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19/08/23

Quando l'innamoramento finisce: le orecchie del barone Karenin e Tolstoj


Come si è quando ci si innamora, l
o ha descritto meglio di tutti, il grande Stendhal nel De l'amour, sua opera di eleganza e acutezza unica.
Stendhal conia il famoso termine "cristallizzazione" per descrivere cosa succede all'immagine dell'amato/a quando l'innamorato, per l'appunto, si innamora.
Un processo in due fasi, che secondo Stendhal, suscita nell'innamorato la scoperta - con relativa meraviglia - di successive perfezioni (esteriori e interiori) del corpo, dell'immagine, del carattere dell'amato/a (che ovviamente percepisce con tale forza soltanto l'osservatore futuro amante).
Questa prima e seconda cristallizzazione durano finché dura l'amore. E' questa "prima immagine" - di perfezione - che fissandosi, fissa il sentimento e che resta come imago-riferimento.
Già Barthes poi, nei Frammenti di un Discorso, aveva, raccogliendo le teorie di Stendhal, analizzato la crisi dell'amore, che viene annunciato dallo svelamento di un dettaglio dell'amato/a che senza preavviso viene a incrinare apparentemente in modo del tutto ingiustificato e innocuo, quella immagine-cristallizzazione iniziale.

George Steiner, nel suo grande saggio/pietra miliare
Tolstoj o Dostoevskj, offre un esempio geniale della rottura dell'incantesimo descritta da Barthes, tornando alla scena di Anna Karenina, nella quale Anna, subito dopo aver incontrato per caso sul treno il fatale conte Vronskij, arriva alla stazione di San Pietroburgo dove ad attenderla c'è il marito, il barone Karenin, sulla banchina ferroviaria.
Anna, scesa dal treno gli va incontro e si accorge all'improvviso e per la prima volta, che suo marito ha "le orecchie molto grandi" e quelle cartilagini così sproporzionate le sembrano un sintomo di insopprimibile goffaggine, a cui - quasi non credendoci - non ha mai fatto attenzione.
Ma le orecchie del povero Karenin, ovviamente, sono sempre state là. Anna però le vede per la prima volta: è il segnale. L'incantesimo amoroso è rotto (forse lo è già da tempo): Anna è pronta a concedersi alle focose attenzioni del conte Vronskij.

Fabrizio Falconi - 2023

29/11/19

"Solo l'amore può salvare il pianeta" - intervista a Peter Trawney da "L'Espresso"



SOLO L'AMORE PUO' SALVARE IL PIANETA - Intervista di Stefano Vastano a Peter Trawney, da L'Espresso

«L’inizio di un amore è l’esperienza più entusiasmante che si possa vivere e, per un filosofo, la più bella su cui riflettere». Risponde così Peter Trawny, accogliendoci nel suo appartamento a Düsseldorf, alla domanda su cosa l’abbia spinto a scrivere un libro dedicato alla “Filosofia dell’amore” (in uscita in Germania per le edizioni Fischer). Fondatore e direttore del prestigioso Martin-Heidegger-Institut all’ateneo di Wuppertal, Trawny ha dedicato la carriera allo studio di Heidegger, curando l’edizione dei tristemente famosi “Quaderni neri”, da cui è emerso il feroce antisemitismo del filosofo di “Essere e Tempo”. 

Perché, ora, nell’era dell’amore digitale e degli incubi ambientali, occuparsi di Eros?

«Perché è da una lettura di Eros che è iniziata la filosofia, con Platone», spiega il 54enne Trawny: «Oggi ci tocca ritornare lì, al primo amore. Cosa, del resto, ci colpisce più a fondo dell’inizio di quell’esperienza? La nascita di un figlio, il nostro primo incontro d’amore...Momenti indimenticabili, iniziatici. Tanto più che l’amore ha la forza di stupirci sino alla fine dei nostri giorni con nuovi, imprevedibili inizi. Ogni filosofia dell’amore parte dalla radicalità di Eros sin dall’inizio».

Platone coglieva in ogni amore il desiderio di crescere. E la speranza è che con Eros - si legge nel “Simposio” - ci vengano incontro il Bello e il Bene. 

