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06/04/08

Martin Luther King - Voler bene all'Umanità.




E' così difficile voler bene all'Umanità.
Perchè è così difficile voler bene alle persone che abbiamo intorno, figuriamoci all'Umanità. Eppure, quella promessa smisurata - vita eterna - di Gesù è direttamente proporzionata ad una richiesta smisurata - amare gli altri, amare tutti, amare anche i nemici.

Ma come si fa ?

Martin Luther King (1929 - 1968) una volta, intervistato da Ruggero Orlando, disse: "quando morirò mi piacerebbe che fosse scritto sul mio epitaffio: un uomo che ha amato l'Umanità."
Non v'è dubbio che nella vita di King vi sia un profilo di santità molto forte, che lo portò a realizzare veramente quel che ha sostenuto in quell'intervista.

Ma come si fa ad amare tutti, ad amare l'Umanità intera ?? Qualche volta ci riusciamo, quando siamo ben disposti, quando tutto appare girare al meglio, e siamo felici per qualcosa, in quel momento ci sentiamo di poter abbracciare il mondo intero.
Ma il più delle volte è un sentimento effimero, che mai o quasi mai si traduce in atti concreti.

Ci penso e ci ripenso in questi giorni in cui vedo i muri delle mie città tappezzati di facce che mi ispirano sentimenti opposti all'amore.

Non amo questa umanità, no non la amo proprio. Non amo queste persone che mi chiedono fiducia per poter avere potere, riconoscibilità, successo, vanità, denaro.
Non amo loro, non amo le loro facce.
Eppure, Gesù ci chiederebbe questo. Amare tutti, amare gli estranei.

Nel Vangelo di questa domenica apprendiamo che le prime persone con cui Gesù Risorto spezza il pane non sono i suoi Discepoli - quelli che lo hanno amato sempre - ma due estranei incontrati in cammino. Due povere anime che non sanno niente di Lui, se no qualche piccola cosa per sentito dire.
Dovremmo spezzare il pane con gli estranei. E poi anche con i nemici.

Chiediamo alla grande anima di Martin Luther King di insegnarci come si fa, comprendendo pienamente la natura di cui siamo pienamente parte :

La luce è venuta nel mondo. Una voce che grida attraverso la prospettiva del tempo invita gli uomini a camminare nella luce. La vita terrestre dell'uomo diventerà una tragica elegia cosmica, se egli non ascol­terà quest'invito. «Questa è la condanna” - dice Giovanni - « che la luce è venuta nel mondo, e gli uomini hanno amato le tenebre piú della luce ».
Gesú aveva ragione riguardo agli uomini che lo cro­cifissero: essi non sapevano quello che facevano: erano afflitti da una terribile cecità.
Ogni volta che guardo la croce, io mi ricordo della grandezza di Dio e della potenza redentrice di Gesú Cristo; mi ricordo della bellezza dell'amore di immola­zione e della maestà dell'incrollabile devozione alla verità. E questo mi fa dire con John Bowring: « Della croce di Cristo io mi glorio ( torreggiante sulle rovine del tempo; i Tutta la luce della storia sacra i Si raccoglie intorno alla sua vetta sublime ».
Sarebbe meraviglioso se io, guardando la croce, pro­vassi solo una cosí sublime reazione; ma, in un modo o in un altro, non posso mai distogliere gli occhi dalla croce senza rendermi conto anche che essa simboleggia una strana mescolanza di grandezza e di meschinità, di bene e di male. Contemplando quella croce innalzata, io mi ricordo non solo dell'illimitato potere di Dio, ma anche della vile debolezza dell'uomo; penso non solo allo splendore del divino, ma anche al tanfo dell'umano; mi ricordo non solo di Cristo nel suo momento piú alto, ma dell'uomo in ciò che ha di peggio.
Noi dobbiamo vedere la croce come il meraviglioso simbolo dell'amore che vince l'odio e della luce che vince le tenebre. Ma, in mezzo a quest'ardente affer­mazione, non dimentichiamo mai che il nostro Signore e Maestro fu inchiodato a quella croce a causa dell'u­mana cecità. Quelli che lo crocifissero non sapevano quello che facevano.