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17/06/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 29. "The Hours" di Stephen Daldry (2002)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 29. "The Hours" di Stephen Daldry (2002) 


E' uno dei film migliori degli ultimi due decenni, The Hours diretto nel 2002 dall'inglese Stephen Daldry, basato sul romanzo omonimo di Michael Cunningham, che vinse il premio Pulitzer.

Nel film - come anche nel libro - si intrecciano le vicende di tre donne, in tre diversi momenti della nostra storia. 

Quella della scrittrice Virginia Woolf - il film inizia nel 1941, nel Sussex quando, dopo avere lasciato una lettera al marito Leonard in cui dice di non potere più combattere contro la depressione, ringraziandolo per la felicità che le ha dato, si suicida annegandosi nel fiume Ouse; quella di Laura Brown, una casalinga infelice che aspetta un bambino, nel 1951; quella di una editor bisessuale, Clarissa Vaughan, che sta preparando una festa per il suo ex-amante Richard che sta per morire di AIDS, nel 2001.

Le tre donne sono interpretate rispettivamente da Nicole Kidman, Julianne Moore e Meryl Streep. 

Il film dunque racconta una giornata vissuta da tre donne, nel 1923, nel 1951 e nel 2001.

In quel giorno del 1923 Virginia si è stabilita a Richmond, sperando che l'aria di campagna le faccia passare gli esaurimenti nervosi e il profondissimo disagio psichico con cui convive e quella mattina comincia a scrivere quello che diventerà uno dei suoi romanzi più famosi: La signora Dalloway. Virginia riceve la visita di sua sorella Vanessa e dei due figli maschi di lei, Quentin e Julian. Il disagio aumenta, Virginia tenta una fuga da casa e va alla stazione dei treni, ma viene raggiunta da Leonard, al quale spiega in un drammatico colloquio che non può più restare lì con lui e che  vorrebbe tornare a Londra. 

In quel giorno del 1951, a  Los Angeles invece, Laura Brown è una donna che vive col marito Dan e il figlio Richie. Laura è una donna infelice, e non vuole nemmeno avere il bambino che aspetta. Il marito la ama tanto, ma lei in fondo sa di non ricambiare il sentimento. L'unica cosa che la conforta è la lettura del romanzo La signora Dalloway. E proprio in quel giorno, che è il compleanno di Dan, e in cui perfino la torta che ha preparato non riesce bene, riceve la visita di Kitty, una vicina di casa che le rivela di dover essere operata per la rimozione di un tumore all'utero. E' il campanello d'allarme per  Laura che non riesce più a sopportare la sua vita e decide di suicidarsi nella camera di un albergo, senza riuscire a portare a termine il suo proposito. 

In quel giorno del 2001 a New York, infine, Clarissa saluta la sua fidanzata Sally e va a comprare i fiori per Richard, che la chiama ostinatamente "Signora Dalloway", suo ex amante ora malato di AIDS, che proprio quella sera riceverà un'onorificenza per il suo lavoro nel campo della letteratura. Richard, un premio che lui non ritiene di meritare. Nel pomeriggio Clarissa va da Richard, che confessa alla donna l'amore che ha sempre provato per lei, citando le parole che Virginia Woolf aveva scritto nella lettera d'addio per il marito, e finisce per gettarsi dalla finestra sotto gli occhi di lei.

Il film finisce come è iniziato, ovvero con il suicidio di Virginia nel 1941. Mentre si immerge si sente la voce di Virginia pronunciare le frasi finali del film, rivolte a Leonard: «Caro Leonard, guardare la vita in faccia, sempre; guardare la vita, sempre, riconoscerla per quello che è; alla fine, conoscerla, amarla per quello che è, e poi metterla da parte. Leonard, per sempre gli anni che abbiamo trascorso; per sempre gli anni; per sempre, l'amore; per sempre, le ore.»

E' un film meravigliosamente riuscito, scandito dalle superbe musiche di Philip Glass, che rappresentano un capolavoro nel capolavoro, impreziosito dalla interpretazione delle tre straordinarie attrici e dai loro comprimari. 

Un film sul dolore del vivere, sulla inquietudine interiore, sulla impossibilità di essere felici e di dimenticare il peso della morte, sulla forza invisibile della vita e degli affetti veri, dell'amore che cura e dell'amore che fallisce. 

The Hours è un film che non si dimentica e si rivede con le stesse emozioni della prima volta, lasciandosi avvolgere dall'intenso profumo di vita e di morte che vi si respira.

Moltissimi premi ricevuti in tutto il mondo, compresa la statuetta per la migliore attrice a Nicole Kidman, autrice di una prova al limite delle capacità interpretative, sotto un pesante trucco che le ha dato le sembianze della grande Virginia Woolf. 

Fabrizio Falconi





25/06/18

L'Età del Dubbio - 5 Antidoti alla nostra vita divorata dal dubbio. Michael Cunningham.



questa che riporto è una anticipazione del testo che sarà letto da Michael Cunningham alla Milanesiana, festival ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi il 28 giugno alle 21 al Piccolo Teatro Grassi di Milano.


L’età del dubbio

Ho dei dubbi. Chi è che non li ha? Se il diciottesimo secolo è stato l’Età della Ragione, sembra assolutamente possibile che il nostro periodo, quello in cui stiamo vivendo oggi, verrà ricordato come l’Età del Dubbio. 