«Platone vede questi aspetti nell’Eros perché la sua filosofia prova ad addomesticare nel Logos la tragicità con cui l’amore si presenta ad Euripide e Sofocle. Per i tragici Eros è un tiranno. Nei suoi testi Platone ricorre a tutti i mezzi, poetici e mitici, pur di instillare l’idea dell’“amore filosofico“, l’interscambiabilità fra l’amore e la virtù. È da questo scambio che inizia la storia della filosofia occidentale».

Oggi sono le soap opera, o le star di Hollywood, a dirci cos’è Amore. Non si sente smarrito in mezzo a tanto kitsch?

«Persino nelle sue forme più banali o commerciali si intuisce la carica esistenziale, e filosofica, dell’amore nella vita. Una love story al cinema commuove perché ci ricorda una passione reale. E ogni amore è uno shock, qualcosa che ci rapisce ed espone nudi a un altro. In tv o al cinema le storie d’amore saranno kitsch e a lieto fine, ma ci attraggono perché rimettono il dito in una profonda ferita».

In “Frammenti di un discorso amoroso” Roland Barthes definisce “mostruosa” la pretesa dei filosofi di spiegarci l’amore...

«E ha ragione: ogni “ars amatoria” renderebbe oggi ridicolo il suo autore. Io restituirei la parola ai poeti: nei versi di Rilke o nelle pagine di Tolstoj apprendiamo di più sull’amore. E questo perché nell’Eros il filosofo si confronta con l’assoluta contingenza di ogni amore. Persino nell’era globale e digitale, l’arrivo di Eros abbatte il nostro Io e ne straccia le difese narcisistiche. Questo ha poco a che fare con la chiarezza gnoseologica a cui la filosofia aspira».

Tutti i filosofi del postmoderno decretano, per citare Byung-Chul Han, “L’agonia dell’amore”, annegato in Internet e nella pornografia.

«Il 21° secolo ci affoga in un surplus di autonomia, di pretese abnormi della soggettività. Da Alain Badiou a Byung-Chul Han, i filosofi diagnosticano l’agonia di Eros per sovraesposizione mediatica. Nell’era neoliberale ci crediamo ultra-autonomi, soggetti ipermobili e superconnessi a reti digitali. E, al tempo di Tinder, si scambia l’amore con la “fuckability” dell’altro».

Cosa accade quando Eros ci afferra? Lei parla di perdita di autonomia e di libertà, i due pilastri su cui si basa la moderna soggettività, da Cartesio a Kant ed Hegel.

«È la schizofrenia della soggettività occidentale. In ognuno di noi, insieme ad autonomia e libertà opera l’impulso opposto, la forza del desiderio e la capacità di perdersi in un Altro. Mai come oggi questa schizofrenia esplode sulle piattaforme digitali che offrono in cambio dell’amore, impegno troppo grave, la volatilità di contatti on line».

Il Werther di Goethe è il kamikaze che si uccide per l’amata. La frase shock di ogni amore è quella rivolta a Lotte: «Ich kann nicht ohne dich leben», non posso vivere senza di te. 

«L’amante è pazzo d’amore. Eros è sempre un’offesa al nostro Io, una ferita e rischio mortale per la nostra autonomia. Ma è anche un Dio alato, capace di donarci il massimo dell’entusiasmo liberando energie represse. L’estasi amorosa è in questa dirompente ambiguità con cui Eros ci sconvolge».

Continua a leggere qui:

SOLO L'AMORE PUO' SALVARE IL PIANETA - Intervista di Stefano Vastano a Peter Trawney, da L'Espresso


23/06/19

L'amore malato - Intervista (immaginaria) al Visconte di Valmont



- Dottor Visconte, che piacere averla qui e come la trovo in forma, nonostante il trapasso ! Qual è il segreto di tanta freschezza?
- Valmont:  Ho chiesto suffragi al Conte di Saint-German, il quale come lei è sa, è Maestro di trasformazioni ectoplasmatiche. Lui mi ha insegnato a indossare i panni dello spirito che vaga.  Soltanto, non mi aveva avvertito della sofferenza di questa condizione.  

- Sofferenza ? Perché mai ? Non è bello essere un fantasma ?
- No.  Non si trova mai pace.  E per uno come me che pace non l'ha avuta nemmeno in terra, non è una bella cosa. Oltretutto, devo vedere ciò che succede ora, ai vostri tempi e non mi piace.

