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05/07/21

Libro del Giorno: "Manifesto di Unabomber" di Theodore Kaczynski

 


Una bellissima serie tv - Manhunt/Unabomber - pubblicata su Netflix e un'altra serie di opere e di libri, tra cui il saggio di Leonardo Caffo, Quattro Capanne, uscito per Nottetempo, di cui abbiamo parlato qui, hanno riportato d'attualità l'incredibile figura e la storia di Theodore John Kaczynski, detto Ted, noto con il soprannome di Unabomber, nato a Chicago il 22 maggio 1942, che è stato uno dei criminali più inafferrabili nella storia degli Stati Uniti e che oltre ad essere un terrorista, fu matematico ed ex professore universitario statunitense, condannato a una serie di ergastoli per aver inviato pacchi postali esplosivi a numerose persone, durante un periodo di quasi diciotto anni, provocando 3 morti e 23 feriti. 

Kaczynski giustificò i suoi atti come tentativi di combattere contro quelli che lui considerava i pericoli e le distorsioni del progresso tecnologico. 

Prima di identificarlo, l'FBI utilizzava il nome in codice UNABOM (da UNiversity and Airline BOMber). I mass media cominciarono a diffondere varianti del nome, tra cui Unabomber

Nel 1995 Kaczynski spedì diverse lettere, alcune di queste alle sue vittime, dichiarando i suoi obiettivi e chiedendo che il suo documento scritto in 35000 parole La Società Industriale e il Suo Futuro (meglio noto come La Pillola Rossa, chiamato anche "Manifesto di Unabomber") fosse stampato inalterato da uno dei principali giornali o riviste; dichiarò che avrebbe quindi terminato i suoi attacchi terroristici. 

Ci furono grandi controversie sull'opportunità di cedere al ricatto. Un'altra lettera contenente minacce di altri attentati fu inviata e il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti ne raccomandò la pubblicazione al fine di evitare ulteriori minacce alla sicurezza. 

Il manifesto fu quindi integralmente pubblicato dal The New York Times e dal The Washington Post il 19 settembre 1995, con la speranza che qualcuno potesse riconoscere il tipo di scrittura. 

Prima della decisione del The New York Times di pubblicare il manifesto, Bob Guccione, direttore di Penthouse, si era offerto di pubblicarlo, ma Kaczynski replicò che, dal momento che Penthouse era meno "rispettabile" di altre pubblicazioni, si sarebbe "riservato il diritto di piazzare una (ed una soltanto) bomba con l'intenzione di uccidere, dopo la pubblicazione del nostro manoscritto".

Lungo tutto il manoscritto - redatto con una macchina da scrivere - Kaczynski scrisse in maiuscolo diverse parole al fine di evidenziarne il significato. 

Si riferì a se stesso come "noi" o "FC" (Freedom Club), nonostante sembrasse aver agito da solo. 

È stato anche evidenziato che la scrittura di Kaczynski, nonostante alcune parole composte non esistenti, è virtualmente priva di errori di grammatica o di ortografia, a dispetto dell'uso di una macchina da scrivere senza strumenti di correzione di nessun genere.

La Società Industriale ed il Suo Futuro si apre con l'affermazione di Kaczynski che "la rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state disastrose per la razza umana." I primi paragrafi del testo sono dedicati all'analisi psicologica di diversi gruppi - principalmente persone di sinistra e scienziati - e alle conseguenze psicologiche per l'individuo nella vita vissuta all'interno del "sistema industrial-tecnologico".

I paragrafi successivi sono dedicati alla futura evoluzione di tale sistema, sostenendo che avrebbe inevitabilmente portato alla fine della libertà umana, con un incitamento alla "rivoluzione contro la tecnologia" e un tentativo d'indicare come ciò dovesse essere compiuto.

Il testo, pubblicato anche in Italia, è molto interessante: Kaczynski, che era destinato a una brillantissima carriera di matematico, e che vantava un quoziente intellettivo molto alto, è un personaggio molto interessante, nonostante sia a tutti gli effetti un criminale, e ancora oggi, nella prigione in cui sconta i suoi ergastoli e dalla quale non è mai uscito, intrattiene corrispondenze con studenti, professori e gente comune, riguardo alle sue idee che espose nel Manifesto. 

La realizzazione della traduzione del libro in italiano è carente e colma di refusi ma comunque riveste una importanza testimoniale rilevante. 


Theodore Kaczynski nel carcere di Florence, in Colorado dove sta scontando i suoi ergastoli 


13/12/20

Martin Nowak, matematico ad Harvard: "Senza Dio non ci sarebbe l'evoluzione"


"Dio e' la causa ultima di tutto cio' che esiste, Colui in assenza del quale non ci sarebbe affatto l'evoluzione. Dio e' sia il Creatore che il Sostenitore dell'Universo"
.

Ne e' certo il prof. Martin Nowak, docente di matematica all'Universita' di Harvard, per il quale "l'evoluzione non rappresenta un problema per la teologia cristiana". Intervenendo alla sessione finale del Convegno "Dio oggi" promosso dalla Cei, Nowak ha affermato che "Dio si serve dell'evoluzione per dispiegare il mondo vivente intorno a noi".

