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28/05/18

Torna in libreria "Il fascismo eterno" di Umberto Eco un profetico breve saggio.



La Nave di Teseo rimanda in libreria in questi giorni il profetico testo scritto da Umberto Eco nel 1997 e pubblicato in origine da Bompiani nei "Cinque scritti morali"IL FASCISMO ETERNO. 
Un testo che se letto oggi, sorprende e scuote.  Riporto qui soltanto un passaggio, quello del punto 13 (delle cause da cui si riconosce il Fascismo eterno, cioè il ritorno non dell'ideologia ma di quello che Eco chiama dispotismo o fanatismo:

IL FASCISMO ETERNO

13. L'Ur-Fascismo si basa su un "populismo qualitativo" : In una democrazia i cittadini godono di diritti individuali, ma l'insieme dei cittadini è dotato di un impatto politico solo dal punto di vista quantitativo (si seguono le decisioni della maggioranza). Per l'UrFascismo gli individui in quanto individui non hanno diritti, e il "popolo" è concepito come una qualità, un'entità monolitica che esprime la "volontà comune"

Dal momento che nessuna quantità di esseri umani può possedere una volontà comune, il leader pretende di essere il loro interprete. Avendo perduto il loro potere di delega, i cittadini non agiscono, sono solo chiamati pars pro toto, a giocare il ruolo del popolo. Il popolo è così solo una finzione teatrale. 

Per avere un buon esempio di populismo qualitativo, non abbiamo più bisogno di Piazza Venezia o dello stadio di Norimberga. Nel nostro futuro si profila un populismo qualitativo Tv o Internet, in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentata e accettata come la "voce del popolo"

A ragione del suo populismo qualitativo, l'Ur-Fascismo deve opporsi ai `putridi" governi parlamentari. Una delle prime frasi pronunciate da Mussolini nel parlamento italiano fu: "Avrei potuto trasformare quest'aula sorda e grigia in un bivacco per i miei manipoli." 

Di fatto, trovò immediatamente un alloggio migliore per i suoi manipoli, ma poco dopo liquidò il parlamento. Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimità del parlamento perché non rappresenta più la "voce del popolo", possiamo sentire l'odore di Ur-Fascismo. 

29/01/18

Il Libro del Giorno: "L'arcipelago della nuova vita" di Andrei Makine.



Andrei Makine, lo straordinario scrittore russo trapiantato da molti anni a Parigi (scrive in francese), cambia editore italiano e il suo nuovo romanzo - dopo la lunga permanenza con Einaudi - esce da La Nave di Teseo, tradotto da Vincenzo Vega. 

Per chi conosce l'opera di Makine - Prix Goncourt e Prix Médicis nel 1995 per Il testamento francese - questo L'arcipelago della nuova vita rappresenta una svolta, non tanto nei temi - anche questo, come gli altri romanzi di Makine - racconta  la vita negli anni della Russia sovietica, dallo stalinismo alla perestrojka, quanto nella scelta stilistica. 

Al contrario dei romanzi precedenti, infatti, lo stile è meno sognante e meno frammentato in pagine colme di riferimenti simbolici e di atmosfere poetiche dilatate o concentrate nel breve svolgere di poche struggenti frasi;  qui la trama si dipana in modo molto più classico, in una dimensione uni-direzionale, in una sorta di western siberiano, attraverso il lungo racconto di cinque soldati impegnati nell'inseguimento - nelle terre immense agli estremi confini orientali della Russia, ai confini del Pacifico - di un misterioso fuggitivo, evaso da un campo di prigionia. 

In realtà questo lungo racconto è offerto attraverso l'espediente conradiano di un doppio registro: Pavel, il protagonista dell'inseguimento racconta tutta la storia ad un ragazzo appena arrivato a Tugur, la città dell'estremo oriente siberiano per occuparsi di geodesia. Incontrato quel misterioso cacciatore - Pavel - che sembra vivere come un eremita nella immensa taiga, si fa raccontare la sua storia. 

Il ragazzo viene così a conoscenza di quei terribili anni della Guerra Fredda, degli esperimenti nucleari sovietici, dei campi di prigionia, della estrema crudeltà con la quale i cinque soldati, accompagnati da un cane, danno la caccia all'evaso, fino ad esserne  - uno ad uno eliminati - : tutti tranne Pavel. 

Molti anni più tardi, il ragazzo divenuto adulto tornerà in quella landa desolata, sperduta, immersa nel ghiaccio eterno, per ritrovare le tracce di Pavel e conoscere così la seconda parte della storia. 

E' suprema la bravura con cui Makine riesce a scolpire i caratteri dei quattro compagni di Pavel, delle loro meschinità, crudeltà, messe alla prova dalle condizioni ambientali estreme in cui devono giocarsi una partita così difficile, con un fuggitivo che appare e scompare come un fantasma. 

Ancora una volta Makine va alla radice dei nodi del cuore umano, di tutti i suoi infingimenti, delle sue penose autoassoluzioni, delle sue piccole e grandi tragedie.  L'essere uomo è di tutte le qualità degli umani, la più difficile: sembra suggerirci. 

In una soluzione ancora più radicale del solito, sembra qui, l'unica possibilità, quella di spingersi oltre, fuori; la soluzione di isolarsi dagli uomini. Di continuare a fare il proprio lontano dalla confusione, dalla massa e dalla pazzia. 

Pavel è una specie di santo peccatore ed eremita. Che forse soltanto la grande cattedrale della Taiga, l'immane silenzio, la purezza del ghiaccio e del freddo, riescono a far tornare pienamente e del tutto umano. 

Fabrizio Falconi