- Non le piace il mondo moderno ?
- Di tutte le cose del mondo moderno, mi interessa poco. Come sa, le mie competenze riguardano soltanto l'amore, la seduzione, il desiderio. E' questo il mio terreno, come le infezioni e la gotta lo sono per i dottori. 

- E cosa vede, dunque, che non le aggrada?
- Devo dire, tutto.  Il vostro amore è diventato così ordinario e così malato. 
- Malato ? Lei Visconte, non dovrebbe proprio dirlo. Insieme alla sua degna compare e complice, la Marchesa di Marteuil, siete praticamente gli inventori del sotterfugio e della crudeltà amorosa, praticata con metodo scientifico. 
- Lo contesto.  Il nostro amore - anche se perverso, eccessivo, debordante, era una forma d'arte.  Oggi la gente si ama quasi inconsapevolmente, come fanno gli animali, senza sapere nulla di cosa sia veramente l'amore. 

- E cosa è l'amore, dunque ?
- L'amore è spirito. L'amore è fatto di bella conversazione, di sentimento poetico (la prosa, gli impegni, gli appuntamenti, la cronaca, le faccende, le complicazioni, le contorsioni sono l'esatto contrario dell'amore), di desiderio senza ombre. E' uno spirito che si incarna e che vive soltanto attraverso gli amanti. Gli amanti sono il corpo dello spirito.  Sono loro che devono essere all'altezza dello spirito che si incarna in loro, che li sceglie.  L'amore è sublime, è la cosa più alta che sperimentiamo in vita.  Qui invece sembra che ci si ami soltanto per un vuoto, per riempire un desiderio.  Mentre si ama, o piuttosto mentre si crede di amare, si dicono cose folli, soltanto per ottenere ciò che si vuole in quel momento. 

- Per esempio ?
- Una donna che vuole raggiungere lo scopo di sentirsi al sicuro, di sentirsi protetta, di avere un futuro, di avere un uomo che la rassicuri, potrà dire a quell'uomo - che ha sessant'anni - che lei "ama i vecchi" e che i giovani non la interessano minimamente. Salvo, pochi mesi dopo manifestare l'esatto appassionato contrario.  Un uomo che vuole allontanare da lui una donna, che ha cinquant'anni e lui sessanta, dirà a quella donna che il sesso "è roba per giovani", e che corpi non più giovani dovrebbero astenersi dalle belle pratiche erotiche; salvo, pochi mesi dopo, quando la donna si è allontanata da lui, frequentare soltanto giovani e disinibite pulzelle, dai corpi freschi e giovanili. 

- L'amore non ha sempre utilizzato questi espedienti ? 
- Non l'amore, gli esseri umani. Gli esseri umani sono meschini, non sanno nemmeno cosa sia veramente l'amore.  Cercano soltanto, come in uno spazio vuoto, l'immagine di se stessi riflessa nell'altro. Non c'è amore, non c'è in realtà nessun vero interesse per l'altro, per la mente dell'altro, per il cuore o l'anima dell'altro, per la sua sofferenza, per la battaglia che lui o lei conduce quotidianamente. C'è solo il conto dei possibili vantaggi.  Uomini e donne si usano come "mezzi" per raggiungere qualcosa dentro il proprio sé: quella che è pensata e creduta come una evoluzione personale (e invece è soltanto una involuzione), una emancipazione, una "maggiore libertà". Da cosa poi ? La libertà di oggi fa ridere.  Ci si sente liberi se si possono fare le sei di mattina in un locale da ballo. La vera libertà si conquista soltanto scendendo nelle proprie profondità, affrontandole veramente, capendo quali sono le proprie dipendenze e le proprie distorsioni, le cose che ci allontanano costantemente dalla nostra autenticità. 
- Visconte non mi sta facendo troppo lo psicologo ? Lassù nel vostro regno di fantasmi siete così pesanti ?
- No, è solo che personalmente, avendo vissuto, si vorrebbe risparmiare a voi viventi qualche sofferenza di troppo. Ma in fondo ha ragione: anche le sofferenze, qui giù da voi, non sono autentiche.  L'autenticità in effetti è la cartina di tornasole dell'amore. E' così difficile essere autentici. E solo chi ama veramente lo è davvero.  Per il resto, si interpreta una parte.  Si gioca alla passione romantica, si crede alla potenza dell'amore per l'uomo o per la donna tormentati, perché soltanto così si ha l'alibi per non crescere mai, perché come si sa, nessun amante è mai riuscito a cambiare, a trasformare a redimere, un uomo o una donna realmente "tormentati" (ammesso e non concesso poi che quei tormenti, a loro volta, siano autentici). 