Allo stesso modo, ha continuato, "Dio si serve della gravita' per dispiegare l'Universo su un'ampia scala. Ne' la gravita' ne' l'evoluzione pongono sfide alla fede cristiana".

"Dio - ha scandito - non solo fissa le condizioni iniziali del processo evolutivo ma traccia anche l'intera traiettoria dell'esistenza". "L'intera traiettoria - ha aggiunto il grande matematico - e' nota a Dio, che esiste al di fuori del tempo, eterno e a-temporale, onnisciente e infinitamente amorevole".

Nella sua relazione, il prof. Nowak ha ribadito che "l'evoluzione non inventa la vita intelligente ma la scopre". "L'evoluzione non puo' operare senza requisiti che la guidino', ha osservato riocrdando che "come accade per ogni altra disciplina scientifica, la nostra attuale comprensione dell'evoluzione e' incompleta".

18/02/19

Libro del Giorno: "Johann Sebastian Bach. Lo specchio di Dio e il segreto dell'immagine riflessa" di Mario Ruffini.


Qualcuno ricorderà quel meraviglioso saggio di Douglas Hofstadter, divenuto un classico, pubblicato in Italia da Adelphi e continuamente ristampato, Godel, Escher, Bach, un'eterna ghirlanda brillante in cui il grande filosofo e divulgatore scientifico intreccia l'opera del logico matematico (Godel), dell'artista (Escher) e del musicista (Bach) in un geniale trattato che esplora il senso e la significanza di sistemi complessi (logici e matematici) che sembrano obbedire a regole universali collegati allo stesso sistema neuronale umano. 

Il musicologo, direttore d'orchestra e compositore Mario Ruffini, in questo saggio pubblicato per Polistampa nel 2017, su quella scia, si inoltra nei meandri della immane produzione artistica di Johann Sebastian Bach, e dei riflessi logico-matematici, scientifici, teologici e perfino esoterici nascosti nell'opera immortale del compositore di Eisenach. 

Un libro dedicato non solo ai musicologi (alcuni capitoli sono veramente molto specialistici ed è difficile addentrarvisi senza una profonda conoscenza musicale) ma anche agli appassionati e ai neofiti. 

Ne viene fuori una incredibile cavalcata attraverso le innumerevoli tracce numeriche, giochi, acrostici musicali, riferimenti intrecciati, disseminati attraverso le opere del catalogo di Bach, da quelle meno conosciute ai capolavori come le Variazioni Goldberg, L'Arte della Fuga o il Clavicembalo ben temperato. 

Non solo: Ruffini racconta con uguale dovizia di particolari la personale biografia di Bach, la sua vita quotidiana, i malanni, i rapporti con le due mogli, i 22 figli avuti, gli spostamenti nella Germania dell'epoca tra corti, chiese e cantorie. 

Alcuni capitoli sono poi dedicati ai due misteriosi ritratti esistenti di Bach (apparentemente copie uno dell'altro, ma scopriremo che non è così) realizzati dal pittore Elias Gottlob Haussmann, i quali contengono anch'essi una quantità incredibile di misteri, criptati nello spartito che il musicista tiene nelle mani e che è rivolto all'osservatore. 

Arricchisce il volume una prefazione di uno dei più grandi esecutori di Bach contemporanei, Ramin Bahrami. 

Una lettura che affascina e fa vacillare la mente.

03/04/18

Un VIDEO geniale che mostra in modo mai visto la Meraviglia dei Numeri.

NATURE BY NUMBERS from Cristóbal Vila on Vimeo.

Come non restare affascinati da questi quasi 4 minuti di video che illustrano in modo divertente e geniale le incredibili proprietà dei numeri e la loro stretta relazione con la Natura che abbiamo intorno ?  Buona visione ! 

15/01/18

Libro del Giorno: "Il quadrato" di Bruno Munari.



E' davvero meritevole l'iniziativa della casa editrice Corraini di Mantova, di aver ristampato questo volume che insieme a Il cerchio e Il triangolo, fa parte di una speciale trilogia dedicata dal grande designer italiano Bruno Munari  (scomparso nel 1998) a queste forme, alla loro storia e ai loro significati e usi.

Originariamente pubblicati da Scheiwiller, nel 1960, questi preziosi volumi rappresentano un elegante e stringato compendio alle figure che l'uomo ha messo al centro della propria scienza, tecnica e simbologia, dai primordi fino a oggi. 

Come recita un antico detto cinese: "L'infinito è un quadrato senza angoli". Questa forma da sempre indica "l'idea di recinto, di casa, di paese" e accompagna l'uomo nella vita di tutti i giorni, dalla chiesa alla piazza, dai segnali stradali ai manifesti pubblicitari, dagli ideogrammi cinesi alle tavole pitagoriche

E ancora una volta Bruno Munari stupisce con un'opera a cavallo tra storia, antropologia e scienze naturali, ovviamente in formato quadrato, dove si parla di spugne fossili, quadratura del cerchio, palazzi imperiali, di Malevic e di Leonardo, di giardini e di decorazioni mussulmane, di galassie e sezione aurea, di lettere e calligrafie, di numeri e quadrati magici. 

Il libro, pur nella fluidità di queste informazioni - sono privilegiate immagini e illustrazioni - è una vera e propria miniera per chi si interessa di simboli, di geometria, matematica, architettura, design. 


