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15/08/12

Carl Gustav Jung: folgoranti citazioni dal Liber Novus (Libro Rosso).



La lettura del Liber Novus - Libro Rosso di Carl Gustav Jung, stampato con merito anche in Italia in una pregevole e preziosa edizione da Bollati Boringhieri è fonte di continua meraviglia.  E' un libro ricchissimo in cui si trovano molte e importanti risposte a quello che spesso si cerca senza comprenderlo e senza nemmeno saperlo. Ho raccolto qui alcune di queste (illuminanti) citazioni. 

Purtroppo, come tutto ciò che è sano e durevole, la verità si tiene più sulla via di mezzo che noi a torto detestiamo. 
(C.G.Jung, Liber Novus, pag.292)

Se il pensiero porta a ciò che è inconcepibile, allora è tempo di tornare alla vita semplice. Quello che non risolve il pensiero, lo risolve invece la vita. 
(cit. pag. 293)

Con il cristianesimo non siamo arrivati alla fine semplicemente mettendolo da parte. Mi sembra che di esso resti più di quanto possiamo vedere. Abbiamo combattuto il Cristo, l'abbiamo destituito e ci siamo sentiti vincitori. Ma lui è rimasto in noi e ci ha soggiogato. Tu puoi abbandonare Cristo, ma lui non ti abbandonerà. Il tuo volerti liberare di lui è un illusione. Cristo è la Via. Tu puoi compiere certamente delle deviazioni, ma poi non sei più sulla Via. La via di Cristo finisce sulla croce. Perciò siamo crocefissi con lui in noi stessi. Insieme a lui attendiamo la nostra resurrezione fino alla morte. Con Cristo chi è in vita non sperimenta risurrezione alcuna, se non dopo la morte.
(cit. pag. 293).

Tuttavia chiunque faccia della distruzione il proprio scopo perirà per autodistruzione.
(cit. pag. 296)



Siamo una razza accecata. Viviamo solo in superficie, solo nell'oggi e pensiamo solo al domani. Trattiamo brutalmente il passato, perché non ci prendiamo cura dei morti. Vogliamo fare soltanto lavori che assicurino un successo visibile. Soprattutto vogliamo essere pagati. Non v'è dubbio che le necessità della vita ci hanno costretto a preferire frutti tangibili. Ma chi soffre di più di coloro che si sono smarriti alla superficie del mondo ?
(cit. pag.298)

Una ragnatela di parole è l'inferno per chi vi resta impigliato. Sii cauto con le parole, sceglile bene, prendi parole sicure, parole prive di appigli. Non tesserne una all'altra, affinché non ne nasca una ragnatela, perché tu saresti il primo a restarvi impigliato. La parola è quel vi è di più futile e di più potente. Nella parola confluiscono il vuoto e il pieno.
(cit. pag. 299)

A chi viene dal mare l'affaccendarsi degli uomini appare come una follia. Ma gli uomini lo guardano come se il pazzo fosse lui.
(cit. pag. 299)

La parte in te più vile è la fonte della grazia.
(cit. pag.299)

Non ti accorgi che l'Altro è anche dentro di te. Pensi invece che venga in qualche modo da fuori e ritieni di scorgerlo anche nelle opinioni e azioni del tuo prossimo che ti ripugnano. Lì lo combatti, essendo del tutto accecato. Chi invece accetta l'Altro che gli viene incontro, perché è presente anche in lui, non lotta più, ma guarda dentro di sé e tace.
(cit. pag. 297).

A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (cit. pag.308).

Ma quante cose devono accadere a un uomo prima che egli si renda conto che il successo esteriore visibile, che si può toccare con mano, è una via sbagliata ! Quali sofferenze devono colpire gli uomini prima che essi rinuncino a saziare sul prossimo la loro brama di potere e a volere che tocchi sempre all'Altro ! Quanto sangue deve ancora scorrere prima che agli uomini si aprano gli occhi per vedere la propria personale via e il proprio nemico, finché non si rendano conto di quali siano i loro veri successi ! Tu devi poter vivere con te stesso, non a spese del tuo vicino. L'animale del gregge non è il parassita di suo fratello né il suo tormentatore. O uomo hai persino dimenticato che anche tu sei un animale. Ma credi ancora che si stia meglio là dove tu non ci sei. Guai a te, se anche il tuo vicino la pensa allo stesso modo. Ma puoi essere sicuro che lo fa. Qualcuno deve pur cominciare a non esser più infantile.
(cit. pag. 310)  