- Dunque non abbiamo speranza ? Dobbiamo continuare ad libitum il gioco delle eterne seduzioni, dei balletti per illuderci di riempire di senso le nostre vite ?
- L'intento mio e della Marchesa - questo nessuno lo ha capito - era proprio questo: smascherare tutte le bassezze dell'amore malato.  Far capire quanto sia facile con un piccolo inganno, con l'arte più semplice della seduzione, con la glorificazione dell'altro, con il farlo sentire al centro del tuo - e del suo mondo - con il fingersi "tormentati" (ah, io ero uno specialista in questo ! Quella povera Madame de Tourvel! Come ha abboccato, la poverina!)  - prendere possesso del cuore di qualcuno e del suo corpo, e farne quel che si vuole.  
Ma per mostrare che tutto questo NON è amore! 
- Quindi voi due, Visconte, lei e Marchesa, sareste due benefattori dell'umanità ?
- Non aspiro a tanto, certamente. Soltanto che il mio cuore non è nero, come si è sempre pensato. Soffrivo per le mie vittime, sa ? Soffrivo molto, per la loro completa dabbenaggine, per la loro inconsapevolezza, per la facilità con cui la loro parte infantile cadeva, desiderava con tutte le forze, cadere nella trappola della atroce sofferenza d'amore. 

- Dunque si pente ?
- No, non mi pento. Ho svolto un compito pedagogicoL'amore è davvero l'unica forza trasformativa della vita. Voi - come noi - l'abbiamo ridotta a un riempitivo, a un aperitivo, a un gioco di ruoli. 

Ma quindi anche lei ha spesso di credere all'amore ?
- Neanche per sogno. L'amore esiste. Ne è la prova il fatto che sia qui, ad espiare ciò che ho fatto, vedendo questo triste mondo delle relazioni - com'è che le chiamate adesso voi, "liquide" - che si svolge sotto i miei occhi. Che terribile babele ! Che legami, che cose senza senso! 

E a quale tipo di amore crede ?
- A quell'amore unico e raro che spetta solo ai rari.  Che non tradisce e non scolora. Che non può essere profanato, perché è sacro.  

- Sacro ?
- Sì, ha presente quando fu detto: "E dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine" ? L'amore è soltanto questo.


Fabrizio Falconi
2019


12/02/19

Chi è Amore secondo Platone.




Chi è Amore ?  Quel demone o angelo che viene a visitarci quando non lo vogliamo o non lo pensiamo e ci impone le sue regole ? Questa è la definizione che ne ha dato Platone 2.500 anni fa, ancora così efficace (e insuperabile): 

Anzitutto è sempre povero e tutt'altro che delicato e bello, come i più se lo figurano; anzi è grossolano, mezzo selvatico, sempre scalzo, vagabondo, dorme sempre per terra, allo scoperto, davanti agli usci e nelle strade, sotto il sereno, perché ha la natura della madre ed è tutt'uno con la miseria. Per parte del padre, invece, è fatto per insidiare ciò che è bello e buono, essendo di natura virile, audace, violento, gran cacciatore, sempre pronto a tramare inganni, amico del sapere, ricco di espedienti, tutta la vita dedito a filosofare, abilissimo imbroglione, esperto di veleni, sofista. Inoltre né immortale, né mortale, ma, in uno stesso giorno, sboccia rigoglioso alla vita e muore, poi torna a vivere grazie a mille espedienti e in virtù della natura paterna; sfumano tra le sue dita le ricchezze che si procura, così che Amore non è mai al verde e mai ricco. Inoltre è a mezzo tra sapienza e ignoranza. 


PLATONE, IL SIMPOSIO. XXIII

08/01/19

Cos'è l'amore?





L'amore non è una gara, non è una competizione a chi sa ferirsi di più e meglio; l'amore non è una nevrosi; l'amore non è credersi innamorati perché ci si specchia nell'amore che l'altro ti dà continuando ad amare solo se stessi; l'amore non è una dipendenza; l'amore è offrire se stessi all'altro, volere il suo bene, la sua felicità; l'amore è non soffrire e non far soffrire. Il fondamento dell'amore come sofferenza è la più grande truffa del fallimento umano.


