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19/08/22

Quella volta che George Harrison fu aggredito e colpito da 40 coltellate, mentre si trovava a casa


Ascoltava la musica con le cuffie per cacciare le voci che gli rimbombavano nel cervello

Un ex tossicodipendente da eroina e da metadone. Con una passione: la musica. E un'ossessione: che i Beatles fossero demoni. E prima di loro che lo fossero gli Oasis.

Così Lynda Abram descriveva la sofferenza di suo figlio Michael, l'uomo che quasi uccise George Harrison piantandogli un coltello a un centimetro dal cuore

Un miracolo che il chitarrista dei Beatles fosse sopravvissuto. 

Michael Abram 33 anni, viveva vicino a Liverpool. Quella notte entrò nella casa di Harrison a Henley on Thames, a 70 chilometri da Londra e lo accoltellò. 

La moglie dell'ex Beatle Olivia riuscì a colpirlo con una lampada e i due sono riuscirono a immobilizzarlo fino all'arrivo della polizia. 

Harrison fu ricoverato all'ospedale di Harefield, a ovest di Londra, specializzato in medicina toracica. In un primo tempo era stato portato, con la moglie, al Royal Berkshire Hospital di Reading.

Le sue condizioni comunque non erano gravi. 

"Ho visto mio figlio l'ultima volta ieri - raccontò la signora Abram ai cronisti di un giornale locale - e mi sembrava molto calmo, ma negli scorsi sei mesi è stato malissimo. Ho a lungo cercato di aiutarlo ma è stato come sbattere la testa contro un muro". 

La donna aggiunse che Michael aveva alle spalle una lunga storia di tossicodipendenza, e dal mese di maggio aveva "smesso di usare eroina e anche il metadone", si era rivolto a consulenti psichiatrici che - a suo dire - "non l'hanno aiutato". 

Per la signora Abram "se il servizio sanitario avesse dato retta a Michael, questo (l'attacco agli Harrison) non sarebbe successo". 

"Era solito urlare molto - ha proseguito la 52/enne Lynda - ma non è mai stato violento o aggressivo. Era ossessionato da tanti tipi musica. Diceva di ascoltarla con le cuffie per cacciare le voci dal suo cervello. Settimane fa era fissato con gli Oasis, ora coi Beatles che considerava dei demoni". 

 Secondo la polizia tutto faceva pensare che l'aggressione fosse preparata, e che non si trattò di un tentativo di furto andato male. 

Impressione in qualche modo confermata dalla madre. 



Uno squilibrato, insomma, proprio come quello che l'8 dicembre del 1980, a New York, uccise John Lennon. 

Abram fu subito ricoverato in ospedale per una lesione cranica, con la porta piantonata dai poliziotti che temono possa tentare il suicidio. 

L'episodio fu  subito commentato da Paul McCartney che si disse sconvolto per l'accaduto, rivolgendo o gli auguri all'ex compagno. "Grazie a Dio - ha detto - George e Olivia stanno bene e mando loro tutto il mio affetto". 

Ma già allora restò nell'ombra la maledizione del quartetto di Liverpool e le analogie con la morte di John Lennon. Mark David Chapman, l'assassino del leader dei Betles, che si era appostato in strada, in attesa che lui e Yoko Ono, rientrassero nel loro appartamento, nel "Dakota Building" che si affaccia su Central Park a Manhattan. 

"Hey Mr Lennon" gli disse quella mattina di dicembre del 1980. John si voltò, giusto il tempo di vedere il volto del suo assassino, e cinque colpi di pistola misero fine alla sua vita. Aveva 40 anni. Condannato a 20 anni, Chapman, uno squilibrato ossessionato dal "Giovane Holden" di Salinger ha confessato di aver ucciso John Lennon per "piantare l'ultimo chiodo nella bara degli anni Sessanta".

07/06/22

* L'incredibile "esoterismo" dei Beatles: la storia di Eleanor Rigby, che fu inventata da Paul Mc Cartney, ma esisteva davvero.*

La lapide di Eleanor Rigby nel cimitero di St Peter’s, Liverpool

 

Gli appassionati di esoterismo sanno che non esiste forse terreno più fertile in materia, delle vicende, delle canzoni, delle musiche, della epopea del quartetto di Liverpool, i Beatles.

Personalmente ogni volta che scopro una nuova "coincidenza", mi stupisco di più, anche se storie e aneddoti sono ormai infiniti.

L'ultimo della serie è la celebre canzone "Eleanor Rigby", una delle più belle, intense, drammatiche, dei Beatles, seconda traccia dell'album "Revolver", pubblicato dai Beatles il 5 agosto del 1966.

Interrogato in proposito di questa donna, al centro della storia della canzone, una persona sola, che va in chiesa e condivide la sua solitudine con quella del "father" Mc Kenzie (il prete del villaggio),
McCartney, che aveva scritto il testo, dichiarò che l'idea di chiamare il suo personaggio "Eleanor" fu probabilmente dovuta a Eleanor Bron, l'attrice che ha recitato con i Beatles nel loro film del 1965 Help!