Che il tuo desiderio trovi soddisfazione in te stesso. Che la tua brama ti consumi, così essa si stancherà e si acquieterà e tu farai un buon sonno e considererai un bene il sole di ogni giorno. Se invece divorerai altri e altre cose rispetto a te, la tua brama rimarrà perennemente insoddisfatta, perché essa vuole di più, vuole ciò che vi è di più prelibato, vuole te. 
(cit. pag. 310/11)

E un altro comprende ciò che fai tu ? Da dove ti viene il diritto di avere opinioni sugli altri o di agire su di loro ? Tu hai trascurato te stesso, il tuo giardino è pieno di erbacce, e tu vuoi insegnare al tuo vicino l'ordine e fargli notare i suoi difetti ! Perché hai da tacere sugli altri ? Perché ci sarebbe molto da dire sui tuoi propri demoni. 
(cit. pag. 343).

26/03/12

La morte secondo Carl Gustav Jung (Liber Novus / Libro Rosso)



La lettura del Libro Rosso di Carl Gustav Jung è come addentrarsi in una miniera ricolma di gemme.   In questa pagina, che riporto a beneficio dei lettori di questo blog, una delle più potenti meditazioni - a mio avviso - sul significato e sul mistero della morte e del morire,  e della relazione della morte e del morire con la nostra vita. 

Per vederci chiaro ci è necessario il rigore della morte. La vita vuole vivere e morire, iniziare e morire. Non sei obbligato a vivere in eterno, ma puoi anche morire, perché c'è in te la volontà per tutte e due. Vita e morte devono bilanciarsi nella tua esistenza (*).

Gli uomini odierni hanno bisogno di un'ampia porzione di morte, perché in loro vivono troppe cose ingiuste, e troppe cose giuste muoiono in loro.  Giusto è chi mantiene l'equilibrio, sbagliato ciò che lo turba.  Ma una volta che l'equilibrio sia raggiunto allora è sbagliato ciò che mantiene l'equilibrio, e giusto ciò che lo turba.  Equilibrio è vita e morte allo stesso tempo.    Per la completezza della vita ci vuole un equilibrio con la morte.  Se accetto la morte, il mio albero rinverdisce, perché il morire esalta la vita.   Quando mi sprofondo nella morte che abbraccia il mondo intero, allora sbocciano i miei germogli.   Quanto la nostra vita ha bisogno della morte ! 

Proverai la gioia delle piccole cose solo se avrai accettato la morte.  Se invece ti guardi intorno avidamente in cerca di tutto ciò che potresti ancora vivere, allora nulla sarà mai grande abbastanza per il tuo piacere, le piccole cose che costantemente ti circondano non ti daranno più gioia.  Contemplo perciò la morte, perché essa mi insegna a vivere.

Se accogli in te la morte, essa è come una notte di brina e un presagio di sgomento, ma è una notte di brina che scende su un vigneto ricolmo di dolci grappoli. Presto sarai felice della tua ricchezza.  La morte fa maturare.  C'è bisogno della morte per poter raccogliere i frutti.  Senza la morte la vita non avrebbe senso, perché ciò che dura a lungo torna a eliminarsi da solo e nega il proprio significato.  Per esistere e godere della tua esistenza ti è necessaria la morte, e questa limitazione ti consente di portare a compimento la tua esistenza. 

(*)  nel manoscritto posteriore Jung prosegue questa frase così: "L'arte del vivere ciò che è giusto e lasciar morire ciò che è ingiusto."  Nel 1933 scrive: "La vita è un fluire di energia. Ma ogni processo energetico è irreversibile per principio e quindi diretto in modo univoco verso una meta: e tale meta è uno stato di riposo (...)  Nella seconda metà dell'esistenza rimane vive soltanto chi, con la vita, vuole morire.  Perché ciò che accade nell'ora segreta del mezzogiorno della vita è l'inversione della parabola, è la nascita della morte (...) "Non voler vivere" e "non voler morire" sono la stessa cosa.  Divenire e passare appartengono alla stessa curva"  (Anima e Morte, 1934, pp. 436-37)


Liber Novus/Libro Rosso, Bollati Boringhieri, 2009, pag. 274.