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14/12/17

La gestazione di "Cent'anni di Solitudine" e molto altro: è On line l'archivio di Gabriel Garcia Marquez.




Sorprese e misteri svelati in 27 mila pagine di carte. L'universita' del Texas, che lo aveva acquistato tre anni fa per 2,2 milioni di dollari, ha messo online l'archivio di Gabriel Garcia Marquez. 

Lettere, manoscritti annotati in 50 anni di lavoro, fotografie, appunti, taccuini, sceneggiature, la collezione intera dei passaporti dell'autore di "Cento Anni di Solitudine" erano entrati nelle collezioni del Centro Harry Ransom tra mille polemiche, prima tra tutte il fatto che l'eredita' letteraria dello scrittore latino americani piu famoso - uno dei piu' feroci critici dell'imperialismo nord-americano - fosse finita per sempre negli Stati Uniti. 

Emerge solo adesso il senso dell'operazione: l'ateneo texano, che già conserva le carte di James Joyce, Ernest Hemingway, William Faulkner e Jorge Luis Borges, ha scannerizzato una buona meta' dell'archivio mettendo le immagini digitali della creativita' di Garcia Marquez a disposizione gratuita di chiunque nel mondo abbia un computer e una connessione web

Mancano, tra le carte digitalizzate, le dieci bozze dell'ultimo romanzo incompiuto, "Ci rivedremo in agosto", il cui primo capitolo fu pubblicato nel 2014, poco dopo la morte dello scrittore a 87 anni, dalla rivista spagnola Vanguardia, ma di cui gli eredi hanno rifiutato l'ulteriore andata in stampa: per consultarle bisognera' recarsi in Texas. 

Disponibili invece la registrazione audio della conferenza di accettazione del Nobel del 1982 e una serie di lettere che sfatano miti coltivati dallo stesso scrittore. 

Come quello, ad esempio, che per scrivere "Cento anni di solitudine", "Gabo" entro' in una sorta di trance, "non alzandosi, come disse lui stesso, dalla sedia per 18 mesi". 

La realta' dell'archivio dimostra che Garcia Marquez compose la saga della famiglia Buendia mandando in giro capitoli e pubblicandone estratti e aggiornando poi il testo a seconda delle reazioni: un po' come faceva Charles Dickens

E come altri scrittori famosi, in pubblico anche Garcia Marquez affermava di non curarsi troppo delle critiche. Gli archivi contengono invece una serie di taccuini che raccolgono meticolosamente, e in alcuni casi reagiscono, alle recensioni del suo lavoro in molte lingue diverse. 

 L'archivio e' stato venduto dagli eredi dello scrittore: comprende anche due macchine da scrivere Smith Corona e cinque computer Apple. Inclusi nel fondo Garcia Marquez, che non teneva copie delle sue, sono anche 2.000 lettere ricevute da grandi firme come Graham Greene, Milan Kundera, Gunter Grass, Julio Cortazar e Carlos Fuentes. Poco dei rapporti con Fidel Castro e altri leader politici: "Mio padre - aveva spiegato all'epoca della vendita il figlio Rodrigo Garcia - preferiva condurre questi affari a voce: di persona o per telefono".

Fonte: Alessandra Baldini per ANSA

14/02/17

Il Nobel Vargas Llosa contro Trump : "gli ispanici reagiscano agli insulti".



Il premio Nobel per la letteratura, Mario Vargas Llosa, ha invitato oggi il mondo ispanico a solidarizzare con i latini degli Stati Uniti e di paesi come il Messico "insultati" dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. 

"Noi, tutte le comunità di lingua spagnola, dovremmo mobilitarci in solidarietà non solo con loro (latinos), ma anche con i paesi che sono chiaramente insultati dal nuovo presidente degli Stati Uniti, come il Messico", ha spiegato lo scrittore peruviano ai giornalisti a Madrid. 

Secondo Vargas Llosa, la comunità ispanica negli Stati Uniti è in una "situazione difficile" dal giorno dell'insediamento di Trump alla Casa bianca, il 20 gennaio

Ma la stessa lingua spagnola è in "pericolo" negli Stati Uniti, "dove ha radici profonde e dove almeno una cinquantina di milioni di lingua spagnola non vogliono rinunciare al loro idioma, adottando l'inglese", ha sottolineato lo scrittore, che in passato aveva già qualificato Trump come un "clown" e un "demagogo".

fonte askanews - afp


10/06/14

"L'ultima volta" - Memoria del fuoco di Eduardo Galeano.




Dal meraviglioso Memoria del fuoco, scritto nel 1989 da Eduardo Galeano, un libro misterioso e vivo che parla dopo tanti anni. 


L'ultima volta


L'alba apre uno squarcio ondeggiante nella nebbia scura e separa la terra dal cielo.

Inés, che non ha dormito, si stacca dalle braccia di Valdivia e si appoggia su un gomito. E' tutta impregnata di lui e sente ferocemente vivo ogni angolino del suo corpo; si guarda una mano alla prima luce caliginosa; le sue stesse dita, brucianti, la spaventano.  Cerca il pugnale. Lo alza. Valdivia dorme russando. Il pugnale vacilla nell'aria, sul corpo nudo.

