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26/01/21

David Bowie, Sukita e la storia della iconica foto di copertina dell'album "Heroes"



David Bowie non lo conosceva nemmeno, non sapeva chi fosse. Ma decise comunque di andare ad un suo concerto.

E lo fece perché rimase colpito, attratto, dal manifesto dell'evento: c'era Bowie, con una gamba alzata e su uno sfondo nero

Inizia tutto da li'.

E' da quel giorno che le foto di Masayoshi Sukita hanno iniziato a raccontare i 'volti' di Bowie. Foto che qualche tempo fa sono state esposte a Palazzo Fruscione, a Salerno, in una retrospettiva, "Stardust Bowie by Sukita", che raccontava non solo il quarantennale rapporto professionale tra i due ma anche il tempo che Bowie ha vissuto e in parte ha anticipato. 

"Vedere David Bowie sul palco mi ha aperto gli occhi sul suo genio creativo. In quella circostanza osservai Bowie esibirsi con LouReed ed era davvero potente. Bowie era diverso dalle altre rock star, aveva qualcosa di speciale che dovevo assolutamente catturare con la mia macchina fotografica", racconto' Sukita che, dopo quel concerto, riuscì ad incontrare Bowie di persona grazie all'aiuto dell'amica e stylist Yasuko Takahashi, pioniera di questo mestiere in Giappone nonche' mente dietro alle prime sfilate di londinesi di Kansai Yamamoto, lo stilista che disegno' i costumi di scena di Bowie durante il periodo di Ziggy Stardust, ritratti anche nelle foto in mostra. 

I due si incontrarono, non si parlarono quasi durante il servizio fotografico, divisi dalla lingua. Ma scattò qualcosa. 

Nel 1973 Sukita ritrae di nuovo Bowie, sia negli Stati Uniti che durante il suo primo tour in Giappone, ma l'incontro indubbiamente piu' significativo avviene nel 1977 quando Bowie torna a Tokyo per la promozione dell'album "The Idiot" di Iggy Pop, che aveva prodotto. 

Sukita segue i due per la conferenza stampa promozionale e i concerti, ma durante un day off chiede a Bowie e Iggy Pop di posare per lui in una breve sessione fotografica

In appena due ore, una per ogni artista, Sukita scatta 6 rullini e realizza anche la fotografia che non sapeva sarebbe divenuta la celebre copertina dell'album "Heroes". 


27/09/20

La morte scampata (per miracolo) di Andy Warhol


La morte scampata (per miracolo) di Andy Warhol

La mattina del 3 giugno 1968 Andy Warhol si trovò puntata addosso una calibro 22 impugnata dalla ventottenne Valerie Solanas.
Solanas aveva scritto il manifesto (intitolato "Scum", cioè "Feccia" di un movimento che aveva come obiettivo lo smantellamento della società dominata dai maschi, che non fece mai proseliti e di cui rimase unico membro.
Solanas, dopo l'attentato identificata come femminista radicale affetta da schizofrenia paranoide, aveva avvicinato nelle settimane precedenti Warhol nella sua Factory, che si trovava al secondo piano di un edificio in Union Square.
La Factory era una sorta di tempio aperto delle arti, ed era facilissimo accedervi senza controllo. Nel grande spazio centrale dell'edificio Warhol lavorava alle sue grandi tele e ai set fotografici. Per molti era facile presentarsi, senza essere invitati, e provare ad avvicinare Warhol: aspiranti attori e artisti, poeti e originali di ogni specie.
Alla Solanas, Warhol aveva affidato una piccola parte al film "I, a man", ma non aveva dato nessuna risposta a un copione che lei gli aveva sottoposto, intitolato ("Up your ass", "In culo a te").
In preda alla rabbia dunque Valerie si presentò alla Factory intrufolandosi nell'ascensore insieme a un assistente di Warhol. Questi, appena vide ala Solanas tentò di liquidarla e tornò alla sua scrivania. Valerie gli si avvicinò ed estrasse il revolver. Warhol la implorò di non sparare, ma la ragazza fece fuoco per due volte.
Warhol cercò scampo sotto la scrivania, ma la Solanas gli esplose addosso un terzo colpo, con l'intenzione di finirlo.
La Solanas si rivolse poi a Mario Amaya, il compagno di Warhol e gli sparò. Poi, puntò il revolver contro Fred Hughes, il manager dell'artista, il quale la supplicò di non sparare.
Per fortuna la pistola di Valerie a quel punto si inceppò e la ragazza prese la via della fuga.
In ospedale, Warhol venne dichiarato clinicamente morto.
I proiettili avevano perforato i polmoni, l'esofago, il fegato e la milza.
Un medico italiano del Columbus Hospital, Giuseppe Rossi, riuscì a salvare con un intervento lunghissimo e miracoloso, Warhol.
Solanas rivendicò con orgoglio il suo gesto. Warhol rifiutò di deporre contro di lei e questo valse alla ragazza un grosso sconto della pena, che si ridusse a 3 anni di carcere per tentato omicidio, aggressione e detenzione d'arma da fuoco.
Warhol non la perdonò, ma non volle infierire.
L'attentato e la miracolosa salvezza rinforzarono il senso religioso di Warhol ma ne cambiarono il carattere: da allora in poi divenne schivo, riservatissimo, e secondo alcuni cinico e crudele.
Cosa che stride fortemente con la descrizione dell'uomo che ne fecero i suoi amici più intimi, in primis Lou Reed e John Cale nell'album celebrativo che gli dedicarono dopo la morte.
(nella foto, Warhol fotografato da Avedon qualche anno dopo l'attentato)

