Visualizzazione post con etichetta immanuel kant. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta immanuel kant. Mostra tutti i post

11/03/14

La forza (sublime) del cambiamento. Kant & Glass.



Philip Glass ha scritto alcuni meravigliosi Quartetti per archi. 

Dal 1966 (il N.1), quando aveva 31 anni, al 1984 (il N.2, Company, un movimento del quale è proposto nel video qui sopra nella esecuzione del quartetto ReDo), al 1985 (il N.3, Mishima), al 1989 (il N.4, Buczack), al 1991 (il No.5, senza titolo). 

Sono pezzi apparentemente difficili (ciascuno oscillante, in quattro o cinque movimenti, intorno ai venti minuti di durata), diventati però già classici della esecuzione dal vivo da parte dei più affermati complessi da camera contemporanei.

Glass ha fondato la sua teoria artistica sulla variante e sul cambiamento

Mutuando, sulle basi forti della musica occidentale, i principi filosofici della conoscenza orientale: tutto è cambiamento, tutto si trasforma, tutto - l'universo intero, gli atomi e le particelle che ci compongono, il nostro corpo, tutto - fa parte di una danza cosmica

Vi è qualcosa di sublime in questo. La sensazione provata e descritta da Fritjof Capra e che lo spinse a scrivere il suo libro più famoso, Il Tao della fisica.   Capra raccontò che l'ispirazione gli era venuta un giorno, mentre era seduto sulla riva del mare, quando aveva avvertito con tutti i sensi e con la profondità della sua conoscenza interiore, la danza cosmica che si svolgeva intorno a lui e di cui anche lui faceva parte. 

Una sensazione di meraviglia, di fronte al misterioso e al sublime si impadronì di lui.

Il sublime ritorna anche nella apparente oscurità di questi Quartetti, che sembrano riproporre quella danza cosmica davanti ai nostri occhi e per le nostre orecchie. 

Il bello implica direttamente un sentimento di intensificazione della vita, scriveva Immanuel Kant nella Critica del Giudizio nel  1790, il sentimento del sublime è invece un piacere che scaturisce in modo indiretto, venendo prodotto dal senso di un momentaneo impedimento delle forze vitali, seguito da una tanto più forte effusione di queste...


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata   




24/07/12

Il Paradosso dell'Orologiaio. L'argomento teleologico, ancora attuale.





Inaspettatamente, si torna a parlare dell'argomento teleologico. 

Si tratta del celebre paradosso formulato nel 1802 dal teologo e pastore anglicano William Paley (Peterborough, 14 luglio 1743 – Lincoln, 25 maggio 1805) :  Questi sosteneva che se trovassimo in terra un orologio da taschino, quando anche non ne avessimo mai visto uno, capiremmo all'istante che si tratta di un oggetto prodotto da un'entità intelligente.

Lo stesso valeva, secondo lui, per la natura: la sua complessità dimostrava che era frutto di un progetto intelligente.

In realtà Paley non aveva inventato nulla: l'argomento teleologico - cioè l'evidenza della esistenza di Dio giustificata dalla complessità, dall'armonia, e dal mistero della natura - era già stato utilizzato dai grandi pensatori del passato: primi fra tutti, Averroè e Sant'Agostino.

Il primo era un convinto assertore che la Verità può essere conquistata con la Ragione, oltre che con la Fede.

Per il secondo, la creazione del mondo (che è finito e mortale) è avvenuta fuori dal tempo.

La dimensione del tempo insomma, NON è sempre esistita, ma è stato creata. Solo l'anima del primo uomo è stata creata direttamente da Dio.

L'argomento teleologico fu ferocemente contestato, nel corso dei secoli, e venne 'smontato' razionalmente da Hume prima, e da Kant poi.

Ma l'obiezione razionalistica non è riuscita a prevalere del tutto. Per un semplice motivo: Al tempo di Agostino prima, e di Hume e Kant poi, era difficile anche lontanamente immaginare la reale complessità che all'esterno ci circonda e all'interno ci penetra.

Nessuno - neanche tra i più grandi visionari del passato (pensiamo a Giordano Bruno), poteva lontanamente immaginare quello che la Fisica oggi ci sta rivelando sull'Universo, sulla sua nascita, sulla sua consistenza (il 75% del quale è composto da materia oscura e da energia oscura della quale tutto ignoriamo), sul suo sviluppo, e sul fatto che l'Universo da noi abitato è soltanto uno dei molti, infiniti universi probabilmente interconnessi.

Né avrebbe potuto immaginare la complessità spaventosa della fisica sub-atomica, o della biologia molecolare.

Ecco dunque che le argomentazioni teleologiche trovano oggi una inaspettata revanche motivata dalla complessità di quanto scopriamo: sappiamo per certo, ad esempio, che la vita è un fenomeno che si è verificato sulla Terra, in tutta la storia della Terra (4,5 miliardi di anni) una sola volta. Tutta la vita che oggi esiste sul pianeta discende da quel misterioso fenomeno, del quale non sappiamo quasi nulla. 


Sappiamo soltanto che per nascere, la vita, la vita biologica, dovette superare un esame difficilissimo, anzi potremmo dire matematicamente ai limiti dell'impossibile: la probabilità che solo una molecola di proteine venga formata a caso (ci dice la scienza molecolare) è 1 verso 10 alla 243ma (cioè il numero dieci seguito da 243 zeri). E una cellula è costituita da milioni di molecole di proteine. Come la mettiamo ? Chi o cosa  - si chiedono i moderni teleologi -  ha permesso o causato questo evento così imponderabile ?


Fabrizio Falconi