Passano secoli.

Alla fine Inés conficca dolcemente il pugnale nel cuscino, vicino alla faccia di lui, e si allontana, in punta di piedi sul pavimento di terra, lasciando il letto tutto vuoto di donna.


Eduardo Galeano 


Eduardo Galeano, da Memoria del fuoco, Sansoni editore, 1989, traduzione di Maria Antonietta Peccianti, pag. 144.

27/12/13

Guardarsi allo specchio (Clarice Lispector)





Guardarsi allo specchio e dirsi meravigliata: come sono misteriosa. Sono così delicata e forte. E la curva delle labbra ha serbato l'innocenza. Non c'è uomo o donna che non si sia guardato per caso allo specchio senza rimanerne sorpreso. Per una frazione di secondo ci vediamo come un oggetto che è guardato. Ciò che si chiamerebbe forse narcisismo, ma io lo chiamo: gioia di essere. Gioia di trovare nella figura esterna le eco della figura interiore: ah, allora è vero che non mi sono immaginata, io esisto.




Clarice Lispector, La scoperta del mondo, Ediz. La Tartaruga, p.15.



24/04/12

Gabriel Garcia Marquez presenta "Cent'anni di Solitudine" in indio.



E' stato lo stesso Gabriel GarciaMarquez, a 85 anni appena compiuti, a scrivere un prologo per l'edizione del suo libro piu' famoso, 'Cent'anni di solitudine', in lingua indigena colombiana.

Il quotidiano El Heraldo di Barranquilla ha pubblicato oggi alcuni brani del testo scritto dal premio Nobel colombiano come introduzione all'edizione in lingua Wayuunaiki, tradotto dagli stessi indios Wayuu, un'etnia che vive in una sierra montuosa all'estremo nord della Colombia, nella provincia di La Guajira.

Nel celeberrimo libro, che lancio' il cosiddetto ''realismo fantastico'' sudamericano, appaiono due personaggi dell'etnia Wayuu, Visitacion e Cataure, che portano la peste dell'insonnia. 

''Vedendo il testo dell'esemplare di Cent'anni di solitudine tradotto in lingua Wayuu, mi sono sentito come il Grande Parolaio, capace di esprimere la forza di questa razza di uomini caldi e sempre impetuosi - scrive 'Gabo' - Il ricordo costante della provincia di La Guajira mi riporta allo sguardo dei miei nonni, di mia madre, dei miei fratelli, degli zii e dei cugini, pieno dei ricordi di questa terra e di questi popoli ribelli, che ha nutrito la mia anima di viaggiatore indomito''.

fonte ANSA

02/09/11

Intervista a Manuel Puig - di F.Falconi.



Questa mia intervista al grande Manuel Puig (General Villegas, 28 dicembre 1932 - Cuernavaca 22 luglio 1990) è stata realizzata a Rio de Janeiro nell'aprile del 1989. 

Abita nell’elegante quartiere di Leblon, fuori dalla spaventosa ridda di traffico, rumore e miseria della Rio de Janeiro popolare, Manuel Puig, lo scrittore argentino esiliato dal suo paese nel 1973 come conseguenza del sequestro di “Fattaccio a Buenos Aires”, un suo romanzo poco gradito ai generali.
Da allora Manuel Puig ha “abitato il mondo”, trascorrendo lunghi periodi in diversi paesi. Un suo romanzo, “Il bacio della Donna ragno”, portato sullo schermo in una fortunata riduzione, gli ha dato notorietà internazionale, consacrandolo una delle punte di diamante della letteratura sudamericana. Il suo ultimo libro, “Scende la notte tropicale”, edito in Italia da Mondadori,  (e ripubblicato recentemente da Sellerio ndr) è stato stampato in tutto il mondo e salutato con favore dalla critica internazionale.

Manuel Puig, il suo ultimo romanzo ha per protagonista due sorelle ultraottantenni di origine argentina che abitano a Rio de Janeiro e che si trovano coinvolte nelle vicende vissute e raccontate dalla loro vicina di casa quarantenne. Come è nato lo spunto del libro ? Perché ha scelto il tema della vecchiaia ?
- Osservando la mia famiglia. I miei genitori sono diventati vecchissimi e la loro vecchiaia ha per me qualcosa di “epico”.Si tratta di persone che come molte della loro generazione, hanno radicata una mentalità precisa, fatta di sacrificio, di lotta, di piccolo risparmio, di duro lavoro.  Sono per lo più emigranti che hanno molto faticato nella vita e che oggi devono adattarsi alla brutale realtà del continente sudamericano. L’iperinflazione ha tolto ogni significato alla parola risparmio. I loro nipoti parlano espressamente di sesso e droga, il loro mondo era troppo diverso da questo.  Io ho portato i miei genitori qui in Brasile con me e loro sono riusciti ad entrare in contatto col popolo brasiliano e questo è molto positivo. Per questi vecchi il bisogno più urgente è quello di dare affetto, non tanto di riceverne. Così per loro la cosa più importante è trovare l’oggetto di questo affetto.  E questa è proprio la storia del romanzo.

