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07/11/12

Intervista a Jean D'Ormesson - "Sono un agnostico tentato di credere."



Celebra le donne e la Ragione, il sacro e il dovere, la Storia e il romanzo, in una trentina di libri come La Gloire de l’Empire, Histoire du Juif errant; la Douane de mer o Une fête en larmes: Jean d’Ormesson è uno degli scrittori francesi più conosciuti e soprattutto più amati dai suoi lettori. Entrato all’Académie française nel 1973, è stato, a 48 anni, il più giovane accademico da lungo tempo. Aristocratico, repubblicano, innamorato di Chateaubriand e di Venezia, è un erede dei Lumi per la sua cultura enciclopedica, un libero pensatore affermato e soprattutto un focoso innamorato della vita e dei suoi piaceri. Dall’alto delle sue 81 primavere piene di fascino e di vitalità, Jean d’Ormesson è, da solo, una parte del patrimonio letterario francese. Agnostico, flirta volentieri con il problema di Dio.

Si ritrova Dio nella maggior parte dei suoi libri. Come può spiegarlo quell’agnostico che lei dice di essere?

Infatti Dio è presente nei miei libri. Au plaisir de Dieu, per esempio, mette in primo piano il patriarca di una grande famiglia, ma in realtà, dietro il destino della sua discendenza, Dio appare come il primo personaggio del libro. Dio è una grande domanda, forse la sola, e mi abita da sempre. Dio e il tempo costituiscono un doppio tema che da molto tempo mi perseguita. Devo farle una confidenza: ho fatto degli studi che mi hanno portato alla Scuola Normale superiore, e poi all’aggregazione in filosofia. Ma segretamente ho sempre voluto studiare la storia delle religioni che mi appassionava fin dall’infanzia. Quando ero studente invidiavo i compagni che studiavano ebraico e che risalivano così alla fonte dei grandi testi religiosi. Per questo motivo rimpiango molto di essere stato troppo pigro per imparare questa lingua e l’arabo. D’altronde nella filosofia non mi piaceva molto la logica né la psicologia: mi piaceva la storia della filosofia. Così, non avendo studiato la storia delle religioni, ho fatto la storia della filosofia.

Da dove le proviene questo interesse per le religioni?

Prima di tutto è un interesse puramente intellettuale che parte non dal problema di Dio, ma da quello dell’uomo. Roger Caillois, questo scrittore ateo così difficile a capirsi, capace di scrivere sull’uomo e sul sacro come sulle meduse, mi aveva detto un giorno quanto era colpito nel constatare che l’evoluzione va sempre nello stesso senso e che il caso dell’evoluzione non ha mai distrutto la salita dell’uomo. Infatti si va sempre verso la crescita della complessità. Perché? Vi sono due risposte possibili: il caso e la necessità da un lato, la creazione del mondo da parte di un Dio buono dall’altro. Questo interrogativo non finisce mai di preoccuparmi.

Verso quale parte propende?

Non credo nel Dio rivelato delle religioni, ma l’ipotesi secondo la quale l’universo è frutto del caso e dalla necessità mi sembra un’idea folle. Accetto tutto dell’evoluzione, ma perché la necessità sfuggirebbe all’investigazione filosofica? Credo bene che la materia sia energia, ma il tempo? Il tempo è una realtà strettamente spirituale: dov’è l’avvenire se non nel nostro spirito? Dov’è il passato? Jaurès è esistito, Alessandro Magno è esistito. Ma dove si trovano? Soltanto nel nostro spirito! Tuttavia è formidabile, entusiasmante! L’avvenire si cambia in presente per trasformarsi in passato; viviamo continuamente in un presente che non esiste. Perché in fondo non c’è presente, ma piuttosto una frangia fra l’avvenire e il passato. E noi viviamo costantemente in questo spazio che non esiste. È come se Dio ci mostrasse che il mondo fosse metafisico. Per me, Dio e il tempo sono legati da uno stesso interrogativo. Un altro esempio che turba è la teoria del big bang, accettato quasi all’unanimità dalla comunità scientifica, la quale però non si accorda sulla domanda che segue: il big bang è all’origine del tempo o è ciò che avviene nel tempo? Da parte mia, io penso che è il big bang che ha creato il tempo. Ma è possibile anche che il big bang abbia preceduto l’universo. Aristotele ci ha insegnato che il mondo era eterno, infinito, immobile. Ora la scienza ci ha rivelato il contrario: l’universo ha una storia, quel che negava Aristotele. Da questo a dire che il big bang è la creazione… Capisco che i papi si siano impadroniti dell’idea: era allettante. La regolazione dell’universo è un argomento che perora la causa di una intelligenza superiore e trascendente che le religioni chiamano Dio. 
Oppure si può dire che il caso è un bravo ragazzo…

Lei dice che Dio prima di tutto per lei è una preoccupazione intellettuale. Le sue problematiche non sono state guidate dall’educazione religiosa che le è stata inculca dai genitori?

