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06/08/19

Libro del Giorno: "Dove va l'anima dopo la morte" di Cesare Boni




Al contrario di molti libri futili pubblicati sull'argomento, questo volume è uno studio serio, erudito, profondo e comparato dei più grandi testi sapienziali di tutte le tradizioni che descrivono, istante per istante, il viaggio dell'anima dopo la morte, una ricerca condotta meticolosamente da uno dei più brillanti tanatologi italiani. 

E dunque quest'opera non è affatto di facile lettura. 

Ma se si ha costanza e voglia di conoscenza, spalanca notevoli orizzonti.

Cesare Boni, già docente alla Scuola di Specializzazione in "Psicologia del Ciclo della Vita" ed insegnante nei Corsi di Perfezionamento dell'Università Statale Federico II di Napoli, ha insegnato nelle più prestigiose scuole di psicologia in Italia e nel "Master in psicologia oncologica" dell'Ospedale Bellaria di Bologna. e in questo libro ha condensato le pratiche di conoscenza della vita e della morte e dell'accompagnamento del morente maturata sul campo in numerosi grandi ospedali italiani.

Boni parte anche da esperienze personali approfondite poi in lunghe permanenze in India e in numerosi convegni universitari in Italia e all'estero, collaborando con l'Università di Roma "La Sapienza", con quelle di Parma, Magonza (Spagna), Monaco di Baviera (Germania), New Delhi, Mumbai e Varanasi (India).

La morte come si sa, è divenuta, nel mondo contemporaneo l'ultimo dei grandi tabù.  Della morte, sempre in Occidente, è divenuto sempre più difficile parlare. Come altrettanto difficile è parlare, informare, diffondere conoscenza sul cammino di avvicinamento della morte e su quello che le grandi tradizioni sapienziali e quelle spirituali dicono sul post-mortem (in alcune parti rilevanti suffragate dalle testimonianze di coloro che hanno vissuto esperienze di pre-morte, le cosiddette NDE, Near Death Experience). 

L'Occidente ha un ossessivo timore per un processo che non conosce: è ossessionato dal mito dell'eterna giovinezza, vede la morte come la fine della vita, e dunque la tratta come un argomento tabù. 

Eppure i grandi libri sapienziali di tutte le tradizioni e i grandi saggi di ogni epoca dicono esattamente l'opposto, descrivendo una dimensione eterna della vita, che già esisteva ben prima della nascita e che non finirà con la nostra morte. 

Cesare Boni in questo testo più volte ristampato, ripercorre l'affascinante cammino di conoscenza delle pratiche di pre e post-morte, confrontate con  le teorie dei maggiori studiosi di questa fase dell'esistenza umana, il professor Moody, la dottoressa Kübler-Ross e il dottor Melvin Morse. 

Dalle oltre 400 pagine di questo libro si esce affascinati dalla constatazione del pozzo di misteri nel quale la nostra vita terrestre è calata, ma anche fortificati dalle massime sapienziali di culture antichissime che hanno indagato ad Oriente, come ad Occidente, i limiti della vita, o meglio - come direbbe l'autore - l'altra faccia della vita, perché la morte, se soltanto vi si riflette, non è qualcosa di separato dalla vita, ma qualcosa che è essenzialmente legato alla vita, dal suo punto di vista più naturale. 

Come scrive Mario Mastropaolo nella prefazione: "Il libro è un racconto attendibile e circostanziato del viaggio che attende l'anima, una volta lasciato il corpo, verso il compimento del suo destino: la fusione con la Luce. Intriso della tristezza del distacco, struggente per l'inevitabilità dell'evento e nello stesso tempo gioioso, aperto, fiducioso della realtà ultima dell'uomo."

Un viaggio, insomma, che è necessario prepararsi immediatamente, dopo aver preso coscienza della dimensione dualistica dell'esistere e di quella profonda nostalgia per l'unità perduta che viene continuamente espressa dal tentativo di confluire nell'indifferenziato senza aver raggiunto la piena consapevolezza della separazione e della disperazione che ne consegue.

Fabrizio Falconi



15/02/17

Libri: "Sono stata all'inferno", Il racconto drammatico di una donna e della sua bambina, scampate da Boko Haram.




