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13/04/19

Idee per un Week End ? Ecco la perla di Fano, la città di Vitruvio e il suo grande patrimonio naturale/artistico.



Idee per un Week End o per le prossime festività che arrivano ? 
L'idea è quella del percorso nell’ex Chiesa di San Francesco, uno dei complessi monumentali più belli e suggestivi della città di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino, da visitare in uno dei prossimi weekend di primavera, magari ospiti di una fra le belle strutture della città e degustando il famoso brodetto di pesce. 

Per scoprire un autentico angolo delle Marche bisogna recarsi a Fano (Pu), dove la nascita del nuovo City Brand della città porta alla riscoperta della sua ricca storia, dei suoi monumenti, delle sue piazze e di tutti i suoi numerosi luoghi ricchi di tradizione.

Nel centro storico di Fano vi è uno tra i più affascinanti e inusuali tesori della città: la suggestiva ex Chiesa di San Francesco. Un monumento a cielo aperto, unico nel suo genere, e di grande suggestione, che ben rappresenta la ricchezza della città e che, unitamente all’Abbazia di San Galgano, costituisce l’unico esempio italiano di chiesa senza tetto. 

 Il complesso architettonico di San Francesco, composto da chiesa e convento, si manifesta oggi con una pluralità di caratteristiche che sono il risultato di una lunga storia che ha visto susseguirsi diversi committenti in varie epoche. 

La Chiesa venne edificata a partire dalla metà del XIII secolo, ma è durante il periodo di dominio della famiglia Malatesti (1357 - 1463) che l’edificio vive un periodo di grande splendore e fu scelta per accogliere le tombe della famiglia. 

Dell’antica struttura medievale sopravvive solo parte del fianco sud, poiché l’edificio venne ristrutturato a metà Ottocento in stile neoclassico ad opera degli architetti Giuseppe Ferroni e Angelo Innocenzi.

Nel sottoportico, però, sono ancora conservate e visibili le splendide tombe rinascimentali Malatestiane di Pandolfo III e Paola Bianca Malatesti, commissionate dal figlio Sigismondo e attribuite a Leon Battista Alberti. 

Un ricchissimo apparato scultoreo fa da corona alla bella immagine della defunta, stesa sul coperchio del sarcofago. 

Oggi questo imperdibile gioiello architettonico fa parte dei Luoghi del Cuore scelti dal FAI, che ogni anno recensisce i luoghi italiani da non dimenticare. 

 La visita del Complesso monumentale di San Francesco è l’invito per un bel weekend di primavera alla scoperta di Fano con un piacevole soggiorno, ad esempio, in uno degli antichi palazzi trasformati in Hotel de charme o nei suggestivi e tradizionali hotel del lungomare, dalle cui camere e suites si può godere della bellissima vista del mare Adriatico

Fra centro storico e marina il passo è breve e l’invito è a trascorrere ore piacevoli a passeggiare e a gustare un buon caffè o meglio ancora la famosa Moretta nei tanti locali sul mare. 

A Fano ci si va anche per gustare gli straordinari piatti di pesce della tradizione. 

Qui il pescato è sempre freschissimo e Fano rappresenta una certezza nel panorama gastronomico italiano e marchigiano. 

E’ d’obbligo assaggiare il brodetto di Fano, che si è aggiudicato negli anni il titolo di “Miglior Brodetto d’Italia”. 

Fra i tanti menù proposti dagli eccellenti ristoranti del centro storico, del lungomare e della suggestiva Darsena, che sempre seguono le stagioni e la disponibilità giornaliera di pesce fresco, dove si possono gustare pesci dalle carni pregiate, crostacei e molluschi dell’Adriatico. 

Fano, la Città di Vitruvio è oggi la terza città delle Marche e si distingue in tutti i settori dell’accoglienza e dell’offerta turistica: cultura, storia, arte, mare, cibo e buon vino! 

 Per conoscere a fondo la vasta offerta turistica di Fano una guida imprescindibile, in italiano e inglese, completa di tutto è il sito ufficiale del Turismo della città https://www.turismofano.com/

Fano è presente sui social media e il suo hashtag è #visitfano è presente su Facebook: https://www.facebook.com/visitfano/ e Instagram: https://www.instagram.com/visit_fano/?hl=it

Come arrivare a Fano: In auto: Autostrada A14, uscita Fano, uscita Marotta In treno: da Milano – Bologna – Taranto –> stazioni Fano e Marotta In aereo: aeroporti Ancona – Falconara ( km 46) ; Rimini – Miramare (km 48) Via mare: Stazione Marittima di Ancona, Porto Turistico di Fano.

