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26/10/15

'Le correzioni' di Jonathan Franzen (Recensione).



E' sempre difficile recensire un libro che ha avuto così grande successo. Come è capitato a Le Correzioni (The Corrections, 2002), con il quale Jonathan Franzen ha vinto il National Book Award e che gli ha assicurato la notorietà internazionale. 

Il romanzo è stato pubblicato in Italia da Einaudi nell'ottima traduzione di Silvia Pareschi (ma con una copertina incredibilmente fuorviante: l'infanzia in questo libro non ha alcuna rilevanza, gli unici personaggi bambini, i figli di Gary, non entrano mai a pieno titolo nella narrazione).

Si tratta di un romanzo compiuto e felice, sebbene di contenuto molto duro e lucido.  Franzen affronta il preferito tema della famiglia (tornerà anche nel romanzo seguente, Libertà) e della sua apparente disgregazione e inaspettata sopravvivenza. 

La famiglia di Franzen è composta da due anziani genitori, la materna e fragile Enid e il roccioso Alfred, alle prese con l'avanzamento letale del Parkinson e con il disfacimento fisico e psichico. 

I tre figli della coppia sono - nell'ordine in cui il romanzo ce li presenta, in parti apparentemente distinte - Chip, insegnante licenziato e sceneggiatore fallito, il più irregolare dei tre, sempre attratto dalle donne e da una improbabile affermazione personale; Gary, il più regolare, sposato con la bella Caroline e padre di tre figli;  e Denise l'unica femmina, provetta cuoca e dilaniata dal una sessualità confusa (divisa tra l'attrazione per gli uomini e per le donne). 

Come sempre in Franzen, l'architettura del romanzo è prodigiosa.  In parti solo formalmente separate, si intrecciano le storie reciproche dei figli e dei genitori, con continui flash back e flash forward che danno al racconto una incontenibile forza fluida. 

Franzen ha il pregio di non assumersi mai il ruolo di giudice morale di quanto racconta.  Le sue considerazioni di narratore sono lievi, ironiche e non entrano mai nel merito dei destini individuali. 

L'orizzonte è confuso. Quel che resta della famiglia americana (e occidentale) è un grumo di sentimenti contrastanti: odio feroce, irrequietezza e forza del vincolo, che prevale o sembra prevalere su ogni istanza individuale dei protagonisti. 

Con la pazienza di un entomologo, Franzen dispone il catalogo delle personalità - e delle ferite che stanno alla base di queste - e risale al vizio ante-litteram del matrimonio generante (quello tra Enid e Alfred) fondato su un gigantesco equivoco: Enid ama il corpo di Alfred e vorrebbe essere riamata per quello che è; ma Alfred è un ostinato, che continua a ripetere il suo no alla vita, fino all'ultimo istante.

Questo no di Alfred pesa come un macigno anche sulle cronistorie dei figli, sui loro destini irrisolti. Anche e specie in quello di Gary, che sembra quello meglio sistemato e che invece è il più frustrato di tutti (e il più insopportabile nella sua presunzione di sapere sempre cosa è meglio e di poter dare ordini agli altri). 

Franzen racconta questi personaggi con enorme com-passione. Indugia a volte troppo, si esercita qui e là nell'auto-compiacimento di chi sa di disporre di tutti i mezzi narrativi. Ma in fondo non bara mai. E' cosciente e responsabile, lascia i personaggi agire, li osserva li perdona e li ama, come avveniva nella lezione del più grande dei narratori, Tolstoj. 

Il grande piacere della lettura - pur nel livello quasi straziante delle disperazioni personali - è forse dovuto proprio a questo. E non decade mai, fino al punto finale (che spetta, come sempre, alla morte). 

Fabrizio Falconi 
(C) - 2015 riproduzione riservata.


26/09/15

"Libertà" di Jonathan Franzen, il grande romanzo americano (Recensione).