A mille giorni dal rapimento delle studentesse di Chibok da parte dei miliziani di Boko Haram, la storia coraggiosa di Patience e della sua bambina. 

 Patience ha diciannove anni quando precipita all’inferno.

Un giorno torna a casa, nel suo villaggio in Nigeria, e suo marito è a terra, morto: ucciso dagli uomini di Boko Haram, il gruppo di fondamentalisti islamici che terrorizza da anni quelle terre dell’Africa occidentale. La colpa: essere cristiano. E anche Patience lo è. 

Non passa molto tempo prima che si ritrovi a sua volta rapita da una banda di soldati di Boko Haram, costretta ad affrontare assieme ad altre ragazze le marce forzate, la fatica e la fame, le violenze quotidiane. Con un problema in più: è incinta, e se i suoi torturatori lo scoprono, per lei e per la vita che porta in grembo non ci sarà salvezza. 

Deve fuggire, anche se fuori dal campo di lavoro la attende solo l’incognito di una società prigioniera della paura. E anche se sarà costretta a dare alla luce da sola, in mezzo agli alberi, una figlia che chiamerà Gift. Il Dono.


Nella storia di Patience, narrata in prima persona e raccolta dalla penna sensibile di Andrea C. Hoffmann, risuonano la sofferenza, la tenacia e il coraggio di una moltitudine di donne che combattono e soffrono in troppi terribili scenari del mondo.

Un racconto mozzafiato, una testimonianza unica su una tragedia di cui sappiamo assai poco, un inno alla libertà femminile al di là di ogni etnia, di ogni religione, di ogni distanza geografica, in nome di quel luminoso, irrinunciabile valore assoluto che è la vita.

“Fuori iniziava a fare buio. Nel cortile sentii gli uomini di Boko Haram pregare. Che strano dio è il loro, pensai. Quale dio ordina ai suoi fedeli di uccidere o catturare altri esseri umani?”

Andrea C. Hoffman. È una scrittrice e giornalista tedesca. Ha collaborato con importanti giornali come «Zeit», «Berliner Zeitung», «Focus», e realizzato reportage dai punti più caldi del mondo, come Afghanistan, Iraq, Libano, Siria. In Italia ha pubblicato con Farida Khalaf, La schiava bambina dell’Isis (Piemme, 2016).

20/04/15

Cacciari: "Nietzsche non ha nulla a che fare con un volgare ateismo."




Cacciari: «L’ateismo oggi? Volgare e mondano»

"L’affermazione nietzschiana della morte di Dio non è affatto volgarmente ateistica come qualcuno può pensare".
Massimo Cacciari – protagonista di un dibattito con il filosofo francese Rémi Brague – da non credente si è occupato a fondo Dell’inizio e Della cosa ultima, per dirla con il titolo di due suoi volumi ponderosi. E rifiuta con sdegno l’idea che Nietzsche sia uno dei grandi padri dell’odierna negazione di Dio.

Professore, eppure è a lui, spesso in coppia con Heidegger, che tanta parte della cultura che rifiuta il monoteismo cristiano guarda con riconoscenza...

"Un autore come Nietzsche non ha nulla a che spartire con un volgare ateismo. Anche Hegel, che si professava filosofo cristiano, affermava che la proprietà essenziale del monoteismo cristiano consisteva nel pensare la morte di Dio. C’è un modo di pensare questa morte che può essere propriamente cristiano, che anzi costituisce la proprietà specifica del cristianesimo. Tanto meno in Heidegger c’è una posizione di stupido ateismo. Caso mai si può pensare a una critica di Heidegger alla tradizione che pensa Dio in termini ontoteologici, che pensa Dio con la categoria dell’ente sommo e quindi dimentica la differenza tra ente ed essere, la differenza ontologica. Ma è una critica che può benissimo essere intesa come interna alla tradizione monoteistica non solo cristiana, ma anche giudaica e islamica. Perché la critica all’ontoteologia è presente in tutte e tre le grandi correnti del monoteismo abramitico. Quindi bisogna stare molto attenti nel pensare che la filosofia di stampo nietzscheano-heideggeriano significhi l’abbandono della questione di Dio. Anzi, è un affrontamento radicale di tale questione".