05/12/18

Lisippo è dell'Italia. A Fano già lo aspettano !



La giustizia italiana ha detto "l'ultima parola" sul destino dell'Atleta Vittorioso (o Atleta di Fano), il bronzo alto circa un metro e mezzo, risalente al IV sec. e attribuito aLisippo, conteso da anni tra l'Italia e il Museo Getty di Malibu che lo acquisto' nel 1977 per 3,7 milioni di dollari.

 La Cassazione ha respinto integralmente il ricorso presentato dai legali del museo contro l'ordinanza immediatamente esecutiva per la confisca del bene "ovunque esso si trovi" emessa dal gip di Pesaro Giacomo Gasperini a giugno.

La decisione della suprema Corte rende definitiva l'ordinanza anche nella parte in cui stabilisce che la statua e' un bene indisponibile, perché fa parte del patrimonio dello Stato e che quindi appartiene all'Italia.

Ora "auspichiamo che al piu' presto le autorita' Usa si attivino per favorire la restituzione del Lisippo all'Italia" dice all'ANSA il ministro della Cultura Alberto Bonisoli, che ribadisce "l'importanza dei beni per l'identita' delle comunita' e dei territori".

Ma il Getty annuncia battaglia: "continueremo a difendere il nostro diritto al Lisippo. La legge e i fatti non giustificano la restituzione al governo italiano di una scultura che e' stata esposta al pubblico a Los Angeles per quasi messo secolo" ha detto Lisa Lapin, vice presidente delle comunicazioni del Getty.

Ma il pm di Pesaro Silvia Cecchi, che ha seguito per anni l'iter giudiziario per il ritorno della statua in Italia, e' ottimista: "stiamo preparando la rogatoria internazionale - dice all'ANSA - e aspettiamo le motivazioni della sentenza".

Cecchi ammette che il lavoro e' stato complesso e che ha coinvolto vari settori del diritto, compreso quello penale e quello internazionale e due ordinamenti, italiano e statunitense.

A suo avviso, a questo punto c'e' un'unica strada eventualmente percorribile: "rivolgersi alla Corte Europea dei diritti dell'Uomo".

Nessuna indicazione dai legali del museo, gli avv. Alfredo Gaito e Emanuele Rimini, sulla strategia da seguire, mentre negli Usa si ipotizza di rivolgersi alla giustizia statunitense.

La statua, incrostata di conchiglie e residui, venne recuperata nel 1964 da un peschereccio di Fano, il 'Ferruccio Ferri' nelle acque davanti a Pedaso (Fermo).

Da li' il bronzo, non denunciato all'epoca alle autorità, fini' dopo alterne vicende (compreso il seppellimento in un campo di cavoli e un periodo presso un parroco umbro) nelle sale del Getty di Malibu, acquistata da un mercante d'arte tedesco.

Un acquisto regolare ha sempre sostenuto il museo, che nega l'appartenenza del bronzo al contesto culturale italiano. Ma dal 2007, quando l'associazione culturale marchigiana Le Cento Citta' ha presentato un esposto alla Procura di Pesaro, ben tre gip hanno decretato che si tratta appunto di un bene indisponibile perche' appartenente al patrimonio dello Stato.

"Qui non e' in gioco solo il Lisippo - dice l'avv. Tristano Tonnini, legale de Le Cento Citta' - se fosse passata la linea del Getty tutti i nostri beni culturali all'estero scomparirebbero". "Una lunga battaglia per una bella vittoria" commenta il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli. Una battaglia combattuta anche dall'Avvocatura dello Stato, con gli avv. Maurizio Fiorilli e di recente Lorenzo D'Ascia. E a Fano si preparano (per l'ennesima volta, va detto) al ritorno del Lisippo.

fonte Alessandra Massi per ANSA

24/10/16

Anche la Vergine delle Rocce di Leonardo alla Mostra "Maria Mater Misericordiae" che si apre a Sinigallia venerdì prossimo.