Persone terribili hanno un potere enorme su di noi. Com’è successo? I nostri telefoni ci stanno ascoltando, proprio mentre noi li ascoltiamo? Ci sarà un futuro? Quando dico che la nostra epoca verrà ricordata come l’Età del Dubbio, lo dico presupponendo che ci sarà un futuro. Pare che tutto quello che sappiamo con certezza è che abbiamo ragione di dubitare di quasi ogni cosa. 

E allora, non dovremmo pensare a qualunque antidoto contro il dubbio che riusciamo a escogitare? 

Perché, in fondo, dobbiamo pur vivere le nostre vite, persino in un’epoca in cui sembra fin troppo ragionevole rimanere dentro casa, con le persiane abbassate. 

Ho un mio, personale elenco di antidoti contro il dubbio. Spero che anche voi ne abbiate qualcuno. 

Uno. Ogni giorno mi concentro su qualunque cosa su cui non nutro alcun dubbio. La bellezza e la vitalità di mio figlio, di ventun anni. La luna quasi piena in una notte d’estate, mentre mi siedo su un tetto di New York City in compagnia di alcuni amici e di una bottiglia di vino. Il pino giapponese di cui mi sto prendendo cura nel balcone del mio appartamento. Le pere che stanno diventando mature sul davanzale della finestra. Ho paura per il futuro di mio figlio, il futuro dei miei amici e del pino. Ma non dubito della loro bellezza e del loro valore, nel presente

Due. Ho fiducia nel fatto che una specie in grado di realizzare Il Gattopardo, la Venere di Urbino e La Traviata – per non parlare del romanzo di George Saunders Lincoln nel Bardo, e l’arte di Mimmo Paladino – non permetterà che il mondo finisca prematuramente, per quanto alcune persone possano adoperarsi per fare esattamente questo. L’arte serve a darci fede, e più fede equivale a meno dubbio. 

Tre. Ogni giorno cerco di aiutare qualcuno, che sia uno sconosciuto bisognoso di soldi o un turista che ha l’aria di essersi perso. Si tratta di semplici azioni, di cui non ho alcun dubbio. Se le persone hanno bisogno di soldi e voi ne avete di più del necessario, gliene potete dare un po’. Non dovete domandarvi per cosa li spenderanno. Se chiedono dei soldi, allora ne hanno bisogno. Se alcune persone si sono perse, potete aiutarle a ritrovare la loro strada. Sebbene probabilmente riuscirebbero cavarsela anche da sole, è sempre possibile che si possano perdere al punto di vagare per il mondo, cacciati di casa, cercando continuamente di raggiungere le loro destinazioni proprio mentre si allontanano sempre di più da esse. Non dovete dubitare dell’onestà del vostro gesto di averle mandate nella direzione in cui dovevano andare

Quattro. Ogni giorno leggo un blog o guardo un notiziario in televisione, con le cui politiche sono fortemente in disaccordo. Credo di sentirmi meglio – o in ogni caso meno nervoso – se vedo il mostro rintanato sotto il letto, invece di sapere solamente che c’è qualcosa sotto il letto. Se si vede il mostro, si ha una consapevolezza maggiore di come combatterlo. È a questo punto che le cose si complicano. Nel guardare il mostro, è possibile che cominciamo a comprendere il suo dolore, la sua paura, i suoi bisogni. Ma in verità è meglio ignorare quell’impulso empatico, almeno finché il mondo non sarà tornato in sé e avrà smesso di cercare così assiduamente di distruggere se stesso.

Cinque. Amore. Ho tenuto l’antidoto migliore per ultimo. Amare gli altri, anche se amiamo una o due persone (benché mi auguri che tutti noi ne amiamo un po’ di più) è più efficace nello scacciare i dubbi di qualsiasi altra misura che conosca. C’è qualcuno nella stanza accanto, c’è qualcuno al telefono, c’è qualcuno che non solo ti conosce, ma sa dove sei e come stai, proprio come tu sai dov’è e come sta l’altra persona. Quando amiamo, quando diamo e riceviamo amore, non possiamo veramente farci del male, non possiamo venire colpiti al cuore, qualunque cosa possa succedere ai nostri corpi, alle nostre città. Alla nostra terra. 

Detto questo… Non possiamo abbandonare i nostri dubbi. Il mondo in pericolo ha bisogno di persone che dubitano. In fondo, ci sono poche persone più pericolose di quelle che non dubitano; che credono incontestabilmente in un sistema politico, in un’ideologia, una fede. E, allo stesso, tempo, dobbiamo vivere e, come specie, non riusciamo a crescere e a progredire veramente con una dieta a base di paura e incertezza. Brindiamo alle nostre vite, allora. Ai dubbi che animano il nostro mondo e a qualunque certezza che ci aiuta a vivere in esso. Brindiamo alla forza che tutti noi possediamo, alla forza che nasce dalla nostra umanità condivisa, alla nostra pura e semplice volontà di continuare a vivere, e affinché i nostri figli continuino a vivere, che per secoli è stata la nostra arma migliore. 

L’ultima cosa che so con assoluta certezza… eccoci qui. 

Sono abbastanza sicuro delle nostre vite per scrivere questo, e voi siete abbastanza sicuri delle nostre vite per ascoltarlo. Eccoci qui, allora. Tutti noi. Eccoci qui, vivi, adesso. Non abbiamo nessuna ragione per dubitarne. Abbiamo tutte le ragioni per esserne lieti. 

Traduzione di Licia Vighi 

MICHAEL CUNNINGHAM

Fonte: Cinquantamila.it