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29/10/14

I numeri come archetipi e l'Anima. 6. La sezione aurea e il Pantheon di Roma. (Conferenza Riva del Garda, L'arte di Essere, 19 ottobre 2014)

6. La sezione aurea e il Pantheon di Roma.


Per il secondo esempio di archetipi numerici in architettura userò il celebre Pantheon di Roma, una delle più grandi meraviglie dell’antichità, giunta in quasi perfetto stato di conservazione fino a noi.
Un edificio che Michelangelo definì disegno non umano ma angelico.



E i numeri archetipi contenuti in questa costruzione sono il 43 e il 44, il 28 e il cosidetto phi, ovvero il numero che rappresenta in matematica la sezione aurea.
Basta forse un solo dato, per cominciare: l’altezza dell’edificio è perfettamente uguale al suo diametro. 43 metri e 44 centimetri, per la precisione.



Questo vuol dire che, pur essendo la volta del Pantheon di dimensioni enormi (per quasi 2000 anni e fino al secolo scorso, essa fu la più grande del mondo), essa obbedisce alle leggi architettoniche stabilite da Vitruvio (tutti noi ne abbiamo un esempio, in tasca, con la moneta da 1 euro, nella quale è iscritta l’opera leonardesca dell’uomo vitruviano, con il quadrato iscritto in un cerchio), ma non solo: è come se all’interno del Pantheon fosse inscritta una sfera perfetta e all’interno di questa sfera è inscritto a sua volta un quadrato perfetto. 

Ma più in generale, tutta la costruzione del Pantheon non è altro che l’alternarsi di due forme geometriche contrastanti, il quadrato, simbolo della razionalità e cioè in definitiva dell’uomo, e il cerchio, da sempre associato al simbolo dell’infinito, dell’universo e quindi della divinità.
La misura di ogni componente della struttura dal Pantheon è data dal lato del quadrato inscritto nel cerchio, dal diametro del cerchio inscritto nel quadrato e così via, in un gioco di scatole cinesi impressionante.
Non solo: la base armonica direttiva dei rapporti tra i cerchi, quello iscritto e quello esterno, e tra i quadrati e i cerchi risponde al rapporto matematico contrassegnato dalla lettera phi (φ), quello che comunemente si chiama rapporto aureo, o sezione aurea, cioè quella proporzione divina alla quale obbediscono in natura la disposizione dei petali di una rosa o delle spirali delle conchiglie o quelle delle nebulose dell’universo; e le più celebrate opere d’arte umane, dal cenacolo di Leonardo, al Partenone di Atene, alla maestosa piramide di Giza.



Tale rapporto vale approssimativamente 1,6180 ed è esprimibile per mezzo della formula:

\phi = \frac{1 + \sqrt{5}}{2}\approx 1{,}6180339887

La costruzione che oggi ammiriamo è in realtà, la terza e definitiva versione di un tempio che fu costruito originariamente dal console Marco Vipsanio Agrippa, che fu compagno d’armi del giovane imperatore Augusto, in soli due anni, dal 27 al 25 a.C. (2), come si può evincere dalla gigantesca iscrizione ancora esistente sulla trabeazione del pronao di ingresso.

Il primo Pantheon, quello di Agrippa era stato edificato proprio su quella zona del Campo Marzio, particolarmente depressa – una delle più basse di Roma – e soggetta a frequenti inondazioni del Tevere, che la tradizione antica di Roma associava alla assunzione in cielo del suo fondatore, Romolo.
Si tratta di una leggenda antichissima, risalente per l’appunto agli anni subito posteriori alla morte del primo Re romano, della quale Agrippa e i costruttori del primo Pantheon erano perfettamente a conoscenza e che probabilmente intesero celebrare proprio attraverso la realizzazione di quello straordinario oculus nella cupola del Pantheon, di dimensioni enormi – diametro 8 metri e 92 centimetri) – che metteva in comunicazione direttamente la Terra con il Cielo.

