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13/10/18

Una bellissima mostra dedicata a Jackson Pollock e alla Scuola di New York fino al 24 febbraio al Vittoriano.


Jackson Pollock Number 27, 1950 Olio, smalto e pittura di alluminio su tela, dal Withney Museum di NY esaposto per la prima volta in Italia


La grandezza di Jackson Pollock come cerniera tra il prima e il dopo e la vivacita' di New York che negli anni Cinquanta del secolo scorso divento' la capitale del contemporaneo.

Sono i due filoni che si intrecciano nella mostra "Pollock e la scuola di New York", fino al 24 febbraio al Complesso del Vittoriano, a Roma.

Un appuntamento di grande appeal in particolare per il capolavoro del grande artista, l' opera Number 27 prestata dal Whitney Museum ed esposta per la prima volta nella Capitale.

La grande tela - olio, smalto e vernice in alluminio - lunga oltre tre metri, occupa uno spazio privilegiato accanto agli altri big della pittura di quegli anni, Mark Rothko, Willem de Kooning, Franz Kline, Robert Motherwell.

Una cinquantina di tele preziose, una carrellata di colori, forme e linee per raccontare gli anni dell' espressionismo astratto. 

"Dopo Pollock probabilmente la pittura non sara' piu' la stessa cosa - spiega Luca Beatrice, che con David Breslin e Carrie Springer, del Whitney Museum, ha curato la rassegna italiana -. Sara' spazio, tempo, energia, movimento, quasi ad anticipare la body art. Pollock fu il primo artista americano a conquistare la celebrita' non soltanto tra gli addetti ai lavori".

La scuola di New York, che intese la pittura come "palestra di sperimentazione", ebbe il suo punto di svolta dopo l' esclusione degli esponenti dell' action painting, nel maggio 1950, dalla mostra di arte contemporanea del Metropolitan Museum.

Gli "irascibili", cosi' li defini' lo Herald Tribune, reagirono segnando quel periodo con le loro produzioni anticonformiste e rivoluzionarie.

Beatrice, anche nel suo testo in catalogo, offre lo spunto a considerare proprio il 1956 l' anno di inizio dell' arte contemporanea: l' 11 agosto Pollock, "gran bevitore che viveva di eccessi", mori' a 44 in un incidente stradale schiantandosi con la sua auto, come era avvenuto pochi mesi prima per James Dean.

La Oldsmobile Coupé verde del 1950 con cui si schiantò Jackson Pollock, a 44 anni, l'11 agosto del 1956 alle 22.15, a 300 metri da casa sua, insieme a Edith Metzger (una parrucchiera del Bronx morta per frattura al collo e ferite al torace) e alla fidanzata Ruth Kligman, sopravvissuta.


In quello stesso anno a Londra, e non in America, il critico d' arte Lawrence Alloway conio' il termine "Pop".

Erano anni di grande fermento culturale dove New York era diventata quello che Parigi era stata per il mondo dell' arte all' inizio del '900. Nel 1951 fu pubblicato Il Giovane Holden di Salinger, del 1956 e' Howl di Allen Ginsberg, l' anno dopo usci' Sulla strada di Keruac, mentre nella musica a dare la linea e' Miles David con Kind of Blue, del 1959.

Con la tecnica del dripping, far colare il colore sulla tela, e soprattutto lavorando sul quadro steso sul pavimento, Pollock apri' una pagina nuova. L'artista gira accanto al quadro, danza, dipinge senza usare il pennello, riversa cosi' la sua energia creativa. Number 27, del 1950, e' uno dei quadri piu' significativi per modalita' esecutiva.

Jackson Pollock e Lee Krasner nello studio di Pollock a East Hampton, 1950.


"Posso camminarci intorno lavorare sui quattro lati, essere letteralmente nel quadro. Preferisco la stecca, la spatola il coltello", disse Pollock, di cui e' riportata una frase illuminante: "Quando sono dentro il mio quadro non so cosa sto facendo".

Nel 1950 Pollock e' la superstar della pittura americana ma non e' solo - fa notare Luca Beatrice -. Da quasi dieci anni si parla di scuola di New York "per definire non un movimento coeso ma una sensibilita' di natura astratto informale, progressivamente scevro dal realismo". "Pollock ha toccato il livello piu' alto nell' informale - ha detto Vittorio Sgarbi che ha accompagnato il ministro dell' Istruzione Marco Bussetti in una breve visita della mostra - Questo tipo di pittura non si puo' datare agli anni Cinquanta, potrebbe essere di oggi. Gli informali attuali, quindi, che cosa possono fare di piu'? Bene o male lo citano o lo scimmiottano senza avere la sua energia e la sua tensione potentissima".

Alla potenza nervosa del maestro dell' action painting fa da contraltare Mark Rothko con i suoi grandi rettangoli di colore, utilizzato secondo "un approccio lirico e mistico". "Se Pollock rappresenta la forza - osserva Beatrice - in Rothko si evince il pensiero, la lentezza, la meditazione, termini ancora pregni di debordante modernita'". L' artista di origini lettoni, solitario e afflitto dalla depressione, il 25 febbraio 1970, convinto di avere una malattia incurabile, si uccise nel suo studio di New York.

Fonte Luciano Fioramonti per ANSA

19/02/13

Innamoramento come prova della trascendenza.




Si cercano tanto nella vita, si cercano sempre prove della trascendenza della natura umana, della sua non spiegabilità solo basata su fattori biologici.

Una di queste prove ce l'abbiamo sotto mano tutti i giorni, ed è la nostra capacità di innamorarci.

Come scrive James Hillman ne Il codice dell'Anima, la mappa amorosa può spiegare le cose visibili, come i fianchi morbidi, le automobili e i cammelli, ma l'amore si innamora anche di qualcos'altro che è invisibile. 

Diciamo: "Lui/lei ha un non so che"; "Il mondo intero cambia quando c'è lui/lei". Come pare abbia detto Flaubert: "Lei era il punto di luce sul quale convergeva la totalità delle cose."

Questo sulla mappa non c'è. Qui ci troviamo nel territorio della trascendenza, dove le realtà normali sono meno convincenti delle cose invisibili. Se mai volessimo la prova lampante dell'esistenza del daimon che chiama (cioè dell'anima), basta che ci innamoriamo una volta.

Nessun gene, nessun liquido organico riuscirà mai a spiegarci perché ci innamoriamo proprio di quella persona, e non di una delle altre migliaia che incontriamo durante la vita.

Il filosofo spagnolo Ortega y Gasset dice che gli innamoramenti sono rari, se pensiamo a come è lunga la vita. L'innamoramento è un evento raro e fortuito, che colpisce a profondità incredibile.

Quando accade, accade esclusivamente per la singolarità della persona: quella persona, e non un'altra.

L'occhio dell'innamorato è capace di vedere una realtà che vede soltanto lui, e che soltanto lui riconosce come qualità invisibile dell'oggetto amato.

Servono altre prove, altre parole per rendere evidente che nell'uomo agiscono forze a lui ignote, non spiegabili e non riducibili soltanto ai meccanismi della biologia e della materia ?

Eppure oggi ci diverte molto questo gioco macabro che vuole rendere l'uomo equivalente a un pezzo di legno, o a qualsiasi altra cosa del creato.