Maria Mater Misericordiae
a cura di Giovanni Morello e Stefano Papetti
28 ottobre 2016 – 29 gennaio 2017
Palazzo del Duca, Senigallia

UN VIAGGIO ARTISTICO ALLE RADICI DEL SACRO

Prima fra tutte giunge a Senigallia La Vergine delle Rocce di Leonardo, capolavoro assoluto che completa l’importante corpus di opere in esposizione per la mostra Maria Mater Misericordiae aperta al pubblico a Palazzo del Duca di Senigallia (AN) dal 28 ottobre 2016 al 29 gennaio 2017. 

La rassegna, organizzata dal Comune di Senigallia e dalla Regione Marche, oltre all’emblematico capolavoro leonardiano presenta significative opere di inestimabile valore, fra cui quelle di Perugino, Rubens, Carlo Crivelli, Lorenzo Monaco, che insieme costituiscono un affascinante racconto per immagini affidato ai più grandi artisti del Rinascimento italiano sul forte sentimento devozionale nei confronti di Maria, Madre Misericordiosa

E’ questo il senso profondo di Maria Mater Misericordiae, la terza rassegna promossa nell’ambito del programma di eventi sul Giubileo della Misericordia. Curata da Giovanni Morello e Stefano Papetti, in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II e l’ANCI Marche, propone un nucleo di dipinti e sculture provenienti dalle più prestigiose raccolte internazionali quali i Musei Vaticani, la Galleria degli Uffizi, la Pinacoteca Nazionale di Siena, la Galleria Nazionale delle Marche, la Galleria Borghese di Roma, il Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli, l’Accademia Carrara di Bergamo.

Al centro della narrazione artistica troviamo i mutamenti iconografici ai quali è sottoposta l’immagine della Madonna della Misericordia alla quale i fedeli chiedono un’opera di intercessione per salvare la comunità urbana minacciata dalla peste.

Nella mostra di Senigallia verrà esposta la più antica rappresentazione iconografica di questo soggetto: la Madonna della Misericordia dipinta da Barnaba da Modena tra il 1375 e il 1376, conservata nella Chiesa dei Servi di Genova. 

Si tratta di un artista che ha operato nel palazzo ducale di Genova, nel monumentale Camposanto di Pisa, in altre città del nord Italia e le cui opere sono oggi esposte presso il Museum of Fine Arts a Boston, nella collezione Cruz di Santiago del Cile e alla National Gallery di Londra.

Eseguita per una confraternita genovese, la tavola, può ragionevolmente essere considerata come il prototipo più antico nell’arte della penisola della nuova iconografia della Madonna della peste o delle frecce. La Madonna della Misericordia è raffigurata nell’atto di offrire protezione sotto il proprio mantello alla popolazione della città, esposta ad un’inarrestabile pioggia di frecce scagliate dagli angeli e dal Figlio, la cui immagine è perduta. Nell’esercizio della giustizia celeste il Signore è assistito da una milizia di creature angeliche armate: l’immunità dagli strumenti della collera divina offerta dalla Madonna ai devoti è resa concreta mediante la raffigurazione dei dardi che si spezzano contro il mantello, mentre i supplici che ne sono rimasti fuori cadono trafitti dalle armi del castigo di Dio.

Tra i capolavori assoluti che sarà possibile ammirare nella mostra senigalliese va senz’altro annoverata l’opera la Madonna della Misericordia con i Santi Stefano e Girolamo e committenti di Pietro Perugino, oggi conservata nel museo comunale di Bettona. Si tratta di un dipinto eseguito nei primi anni del secondo decennio del Cinquecento per chiesa di Sant’Antonio. Qui l’ampio manto della Vergine, quasi una tenda, è usato come simbolo di protezione e accoglie Santo Stefano, San Girolamo e i committenti raffigurati alle loro spalle. La Vergine dal volto sereno e dalle morbide fattezze assume l’atteggiamento dolce e materno di chi è invocata a propria protezione.