No. E con ragione : mio padre non mi ha fatto dare un’educazione religiosa. Era quel che oggi si chiamerebbe un cristiano di sinistra, un democratico popolare, come si diceva allora, uscito da una famiglia di parlamentari segnata dal giansenismo. Ricordo di averlo sentito dire quando ero bambino: “Oh, tutto questo… Non è molto sicuro.” Quel “tutto questo” era Dio, la Vergine Maria, gli angeli. Mi ha impressionato a quel tempo: bisogna fare attenzione a quel che si dice ai bambini piccoli… Ho avuto una vita incredibilmente protetta da una famiglia amante e coraggiosa. Devo a mia madre di aver imparato i rituali religiosi. Essa veniva da una famiglia reazionaria, molto di destra e molto cattolica, Mi hanno insegnato le preghiere, ma non ho mai avuto accanto un nonno, né ho frequentato i gesuiti. Non rientrava nell’educazione come mio padre la concepiva: lui era laico e ardentemente repubblicano. E la mia famiglia era evidentemente assai liberale, nel senso antico della parola, cioè molto tollerante.

Da bambino dunque non ha mai avuto la fede?

No, non sono mai stato pio. Quando mi dicevano di pregare, io non pregavo, ma pensavo alle stelle: “Il cielo stellato sopra di noi, la legge morale nell’intimo di noi”, ha scritto Kant. Qualche volte ho avuto l’impressione che bisognasse sforzarsi. Andavo alla messa, ma era già un esercizio sociale. Dalla parte di mia madre, al castello di Saint-Fargeau, c’erano delle processioni che seguivamo, ma da parte mia non c’era alcun fervore.

Le capita però di sentire il desiderio di Dio?

Sì, e in modo pazzesco! Ho sete di Dio. Faccio fatica a credere e però credo che c’è qualche cosa d’altro. In questo la figura del Cristo mi affascina. L’incarnazione è Dio che si fa uomo: vi è obbligato, per farsi conoscere; e per reciprocità, se si fa uomo, l’uomo si fa Dio! In questo risiedono la forza e la bellezza della religione cristiana. Perché Dio non esiste. Se si può dire qualche cosa di lui, è che egli è. Ma non “esiste”. Esistere significa essere in questo tempo che passa, e significa dunque anche morire. Dio è fuori del tempo e delle forme alle quali noi, gli uomini, non possiamo sfuggire. Dio è, e basta. Noi non possiamo conoscerlo: come dice Heidegger, “c’è un essere da qualche parte”. In questo l’incarnazione è un’idea formidabile. Anche i Vangeli mi commuovono profondamente. Come pure il perdono o la comunione dei santi, che sono delle meravigliose invenzioni cristiane.

Lei parla da vero cristiano…

Non ho paura di dire che sono cristiano, ma mi domando se ho il diritto di dirlo, perché non sono praticante e non mi comunico. Ma ho sempre pensato che sarei seppellito da cristiano, e non per ragioni sociali, ma perché mi sento cristiano. Supponiamo che i cristiani siano perseguitati, per fortuna non è il caso nel nostro paese, io credo che dichiarerei a voce alta la mia identità, a meno di non essere un vigliacco. In compenso, nella società cattolica dominante che è la nostra, sono piuttosto un beffardo con i miei compagni atei. Non ho nessuna certezza, ma dopo tutto quello che ci siamo detto, se lei mi chiedesse di rispondere sì o no alla domanda “Dio esiste?”, io le risponderei sì!. Sono un agnostico tentato di credere.

È questa la ragione per cui nel suo ultimo libro, la Création du monde, il suo personaggio principale dialoga con Dio, ma soltanto nei suoi sogni?

Si potrebbe sognare di Dio, se non ci fosse? Io sogno molto di Dio. Questo romanzo è, in questo senso,quasi una autobiografia. In ogni caso questo libro, che non è assolutamente un libro religioso, è per me come una preghiera. Posso persino dire che è stato scritto attraverso di me: mi sembra talora che, come molti altri miei libri, mi sia stato dettato da fuori! Lei sa, quando scrivo, ho sempre l’impressione che si scriva attraverso di me. Non sono molto spiritualista, ma credo che si possa essere attraversati: pensi all’entusiasmo di uno sportivo che compie una gara, o anche all’uomo politico trasportato dal suo discorso. Dio è là. Spesso mi dico che tutto questo è troppo vago, che non faccio che andare a tastoni: sono agnostico e mi dico anche cristiano. In fondo continuo a interrogarmi. Ma non credo che potremmo porci tali problemi se veramente non ci fosse nulla.

Dopo la sua morte si aspetta o spera qualche cosa?

Spero qualche cosa. La resurrezione… Pensi come mi piacerebbe! Il mio destino mi tormenta. Ma è ancora un problema inestricabile. Per esempio, quando scompaiono le persone che amiamo, ci ricordiamo di loro. Quando l’avventura umana sarà terminata, nessuno si ricorderà di tutti gli esseri umani che sono vissuti? Non posso credere che non ci sia memoria nell’universo. E quando scomparirà l’universo, non posso credere che non ci sia una memoria trascendente dell’universo e che tutto questo cada nel nulla. In fondo per Dio non ci sarebbero che due catastrofi: la prima sarebbe di sparire per sempre nell’oblio, ma la seconda sarebbe che si scoprisse con certezza che esiste.

Perché?

Egli è nascosto! Dio è nascosto e deve restarlo, perché noi possiamo interrogarci sulla sua esistenza. Per me la libertà degli uomini sta nel fatto che essi possono negare Dio. Ed è una libertà sacra. Il mondo è fatto in modo che Dio possa passare per un'ipotesi inutile. Ma si può anche dire che, accettando tutto dalla scienza, quest’ultima è egualmente sottoposta a qualche cosa di oscuro che è lo spirito e che lascia continuamente aperto il problema di Dio.

(da Le monde des religions, 21, pp. 78-81 Risposte raccolte da Frédéric Lenoir e Karine Papillaud)