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28/10/22

Scrittori, osate l'impossibile, non accontentatevi dell'ordinario: lo raccomandava Calvino

 


Rileggendo l'ultima delle Lezioni Americane di Calvino, l'ultima che scrisse, quella sulla Molteplicità (è la quinta, come è noto l'ultima, la sesta, dedicata alla Consistenza, Calvino non fece in tempo a scriverla), si ritrovano diversi passi che suonano come un monito agli scrittori di oggi (italiani) a ritrovare il coraggio di raccontare - e prima ancora di pensare - "in grande", ponendosi obiettivi alti, non consueti, non minimi, non minimalisti, non ordinari, non rinunciatari, non scontati. 

"L'eccessiva ambizione dei propositi" - scrive Calvino - "può essere rimproverabile in molti campi, non in letteratura. La letteratura vive solo se si pone degli obiettivi smisurati, anche al di là di ogni possibile realizzazione. 

Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione. 

Da quando la scienza diffida dalle spiegazioni generali e dalle soluzioni che non siano settoriali e specialistiche, la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo.

Uno scrittore che certo non poneva limiti all'ambizione dei proprio progetti era Goethe, il quale nel 1780 confida a Charlotte von Stein di star progettando un "romanzo sull'universo".  Poco sappiamo di come egli pensasse di dar corpo a questa idea, ma già l'aver scelto il romanzo come forma letteraria che possa contenere l'universo intero è un fatto carico di futuro."

Già: carico di futuro. Forse è per questa mancanza di coraggio e di ambizione che la letteratura italiana di oggi è così poco "carica di futuro". 

Fabrizio Falconi - 2022 

29/08/17

Goethe a Venezia - Una targa ricorda il suo soggiorno (secondo) in città nello storico Viaggio in Italia.



L'assessore comunale al Turismo e alla Toponomastica del Comune di Venezia, Paola Mar, ha inaugurato ieri in Riva del Carbon una targa commemorativa a ricordo del secondo soggiorno veneziano del poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe

La targa e' stata collocata sulla facciata dell'edificio nel quale si trovava la "Locanda Della Tromba", nella quale Goethe risiedette per quasi due mesi nella primavera del 1790. 

Il 28 agosto e' anche il giorno di nascita dello scrittore e poeta tedesco. Mar ha sottolineato l'importanza del viaggio come veicolo di conoscenza e di confronto tra popoli e tra culture, soprattutto in una citta' come quella di Venezia, da sempre crocevia di scambi e incontri culturali. 

L'assessore ha inoltre posto l'accento sull'importanza della storia: "il passato non deve essere considerato qualcosa di morto - ha concluso - ma deve aiutarci a comprendere il presente e a progettare il futuro. E' questo che stiamo facendo qui a Venezia, anche per quanto riguarda le soluzioni che stiamo mettendo in atto per la gestione dei flussi turistici". 


Venezia rappresenta una delle prime tappe importanti del "Viaggio in Italia" di Goethe. Il poeta si fermo' nella citta' lagunare per due settimane, nell'autunno del 1786. Meno noto e' invece il suo secondo soggiorno a Venezia, avvenuto nella primavera del 1790, in cui si trattenne quasi due mesi in citta'; inizialmente da solo ed in veste privata, poi in compagnia della duchessa Anna Amalia di Weimar, con la quale partecipo' alla vita mondana della Serenissima. 

Goethe venne comunque registrato dalla polizia segreta veneziana, cosi' come accadeva a tutti gli altri visitatori: a seguito delle notizie provenienti dalla Francia rivoluzionaria, la Repubblica voleva sapere esattamente chi fosse presente in citta'.



Disegno di Tischbein che ritrae Goethe di spalle 
mentre si sporge da una finestra semiaperta.

24/01/15

Goethe collezionista di autografi. (Una grande mostra a Weimar).