Per mischiare le carte, Mc Cartney inventò un cognome diverso: "Rigby", prendendolo dal nome di un negozio di Bristol, Rigby & Evens Ltd.

McCartney notò il negozio mentre faceva visita alla sua ragazza dell'epoca, l'attrice Jane Asher , durante la sua corsa al Bristol Old Vic's  produzione di The Happiest Days of Your Life nel gennaio 1966.

Ha ricordato Mc Cartney in una intervista rilasciata nel 1984: "Mi piaceva solo il nome. Stavo cercando un nome che suonasse naturale."

Qualche anno più tardi, in un articolo dell'ottobre 2021 sul New Yorker, scrisse che la sua ispirazione per "Eleanor Rigby" era venuta da un'anziana signora che viveva da sola e che Paul aveva conosciuto molto bene. Andava a fare la spesa per lei e si sedeva nella sua cucina ad ascoltare storie e la sua radio a transistor . McCartney ha detto: "il solo sentire le sue storie ha arricchito la mia anima e influenzato le canzoni che avrei scritto in seguito". In quella occasione confermò anche che il nome della donna era Daisy Hawkins, un nome e un cognome che non poteva funzionare nei testi.

Di recente però, "cacciatori di tracce beatlesiane" che come si sa, sono sparsi in ogni angolo del pianeta, hanno trovato una coincidenza impressionante.

Nel piccolo cimitero della chiesa di St. Peter, a Liverpool, infatti, esiste la TOMBA DI una FAMIGLIA Rigby ed Eleanor viene citata tra coloro che vi sono sepolti (purtroppo senza le date di nascita e di morte).

La circostanza ancora più sorprendente è che la chiesa si trova in una zona molto precisa di Woolton (Liverpool), esattamente dove avvenne IL PRIMO INCONTRO tra Paul e John il 6 luglio 1957 durante una festa parrocchiale!

John si stava esibendo con il suo gruppo "The Quarrymen" nei locali della parrocchia e Mc Cartney "casualmente" si trovò lì. I due si presentarono per la prima volta alla fine di quel concerto. 

E' molto probabile insomma, che senza quell'incontro "casuale" a pochi metri di distanza dalla tomba di questa Eleanor Rigby, i Beatles non sarebbero mai neppure esistiti.

Fabrizio Falconi -2022 

The Beatles 






20/04/12

"George Harrison - Living in the material world" di Martin Scorsese - La recensione.



Ho visto ieri sera, "Living in the material World-George Harrison" il docu-film realizzato da Martin Scorsese sulla vita di George Harrison, uscito nell'ottobre scorso negli USA.

E' un'opera pregevolissima, che raccomando a tutti - non solo agli amanti dei Beatles e della musica in generale-  con l'unica avvertenza che consiglio di considerare,  e cioè che si tratta di un'opera molto lunga, della  durata complessiva di ben 3 ore e 38 minuti (sconsigliabile dunque l'ultimo spettacolo..!)

Si tratta comunque di un film splendido, tenuto in mano dalla saldissima regia di Martin Scorsese che ormai alle opere documentariste sul rock ha dedicato una parte rilevante della sua filmografia, da Woodstock (di cui curò, in modo misconosciuto il montaggio) a The Last Waltz a Shine a Light, del 2008, dedicato ai Rolling Stones. 

Splendido perché ricostruisce con materiali di archivio stupefacenti - e mai visti - gli anni d'oro del percorso creativo di Harrison insieme ai Beatles, gli anni della Swinging London, la crisi definitiva del gruppo, la carriera solista, ma soprattutto il percorso personale di ricerca interiore di quello che era certamente il più 'solitario'  e meditativo - il più attratto dal lato spirituale dell'esistenza - dei Fab Four

Lo fa, oltre che ripescando i materiali sonori e visivi dell'epoca (molti dei quali messi a disposizione dalla vedova di Harrison, concedendo molto spazio alle interviste dei testimoni, che raccontano il loro lato di George:  Paul McCartney e Ringo Starr,  Eric Clapton e George Martin, Yoko Ono e Terry Gilliam,  Phil Spector e Ravi Shankar, e via discorrendo..

Il quadro che si compone è quello di un'anima, più che una persona, che si trovò coinvolta in un fenomeno senza precedenti - quello della popolarità del quartetto di Liverpool che in meno di dieci anni riuscì a conquistare il mondo intero, cambiando per sempre la storia della musica contemporanea - e che però riuscì a non farsi sopraffare, cercando sempre di tendere a quel 'centro' , a quella ricerca intorno al senso dell'esistenza, per la quale si può dire di non essere vissuti invano. 

Un tributo colto e approfondito, umano e non distaccato, che non poteva lasciare indifferente un autore come Scorsese da sempre attratto dai temi spirituali . "Tutta la musica dell'ultimo Harrison funziona da supporto alla meditazione, come avviene nelle tradizioni orientali " ha raccontato Scorsese a Richard Schickel nel libro autobiografico "Considerazioni su me stesso e tutto il resto" uscito da poco per Bompiani. 

E dunque un vero atto 'meditativo' è anche la visione di questo film.

Fabrizio Falconi