Quindi per le due sorelle, Nadia e Lucy l’oggetto d’amore è proprio Silvia, la vicina di casa.
- Certo. Ma io pensavo a Silvia come alla vera protagonista del romanzo. Poi mi sono accorto che per tutti quelli che l’hanno letto, le protagoniste sono diventate Nadia e Lucy. Capita sempre qualcosa di strano dopo aver finito un libro. C’è un triangolo tra l’autore, i personaggi e il lettore, e non sempre le cose vanno come l’autore ha previsto. Io poi cerco sempre di non “chiudere” i miei personaggi. Mi piace accennare agli spazi oscuri intorno ad ogni personaggio.

In “Scende la notte tropicale” ritornano le due città importanti della sua vita, Buenos Aires e Rio de Janeiro.
- Sì, sono due città diversissime, opposte. Buenos Aires è lavoro, risparmio, pensare al domani. E poi anche il clima, c’è qualcosa di molto europeo… A Rio de Janeiro invece è tutta natura, sole, godersi il momento. A me ha fatto molto bene venire qui.

Ma le è rimasta nostalgia per l’Argentina ?
- Io ho nostalgia per tutti i posti dove ho vissuto, una strana forma di nostalgia, legata anche all’epoca: così ho nostalgia per la Buenos Aires degli anni ’50, per la Roma dei ’60, per la New York del 1964, per la Londra del ’58. Ho nostalgia di questi posti perché non esistono più.  Negli ultimi venti anni tutto è cambiato. Così la Roma di oggi non è certamente quella che io percorrevo sui filobus degli anni ’60. Per quanto riguarda l’Argentina poi, i tempi sono davvero inquietanti. Sembra proprio che la storia certe volte non insegni niente. Quando tornò Peròn nel 1973 potevano esistere ancora dubbi, incertezze. Ma oggi questo ritorno del peronismo è davvero inaccettabile. Menem è uno che parla bene di Stroessner, il dittatore che ha dato al Paraguay 40 anni di oppressione e miseria.

Torniamo ai libri. Il successo della “donna ragno” è andato oltre ogni previsione. Le pesa ?
- No davvero. Anzi, sono grato al film che ne è stato tratto perché mi ha dato molta notorietà. Certo è chiaro che il film era qualcosa di completamente diverso rispetto al libro, ma credo che sia dignitoso, sono soddisfatto di come è stato realizzato, anche se il Molina di William Hurt non era il ‘mio’ Molina ma per fortuna il libro rimane: chi vuole sapere il mio punto di vista su Molina, può leggere il libro. Adesso negli Stati Uniti vogliono realizzare un musical dal romanzo e credo che si farà.

A proposito di cinema, mi sembra che oltre ad essere oggetto di un interesse letterario, stia diventando per lei quasi una seconda attività.
- Beh non è proprio così, anche se effettivamente collaboro spesso alla realizzazione di film. Mi piace collaborare nel cinema, anche se in questo caso si è veramente comprimari: il film è soltanto del regista. Chi scrive è solo colui che viene all’inizio, e questo è il brutto. Io invidio il musicista, che arriva alla fine del film..

Che cosa risponde a chi l’accusa di essere un semplice “registratore” della realtà ? Mi sembra che questa sia la principale accusa che la critica muove nei confronti del suo stile letterario..
- Credo sia un’accusa ridicola. Io uso il linguaggio quotidiano come un codice. Il materiale che raccolgo nell’esperienza quotidiana viene sempre rielaborato. Le voci sono soltanto un codice di linguaggio che viene sviluppato in senso letterario.

Lei trascorse un lungo periodo di tempo nel nostro paese. Nei suoi futuri progetti c’è anche l’Italia ?
- Lo spero davvero. Purtroppo sono ora nella fase nella quale si discute molto di futuri progetti. E’ una fase che non mi piace questa delle chiacchiere.  Alla fine, di dieci progetti se ne realizza uno, se va bene. Una cosa a cui tengo molto è un film con Milena Canonero, la costumista premio Oscar per “Amadeus”, che esordisce nella regia e ha anche chiesto la mia collaborazione.  Ma anche in Italia ci sono progetti interessanti: c’è un film con Davide Rampello, poi so che Mattolini, che ha già fatto a Milano “Mistero del mazzo di rose”, vuole realizzare il musical che ho scritto su Gardel, il grande cantante argentino degli anni ’30. Sono sempre molto legato al vostro paese. D’altronde, qualcosa di italiano c’è anche nel mio sangue. Mio padre era figlio di immigrati spagnoli, ma i genitori di mia madre erano di Piacenza.

Fabrizio Falconi, “Due Epici vecchi nella notte tropicale”, intervista a Manuel Puig, Paese Sera 3 giugno 1989.