Oltre a essere un genio universale, scrittore, poeta, scienziato e umanista, Johann Wolfgang von Goethe era un appassionato collezionista, non solo di arte, ma anche di manoscritti di grandi del suo tempo. 

Una mostra a Weimar, organizzata dall'Archivio Goethe e Schiller, espone alcuni di questi preziosi documenti, mai mostrati al pubblico prima, fra cui testimonianze di Mozart e Napoleone. 

Nella maturità Goethe (1749-1832) aveva sviluppato una accesa passione per gli autografi di grandi personaggi contemporanei o anche gia' scomparsi da tempo. Amici e conoscenti lo aiutavano a nutrire la sua collezione. 

"Negli ultimi 25 anni della sua vita Goethe ha raccolto attorno ai 2.000 documenti di circa 1.500 personalità", ha detto la curatrice, Evelyn Liepsch. 

Una piccola selezione (14 manoscritti) e' esposta nella mostra, che si e' aperta oggi a Weimar e chiude il 28 giugno: "Da Mozart a Napoleone" il titolo. 

Goethe raccoglieva lettere, appunti, disegni, certificati, alberi genealogici, pagine di spartiti o semplici autografi di artisti, studiosi, politici e sovrani. Fra di essi, esposta ora a Weimar, anche la copia di una firma di Napoleone, che peraltro conobbe in vita. 

L'Archivio possiede anche una piccola lettera scritta a Goethe dall'imperatore francese che pero' non e' esposta: "noi non siamo un museo ", ha spiegato la curatrice alludendo alla scelta e al numero limitato dei documenti selezionati. 

Altra testimonianza preziosa e' un frammento di una partitura di Mozart inviato a Goethe da una amica di Vienna con cui corrispondeva. Si tratta di una pagina manoscritta della Fantasia per pianoforte in do minore, ultimata dall'amico del grande compositore, il clarinettista Anton Stadler. 

Altro documento significativo, una lettera dal lascito di Moses Mendelsohn (1729-1786). Il celebre filosofo tedesco proveniva da una illustre famiglia della borghesia ebrea che ha prodotto anche il grande compositore romantico, Felix Mendelsohn Bartholdy (1809-1847), nipote del filosofo. 

La morte precoce del poeta e amico Friedrich Schiller nel 1805, ha contribuito ad alimentare la passione di Goethe per gli autografi di "persone eccezionali, notevoli, capaci", egli stesso si vedeva sempre piu' attraverso il filtro storico, ha spiegato la curatrice Liepsch. Goethe teneva molto alla sua collezione, da lui meticolosamente archiviata, e usava spesso sfogliare e rimirare gli oggetti raccolti, come i manoscritti di partiture. 

Arricchiva il suo tesoro durante viaggi, attraverso scambi, o anche grazie all'aiuto di amici che sapevano della sua passione. Accanto al piacere di possedere degli originali,  Goethe amava il contatto con questi documenti "per poter evocare e richiamare attorno a se' - come scrisse egli stesso nelle lettere - gli spiriti delle persone allontanatesi o scomparse" .

04/10/14

Non è uomo chi non è capace di meravigliarsi. (Goethe Schopenhauer e Florenskij)



Ancora in Goethe: quando in Italia, sue testuali parole, egli "scoprì l'En Kai Pan  (formula greca con cui si indica l'identità dell'Uno col Tutto) in botanica", cioè la pianta primigenia, la scoperta "lo colmò di meraviglia."

Henrich Voss racconta di come Goethe avesse analizzato un giorno la citazione del Teeteto di Platone traducendola liberamente: La meraviglia è la madre di tutto quanto c'è di bello e buono

Goethe apostrofa come ottuso colui che non si stupisce della legge eterna della natura, e aggiunge che il saggio vero e il vero uomo cessano di essere tali non appena perdono la capacità di meravigliarsi.