Quali sono per lei le vere forme dell’ateismo filosofico contemporaneo?
"La vera forma dell’ateismo, che non ha a che vedere né con Nietzsche né con Heidegger, è la visione per cui, detto in estrema sintesi, noi siamo soltanto un essere nel mondo: noi siamo accasati, addomesticati nel nostro essere mondano. E al di là di questo non c’è nulla, o meglio, c’è il nulla, di cui non bisogna assolutamente avere cura. Questa sì è una posizione ateistica presente in varie correnti del pensiero contemporaneo".

Lei oggi interviene sul rapporto fra il Dio cristiano e le altre religioni. Tanto per stare sull’attualità: come giudica un’alleanza che si propone sempre più spesso, quella tra cristianesimo e liberalismo ateo o immanentista in funzione anti-islamica?

"L’ateismo nei termini che le ho appena detto, moneta corrente al giorno d’oggi, è essenzialmente opposto a ogni possibile versione o declinazione della radice abramitica del monoteismo. Un’alleanza di questo ateismo e di un liberalismo immanentista con il monoteismo cristiano in funzione anti-islamica non può far altro che tradire quella che è l’essenza del cristianesimo. Direi di più: è una totale aberrazione. Un liberalismo di stampo immanentistico condivide con le posizioni genericamente ateistiche l’idea che al di là dell’esserci non c’è nulla. Anzi, che Dio è il nulla. Il che, mi lasci dire, per tornare al punto iniziale, è ben diverso dal dire: Dio è morto".

Tratto da Avvenire, 11 dicembre 2009.

24/10/11

'La quistione ancora ne pinde.' Una lezione moderna da Boccaccio.


C'è una bellissima favola. "La favola dei tre anelli", che Boccaccio racconta nel Decameron, e che ci dice molte cose, incredibilmente, anche sugli estremismi religiosi e sul relativismo di oggi, ma anche sul conflitto tra civiltà, che va tanto di moda sbandierare. La favola è antichissima, e secondo Renan è di origine islamica: viene dai tempi del sufismo nei tempi della dominazione araba in Andalusia.

La favola narra dunque di Saladino, che chiamato al suo cospetto un grande saggio ebreo, gli chiede quale sia a suo parere fra le tre Leggi - quella di Mosè, quella di Gesù e quella di Maometto - la vera. Il saggio ebreo gli risponde con questa favola.

Un uomo aveva un anello preziosissimo, passato nella sua famiglia di generazione in generazione. 


Poco prima di morire, non volendo fare torto a nessuno dei suoi tre amatissimi figli, si fa riprodurre da un orafo due copie dell'anello originale, e muore, lasciando credere a ciascun figlio di essere lui l'erede dell'anello. 


Ed ecco la conclusione di Boccaccio: " E così vi dico, Signor mio, delle tre Leggi alli tre popoli dati da Dio Padre, delle quali la quistion proponeste: ciascuno la sua eredità, la sua vera Legge, e i suoi comandamenti si crede aver a fare; ma chi se l'abbia, come degli anelli, ancora ne pinde la quistione." 

Volendo meditare questa favola, e la sublime conclusione di Boccaccio, la prima cosa che viene in mente è che essa contiene un profondo messaggio sia contro il fondamentalismo dogmatico, sia contro il relativismo etico, che oggi sembrano essersi spartiti il dominio del mondo. 

Contro il relativismo, perché... l'anello vero ESISTE ! E il padre sa quale è ! Contro il fondamentalismo dogmatico: perché.... Solo il padre - ovvero Dio ? - sa quale è l'anello vero, la certezza più in generale, il riconoscimento, cioè la certezza umana, è sempre fallibile e provvisoria (ovviamente escludendo la rivelazione, che si basa appunto su una 'rivelazione' di fede agli uomini) perché ... come dice Boccaccio, in modo sublime la questione 'ancora ne pinde', cioè la questione è ancora in sospeso. 

