ceduta dai Vannozzi per 900 lire (oggi sarebbero poco piu' di 4mila 100 euro) e oggetto all'epoca di uno scandalo che occupo' a diverse riprese le pagine dei giornali, la biga passo' comunque velocemente di mano per poi arrivare nel 1903 a New York. 

Le carte ritrovate nel 2018 da Guglielmo Berattino, 16 lettere autografe tra i protagonisti della compravendita, dimostrano oggi senza piu' ombra di dubbio che l'allora direttore del Met, Luigi Palma di Cesnola, sedicente generale canavese che aveva contribuito a fondare il prestigioso museo americano, l'acquisto' per 250 mila lire dall'antiquario romano Ortenzio Vitalini, numismatico del re, che si firma col titolo di cavaliere

Questo con il tramite di un altro italiano, il conte Gioachino Toesca Caldora di Castellazzo, amico di Cesnola. 

Ma soprattutto in barba all'editto del 1820, ereditato dallo stato Pontificio e allora ancora in vigore in Italia, che gia' vietava l'esportazione di opere d'arte

La prima legge di tutela del patrimonio dello Stato italiano arriva pero' nel giugno del 1902, quando la biga aveva gia' lasciato l'Italia, diretta a Parigi dove rimase mesi prima di essere spedita a New York.

Mentre la normativa che avrebbe disciplinato il funzionamento di quella legge e' del 1909. 

Anche per questo di fronte al finimondo che a un certo punto scoppia in Italia su quel carro etrusco e all'interrogazione parlamentare del senatore Felice Barnabei, fondatore del museo di Villa Giulia, i protagonisti della compravendita rimangono tranquilli. 

E lo erano in fondo sempre stati, tanto che la biga era stata esposta in vetrina, a Roma, nel negozio di Vitalini. 

A rivelarlo in una testimonianza recuperata in una pubblicazione del 1927 da Valentino Nizzo, l'etruscologo oggi alla guida di Villa Giulia, e' il singolare racconto di una signora inglese, Grace Filder sposata al conte Solone di Campello, che alla descrizione del carro aggiunge quella di un prodigioso anello, che le sarebbe stato venduto a Monteleone, anch'esso proveniente dalla tomba del capitano. 

Un monile grazie al quale avrebbe trovato la forza per imprese decisamente notevoli, che la portarono a sorvolare in areostato mezza Italia e persino a scalare la vetta piu' alta del Monte Rosa. 

Sepolta nel cimitero acattolico di Roma, Grace potrebbe essersi portata nella tomba il magico anello, unica testimonianza, tutta da verificare sottolinea Nizzo, della presenza di gioielli nella tomba del capitano. 

Chissa', "quello che e' davvero grave e' proprio la dispersione di informazioni, insieme ai tentavi di depistaggio che hanno accompagnato questa scoperta e che rendono frammentaria la nostra conoscenza di uno dei contesti piu' importanti del VI sec. a C", fa notare il direttore del museo.

Dopo due decenni di manifestazioni di piazza, denunce, appelli ai vari ministri che si sono succeduti, gli abitanti di Monteleone, intanto, sperano ancora. Guido Barbieri, tenente colonnello dei carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale di Perugia, come pure Berattino, invitano a puntare sulla diplomazia culturale: "i margini di manovra ci sono", sottolinea il colonnello. Marisa Angelini, la battagliera sindaca di Monteleone, spiega di aver appena scritto una nuova lettera al ministero. 

Chiunque sara' il prossimo ministro della cultura e' avvisato: sul ritorno della biga d'oro i monteleonesi non mollano. 


La tomba di Charlotte "Grace" Filder, al Cimitero Acattolico alla Piramide, a Roma 


21/01/21

L'incredibile foto di James Dean davanti alla tomba del bisnonno - Un macabro scherzo del caso



Il destino a volte, ama davvero giocare in modo tragico e beffardo.

In una sorta di macabra premonizione, nell'inverno del 1953 James Dean si fa fotografare, per un documentario davanti alla tomba del bisnonno Cal Dean

Meno di due anni dopo il protagonista de La Valle dell'Eden chiamato ad essere interpretato da James Dean si chiama proprio 'Cal'. 

Al termine delle riprese di quel film, l'unico uscito durante la vita dell'attore, Dean muore in un incidente stradale.