Ho nutrito per anni un pregiudizio nei confronti di Jonathan Franzen.

Troppo successo, troppo rumore, troppo fenomeno. In genere diffido a priori.  Ci sono arrivato quindi dopo parecchio tempo e a partire da questo Libertà, il suo quarto romanzo, pubblicato nel 2011, a dieci anni di distanza da Le Correzioni, che nel 2001 avevano dato a Franzen il National Book Award e la notorietà internazionale. 

Ma già dopo poche pagine, ho dovuto ricredermi. 

Libertà è un grande romanzo. 

Anzi, devo dire, dopo molti molti anni, ho ritrovato l'impressione di leggere un Grande Romanzo Americano (Great American Novel), l'ambizione più o meno segreta di ogni romanziere nordamericano, che prima o poi incappa nella velleità di scrivere un ampio romanzo capace di racchiudere e sostenere lo spirito contemporaneo americano. 

In effetti forse è da Le avventure di Augie March, di Saul Bellow (1953), che non riscontravo da lettore un esito così ben riuscito. 

Soltanto che quello è un romanzo di formazione classico, mentre questo è un romanzo intessuto sulla storia di un matrimonio. 

Patty e Walter Berglund sono «i giovani pionieri di Ramsey Hill», nella cittadina di St. Paul, Minnesota. Vivono in una casa vittoriana che hanno acquistato per pochi soldi e impiegato dieci anni per ristruttura. Hanno due figli ventenni, Jessica e Joey; sono moderni e liberali, democratici e ecologisti.

Agli occhi dei vicini di casa, Patty e Walter sono una coppia solida.  Come molte coppie, invece nascondono vuoti e frustrazioni

La costruzione del romanzo è perfetta; perfetta la sua struttura.  Nelle prime 250 pagine - un capolavoro di equilibrio - Franzen affida la biografia di Patty alla stessa voce della protagonista.  Così apprendiamo i dubbi e le ferite di questa donna come tante, forte e debole allo stesso momento, del suo matrimonio sbagliato, delle circostanze fuorvianti che ve l'hanno condotta, la passione segreta per il miglior amico del marito - la rockstar pragmatica e impenitente Richard Katz - cui viene data libera espressione nel momento più delicato della vicenda. 

Nelle parti successive -  dedicate a Joey (il figlio viziato e intraprendente della coppia, il suo strambo matrimonio con la vicina di casa Connie, la passione per la bella e viziata Jenna) e a Walter (la sua dedizione alla causa ecologista per la salvaguardia di un piccolo uccello migratore, la sua passione per Lalitha, una giovane assistente indiana innamorata di lui) la vicenda si compone con le diverse voci e i diversi tempi di un quartetto d'archi ben assemblato. Ciascuna voce passa la voce alla successiva. E le trame non si confondono, ma formano un tessuto dal disegno lucido e preciso. 

Vargas LLosa diceva recentemente che due sono essenzialmente i presupposti per scrivere un grande romanzo: la scelta della voce narrante (chi è che parla al lettore) e la scelta dei tempi, del tempo dell'azione. 

Franzen vince entrambe le sfide: sceglie una voce polifonica, ovvero composta di diverse voci, assoggettate al progetto comune; sceglie un presente e un 'a ritroso' che dialogano per tutto il corposo romanzo, lasciando ganci aperti alla fine delle parti, suscitando il coinvolgimento sempre diretto del lettore. 

La felicità del racconto è strutturalmente legata al fine che si persegue: quello di una lunga meditazione sul matrimonio, sulla relazione sentimentale, e sulla libertà individuale.  

Tutti i personaggi di Libertà sono alle prese con la ricerca affannosa di una libertà individuale, e devono fare i conti  con gli impedimenti e gli intralci che si sono autoimposti con i loro errori. 

L'imponderabile scivola nelle vite già fortemente compromesse dalla catena delle ferite/risposte, dalle incapacità individuali, dalla confusione di una apparente e sostanziale mancanza di senso generale. 