Grande interesse assume anche la presenza in mostra della Madonna della peste, opera eseguita nel 1472 da Benedetto Bonfigli e conservata nella chiesa parrocchiale di Corciano. Questo pittore definito dal Vasari il più grande artista umbro prima dell’ascesa del Perugino lavorò sia in Vaticano, sia soprattutto nella sua città natale, Perugia nella cui Galleria Nazionale è esposto il suo più importante ciclo di affreschi eseguito per la cappella di Palazzo dei Priori del capoluogo umbro. Nell’opera esposta a Senigallia la funzione tutelare assicurata dalla Madonna della Misericordia trova tangibile espressione nel manto di broccato sul quale si frantumano i dardi della punizione celeste; i santi patroni ai lati, sono intenti a supplicare l’Eterno affinché risparmi la città, raffigurata ai piedi di Maria.

Altra opera di straordinaria bellezza che impreziosisce ulteriormente la mostra è la Madonna del latte di Carlo Crivelli, conservata nella pinacoteca parrocchiale della chiesa dei santi Pietro, Paolo e Donato di Corridonia. La tavola databile al 1472 ed eseguita per la chiesa di sant’Agostino costituisce la parte centrale di un polittico, forse smembrato e le cui parti laterali sono ormai definitivamente perdute. Considerata opera eccelsa, in questo dipinto il Crivelli abbandona il tradizionale fondo oro e raffigura Maria seduta su un trono con il tipico drappo alla veneziana che cala coprendo lo schienale, ed è attorniata da una gloria di cherubini e serafini e dipinge uno sfondo di colore azzurro. Il Bambino, attaccato al seno della Madre, volge lo sguardo verso lo spettatore quasi a voler dialogare e intessere una relazione con chi sta osservando la scena. Un gesto umano, come umano e divino allo stesso tempo e il Salvatore.
Sacro e terreno si uniscono in questo semplice racconto dove la Madonna tiene il Bambino in braccio, lo allatta e lo guarda con la tenerezza di una madre e con l’inquietudine di chi conosce già il dolore che l’attende.

L’immagine scelta per la mostra propone il dipinto che il pittore camerte Girolamo di Giovanni eseguì nel 1463. Si tratta della Madonna della Misericordia esposta al museo civico della città dei Da Varano e l’opera evoca il nome di Piero della Francesca per le affinità formali con la tavola centrale del polittico di Borgo San Sepolcro. L’imponente figura della Vergine che apre il mantello sotto il quale si riparano i devoti, assieme ai santi Venanzio e Sebastiano, rappresenta in modo emblematico l’aspetto della madre misericordiosa, madre che protegge amorevolmente la prole la Mater Dei che accoglie in grembo coloro che hanno vissuto la grazia e per garantire un destino di salvezza alla propria anima.

Il termine Misericordia è, infatti, l’incontro di due parole: miseria e cuore; l’incontro tra la miseria della condizione umana e il cuore di Dio. 

Rachùm, in ebraico il misericordioso, evoca il termine che la lingua ebraica riserva al grembo materno: rèchem. E allora ecco Maria che con il suo ampio mantello ripara e protegge il genere umano dai colpi della minacciosa collera divina. L’immagine iconografica della Madonna della Misericordia raffigura la Vergine che sotto il proprio ampio mantello ripara i devoti dalla pioggia di frecce scagliate da un Dio irato per la condotta immorale del genere umano.

Dalla chiesa di Sant’Ermete in Pisa proviene l’opera Vergine col Bambino e angeli di Lorenzo Monaco. L’artista che viene ricordato per essere l’ultimo esponente importante dello stile giottesco, prima della rivoluzione rinascimentale di Beato Angelico che fu suo allievo e del Masaccio, esegui la tavola che sarà esposta a Senigallia nel 1412 e di lui vanno ricordate l’Incoronazione della Vergine del 1412 e l’Adorazione dei Magi, del 1420-1422 entrambe esposte alla Galleria degli Uffizi di Firenze, me la sue straordinarie opere sono sparse nei musei di tutto il mondo, con una particolare concentrazione alla Galleria dell’Accademia di Firenze ed alla National Gallery di Londra, al Metropolitan Museum of Art di New York.

La mostra di senigallia fa parte del progetto regionale “Le mostre del Giubileo della Misericordia delle Marche”; fino all’8 gennaio 2017 è possibile visitare a Loreto, a poca distanza da Senigallia la mostra “La Maddalena tra peccato e penitenza”, a cura di Vittorio Sgarbi, e a Osimo, presso Palazzo Campana, fino al 15 gennaio 2017, la mostra “Lotto Artemisia Guercino. Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi”.