Fabrizio Falconi - 2020

(fonti: Demetrio Paparoni, Il senso religioso di Andy Warhol oltre i colori della Pop Art, Domani, 22 settembre 2020)

Valerie Solanas fotografata dopo l'arresto


27/01/14

Lou Reed - Lo struggente ricordo che scrisse per il suo maestro, Delmore Schwartz.






Lewis Allan Reed, in arte Lou Reed, nato a Brooklyn, New York, e cresciuto a Freeport, Long Island, fu per tutta la vita riconoscente a quello che considerò il suo maestro, il poeta Delmore Schwartz, che il futuro musicista conobbe quando, alla fine del 1960, cominciò a frequentare la Syracuse University's College of Arts and Sciences, studiando giornalismo, regia cinematografica e scrittura creativa.

Nel giugno 1964 Reed ottenne la laurea.
Agli anni universitari risale dunque l'incontro. Delmore Schwartz ebbe Lou Reed fra i suoi allievi e, già malato e alcolizzato, prese in simpatia quel "ragazzo disorientato di New York", il quale, nel 1966 (anno della sua morte), gli avrebbe dedicato la composizione European Son inclusa nell'album di debutto dei Velvet Underground, considerato l'omaggio più intenso e più durevole alla memoria di questo campione dell'Alta Cultura.

Questa qui sotto è l'introduzione - struggente - scritta da Lou Reed per il libro Nei sogni cominciano le responsabilità che raccoglie alcuni famosi racconti di Schwartz e che a tutt'oggi è l'unico libro tradotto in lingua italiana di questo grande scrittore e poeta americano (il quale ispirò fra l'altro il personaggio di Humboldt a Saul Bellow per il romanzo che valse allo scrittore il premio Nobel per la letteratura nel 1976).



Oh, Delmore, quanto mi manchi. Sei tu che mi hai incoraggiato a scrivere. Eri l’uomo più grande che avessi mai incontrato. Riuscivi a esprimere le emozioni più profonde con le parole più semplici. I tuoi titoli bastavano da soli a far salire sul mio collo la musa di fuoco. Eri un genio. Segnato dal destino.

Le storie folli. Oh, Delmore, eri così giovane . Così pieno di speranza.  Ci riunivamo attorno a te mentre leggevi Finnegan's Wake. Così divertente ma così impenetrabile senza il tuo aiuto. Dicevi che il modo migliore per vivere la propria vita era consacrarla a Joyce. Avevi annotato ogni parola  nei romanzi presi in prestito in  biblioteca. Ogni parola. 