(Fabrizio Falconi)

08/10/18

Quanto amore c'è in una passione ? Umberto Galimberti.




Il matrimonio è l'impresa più difficile che si possa intraprendere, perché in ciascuno di noi c'è un conflitto tra il nostro bisognodi "individuazione" e il nostro bisogno di "coesione", che sono tra loro in un rapporto inversamente proporzionale, perché a un aumento di individuazione corrisponde una diminuzione di coesione e viceversa. 

Se il bisogno di individuazione raggiunge una sua maturità e si emancipa dal tratto infantile di chi vuol essere semplicemente diverso dagli altri fino al punto di assumere un atteggiamento reattivo nei confronti degli altri, e se il bisogno di coesione compie lo stesso processo di maturazione, emancipandosi dal bisogno simbiotico con l'altro che ricalca il rapporto infantile che ciascuno di noi ha avuto con la madre, allora ci sono le condizioni per un felice matrimonio e una sua lunga durata, garantita dal fatto che ciascuno dei due ha bisogno dell'altro per lo sviluppo delle rispettive potenzialità. 

Tutti capiscono che una condizione del genere è un'opera d'arte.

E non tutti siamo artisti, anche se non sarebbe male che ciascuno, prima di unirsi in matrimonio, esaminasse con cura di che natura è il suo bisogno di individuazione e il suo bisogno di coesione. 

A differenza che in passato quando la famiglia, le condizioni di ceto o di classe, le condizioni economiche, le leggi dello Stato, le norme del diritto, i precetti della Chiesa avevano una notevole influenza sulla scelta matrimoniale, oggi questa scelta è del tutto individuale, come se l'amore, rispetto a tutte le leggi che governano la nostra quotidianità, reclamasse una sua assoluta autonomia e non riconoscesse altra autorità che non sia la propria decisione soggettiva. 

Ma se le cose stanno così, allora quell'esaminare se stessi prima di inaugurare una vita in comune con un'altra persona assume una rilevanza ancora maggiore. Soprattutto se questo essere padroni assoluti della propria scelta si vincola all'essere padroni assoluti della propria felicità. 

In questo caso se la felicità è misurata esclusivamente sull'intensità della passione (e questo non è difficile da riconoscere), allora è ovvio che il matrimonio, oltre a non prevederlo come una scelta irrevocabile, diventa come scriveva Tolstoj "un inferno". 

Ma la passione è l'unico modo in cui si può declinare l'amore?

La passione come diceva Stendhal "non è cieca, è visionaria". E di visione in visione si può arrivare anche all'allucinazione. E' vero che senza idealizzazione non nasce nessun amore, ma non dobbiamo dimenticare che la passione ci rende passivi, perché è lei a condurci in quella condizione caratterizzata dal "patire l'altro", mentre l'amore non si accontenta di "patire" perché vuole agire, e perciò col tempo rifiuta di declinarsi sul solo versante della passione, trascinato dalla discontinuità delle sue oscillazioni. 

E rifiutandosi di subire, l'amore crea, come un artista, la sua opera d'arte. 

Se poi l'opera d'arte non riesce e la relazione si chiude, ascoltiamo i consigli di James Hillman che ci invita ad evitare la vendetta che è una risposta emotiva che non emancipa la coscienza, a non cadere nel cinismo che nega il valore dell'altro che un tempo avevamo sopravvalutato, e ci induce a concludere che i grandi amori sono per gli ingenui.  Non ridicolizziamo i sentimenti più profondi per evitare di vergognarci di averli un giorno provati.  Ed evitiamo infine di diventare paranoici pretendendo da un nuovo amore che dovesse sorgere, prove di devozione, giuramenti di mantenere la promessa, dichiarazioni di fedeltà eterna. 

La fedeltà in sé non è un valore.

Un valore è l'amore, perché quando si è innamorati non c'è bisogno di imporsi alcuna forma di fedeltà.

Umberto Galimberti, da Lettere a Galimberti, D di La Repubblica 29 settembre 2018, p. 126

02/06/14

'Se è amore sconvolge la vita', di Umberto Galimberti.



Quando incontriamo l'amore non racchiudiamolo nei contatti fisici, non tratteniamolo nelle nostre difese, e neppure affoghiamolo nelle turbolenze dei nostri sentimenti. 