Ecco dunque spiegato il primo motivo per l’esistenza di quello straordinario oculus. Non il solo, però.
Come abbiamo visto, la circolarità, cioè il concetto di orbis, regna sovrano in questo misterioso monumento.
Se infatti esteriormente, dalla facciata, il Pantheon dà e dava l’impressione di un tempio tradizionale – sul modello appunto del Partenone – non appena varcata la soglia – il portone monumentale è uno dei tre originali romani ancora esistenti e misura 7,50 metri di larghezza e 12,50 metri di altezza – si viene come risucchiati all’interno di una perfetta sfera delimitata da un tamburo cilindrico, in opera laterizia, spesso ben  6 metri !

La doppia decorazione, in due diversi registri, del tamburo, lo straordinario pavimento – a quadrati e cerchi (ancora quadrati e cerchi!) -  e soprattutto la cupola articolata in cinque ordini di 28 (un numero che ritorna in tutta la costruzione) cassettoni concentrici, conferiscono all’opera un aspetto grandioso: la percezione del vuoto è impressionante, sembra di essere capitati all’interno di una enorme bolla di sapone, dove esterno e interno, vuoto e pieno tendono a coincidere.
A proposito del pavimento – originale, seppure restaurato nel 1872 -  vale la pena aggiungere che il disegno geometrico,  simile ad una sorta di scacchiera esercita pure un forte fascino simbolico, tutto da decifrare: è composto infatti da una serie di fasce parallele e perpendicolari che definiscono quadrati, al cui interno sono inscritti quadrati ancor più piccoli, oppure dei tondi (i pannelli con i quadrati sono costituiti  da una cornice di porfido rosso e da quadrati piccoli in pavonazzetto bianco con venature azzurro-viola; i pannelli con i tondi hanno, invece, una cornice di marmo giallo ed il tondo di granito egiziano grigio scuro o di porfido rosso).



E’ inoltre leggermente concavo in modo da convogliare le acque piovane in 22 fori che fanno parte di un complicato sistema di fognature sotterranee.In questa struttura unica, che non dimentichiamolo era intitolato a tutte le divinità, le cui effigi  erano simbolicamente raffigurante all’interno, negli altari collocati lungo la parete circolare, c’è una divinità alla quale viene assicurata la supremazia su tutte le altre: il Sole.
Ad ogni mezzogiorno di ciascun solstizio, il Pantheon offre lo spettacolo del fascio solare che proietta la sua luce esattamente al centro del portale di accesso, fenomeno che si ripete regolarmente allungandosi sempre più, obliquamente, dal 21 giugno al 21 dicembre fino ad arrivare, attraverso la grata sormontante il portone di accesso, al pavimento del pronao, esterno dunque alla Cupola.
E’ un fenomeno di straordinaria precisione: il volume sferico della volta,  che idealmente riproduce la sfera celeste, viene tagliato dalla luce solare (modellata dall’oculus) durante gli equinozi, proprio dal cornicione, che invece riproduce simbolicamente l’equatore celeste.
E difatti innumerevoli elementi di natura cosmologica/astronomica sono rintracciabili nella costruzione, come ad esempio le file di 28 lacunari (o cassettoni) all’interno della volta, che in origine erano rivestiti di marmi decorati e di stelle: è appena il caso di dire che anche il numero 28 non è affatto casuale e richiama direttamente il numero delle fasi lunari.
Insomma, non è azzardato ipotizzare che il Pantheon sia stato concepito come un enorme, sofisticatissimo calendario di pietra, capace non solo di riprodurre i meccanismi della sfera celeste, e di mettere in simbolica comunicazione la Terra e il cielo, ma probabilmente anche di evidenziare il movimento dei pianeti grazie alle sette divinità planetarie conosciute allora, le cui effigi erano riprodotte all’interno del Tempio e che venivano illuminate anch’esse dalla meridiana diurna del Sole e da quella notturna della Luna.
Il Pantheon cioè come porta di connessione tra la Terra e l’Oltre, tra l’uomo e una dimensione ulteriore. 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata (6./ segue)