L'ipocrisia, il dolore, la trasandatezza, l'insano masochismo, la voglia di sfidare i propri limiti, l'intemperanza, l'impazienza. la paura, la sofferenza, la gioia improvvisa, la sproporzione tra i demeriti e i meriti, la passione vissuta come via di fuga: questi sono i veri protagonisti di Libertà

Specchio antropologico e simbolico della civiltà americana, arrivata ad un punto dove ogni desiderio individuale sembrerebbe esaudito o a portata di mano, tranne quello della felicità personale, che passa per forza di cose attraverso la consapevolezza (un conto eternamente rinviato, fino all'inevitabile). 

La scrittura di Franzen è limpida e circolare, come nella più classica delle lezioni tolstojane. i dialoghi sono sempre all'altezza, le trovate mai fini a se stesse. Il dolore è autentico, il disorientamento anche.  

Nelle vite di Patty e Walter è lecito sbirciare, entrare, lasciarsi perfino trascinare. Essendo difficile alla fine restare alla pura distanza dell'oggettivo punto di vista del lettore, visto che tutto questo ci riguarda da vicino, più di quanto forse vorremmo. 

Jonathan Franzen, Libertà, Einaudi 2014 Super ET pp. 656 € 14,00 Traduzione di Silvia Pareschi

Fabrizio Falconi (C) - riproduzione riservata


22/09/15

Il matrimonio di Jonathan Franzen: vita e ispirazione.




tratto da Repubblica online, 30 ottobre 2012.

Jonathan Franzen, Farther Away, 2012.

Vorrei dedicarmi al concetto di diventare la persona giusta per scrivere il libro che volete scrivere. 

Riconosco che parlando del mio lavoro,e raccontando la storia del mio passaggio dal fallimento al successo, corro il rischio di sembrare immodesto o innamorato di me stesso. Non è poi così strano o deprecabile che un scrittore vada fiero della sua opera migliore e passi molto tempo a esaminare la sua vita. Ma deve anche parlarne? 

In passato avrei risposto di no, e il fatto che ora risponda di sì potrebbe anche rivelare qualcosa di negativo sul mio carattere. 

Ma intendo comunque parlare delle Correzioni, e descrivere alcune delle lotte che ho affrontato per diventarne l' autore

Faccio notare in anticipo che buona parte di quelle lotte hanno riguardato - come credo accadrà sempre agli scrittori profondamente impegnati nel problema del romanzo- il superamento della vergogna, del senso di colpa e della depressione

Faccio anche notare che il semplice fatto di parlarne rinnoverà la mia vergogna

La prima cosa che dovetti fare all' inizio degli anni Novanta fu uscire dal mio matrimonio

Infrangere la promessa e il legame emotivo non è facile quasi per nessuno, e nel mio caso era ulteriormente complicato dal fatto di aver sposato una scrittrice. Mi rendevo vagamente conto che eravamo troppo giovani e inesperti per votarci a una monogamia perpetua, ma le mie ambizioni letterarie e il mio idealismo romantico ebbero la meglio.

Ci sposammo nell' autunno del 1982, quando avevo appena compiuto ventitré anni, e cominciammo a lavorare insieme, in squadra, per produrre capolavori letterari. Avevamo progettato di lavorare fianco a fianco per tutta la vita.

 Non ritenevamo necessario avere un progetto di riserva, perché mia moglie era una newyorkese sofisticata e piena di talento che sembrava destinata al successo, probabilmente molto prima di me,e io sapevo che sarei sempre riuscito a cavarmela.

E così ci mettemmo entrambi a scrivere romanzi, e restammo entrambi sorpresi e delusi quando mia moglie non riuscì a vendere il suo. 

Quando io vendetti il mio, nell' autunno del 1987, mi sentii emozionato ma anche molto, molto in colpa.