Ciò non vale ovviamente solo per il fondamentalismo dogmatico RELIGIOSO. Ma anche per il fondamentalismo dogmatico PRAGMATICO-SCIENTIFICO: Anche nelle scienze sarebbe pazzo chi credesse un giorno di aver finito la ricerca, di aver esaurito la verità. Anche nelle scienze, come per ogni altra questione umana, "la quistione ancora ne pinde."

09/09/08

Indonesia: i cellulari aiutano i fedeli a pregare durante il Ramadam !


Sono molti i motivi seri per cui i musulmani hanno già superato i cattolici nel mondo, e li stanno sopravanzando. La curiosa notizia qui sotto può fornire uno spunto di riflessione in proposito. Ve l'immaginate una cosa del genere in un paese cattolico, che ne so, in Italia ? Che putiferio infernale ne verrebbe fuori ?

I fedeli musulmani che faticano a conciliare i ritmi della vita lavorativa con i doveri religiosi del mese sacro di Ramadan si affidano sempre di più a speciali cellulari che li aiutano a scandire i ritmi delle preghiere quotidiane.

In Indonesia, più grande paese musulmano al mondo, quando i fedeli sono tenuti a digiunare dall'alba al tramonto durante il mese sacro, gli accessori islamici diventano particolarmente ricercati.

Fra questi, c'è un'edizione limitata di un cellulare bianco e verde chiamato Hidayah, guida divina in arabo, che cinque volte al giorno avverte puntualmente il fedele quando è l'ora di inginocchiarsi faccia alla Mecca per pregare emettendo
l'azan, il richiamo tradizionale, e con un suono di tamburo dopo il tramonto segnala la fine del digiuno.

Prima dell'alba, il telefono è programmato anche per svegliare i fedeli con canzoni religiose in tempo per potersi gustare l'ultimo pasto prima dell'inizio del lungo digiuno.

"Quando sono al lavoro, a volte mi è capitato di perdere il senso del tempo e mancare una preghiera perchè il rumore del traffico copriva il richiamo proveniente dalle moschee. Grazie a questo telefono, invece, non c'è rischia di perdersi nulla", ha detto Donny Meirawan, 35enne che lavora in una fabbrica.

Fra i salvaschermo offerti da questo modello di cellulare ci sono delle foto della moschea principale di Jakarta e foto di versetti coranici scanerizzati.

Tra le funzioni, ce ne è una che consente di sapere sempre da che parte occorre girarsi per trovarsi con la faccia alla Mecca, in Arabia Saudita, come prescrive la religione di Maometto.


fonte Reuters - http://it.reuters.com

03/05/08

Gialal ad-Din Rumi - Il Giorno della Morte



Quando il giorno della morte, si muoverà la mia bara,
non pensare che il cuore mio sia rimasto nel mondo.

Non piangere per me, non dire "ahimè! Ahimè!"
Cadresti nella rete del diavolo, ahimè, allora !

Quando vedrai il mio feretro non dire: "è partito lontano !"
E' proprio quel giorno, per me, giorno d'unione e d'incontro!

E quando mi deporrai nella tomba non dire: "addio, addio !".
Perchè la tomba è un velo che cela l'eterna comunione col cielo.

Hai visto lo sprofondamento, contempla la resurrezione:
reca forse danno, il tramonto al sole e alla luna ?

A te sembra tramonto, mentre invece è aurora;
la tomba sembra un carcere ma è, all'anima, liberazione.
Qual seme mai sprofondò in seno alla terra che non germinò poi ?
Perchè questo dubbio, allora, per quel seme che è l'uomo ?

Qual secchio scese nel pozzo che non tornò pieno d'acqua freschissima ?
Perchè dunque il Giuseppe dell'anima avrebbe paura del pozzo ?

Chiudi la bocca da questa parte e riaprila dall'altra parte del cosmo,
chè il suo canto trionfale risuoni alto nell'Oltrespazio !

Scritta da Gialal ad Din Rumi intorno all'anno 1250.

Vita di Rumi:
http://it.wikipedia.org/wiki/Gialal_al-Din_Rumi
Movimento Sufi:
http://www.movimentosufi.com
Dervisci Rotanti:
http://www.youtube.com/results?search_query=dervisci+rotanti&search_type=