Ma non basta.

Il documentario realizzato su James Dean era firmato dallo sceneggiatore Stewart Stern e diretto da Robert Altman, proprio all'inizio della sua carriera, ed era una occasione per approfondire la vita, l'arte e la leggenda del giovane attore.

Rivisto oggi, il documentario appare piuttosto noioso, con un larghissimo uso di fotografie in bianco e nero. E con interviste di testimoni, amici o familiari di Dean, intervistati dallo stesso Altman e dal co-regista George W. George. 

Ma il pezzo migliore di quel documentario resta proprio il nastro della registrazione in cui Dean, durante un colloquio seduto al tavolino con i suoi interlocutori.

La foto con la lapide e il nome di Cal diventa immediatamente famosa, al punto che finisce anche in un videoclip di Morrissey per la sua canzone "Suedehead" , che è un omaggio all'attore che fonde con i suoi personaggi per divenire una entità terza, uno completamente cinematografico. 


22/04/18

Il Libro del Giorno: "Conoscenza, Ignoranza, Mistero" di Edgar Morin.




E' uno dei libri più intensi e meravigliosi che mi sia stato dato di leggere negli ultimi decenni. 

Quasi centenario (l'8 luglio compirà 97 anni), Edgar Morin ha scritto lo scorso anno questo breve saggio (148 pagine) di incredibile lucidità e profondità di sguardo. 

Con la sua celebre prosa asciutta e densa, il nobile vegliardo della filosofia contemporanea riesce ad offrire un testo-compendio, o testo-testamento, summa del suo percorso di conoscenza, durato quasi 70 anni tra studi, cattedre, onorificenze, seminari, convegni internazionali, pieno di folgoranti illuminazioni e di profonda consapevolezza. 

Con gli occhi lucidi di chi si avvicina alla morte, Morin distilla un percorso lungo l'attuale panorama delle conoscenze umane più estreme: cosa è la realtà, cosa è l'universo immane che ci circonda, cosa è la vita biologica, come sia nata e come sia possibile l'evoluzione, cosa sia la creatività della vita vivente, cosa quella umana e che cosa sia l'umano, che è sconosciuto a se stesso, cosa siano il cervello e la mente, cosa sia l'orizzonte post-umano che sembra attenderci tutti.

La constatazione, l'elencazione di queste conoscenze, rende evidente ciò che già avevano intuito i nostri padri. Chi aumenta la sua conoscenza aumenta la sua ignoranza, scriveva Friedrich Schlegel.  E San Giovanni della Croce: E la sua scienza aumenta mentre rimane senza sapere.

Queste due frasi sono portate in ex ergo insieme a diverse altre e riassumono lo spirito del libro: La conoscenza - che Morin ama smisuratamente, al punto di averne fatto il centro della propria esistenza - è problematica, perché, come scrive nelle prime pagine, Tutto ciò che è evidente, tutto ciò che è conosciuto diventa stupore e mistero. 

L'essere umano, infatti vive gettato (Heidegger) in una realtà misteriosa nella quale armonia e disarmonia si combinano e ciò che concorda e ciò che discorda si uniscono (Eraclito).

Più sappiamo del nostro universo, dell'universo che abbiamo intorno e che esploriamo con i nostri mezzi tecnologici sempre più potenti, sempre meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare che il 95% del nostro universo è formato di massa oscura ed energia oscura che non sappiamo ancora cosa siano. Per non parlare di come esso si sia formato e da cosa, di cosa vi fosse prima, di cosa ci sia oltre, di quale sia il destino dell'universo stesso. 

Più sappiamo della vita biologica, attraverso le nostre conoscenze, e meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare a come e perché la vita si sia sviluppata da sostanze inerti, del come essa si sia evoluta, di come in quel filamento di DNA siano contenute le informazioni contenute in 2 miliardi di anni di evoluzione dal primo organismo unicellulare alla macchina infinitamente complessa che è il corpo umano. 

Più sappiamo del cervello e della mente, attraverso indagini sempre più affrofondite, meno sappiamo di una macchina formata da cento miliardi di neuroni (dieci alla undicesima) collegati tra di loro e intrecciati in centomila miliardi di connessioni sinaptiche immerse in bagni di cellule gliali, meno sappiamo di cosa sia la coscienza, di come essa si sia formata, meno sappiamo del confine che esiste - ammesso che esista - tra la mente e il cervello. 