06/02/17

"C'è una profonda congruenza tra ragione e struttura dell'Universo." Una intervista a J.M.Coetzee (di Piergiorgio Odifreddi).


J.M.Coetzee

Ripropongo questa intervista realizzata da Piergiorgio Odifreddi a J.M. Coetzee nel 2004 a Mantova, una delle rarissime interviste rilasciate da colui che è considerato uno dei più grandi scrittori viventi.
Secondo Nadine Gordimer, premio Nobel per la letteratura nel 1991, John Coetzee è il più rappresentativo scrittore sudafricano vivente. Ma la connotazione geografica non è certamente l'aspetto più significativo delle opere del premio Nobel per la letteratura nel 2003: il quale, fra l'altro, dopo aver lavorato qualche anno in Inghilterra, e insegnato a lungo negli Stati Uniti, vive ora in Australia.

Le sue opere più profonde, infatti, sondano le dimensioni dell'angoscia in una serie di narrazioni strazianti che, spesso, mettono in scena in prima persona personaggi femminili. Dopo una serie di romanzi straordinari, come Terre al crepuscolo (1974), Deserto (1977), Aspettando i barbari (1980), La vita e il tempo di Michael K. (1983), Età di ferro (1990), Il maestro di Pietroburgo (1994) e Vergogna (1999), e i due racconti autobiografici Infanzia (1997) e Gioventù (2002), Coetzee ha recentemente inventato un nuovo genere: le conferenze-racconto di La vita degli animali (1999) e Elizabeth Costello (2003).

L'abbiamo incontrato l'11 settembre 2004 al Festival di Letteratura di Mantova, per parlare con lui dei suoi studi matematici e dei suoi esordi da informatico. 

Lei si è laureato sia in letteratura che in matematica: interessi contradditori o complementari? 
Interessi che non hanno interagito fruttuosamente fra loro. Guardando indietro, ora penso che avrei dovuto studiare filosofia, lingue moderne, o addirittura lingue classiche, invece che matematica, visto che poi ho comunque dovuto farlo in seguito. 


Che cosa l'attraeva di più, nella matematica? 
Agli inizi la teoria dei numeri. In seguito, la probabilità. 

Continua a interessarsene anche ora? 
No, non mi sono più aggiornato sugli sviluppi contemporanei. 

Lei è stato addirittura un programmatore informatico, per tre o quattro anni. 
Sí, in Inghilterra, prima di iniziare il dottorato in letteratura negli Stati Uniti. 

Cosa faceva? 
Dapprima ho lavorato in una ditta che accettava lavori di programmazione su commissione. Poi con un gruppo che faceva programmazione di sistemi. 

E le piaceva? 
Non posso dire che fosse un lavoro creativo, ma era coinvolgente: allo stesso modo in cui possono esserlo gli scacchi. C'erano periodi in cui lavoravo con intensa concentrazione, fino a sedici ore al giorno. Ora penso a quegli anni come persi: avrei potuto spendere quelle infuocate energie mentali su qualcosa di più importante che la programmazione. Tra l'altro, si trattava di programmi che comunque diventavano obsoleti in un paio d'anni, superati dai nuovi sviluppi dell'informatica. 

Che cosa le ha comunque lasciato questo suo background, nel suo lavoro di scrittore? 
Mi ha insegnato a concentrarmi. E mi ha abituato a completare per bene una costruzione in ogni dettaglio, non solo qui e là. 

In Gioventù lei dice che "la poesia è verità''. Come paragonerebbe la verità matematica a quella di un'opera d'arte? 
Gioventù è il racconto di un giovane: oggi non direi più niente di cosí romantico. Comunque, le verità matematiche sono analitiche, e già implicite negli assiomi: come poi accada che esse abbiano poteri descrittivi e predittivi sul mondo reale, è qualcosa che non posso dire di capire. Le verità della poesia, e più generale dell'arte, se ci sono, sono invece verità empiriche: più precisamente, sul modo in cui noi, come esseri animati, sperimentiamo il mondo. 

Gioventù tocca anche il problema delle relazioni tra pensiero intuitivo da un lato, e meccanico o formale dall'altro. Ci può essere creatività e bellezza anche in quest'ultimo? Penso, ad esempio, alle opere di Bach o Perec.
 
Non credo che si possa instaurare un valido paragone tra le forme di pensiero che occorrono in musica o in letteratura, anche quando sono di natura relativamente formale, come negli esempi che lei cita, e i processi di ragionamento "meccanico'', del tipo di quelli a cui obbedisce un programma di computer. Se paragoniamo un musicista creativo come Bach con uno relativamente non creativo come Telemann, la differenza che ci colpisce è proprio che Bach trascende sempre il formale, in modi assolutamente non prevedibili, mentre Telemann rimane in genere invischiato nel formalismo. 

In Gioventù lei solleva il problema se la logica sia un'invenzione umana, e in Elizabeth Costello fa lo stesso per la nozione di infinito e, più in generale, per la matematica. Logica e matematica possono essere considerate tipi di creazioni artistiche, come la letteratura e la musica? 
Non saprei cosa pensare, a questo proposito. Logica e matematica sono certamente creazioni della ragione umana, ma la storia della matematica mostra che ciò che al momento può essere visto come un atto di libera creazione, in seguito può avere applicazioni nel mondo reale. In altre parole, sembra esserci una profonda congruenza tra le facoltà della ragione e la struttura dell'universo. 