Le tre mostre sono visitabili con un coupon sconto disponibile presso gli uffici turistici, gli alberghi e, inoltre è scaricabile da: eventi.turismo.marche.it
La Mostra Maria Mater Misericordiae allestita nel Palazzo del Duca di Senigallia rimarrà aperta dal 28 ottobre 2016 al 29 gennaio 2017 con i seguenti orari:
dal martedì al mercoledì dalle 15.00 alle 20.00 dal giovedì alla domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 20.00 telefono 366 - 67.97.942
sito internet. www.senigalliaturismo.it

02/05/15

La Madonna di Tarkovskij. Il racconto di un piccolo miracolo. (Santa Maria di Portonovo).




E’ stato uno dei più grandi registi del Novecento: Andrej Tarkovskij.

Nato a Zavrazie, Russia, nel 1932. Morto a Parigi, Francia, dopo una lunga malattia e più di dieci anni di esilio, nel 1986, a 64 anni.

Nei suoi film, l’Infanzia di Ivan, lo Specchio, Solaris, Nostalghia, Sacrificio, ma soprattutto con la sua vita ha incarnato i drammi del ‘900.

Consiglio la lettura dei suoi diari, pubblicati con cura dopo la sua morte, dal figlio Andrej A. Tarkovsky. 

Se si affronta questo libro - Martirologio (edizioni della Meridiana,2002) - si scoprirà uno dei testi più spirituali più alti del secolo scorso. 

C’è un episodio poco noto della sua vita, raccontato proprio nei suoi Diari. Che avvenne nel maggio 1980. 

Tarkovskij è già esule da parecchio tempo. Vive in Italia, a Roma, e un po’ dove capita, dove lo portano i suoi film, e i pochi amici veri che si è fatto, nonostante la difficoltà della lingua, e di un carattere introverso e poetico

Uno di questi amici è Tonino Guerra. Con Guerra, Tarkovskij, gira in lungo e in largo per l’Italia alla ricerca di luoghi che lo ispirino, per il prossimo film, che sarà Nostalghia.

Ed ecco quello che scrive quel giorno. 3 maggio 1980.

"Oggi mi è successa una cosa straordinaria. Eravamo a Loreto, dove Franco Terilli ha pregato davanti all’immagine del suo santo patrono, uno dei defunti papi. A Loreto c’è una chiesa famosa ( come a Lourdes ) nel centro della quale sorge la casa, portata da Nazareth, dove è vissuto Gesù. 
Quando mi sono trovato nella Chiesa ho sentito che era un peccato che io non potessi pregare in una chiesa cattolica, non è che non potessi, ma non lo desideravo (ricordiamo che essendo russo Tarkovskij era di religione ortodossa ndr). E’ in qualche modo un ambiente estraneo.
Dopodiché capitiamo per caso in un piccolo paesino in riva al mare, Portonovo, in un’antica chiesetta del X. secolo. Sull’altare vedo all’improvviso un’immagine della Madonna di Vladimir. Mi hanno raccontato che un tempo un pittore russo regalò alla chiesa questa copia della Madonna di Vladimir, probabilmente fatta da lui.
Incredibile ! Trovare improvvisamente nella chiesa di un paese cattolico un’icona ortodossa, proprio nel momento in cui mi rammaricavo di non aver potuto pregare a Loreto… Non è un miracolo, questo ? "

La Theotokos di Vladimir (greco: Θεοτόκος του Βλαντιμίρ), nota anche come Madre di Dio della tenerezza, Madonna di Vladimir o Vergine di Vladimir, una delle icone ortodosse più venerate e famose al mondo 


Per capire bene come questo episodio sia davvero insolito, e del perché abbia così impressionato Tarkovskij, allora, bisogna andare personalmente a Portonovo. 

Io ci sono stato diverse volte. E’ un paese senza case, senza nulla. Un ex porticciolo, oggi raffinata località turistica sotto il promontorio del Conero. 

L’antichissima Chiesa di Santa Maria di Portonovo è praticamente l’unica costruzione esistente, a parte gli stabilimenti balneari. La sua posizione è incredibile.