Più sappiamo del mondo atomico, e meno sappiamo, meno riusciamo a capire come sia possibile che tutta la realtà che noi vediamo sia formata essenzialmente da vuoto e da minuscole cariche elettriche, da particelle che sono anche onde e da quanti di energia. 

Insomma, il libro di Morin è una sublime  e informatissima cavalcata attraverso le estreme frontiere della scienza e della conoscenza, attraverso quello che hanno rivelato e quello di ancora più grande che nascondono, attraverso il mistero sconfinato che ci circonda e ci abita. 

Il fiammifero che accendiamo nel buio, scrive Morin, nelle ultime pagine, non solo rischiara un piccolo spazio, rivela anche l'enorme oscurità che ci circonda.

E' però un libro mirabile perché non vi è in esso una abiura della conoscenza, una rinuncia delle sue facoltà. Il Mistero non sminuisce per nulla la conoscenza che conduce ad esso, scrive anzi Morin.

Si può vivere, come fanno in tanti, quasi tutti, ignorando, banalizzando, razionalizzando l'ignoto e l'inconoscibile, in definitiva rimuovendolo e facendo finta che non esista.

Ma non servirebbe e non serve a niente: Morin ci impartisce invece una lezione definitiva. Il Mistero va affrontato, il mistero ci incoraggia a decidere e ad agire nell'incertezza, ci pungola a partecipare all'avventura umana,  una avventura che mischia il sublima e l'orribile, ci spinge ad accettare consapevolmente e con pienezza, la nostra aspirazione alla gioia e all'estasi che ci dà il senso (illusiorio? veritiero?) di unirci a un'innominabile sublimità che ci trascende. 

Un libro che è una esperienza. Anzi che E' esperienza. E che non si dimentica.



28/05/14

Magnum Mysterium - Ognuno è parte della verità.






La verità è scostante, scriveva Goethe nelle sue Lettere. 

Al contrario di tanti che verranno dopo di lui, Goethe insomma sostiene non che la verità non esiste. Ma che è scostante.  Cioè, non afferrabile. Mutevole, nascosta. 

Il mondo si presenta complesso mano a mano che si cresce. E ogni complessità in più - anche nel mondo delle conoscenze - rappresenta un potenziale allontanamento dalla verità. 

Un gioco di specchi è la nostra vita.  Nel grande e nel piccolo siamo (s)perduti. 

Ma nello stesso tempo ci rendiamo sempre più conto di non essere ir-rilevanti. Come intuirono i sapienti d'Oriente migliaia di anni fa, l'osservatore non è distinto dall'osservato. E l'osservato dipende strettamente dall'osservatore.  Nessun trionfo del relativismo: significa semplicemente che ognuno di noi è parte della verità.  Misteriosa. 


O magnum mysterium è un testo in latino che narra il mistero della nascita di Cristo. È stato usato in composizioni corali da vari autori, tra cui Victoria, Gabrieli e Palestrina. Nella esecuzione dell'University of Utah Singers,  questa è la versione di Morten Lauridsen.

Il testo latino è il seguente: O magnum mysterium et admirabile sacramentum ut animalia viderent Dominum natum iacentem in praesepio. Beata virgo cuius viscera meruerunt portare Dominum Christum. Alleluia. 

16/05/12

Albert Einstein e il Mistero.




L'esperienza più bella e profonda che un uomo possa avere è il senso del mistero: è il principio sottostante alla religiosità così come a tutti i tentativi seri nell'arte e nella scienza. Chi non ha mai avuto questa esperienza mi sembra che sia, se non morto, allora almeno cieco. È sentire che dietro qualsiasi cosa che può essere sperimentata c'è qualcosa che la nostra mente non può cogliere del tutto e la cui bellezza e sublimità ci raggiunge solo indirettamente, come un debole riflesso. Questa è la religiosità, in questo senso sono religioso. 


Albert Einstein, discorso a Berlino, citato da Thomas F.Torrance nella voce 'Einstein' del Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, consultabile sul sito www.disf.org e citato da Denis Brian, Einstein, A life, Wiley, New York 1996, pag.234.