A Eckermann poi Goethe dice: "La meraviglia è quanto di più grande possa raggiungere l'uomo, e se il proto-fenomeno lo ha condotto a meravigliarsi, che egli se ne contenti; esso non è in grado di fornirgli nulla di più sublime, e l'uomo non deve cercarvi null'altro."

Come scriveva Schopenhauer: "Quanto più in basso l'uomo si trova dal punto di vista intellettuale, tanto meno misteriosa è per lui l'esistenza: anzi gli sembra ovvio che tutto quello che esiste, esista ed esista così com'è."




16/09/14

Una Palma del 1585, ancora viva - la pianta che "insegnò la vita a Goethe"



pubblico questo bellissimo articolo di Giovanni Montanaro pubblicato oggi dal Corriere della Sera. 

È il settembre del 1786, Johann Wolfgang von Goethe ha trentasette anni. 

Come ogni uomo, è già stato tanti uomini diversi. È stato avvocato e precettore, ha frequentato i tribunali e, con più trasporto, le taverne e le sale da concerto. 

Ha studiato lingue, dal greco all’italiano, ma non ha trascurato l’equitazione e la scherma. Si è applicato al disegno, ma anche a geologia e anatomia, botanica e mineralogia. 

Ha attraversato un periodo infernale, coliche e sangue in bocca, in cui ha temuto di morire presto. Ha bruciato quasi tutta la sua produzione letteraria giovanile, ma ha scritto già il suo best-seller, il Werther, che poi è la storia di una Charlotte vera che non ci stava con lui, di un suo amore aspro, giovanile, di quelli che sono tutto. Ha conosciuto la fama, ma anche l’angoscia dei ragazzi che si suicidavano imitando il protagonista del suo libro, tenendo quel libro in tasca.



In quel giorno di settembre del 1786, all’inizio del suo viaggio in Italia, Goethe si trova dentro l’Orto Botanico dell’Università di Padova (vedi foto in testa).

E vede la stessa pianta che vedo io adesso, la palma di San Pietro. Dopo la dipartita di un agnocasto, nel 1984, è la pianta più antica dell’Orto. 

Risale almeno al 1585, è cresciuta in questi secoli, continua a crescere, a salire, ma il tronco originario, la ceppaia, è lo stesso. Goethe ne osserva le foglie; quelle più giovani, di sotto, sono tutte intere, poi con l’età cominciano a spezzarsi, a diramarsi, a venire come ciuffi sottili. Goethe ne resta affascinato. 

Le foglie, nella loro vita, cambiano forma, fino a sembrare di piante diverse. Goethe pubblica, nel 1790, una teoria su La metamorfosi delle piante : sostiene che gli organismi crescono attraversando fasi che li modificano completamente.



Al di là del rigore scientifico della tesi, al di là della meraviglia e ambizione di quest’uomo universale in un’epoca in cui si poteva ancora esserlo, e scrivere copioni di teatro e trattati sulla natura, c’è qualcosa di più. 

Forse, l’evocazione che crescere, in fondo, significa perdere occasioni, fare solo una delle cose che si potevano fare. È facile dire che c’è tutto Goethe, qui; il Werther , in fondo, è una foglia intera, mentre il Faust o Le Affinità Elettive , scritti dopo aver visto questa palma, sono foglie più irregolari. È che le piante fanno sempre riflettere sulla vita, anche quelle che teniamo sul balcone, che ci sorprendono a crescere. 

A maggior ragione, la vita dilaga qui, nell’Orto, in questo tripudio di specie diverse, dal caffè alla polmonaria curativa, dalla ruta che profuma al fiore di loto che cresce velocissimo.


Quanti altri hanno paragonato la loro esistenza a questa palma? Quanti si sono sentiti piccoli, rispetto ai cipressi calvi, ma comunque protetti dagli alberi? Quanti, invece, hanno rivisto qualche conoscente nelle piante insettivore, quelle ad aspirazione, che succhiano la preda, quelle adesive, che la incollano senza muoversi o far nulla, o quelle a scatto, che invece ti sorprendono e ingoiano?

