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02/09/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 37. "Barton Fink" di Joel e Ethan Coen (1991)



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 37. "Barton Fink" di Joel e Ethan Coen (1991)

Anche se è sempre molto difficile nella filmografia dei fratelli Coen un solo film, vista la qualità altissima di molte loro opere, scelgo il primo capolavoro realizzato, Barton Fink, il cui titolo fu come al solito, in Italia, deturpato dall'aggiunta di un sottotitolo assurdo e inutile: È successo a Hollywood.

Lo scelgo perché da molti punti di vista rappresenta comunque la summa dell'idea di cinema dei due geniali registi statunitensi. 

Il film è ambientato nel 1941 e racconta le vicende di Barton Fink, scrittore e drammaturgo newyorkese di origine ebraica, reduce da uno strepitoso successo di critica e pubblico a Broadway grazie ad una pièce sulla gente comune, che in seguito a questo, viene chiamato ad Hollywood da una major per lavorare alla sceneggiatura di un film sul wrestling, lontano cioè anni luce dai suoi interessi.

Giunto a Los Angeles, Barton prende una camera all'hotel Earle, un buio e polveroso albergo i cui unici residenti visibili sono il portinaio Chet, l'anziano addetto all'ascensore e Charlie Meadows, un bonario agente assicurativo, suo vicino di stanza, che subito instaura un buon rapporto con Fink.

Barton, messosi al lavoro nella sua stanza con due finestre vista muro, tappezzeria scollata ed un piccolo quadro raffigurante una ragazza che guarda una spiaggia, incappa nel classico "blocco dello scrittore" e per risolverlo si rivolge al romanziere/sceneggiatore J.P. Mayhew e alla sua segretaria/amante Audrey, colei che da tempo si occupa di scrivere le sceneggiature di Mayhew ormai alcolizzato e incapace di produrre.

Al risveglio dopo una notte d'amore Barton trova al suo fianco il cadavere di Audrey e le sue urla richiamano il vicino Charlie che decide di aiutare Barton preoccupandosi di occultare il cadavere. 

Charlie poi parte per New York lasciando a Barton un pacco e promettendo di fare visita ai suoi genitori, ma poco dopo all'hotel giungono due poliziotti, i detective Mastrionotti e Deutsch, che spiegano a Barton che Charlie in realtà è un pericoloso serial killer il cui vero nome è Karl Mundt.

Travolto dalla scoperta, Barton ritrova l'ispirazione e scrive rapidamente un soggetto, che però viene rifiutato dal produttore.

Tornato all'albergo Barton ritrova i due poliziotti che vogliono arrestarlo ma in quel momento scoppia un incendio e ritorna Charlie che uccide i due poliziotti e, mentre Barton fugge, rimane nell'hotel in fiamme.

Barton si ritrova sulla spiaggia, dove incontra una ragazza, del tutto uguale a quella raffigurata nel quadro della sua stanza. 

Sotto le mentite spoglie di un noir, anzi di un hard-boiled, di genere, Barton Fink è invece una poderosa meditazione sul potere dell'arte, sul rapporto sempre in bilico tra realtà e finzione, sulla creatività e l'amore, sul potere che corrompe, sull'amicizia che non salva, sulla deriva dei valori umani nella società americana. Tutti temi che si ritroveranno abbondantemente nei film successivi dei fratelli americani.

Barton Fink, con questo film trionfò a Cannes dove vinse la Palma d'oro come miglior film al Festival di Cannes 1991. 

Fabrizio Falconi

Barton Fink
di Ethan e Joel Coen
Usa, 1991
durata 114 minuti
con Michael Lerner, John Turturro, John Goodman, Judy Davis, John Mahoney, Tony Shalhoub



06/01/16

"Il ponte delle spie" di Steven Spielberg (RECENSIONE).



Non è solo una 'operazione nostalgia', questo nuovo film di Steven Spielberg.

Il ponte delle spie (Bridge of Spies), con protagonista Tom Hanks, narra la crisi degli U-2 tra Stati Uniti d'America e Unione Sovietica durante la guerra fredda, quando Francis Gary Powers, pilota di un aereo-spia Lockheed U-2, fu abbattuto, catturato e condannato dai sovietici

Un avvocato statunitense abitante a New York (nel quartiere di Brooklyn), di nome James Donovan, si ritrova al centro della guerra fredda quando la CIA gli incarica di negoziare il rilascio di Powers, scambiandolo con la spia comunista catturata a New York di nome Rudolf Abel. 

Lo scambio avviene sul Ponte di Glienicke detto il "Ponte delle Spie", tra Berlino Ovest e Berlino Est. 

Donovan riesce anche nell'impresa di far liberare dalle autorità berlinesi della Repubblica Democratica Tedesca, al Checkpoint Charlie, anche uno studente statunitense di economia Frederic Pryor, arrestato dalla Volkspolizei, la polizia della Germania Democratica.

Il film si fa apprezzare oltre che per il solito solidissimo impianto dei film di Spielberg, anche e soprattutto per lo straordinario attore inglese, Mark Rylance, che interpreta il ruolo della spia russa, Rudolf Abel. 

Del tutto sconosciuto in Italia, Rylance è un attore di teatro,  vincitore di tre Tony Awards, grande interprete shakespeariano, dalle capacità espressive semplicemente mostruose.

Rylance fornisce una grande prova proprio perché - come insegnava Stanislavskij - la recitazione "in sottrazione" è la più difficile, molto molto più difficile di una recitazione istrionica. Rylance doveva mettere in scena l'impassibilità, l'apparente imperturbabilità di un personaggio controllatissimo, spia, ma sotto certi aspetti quasi un puro di cuore. Dunque tutto quello che può fare è lavorare su minime sfumature, tic, espressioni e variazioni dello sguardo: ed è incredibile come riesca a farlo, rendendo pienamente l'anima del personaggio.

La sceneggiatura del film è firmata da Joel ed Ethan Coen. Un'altra garanzia per un film che merita di essere visto, e rinnova la grandezza puramente cinematografica di Steven Spielberg.