E questo cosa significa? 
Non lo so. A meno di postulare un creatore la cui essenza sia il logos

In Elizabeth Costello l'omonima protagonista dice che la sua professione è scrivere, non credere. E' veramente possibile realizzare costruzioni intellettuali senza possedere forti credenze? Non penso a una religione, ma a una visione del mondo o una metafisica. 
Ci sono almeno tanti tipi di scrittori quanti ce ne sono di matematici, se non di più. Naturalmente molti scrittori si basano su forti credenze, ma per altri la cosa più importante è essere ricettivi: si potrebbe usare qui la metafora dell'arpa eolica, le cui corde vibrano al vento. Questi scrittori credono di essere stati "dotati'' di una facoltà, che rischia di essere intralciata o impedita se essi permettono alle proprie vite di essere dominate da forti convinzioni intellettuali. 

In Che cos'è un classico lei discute musica e letteratura, ma non la matematica. Non è strano, visto che essa è in fondo il migliore esempio di qualcosa che parla attraverso i tempi e le nazioni? 
A parte una piccola minoranza di casi, le dimostrazioni dei teoremi matematici non parlano affatto attraverso i tempi: in questo senso, sono diverse non soltanto dai testi letterari o musicali, ma anche da quelli filosofici. Detto approssimativamente, non c'è niente che si possa chiamare "stile individuale'', in matematica: in ogni tempo, e in ogni campo, sembra esserci un approccio uniforme riguardo al tipo di domande che bisogna porre, e di risposte che bisogna dare. 

A me sembra che l'oggettività della matematica riguardi soltanto i risultati, che si scoprono, e non la soggettività delle loro dimostrazioni, che si inventano. Non solo Ramanujan, che lei cita in La vita degli animali, ma tutti i grandi matematici sembrano avere uno stile definito e riconoscibile. Basta ricordare l'episodio in cui Johann Bernoulli, vista la soluzione di un problema che Newton gli aveva mandato anonimamente, esclamò: "Riconosco il leone dalla zampata''. 
Allora forse devo ritrattare la mia precedente risposta. 

A proposito de La vita degli animali, Elizabeth Costello traccia una connessione fra il genocidio degli ebrei e degli animali. Cosa risponderebbe, a chi le obiettasse che Hitler era vegetariano? 
Che il fatto che una particolare persona sia o sia stata vegetariana, non ha nessuna importanza. 

E all'osservazione che il 90% dell'agricoltura mondiale è dedicata alla produzione di mangime per animali? 
Che dedicare cosí tanto del potenziale agricolo mondiale a produrre cibo per nutrire animali, affinchè i ricchi possano mangiare tanta carne quanto desiderano, è moralmente vergognoso. 

In La vita degli animali lei cita l'articolo di Nagel su "cosa significa essere un pipistrello'', e in Vergogna solleva la questione se un uomo possa mettersi nei panni di una donna. Quali sono i limiti dell'identificazione negli altri (animali, persone, alieni, macchine pensanti)? 
In parte non si può rispondere alla domanda: ad esempio, nel caso degli animali, coi quali non condividiamo un linguaggio. Per quanto riguarda uomini e donne, invece, ci sono scrittrici che, a mio parere, capiscono perfettamente l'esperienza maschile. E ho tutti i motivi di credere che ci siano scrittori che capiscono bene l'esperienza femminile ... 

Parlando di identificazione con gli altri, qual è il prezzo psicologico che uno scrittore deve pagare per inventare personaggi angosciati e angoscianti come quelli di Aspettando i barbariLa vita e il tempo di Michael K. o Vergogna? 
Nessun prezzo. 

A proposito di quei romanzi, come mai presentano uomini sulla cinquantina come avviati alla decadenza fisica? Mi sembra un po' prematuro, forse perchè io ho esattamente la loro età ... 
Quando ho scritto Aspettando i barbari ero sulla trentina, e quell'età mi sembrava lontana. Ma rimane il fatto che gli uomini sulla cinquantina non sono attraenti per le giovani donne che loro invece trovano cosí attraenti. 

Allora ho qualche motivo di credere che ci siano matematici che non capiscono bene l'esperienza femminile ...


Piergiorgio Odifreddi

23/11/16

23 novembre - "Fibonacci day", una giornata dedicata al grande genio matematico pisano.



Oggi, 23 novembre si celebra il Fibonacci day, una giornata dedicata a Leonardo da Pisa, detto Fibonacci,mercante e matematico, che nel 1202 con il suo Liber Abaci introdusse in Europa il sistema numerico decimale e i principali sistemi di computo. 

La data scelta non è casuale. 

Nella scrittura anglosassone si scrive 11.23 e questi quattro numeri sono l`inizio della celebre successione di Fibonacci, in cui ogni cifra, intera e positiva, è la somma dei due precedenti e il rapporto tra un numero e quello che lo precede è un numero irrazionale che tende a 1,618 che è lo stesso della sezione aurea.


La successione di Fibonacci ha trovato applicazioni in ogni ramo delle scienze umane, dalla matematica alla botanica, dall`economia all`arte. 