Giovanni Montanaro per Corriere della Sera - 16 settembre 2014. 

28/04/14

Visita alle Cripte dei Cappuccini e alla Roma dei Barberini, il prossimo 11 maggio.




CRIPTE DEI CAPPUCCINI E LA ROMA DEI BARBERINI

VISITA GUIDATA alle cripte delle ossa dei Cappuccini nella Chiesa di Via Veneto, alla Fontana del Tritone di Piazza Barberini e ai giardini segreti di Palazzo Barberini.

Vi propongo un percorso guidato alla Roma dei Barberini, che prenderà il via dalla Chiesa dei Cappuccini (Santa Maria dell’Immacolata) in Via Veneto,  la cui attrattiva principale è sicuramente la cripta-ossario decorata con le ossa di circa 4000 frati cappuccini, raccolti tra il 1528 e il 1870, un luogo che ha ispirato molti scrittori del passato, tra cui Hawthorne,  Goethe e il Marchese De Sade. Alle Cripte si accede attualmente esclusivamente attraverso il Museo dei Cappuccini, adiacente alla Chiesa.  La visita proseguirà poi in Piazza Barberini, con la Fontana del Tritone opera di Gian Lorenzo Bernini e commissionata da Papa Urbano VIII (Barberini) e ai giardini segreti del Palazzo Barberini, nella via omonima, costruito da Carlo Maderno e da Francesco Borromini per conto della potente famiglia romana.

  
DOMENICA 11 MAGGIO ore 10.00
Appuntamento ai piedi della scalinata della Chiesa dei Cappuccini (Santa Maria dell’Immacolata), in Via Veneto, n.27.




28/01/11

E' così che si finisce sempre più nel fondo.



E' così dunque che si finisce nel fondo: scivolando ogni giorno, concedendo ogni giorno, assolvendosi ogni giorno, ogni giorno un po' di più, ogni giorno dicendosi: 'vada anche questo, lo passo, lo tollero', dicendo sì ogni giorno, mentendo ogni giorno sull'altare del 'tutto vale, tutto è lo stesso'.

Ci sono due tipologie di questa accettazione passiva che portano ad un totale svuotamento delle proprie vite: il primo è quello di Eduardo, quello di questo video, quello degli umili che diventano ignavi e non hanno mai - per viltà o rassegnazione o quieto vivere, o tanti altri 'buoni motivi' - la forza di ribellarsi alle ingiustizie, ai soprusi, alle sconcerie, agli abusi.

Il secondo è quello di chi si vende alla vita, sulla base di un rapporto di totale dipendenza dalle emozioni esteriori e di un'ebrezza che stordisce e distrae dalle questioni fondamentali, dal senso ultimo. "L'irrequietezza - scrive Robert P. Harrison - in quanto condizione spirituale caratterizzante la nostra tarda se non terminale modernità, può essere rappresentata come un vortice che travolge quelli che vi finiscono dentro, i quali vengono trascinati dal suo turbinio senza sapere dove andranno a finire."

Se si sceglie questa seconda via, si incontrerà molto facilmente qualche 'Mefistofele' disposto a farci da guida, da generoso anfitrione nel nostro viaggio di scivolamento, di caduta, di progressivo allontanamento dal nostro centro interiore, in definitiva di perdizione.

E' soave e invogliante quel canto con il quale nel Faust Goethiano, Mefistofele seduce Faust: "Innanzi tutto ti porto in compagnia di gente allegra,perchè tu veda come è che si può vivere alla leggera./ C'è gente, qui, che è come per loro tutti i giorni fosse festa. /Di poco spirito e di bocca buona ognuno gira intondo nel suo piccolo come fa un micio con la coda./ Se non gli duole il capo,finchè gli fa credito l'oste,allegria e niente pensieri..."

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