Questa chiesetta è da molto tempo, completamente spoglia. 

 L’unico arredo è rappresentato appunto dalla copia di quella antica icona russa, sopra l’altare, la Madonna di Vladimir. Che è davvero molto difficile trovare in una qualsiasi altra chiesa italiana.
Ecco perché questo dovette sembrare a Tarkovskij, un piccolo  miracolo…

La Chiesa di Santa Maria a Portonovo

Fabrizio Falconi.

25/11/14

Per dirmi che sei fuoco (Santa Maria di Portonovo, Conero).





Camminano verso la chiesa, Nico davanti e Valentina subito dietro, e in pochi minuti sono al cancelletto verde che delimita il recinto all’interno del quale c’è l’antica costruzione. C’è una targa dove sono riportate notizie storiche, Valentina inizia a leggere. Nico intanto si guarda intorno alla ricerca della casa bianca. La individua nel fitto degli alberi che risalgono il crinale del monte, a pochi metri di distanza.
«Vieni».
Valentina lo segue lungo un sentiero di terriccio. Arrivano su di un piccolo spiazzo, al centro del quale c’è questa casupola di calce, di pochi metri di superficie, cilindrica, con il tetto di legno e tegole, e una finestrella munita di zanzariera.
La porta di legno non è fornita di campanello. Nico batte le nocche più volte, ma sembra proprio che non vi sia nessuno. Provano a sbirciare attraverso la finestra, le cui imposte lasciano spazio a sufficienza. C’è penombra, non si vede null’altro che il profilo di qualche mobile. Nico fa il giro della casa, nota ad un certo punto affisso al muro un quadratino di terracotta raffigurante un cane o un lupo. Nient’altro. Valentina si volta indietro: constata come dalla soglia della casetta bianca si goda una gran bella vista: il profilo della chiesa romanica, i tronchi dei pini, il fianco della montagna, il mare con le scie dei motoscafi al largo.
Tornano indietro.
Quando arrivano alla chiesa, Valentina si accorge che l’antico portone è socchiuso, ed entra. Non ha capito, non sa che intenzioni abbia Nico, se voglia aspettare lì il ritorno a casa del padre, ma intanto lei ne approfitta per visitare l’interno dell’abbazia. Però c’è poco da vedere: è stata da poco restaurata, le forme architettoniche sono romanico puro, ma è completamente spoglia, non c’è nemmeno un quadro alle pareti e agli altari, né un oggetto d’arte, un ciborio, un baldacchino, niente. Soltanto, sulla parete di fondo, una icona della Madonna. Valentina scopre una piccola targa inchiodata al muro: copia della Sacra Madonna di Kazan.
«Andiamo!»
È la voce di Nico, che la chiama, da fuori.
Valentina si prende un altro poco di tempo, poi esce dalla porticina al lato dell’abside e vede Nico già incamminato lungo il sentiero verso il mare. Tornano allo stabilimento dove si sono fermati prima. Nico entra prima di Valentina e va diretto al tavolino dov’era seduto il vecchio. Soltanto che quello nel frattempo non c’è più. Al suo posto, una ragazzina grassa, guarda anche lei la televisione. Nico le chiede del vecchio, e lei fa cenno fuori, verso la spiaggia.
Il vecchio indossa adesso un cappello di paglia, e armato di un rastrello rassoda la ghiaia, tra le fila di ombrelloni.
Nico e Valentina si avvicinano sotto il sole, che fa sudare.
Il vecchio nemmeno si accorge di loro, continua a rimestare col suo rastrello. Nico gli tocca il braccio. Lui si volta, e li guarda come se li vedesse per la prima volta. «Siamo stati alla casa bianca,» dice Nico, «ma non c’è. Ha idea di dove sia? Di quando ritorna?»
Il vecchio lo fissa con aria interrogativa.
«Montefiori!» dice Valentina.
«È una parola,» sbotta allora il vecchio, gettando via il rastrello, e passando il dorso della mano sulla fronte, «che volete che vi dica? Chi ci capisce con quello? Scompare, riappare. Chi sa dov’è… Sarà… tra i monti».


Fabrizio Falconi - Per dirmi che sei fuoco, Gaffi 2012, pag.38

La chiesa che ha ispirato questo brano è Santa Maria di Portonovo, al Conero.