L'amore, comunque si presenti, apre un mondo: il mondo della vita ben diverso dalla semplice sopravvivenza. Ma per questo non dobbiamo leggere l'amore a partire dal nostro desiderio, che è troppo angusto per esserne all'altezza.

Non possiamo attenderlo nelle modalità che ci siamo costruiti a partire dalla nostra educazione, dai nostri principi, dal concetto che abbiamo di noi, dalla letteratura che abbiamo frequentato, dall'esperienza che abbiamo maturato. 

L'amore ci chiede innocenza. Quella del bambino che si apre al mondo. Perché il dono che ci fa amore, non è la persona che lo suscita, ma il mondo che, attraverso quella persona, si dischiude ai nostri occhi. Un mondo mai visto perché le nostre difese, in quell'occasione, sono cadute.  E, con le difese, anche i nostri modi, lussuriosi o pudichi, di concepire l'amore.

Vertigine del pensiero che si trova tra pensieri mai pensati, tonalità affettive per le cose di tutti i giorni che, per consuetudine, prima ci erano indifferenti, luminosità dello sguardo che si è aperto in modo del tutto nuovo sul mondo, parole nuove rispetto a quelle abituali che prima dicevamo e sentivamo. 

La nostra anima, come effetto di ogni incontro d'amore, ci cede il suo segreto e ci fa conoscere quel mondo sconosciuto che noi siamo e, fino ad allora, ignoravamo. 

Questo è l'amore, e non l'altro che ci ama o non ci ama come vorremmo che lui ci amasse.  

Perché quando le nostre attese pregiudicano l'amore, già abbiamo perso l'innocenza, e con essa la chiave che ci porta alla scoperta di tutte le nostre parti segrete che, con l'avanzare degli anni, rischiano di morire senza essere mai nate.

Ma per accedere ai doni dell'amore dobbiamo in qualche modo mettere da parte il nostro io e la nostra abituale visione del mondo, perché l'altra parte di noi stessi possa emergere, sorprenderci e sconvolgerci.  Amore infatti non è una cosa tranquilla, delicata, gentile, comprensiva, rispettosa, e tanto meno suggello di fede eterna, che è un desiderio troppo rassicurante per il lavoro che amore compie quando, bruscamente, ci sveglia dalla consuetudine monotona della nostra esistenza, dall'immagine ben strutturata della nostra identità, dai nostri desideri che cercavano appagamento quando invece amore è sconvolgimento.

Solo se comprendiamo queste cose ci portiamo all'altezza dell'amore che una cosa sola vuole: che la nostra vita non prosegua più sul binario stanco sul quale le nostre difese, e allo stesso modo, le nostre attese lo avevano incanalato, sotto il regime del nostro io che si difendeva dall'altra parte di noi stessi che pure invocava di vivere.

in testa: Antonio Canova, Tre Grazie (particolare). 



25/01/14

Nessuna meraviglia viene a risvegliare il tuo sonno.




Fonte di saggezza popolare ripete che si invecchia quando si smette di innamorarsi. Cioè, non si riesce più. Soltanto ampliando lo sguardo, si dovrebbe ammettere che si invecchia, e cioè ci si avvicina, preparandosi, alla morte, quando si smette di meravigliarsi. 
Nulla è infatti più vicino alla meraviglia dell'innamoramento, che della meraviglia è solo una delle manifestazioni. 

L'albero rinnova i colori, si piega sotto il peso della pazienza, non smette di credersi legato indissolubilmente alla terra, anche quando muoiono le radici e il legno vecchio si disperde nell'apparente niente che è la dissoluzione degli atomi, degli amminoacidi, delle diverse variazioni chimiche chiamate 'albero'. 

Così noi, dovremmo essere capaci di rinnovare i colori. Farci nuovi per il riposo degli uccelli, splendenti per le piogge di giugno, nudi per la paura di gennaio, tenui per l'alba nuova d'autunno, intrepidi per l'ultima primavera che verrà a visitarci. 

Lo sguardo è quello che siamo capaci di essere. 

Quando tutto è fermo, senti una madida coperta senza vita che avvolge il tuo corpo. Da sotto, uno scheletro insensibile riesce ancora a sentire.  Ma nessuna meraviglia viene a risvegliare il tuo sonno. 

Vivi da morto, come un morto.  E il vecchio adagio direbbe che sei morto anche se vivi, cioè non sopravvivi, anche se sembra che è quello che fai. 

