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12/08/21

Quando David Bowie si innamorò della voce di Nina Simone e trasformò "Wild is the Wind" in un capolavoro

 


La grande, impareggiabile Nina Simone dovette aspettare tre anni dall'uscita del suo album di debutto, Little Girl Blue nel 1958, per apparire per la prima volta in una classifica LP negli Stati Uniti  grazie al Live Nina At Newport. 

Dopo essere entrata in classifica con un altro disco dal vivo, Nina Simone In Concert del 1964, fu inserita due volte nella classifica dei migliori album pop di Billboard nello stesso anno seguente, il 1965, con I Put A Spell On You a giugno e con Pastel Blues meno di quattro mesi dopo. 

Il primo di questi album non è entrato nella classifica R&B, che Billboard ha introdotto all'inizio di quell'anno, ma il secondo è diventato una top ten, al n.8. 

Il suo picco al numero 139 sul lato pop sottolinea che il pubblico principale di Simone in quei giorni era nel mercato del rhythm and blues. 

Col senno di poi, il vero shock è notare che Simone non ha mai avuto un altro Top 10 LP nella classifica soul. 

 Tuttavia, altre quattro voci seguirono quel conto alla rovescia per un periodo di 14 mesi, a partire dal 10 settembre 1966, quando Wild Is The Wind oltrepassò la soglia delle migliori 25 posizioni salendo al numero 23. 

L'LP di 11 tracce di Simone, prodotto come al solito dal compositore e arrangiatore newyorkese Hal Mooney, conteneva una delle sue composizioni, il commento sociale tipicamente coraggioso "Four Women". 

Ma l'album prendeva il nome dalla composizione di Dimitri Tiomkin e Ned Washington, che era stata introdotta in una versione nominata all'Oscar da Johnny Mathis, nell'omonimo film del 1957: Wild is the Wind.

David Bowie era tra i tanti devoti della canzone, come ha dimostrato la sua cover contenuta nell'album Station To Station del 1976.

“La sua voce era usata principalmente come strumento” disse in proposito Bowie. 

Quando Simone ha suonato allo Square East di New York a marzo, ha aperto con "Wild Is The Wind", facendo una grande impressione sul suo pubblico, come ha osservò il recensore di Billboard Claude Hall. 

"Era una produzione martellante con un ritmo crescente e un finale crescente", ha scritto. “La sua esibizione al pianoforte è stata grandiosa; la sua voce è stata usata principalmente come strumento, aggiungendo all'effetto totale

Quella canzone inquietante divenne in seguito ben nota, in particolare al pubblico britannico, in una registrazione di successo di Elkie Brooks. Fu registrata anche da Jeff Buckley nel suo album di riferimento del 1994, Grace

 Wild Is The Wind ha raggiunto il n.12 nella classifica R&B e il n.110 nel mercato pop. Negli anni successivi sarebbero arrivati ​​consensi ben maggiori e più diffusi. Grazie anche alla versione live di Bowie per la BBC che resta ancora oggi una pietra miliare e che qui riproponiamo.

Fonte: Paul Sexton per Udiscovermusic.com


20/06/20

72 anni fa, nasceva il primo Long Playing della storia della Musica



È un'esperienza che tutti i baby-boomer, cioe' i nati dall'immediato dopoguerra fino alla meta' degli Anni Sessanta, hanno sicuramente provato. 

A ogni trasloco si sono trovati per le mani un pesante pacco di oggetti neri, circolari, del diametro di circa 30 centimetri, obsoleti e ormai inutili. Eppure tutti sono stati ogni volta assai restii a disfarsene. 

Stiamo parlando, ovviamente, dei dischi a 33 giri, i cosiddetti Long-playing, o piu' familiarmente Lp (ellepi') o Album

L'occasione per ricordare queste icone della musica e' il loro anniversario di nascita. 

Esattamente 72 anni fa, il 21 giugno 1948, presso l'Hotel Waldorf Astoria di New York, la Columbia Records presentava il primo esemplare di 33 giri, che in breve avrebbe soppiantato il vecchio e glorioso 78 giri inventato nel 1894. 

Per la prima volta, su un supporto in vinile si potevano incidere brani musicali su entrambe le facciate, con una resa del suono di grande qualita' e una durata superiore, in genere dai 25 ai 30 minuti per ciascun lato. 

Il disco veniva collocato sul piatto dei giradischi e una puntina in diamante o zaffiro "leggeva" i solchi che vi erano stati incisi, trasmettendoli a un'apparecchiatura che li trasformava in suoni. 

Girando, appunto, alla velocita' di 33 giri (per la precisione 33 e un terzo) al minuto

Fu una vera rivoluzione per il mondo della discografia. Completata dal fatto che l'anno successivo, nel 1949, la Rca lancio' il piu' agile 45 giri e negli stessi anni altre grandi aziende americane (come la Wurlitzer e la Seeburg) perfezionarono il mitico Juke-box. 

Finalmente la musica poteva diventare un prodotto culturale a disposizione di tutti, a prezzi non eccessivi, fruibile a casa propria o addirittura all'aperto, in spiaggia, in viaggio (quando poi, alla fine degli Anni Cinquanta, fu commercializzato il mangiadischi). 

La musica usciva dalle segrete stanze dei privilegiati e diventava una forma d'arte diffusa e popolare. 

Poi, dagli Anni Ottanta, e' arrivata l'era dei compact-disc, e successivamente degli Mp3 e dei supporti digitali. I vecchi giradischi sono stati archiviati in cantina, o buttati in discarica. Alcuni sconsiderati si sono liberati dei loro 33 giri, contribuendo ad alimentare le bancarelle dei prodotti vintage. 

Ma tantissimi non hanno ceduto, e mossi da motivazioni esclusivamente sentimentali hanno conservato quei curiosi oggetti in vinile. Magari ripetendo fra se' e se': prima o poi mi ricompro un giradischi e "li metto su". Cosa che non avviene mai. In compenso, questi nostalgici se ne ricorderanno al prossimo trasloco.