Alla vita e ai viaggi di Fibonacci, l`uomo che ha portato i numeri arabi in Occidente, è dedicato L`UOMO CHE CI REGALÒ I NUMERI, il nuovo libro di Paolo Ciampi (Mursia, pagg. 192, euro 17,00. In libreria). 

Una biografia in cui la matematica si incrocia con la Storia e le vicende dei mercanti del Medioevo con una riflessione sulla diffusione delle idee e la magia dei numeri, linguaggio segreto della natura e della vita. 

 Paolo Ciampi, scrittore e giornalista, si muove tra le poche e frammentarie notizie sulla vita di Fibonacci, del quale per secoli si è perso il ricordo e restituisce al lettore non solo il ritratto di un uomo ma l`affresco di un`epoca, quella a cavallo tra il XII e il XIII secolo, in cui le idee viaggiavano insieme alle merci seguendo itinerari imprevedibili come quello che portò il giovane Fibonacci in Cabilia dove vide un maestro che tracciava nella sabbia alcuni strani segni: erano i numeri che arrivavano dall`India e che un giorno noi avremmo chiamato arabi.



19/11/16

"L'universo senza parole" di Dana Mackenzie (Recensione).



Una riprova della propensione divulgativa degli studiosi anglosassoni è questa fornita da Dana Mackenzie che dopo la laurea in matematica alla Princeton University è stato a lungo professore, per poi dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. 

Collaborando con importanti riviste di divulgazione-scientifica come Science, Discover e New Scientist, Dana Mackenzie ha sviluppato questo talento fino al tentativo quasi disperato rappresentato da questo volume: quello di spiegare la fortuna e la storia della matematica in 24 fondamentali equazioni che hanno cambiato la nostra percezione del mondo e la storia dell'umanità. 

Edito per la prima volta negli Stati Uniti nel 2012, L’universo senza parole è stato tradotto in varie lingue ed è divenuto in Francia un vero e proprio caso editoriale. 

Una sfida quasi disperata perché se la maggior parte dei libri di divulgazione sulla scienza, persino sulla matematica, evita le equazioni come se fossero qualcosa da risparmiare ai delicati occhi dei lettori, Dana Mackenzie fa esattamente il contrario concentrandosi proprio sulla magia della matematica che si riassume nella sintesi elegante e geniale delle equazioni.

Si snodano dunque, nel rapido succedersi dei 24 capitoli, altrettanto celebri formule, dalla più elementare di tutte: 1+1=2, attraverso la scoperta del Pigreco,  delle equazioni di Archimede, Pitagora, Galileo, Poincaré e Dirac fino alla più sofisticata (la formula di Black-Scholes sui derivati finanziari); dalla più famosa (E = mc2) alla più arcana (l'equazione dei quaternioni di Hamilton).

In questo lungo passaggio millenario il libro di Dana Mackenzie mette in evidenza come la funzione della matematica si sia radicalmente trasformata: dalla funzione di spiegare la realtà cioè di interpretare e rendere ragione della esistenza dei fenomeni del mondo: dalle figure geometriche al movimento dei pianeti, alla funzione di immaginarla e prevederla: il mondo della matematica infatti oggi è in grado, con le sue presunte astrazioni, di immaginare quello che la fisica scoprirà solo in un secondo momento, con le prove empiriche, come è successo ad esempio di recente, con il Bosone di Higgs, previsto da studi matematici con venti anni d'anticipo prima che l'acceleratore di particelle del CERN di Ginevra ne dimostrasse l'effettiva esistenza. 

L'esperimento di Mackenzie però funziona soltanto a metà. Il libro non è per niente chiaro e originale nelle illustrazioni scelte e nella esposizione dei diversi capitoli e la parte strettamente matematica - con lo sviluppo delle singole equazioni -  è molto tecnico e arduo per chi non abbia una preparazione specifica.

Resta così oscuro molto di quanto viene raccontato nei capitoli - specie gli ultimi che descrivono una matematica sempre più sofisticata  complessa e astratta -  anche se è godibile il quadro d'insieme che spinge a riflettere sulla perfezione misteriosa e matematica del nostro universo.

Dana Mackenzie
L'universo senza parole
Rizzoli 2016 Pagine: 224


Fabrizio Falconi


03/11/16

Il prossimo 25 novembre conferenza "Le meraviglie dei numeri" a Santa Croce in Gerusalemme.




Il prossimo 25 Novembre, Venerdì alle ore 18, vi aspetto - per chi è interessato - alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme per Le Meraviglie dei Numeri (l'ingresso è gratuito, con offerta libera per la chiesa ospitante, una delle più belle di Roma), una conferenza che ho già tenuto al Festival di Arte & Essere di Riva del Garda. 

Parleremo, con l'aiuto di molte immagini, della magia dei numeri, del loro significato profondo nella storia dell'Occidente e della cristianità, delle meraviglie della Sezione Aurea inscritta nei grandi monumenti del passato, di Jung e Wolfgang Pauli e dei numeri come misura (o codice) del Cosmo. 

Fabrizio Falconi

20/10/16

J.S.Bach "esoterico" e la sua passione per la crittografia.



Come tutti sanno la musica di Johann Sebastian Bach (185-1750), prodigio di misura ed armonia, è strettamente imparentata con la matematica. 