E dicevi che stavi scrivendo The Pig's Valise. Oh, Delmore, non era vero. Lo hanno cercato dopo che il tuo ultimo delirio ti ha provocato un infarto all'Hotel Dixie. Un corpo non reclamato per tre giorni. Tu - uno dei più grandi scrittori della tua epoca. Nessuna valigia.

Avevi la lettera di T.S. Eliot vicino al cuore. Il suo elogio di Nei sogni. Ci hai supplicati: "vi prego non lasciate che mi seppelliscano vicino a mia madre. Fate una festa per celebrare il viaggio da questo mondo a uno che mi auguro sia migliore.  E tu, Lou, giuro - e sai che se esiste qualcuno sulla terra capace di farlo, quello sono io - giuro che se scriverai per i soldi ti perseguiterò."

Gli ho portato un racconto. Mi ha dato una B. Ero così ferito, così umiliato. Perché perseguitare uno senza talento come me ? Ero io l'orso di The Heavy Bear Who Goes With Me, l'orso che lo accompagnava. Ai cocktail letterari. Li odiava. E affidavano a me la responsabilità. 

Delmore Schwartz


Dopo qualche drink - la camicia sbottonata - il lembo destro penzolante - la cravatta messa di traverso - la lampo slacciata. Oh Delmore, eri così bello. Con il tuo nome ispirato a un ballerino del cinema muto, Frank Delmore. O, Delmore - la cicatrice, un souvenir del tuo duello con Nietzsche. 

La campanella aveva suonato mentre ci leggevi Yeats, ma la poesia non era finita e volevi continuare a leggerla - rivoli di liquido ti uscivano dal naso ma tu non hai smesso di leggerla. Ero paralizzato . Ho gridato - l'amore per la parola - l'orso pesante.

.... O, Delmore, dov'era il Vaudeville for a Princess.  Un dono per la principessa offerto dalla star del teatro nel camerino.  
La duchessa ha ficcato un dito nel culo del duca e il regno è svanito per sempre. Non porterà niente di buono. Basta con questo corteggiamento !
Signore si calmi o dovrò buttarla fuori.
Delmore capiva tutto e riusciva a scriverlo in modo impeccabile.
Shenandoah Fish. Eri troppo bravo per sopravvivere. Le tue intuizioni ti hanno tradito. Le aspettative di successo. Così insegnavi.
E io ho assistito al tuo ultimo round.
Amavo il tuo ingegno e la tua smisurata conoscenza.
Eri e sarai sempre il più grande.
Riuscivi a portare un cavallo alla fonte ma non a farlo pensare.
Volevo scrivere. Un solo verso che fosse all'altezza dei tuoi. La mia montagna. La mia fonte di ispirazione.
hai scritto il racconto più fantastico che sia mai stato concepito.
Nei sogni.

Lou Reed.






01/11/13

L'annuncio sul giornale di Laurie Anderson per il marito scomparso, Lou Reed.


“Ai nostri vicini: Che autunno meraviglioso! Tutto luccica e splende come oro e tutta quella incredibile luce morbida. L’acqua ci circonda. 

Lou e io abbiamo passato molto tempo qui negli ultimi anni, e anche se siamo gente di città questa è la nostra casa spirituale. 

La settimana scorsa avevo promesso a Lou di portarlo fuori dall’ospedale per tornare a casa, a Springs. E l’abbiamo fatto! Lou era un maestro di Tai chi e ha passato i suoi ultimi giorni qui, felice, abbagliato dalla bellezza, e dalla forza, e dalla dolcezza della natura. 

E’ morto domenica mattina guardando gli alberi e facendo la famosa posizione 21 del Tai chi, con le sue mani da musicista che si muovevano nell’aria.

Lou era un principe e un combattente e so che le sue canzoni sul dolore e la bellezza del mondo riempiranno molta gente dell’incredibile gioia che aveva per la vita. Lunga vita alla bellezza che scende, attraversa e si impadronisce di tutti noi. 

Laurie Anderson, moglie innamorata e amica eterna”. 

Così  Laurie Anderson, la compagna di Lou Reed nel messaggio nel ricordo del marito, pubblicato ieri sul giornale locale The East Hampton Star.