La meraviglia scardina come un arpeggio le ossa del tuo scheletro.  Quando non vuoi, viene a ricordarti che sei stato vivo, e lo sei, e lo sarai.  Dipende, come in ogni cosa creata dall'universo,  dalla vibrazione.  Sei nato da quella, tornerai ad essere quella, dipendi da quello .  Il silenzio, senza di quella, è vuoto. Come non è mai il silenzio. 




Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. 

30/11/13

'Che fare ?' Il comportamento amoroso secondo Barthes.





Comportamento  Figura deliberativa: il soggetto amoroso si pone con angoscia dei problemi di comportamento che il più delle volte sono futili: che fare davanti a tale alternativa? Come agire? 

Le mie angosce di comportamento sono ridicole e diventano sempre più ridicole, all'infinito.  Se l'altro incidentalmente o negligentemente mi dà il numero di telefono di un posto in cui posso trovarlo a certe ore, io subito mi agito: devo o non devo telefonargli ? (Dirmi che posso telefonargli  - questo è il senso obiettivo, logico, del messaggio - non servirebbe a niente, poiché ciò che mi mette in crisi è proprio questo permesso).
E' futile ciò che in apparenza non ha e non avrà conseguenze. Ma da me, soggetto amoroso, tutto ciò che è nuovo, tutto ciò che può turbare, viene accolto non come un fatto, ma come un segno che bisogna interpretare. 

Talvolta, a furia di deliberare su "niente"(questo è quanto direbbero gli altri), finisco con lo sfiancarmi; a questo punto, con un ultimo guizzo, come uno che sta per annegare e cerca con un colpo di tallone di risalire in superficie, tento di prendere una decisione spontanea (la spontaneità: grande sogno: paradiso, forza, delizia): telefonagli visto che ne hai voglia! Ma invano: il tempo amoroso non consente di mettere sulla stessa linea l'impulso e l'atto, di farli coincidere: io non sono l'uomo dei piccoli acting-out; la mia follia è misurata, non si vede; è subito che io ho paura delle conseguenze, di ogni conseguenza : ciò che è spontaneo è la mia paura- la mia indecisione.



Da Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, traduzione di Renzo Guidieri, Giulio Einaudi Editore, 1970, pag. 53 e 54.

19/02/13

Innamoramento come prova della trascendenza.




Si cercano tanto nella vita, si cercano sempre prove della trascendenza della natura umana, della sua non spiegabilità solo basata su fattori biologici.

Una di queste prove ce l'abbiamo sotto mano tutti i giorni, ed è la nostra capacità di innamorarci.

Come scrive James Hillman ne Il codice dell'Anima, la mappa amorosa può spiegare le cose visibili, come i fianchi morbidi, le automobili e i cammelli, ma l'amore si innamora anche di qualcos'altro che è invisibile. 

Diciamo: "Lui/lei ha un non so che"; "Il mondo intero cambia quando c'è lui/lei". Come pare abbia detto Flaubert: "Lei era il punto di luce sul quale convergeva la totalità delle cose."

Questo sulla mappa non c'è. Qui ci troviamo nel territorio della trascendenza, dove le realtà normali sono meno convincenti delle cose invisibili. Se mai volessimo la prova lampante dell'esistenza del daimon che chiama (cioè dell'anima), basta che ci innamoriamo una volta.

Nessun gene, nessun liquido organico riuscirà mai a spiegarci perché ci innamoriamo proprio di quella persona, e non di una delle altre migliaia che incontriamo durante la vita.

Il filosofo spagnolo Ortega y Gasset dice che gli innamoramenti sono rari, se pensiamo a come è lunga la vita. L'innamoramento è un evento raro e fortuito, che colpisce a profondità incredibile.

Quando accade, accade esclusivamente per la singolarità della persona: quella persona, e non un'altra.

L'occhio dell'innamorato è capace di vedere una realtà che vede soltanto lui, e che soltanto lui riconosce come qualità invisibile dell'oggetto amato.

Servono altre prove, altre parole per rendere evidente che nell'uomo agiscono forze a lui ignote, non spiegabili e non riducibili soltanto ai meccanismi della biologia e della materia ?

Eppure oggi ci diverte molto questo gioco macabro che vuole rendere l'uomo equivalente a un pezzo di legno, o a qualsiasi altra cosa del creato.