Forse non è altrettanto noto che Bach era affascinato proprio dalla natura bifronte delle note - suoni da una parte, numeri dall'altro. 

Non per niente decise di inserire il suo nome, come una sorta di firma musicale, in alcune composizioni, approfittando del fatto che nella notazione musicale tedesca B sta per si bemolle; A per la; C per do e H per si. 

Un'altra crittografia usata da Bach si basava sulla cosiddetta gematria: Se A = 1 B=2, C=3, eccetera... BACH (B+A+C+H) = 14 e J.S.Bach = 41 (dato che I e J erano equivalenti nell'alfabeto tedesco dell'epoca). 

Nel suo libro Bachanalia uscito nel 1994 il matematico e appassionato di Bach, Erich Altschuler fornisce molti esempi in cui compaiono nella musica del grande compositore numeri come il 14 (BACH cifrato) e il 41 (JSBACH cifrato), che lui ritiene siano stati inseriti di proposito. 

Per esempio, nella prima fuga (in do maggiore) del primo libro del Clavicembalo ben temperato, il soggetto ha 14 note. 

Inoltre, delle 24 fughe del libro, ventidue sono portate a compimento e la ventitreesima è portata quasi a compimento; solo una - la quattordicesima - non è completa né quasi completa. 

Alschulter paragona la mania di Bach di firmare in forma crittografica le sue opere - inserendo in forma criptica, cioè esoterica, il suo nome - a quello del regista Alfred Hitchcock di comparire con fugaci e quasi impercettibili camei in ciascuno dei suoi film. 




J.S.Bach esoterico e la sua passione per la crittografia.



Come tutti sanno la musica di Johann Sebastian Bach (185-1750), prodigio di misura ed armonia, è strettamente imparentata con la matematica. 

Forse non è altrettanto noto che Bach era affascinato proprio dalla natura bifronte delle note - suoni da una parte, numeri dall'altro. 

Non per niente decise di inserire il suo nome, come una sorta di firma musicale, in alcune composizioni, approfittando del fatto che nella notazione musicale tedesca B sta per si bemolle; A per la; C per do e H per si. 

Un'altra crittografia usata da Bach si basava sulla cosiddetta gematria: Se A = 1 B=2, C=3, eccetera... BACH (B+A+C+H) = 14 e J.S.Bach = 41 (dato che I e J erano equivalenti nell'alfabeto tedesco dell'epoca). 

Nel suo libro Bachanalia uscito nel 1994 il matematico e appassionato di Bach, Erich Altschuler fornisce molti esempi in cui compaiono nella musica del grande compositore numeri come il 14 (BACH cifrato) e il 41 (JSBACH cifrato), che lui ritiene siano stati inseriti di proposito. 

Per esempio, nella prima fuga (in do maggiore) del primo libro del Clavicembalo ben temperato, il soggetto ha 14 note. 

Inoltre, delle 24 fughe del libro, ventidue sono portate a compimento e la ventitreesima è portata quasi a compimento; solo una - la quattordicesima - non è completa né quasi completa. 

Alschulter paragona la mania di Bach di firmare in forma crittografica le sue opere - inserendo in forma criptica, cioè esoterica, il suo nome - a quello del regista Alfred Hitchcock di comparire con fugaci e quasi impercettibili camei in ciascuno dei suoi film. 




J.S.Bach esoterico e la sua passione per la crittografia.



Come tutti sanno la musica di Johann Sebastian Bach (185-1750), prodigio di misura ed armonia, è strettamente imparentata con la matematica. 

Forse non è altrettanto noto che Bach era affascinato proprio dalla natura bifronte delle note - suoni da una parte, numeri dall'altro. 

Non per niente decise di inserire il suo nome, come una sorta di firma musicale, in alcune composizioni, approfittando del fatto che nella notazione musicale tedesca B sta per si bemolle; A per la; C per do e H per si. 

Un'altra crittografia usata da Bach si basava sulla cosiddetta gematria: Se A = 1 B=2, C=3, eccetera... BACH (B+A+C+H) = 14 e J.S.Bach = 41 (dato che I e J erano equivalenti nell'alfabeto tedesco dell'epoca). 

Nel suo libro Bachanalia uscito nel 1994 il matematico e appassionato di Bach, Erich Altschuler fornisce molti esempi in cui compaiono nella musica del grande compositore numeri come il 14 (BACH cifrato) e il 41 (JSBACH cifrato), che lui ritiene siano stati inseriti di proposito. 

Per esempio, nella prima fuga (in do maggiore) del primo libro del Clavicembalo ben temperato, il soggetto ha 14 note. 

Inoltre, delle 24 fughe del libro, ventidue sono portate a compimento e la ventitreesima è portata quasi a compimento; solo una - la quattordicesima - non è completa né quasi completa. 

Alschulter paragona la mania di Bach di firmare in forma crittografica le sue opere - inserendo in forma criptica, cioè esoterica, il suo nome - a quello del regista Alfred Hitchcock di comparire con fugaci e quasi impercettibili camei in ciascuno dei suoi film. 




23/09/16

Salvador Dalì e la Sezione Aurea.




C'è un grande e celebre quadro di Salvador Dalì, chiamato L'ultima cena o più propriamente Il sacramento dell'Ultima cena, dipinto nel 1955 e conservato alla National Gallery of Art di Washington.

E' un quadro misterioso e pieno di fascino, come altri di Dalì.

Un ulteriore motivo di interesse è però contenuto nel suo stretto legame con la Sezione Aurea, o rapporto aureo.

La sezione aurea o rapporto aureo o numero aureo o costante di Fidia o proporzione divina,  è come si sa denominata in matematica con il simbolo Φ (oppure φ o ϕ; φ) ed esprime il numero irrazionale 1,6180339887... ottenuto effettuando il rapporto fra due lunghezze disuguali delle quali la maggiore a è medio proporzionale tra la minore b e la somma delle due (a+b).

Già le dimensioni originali del quadro - cm. 268 X 167 - sono in un rapporto molto vicino a quello aureo. 

Ma ancora più emblematico è l'enorme dodecaedro (un solido a dodici facce, ognuna delle quali è un pentagono regolare) che fluttua sopra la tavola e al tempo stesso la circonda. 

Come è noto in geometria, i poliedri regolari (come il cubo) possono essere inscritti in una sfera. In particolare poi, proprio il dodecaedro è legato al rapporto aureo.

La circostanza fu fatta notare ovviamente a Dalì, che - perfettamente in linea con il suo personaggio - diede una risposta sibillina: "l'Eucaristia dev'essere simmetrica".

Una risposta che apre o aprirebbe un intero capitolo filosofico o teologico.

Certo è che come molti altri artisti prima e dopo di lui, Dalì fu fortemente influenzato nella sua opera da quel  numero particolare, la proporzione geometrica scoperta da pitagorici, definita da Euclide e definita dal genio matematico Luca Pacioli in un trattato illustrato da Leonardo, "divina proporzione" e in seguito nell'Ottocento, "sezione aurea" che sembra inscritta nelle leggi dell'universo, e nei più disparati campi, dalla biologia, all'astronomia, dall'architettura alla psicologia, alla musica e perfino al misticismo. 

Fabrizio Falconi
(per approfondire vedi Mario Livio, La sezione aurea, Traduzione di Stefano Galli, Rizzoli 2003).



03/04/15

La matematica è magica. Un gioco per voi.






Ci sono cose della matematica che stupiscono i profani come me. E fanno intendere come mai a questa sapienza è stata, per molti secoli nel passato, associata una proprietà quasi magica o esoterica.

Il gioco è questo. Seguite questi semplici steps.

1. Pensa a due numeri inferiori a 10.

2. Prendine uno dei due e aggiungi 1.

3. Moltiplica il risultato per 5.

4. Aggiungi ancora 1.

5. Raddoppia il risultato.

6. Sottrai 1.

7. Aggiungi ora il secondo numero pensato.

9. Aggiungi 2.

10. Raddoppia il risultato.

11. Sottrai 8.

12. Dividi per 2.

13. Dimmi il tuo risultato.

14. Sottrai 9.


Le cifre che compongono il numero ottenuto sono i due numeri che avevi pensato. 

Stupefacente, no ?

Fabrizio Falconi


25/10/14

I numeri come archetipi e l'Anima. 4. "3.628.800, il numero del tutto" (Conferenza Riva del Garda, L'arte di Essere, 19 ottobre 2014)

4.   3.628.800

Abbiamo detto del 13.
Ma in passato c’è anche chi ha ritenuto di identificare in un solo numero perfetto l'essenza di una cosa imponderabile come la verità dello spirito.
Costui era tutt’altro che uno sprovveduto.  Parliamo infatti del grande AthanasiusKircher (1602-1680). Gesuita, esploratore, vulcanologo, decifratore di geroglifici, matematico, una delle menti più straordinarie del XVII secolo. 



Nato a Fulda, in Germania nel 1602, Kircher giunse diciannovenne - dopo un viaggio molto molto avventuroso - a Roma, e a Roma visse fino in vecchiaia, diventando consigliere ed erudito al servizio di Papi e di regnanti di casa nell'Urbe come Cristina di Svezia. 
Sempre alla ricerca di una teoria che potesse dare ragione della perfezione dell’universo – oggi i fisici moderni la chiamano Teoria del tutto - Athanasius Kircher pervenne, dopo anni di ricerca ossessiva, quasi delirante ad una Tabula Alphabetorum  Artis Nostrae, che costituisce la sua Pietra Filosofale.
Era l'invenzione di una macchina grazie alla quale ognuno, senza bisogno di studiare, solo con un po' di sforzo fisico, avrebbe avuto l'agio di comporre addirittura libri di filosofia, politica, giurisprudenza, matematica, e teologia.
In seguito, studiando l'Ars Magna di Raymond Lullo,  Kircher arrivò a comporre la sua opera più ambiziosa, che chiamò  Ars Combinatoria.   Una enciclopedia sistematica basata su una classificazione di principio di tutte le cose.
Alla base dell'Ars Combinatoria di Kircher, c'è proprio questo numero:  3.628.800 che è il prodotto di tutte le combinazioni possibili dei numeri da 1 a 10.


La spiegazione scientifica è questa:
la probabilità di ordinare alfabeticamente due lettere, ottenuta dividendo il numero delle sistemazioni ordinate (1) per quello di tutte le sistemazioni possibili (2) è ½ = 0,5 c'è cioè una probabilità su due che la combinazione tra due lettere sia quella giusta (ordinata) e allo stesso identico valore si arriva  per la probabilità che si possa avere una sistemazione non ordinata.

Se passiamo a 10 lettere, la sistemazione ordinata rimane sempre una, mentre quelle possibili divengono 3628800 e quindi la probabilità dell’ordinamento diviene 1/3628800 = 0,0000002, o - se si preferisce - 2 decimilionesimi, numero decisamente modesto.

Invece le sistemazioni disordinate sono 3628799 e quindi la probabilità di realizzare sistemazioni di lettere non ordinate alfabeticamente è 3628799/3628800 = 0,9999997,  un numero assai prossimo all’uno, un numero 4999998,5 volte più grande della possibilità della combinazione ordinata. 

E' questo, spiegava Kircher, il motivo del disordine del mondo.  Se infatti questa considerazione viene riferita ad un sistema costituito da 10 elementi, figuriamoci un sistema ordinatorio basato su molti più elementi.
Il calcolo di Kircher, che viene dalla tradizione cabalistica, influenzò non solo i contemporanei.    
Tra le carte lasciate dal poeta Stephane Mallarmè al momento della sua morte fu trovata una annotazione con il nostro numero:  3628800. 

Stephane Mallarmé


Mallarmè  era, come è noto, uno sperimentatore, ma della parola, anzi un vero alchimista, che voleva "operando delle permutazioni logico-verbali, portare alla luce le relazioni nascoste tra le cose".      
Le annotazioni fanno parte di un abbozzo per  un super libro che purtroppo Mallarmé non scrisse mai, e del quale era forse una anticipazione il celebre poemetto Un coup de dés jamais n'abolira le hasard, "un colpo di dadi non abolirà mai il caso."




Per i maniaci della matematica la tabella è questa




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24/10/14

I numeri come archetipi e l'Anima. 3. "ll 13 cristiano." (Conferenza Riva del Garda, L'arte di Essere, 19 ottobre 2014)

3.  IL 13 CRISTIANO

Abbiamo parlato di coppie di numeri. Ma se i numeri sono archetipi, la loro importanza può trascendere anche il contesto strettamente matematico, rivestendo un significato puramente simbolico.
Un numero a se stante, può essere cioè considerato un simbolo – raffigurazione di figure inconsce – e legarsi ad una tradizione religiosa.
Come sappiamo, nella storia del Cristianesimo e nei suoi stessi fondamenti (i libri Sacri), ricorrono alcuni numeri particolarmente significativi che sono stati di volta in volta variamente interpretati.  Pensiamo per esempio al 70, al 7, o al 666, legato alla figura della Bestia nell’Apocalisse di Giovanni e quindi al Diavolo,  a Satana.
Ma c’è un altro numero che sembra fondare l’intero edificio cristiano: per alcuni  numerologi esso  è il 13.
Bisogna ovviamente precisare che per i credenti non vi è alcun bisogno di ricorrere a teorie numerologiche.
Ma l’attenzione a certi particolari prescinde anche la fede.
Citiamo, a volo d’uccello:
- Gesù chiama a sè 12 apostoli (Matteo 10,1-26). Quindi su 1+12 si basa la fondazione del messaggio di Cristo.
- Sono sempre 12+1 nel momento dell’Ultima Cena (Marco,14,22), cioè quando a tutti gli effetti nasce la Chiesa.


- Sono ancora una volta in 13 (12+1: i dodici apostoli con Maria, al posto di Gesù), quando lo Spirito Santo scende su di loro, e Maria Vergine diventa Madre della chiesa universale (Atti, 2,1).
Da un certo momento in poi, la storia del numero 13 si associa inoltre a quella di Maria, la madre di Gesù e alle sue apparizioni.

Per rimanere a quella forse più famosa, a Fatima, la Madonna si presentò ai tre bambini dal 13 maggio al 13 ottobre del 1917, ogni mese, e cioè 13 maggio, 13 giugno, 13 luglio, 13 agosto, 13 settembre e 13 ottobre (con il miracolo del sole danzante di fronte a una folla di 70.000 persone).


Giovanni Paolo II, a cui Suor Lucia, unica sopravvissuta dei tre bambini di Fatima affidò i celebri tre segreti, viene colpito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981, cioè lo stesso giorno e lo stesso mese della prima apparizione di Fatima(precisamente alle h.17.17).


Di fronte a queste singolari coincidenze, c’è chi intravvede un segno divino, chi un puro caso, chi vi ritrova perfino i segni di un complotto per irretire le masse (basta indagare il web per trovare anche chi è disposto a ipotizzare un complotto dei Lupi Grigi e di Ali Agca in realtà assoldati dai servizi segreti vaticani o da chissà chi per compiere un attentato nel giorno della Madonna di Fatima).
Insomma, la materia è altamente aleatoria e come recita un famoso proverbio indiano:   
Più l’evidenza di un mistero si fa eclatante, più aumenta il chiasso degli uccelli, scrisse una volta un saggio.


L’ultimo fotogramma di queste coincidenze riporta la morte di Suor Lucia, avvenuta, naturalmente il 13 febbraio 2005.

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