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25/06/13

Di cosa è fatta la nostra paura.




Di cosa è fatta la nostra paura ?

In cosa consiste esattamente ?  La nostra paura è un insieme di paure.  Alcune ci servono per vivere.  Se non provassimo alcune paure, saremmo destinati all'autodistruzione. 

Sono dunque, fisiologiche. 

Altre sono invece, le avvertiamo invece, come zavorre. 

Sentiamo che queste paure rappresentano il modo che il nostro io interiore ha per bloccare ogni cambiamento, ogni crescita ogni possibile evoluzione.  Il rischio del cambiamento è ciò che più ci atterrisce anche se siamo coscienti che - come ha scritto Krishnamurti - l'unica cosa che si ripete costante nella vita è il cambiamento.

Proprio per questo, nel flusso permanente che ha ed è la vita - dove ogni cosa mai si riposa - noi sentiamo il bisogno di creare permanenza, di costruire qualcosa che ci illudiamo non cambi, qualcosa che resti sempre, che non sia mutevole e cedevole come ogni cosa della vita dei viventi. 

Per bloccare dunque il flusso che ci spaventa, le nostre paure ci impongono di aver paura e di fermarci in tempo.   Bloccati dalla paura e dalle paure, ci sentiamo in fondo più sicuri. 

Eppure, come insegnano le diverse psico-analisi - e come insegnano anche le religioni tradizionali - ogni cambiamento è possibile solo se e in quanto siamo disposti ad attraversare le nostre paure.  Le nostre zone d'ombra, come vengono chiamano nella terminologia junghiana. 

Per affrontare le nostre paure occorre il coraggio: la virtù umana che Michel Serres ha definito quella oggi più importante. 

Il coraggio non può essere dato.  

Il coraggio è una qualità umana che sperimentiamo soltanto nella concretezza della nostra vita.  Nessuno, in assoluto, può dirsi un vile o un coraggioso.  Il fatto di esserlo - e di esserlo con se stessi - deriva fondamentalmente da ciò che decidiamo di essere di momento in momento, nel flusso delle nostre vite.

Il giudizio - e l'autogiudizio - ci paralizzano. Soprattutto perché siamo abituati a non dare un volto alle nostre paure, a non parlarne, e a far finta che non esistano. 

Le paure, invece, se vogliamo affrontarle, debbono per prima cosa essere riconosciute.  Accettate.  Non negate, non rimosse. Siamo esseri animali dotati di istinto: la paura fa parte di noi.  Siamo esseri dotati di spirito - ciascuno ne è provvisto, ciascuno nasce diverso da un altro, la nostra individualità unica e irripetibile E' spirito - e di coscienza: la coscienza  e lo spirito ci aiutano a riconoscere e ad accettare le nostre paure. 

A tenerle vicino, a non averne paura.

Solo così, la coscienza e la paura, non negandosi a vicenda, realizzeranno insieme il fine della vita, che è il cambiamento consapevole. L'essere consapevoli del cambiamento.  L'essere capaci di cambiare restando sempre consapevoli di sé.

Fabrizio Falconi


15/11/12

Le primarie, X-factor, e il giudizio-pappa.




Credo che la capacità di discernere, ovvero di esercitare un giudizio sia - al pari di molte e diverse attività umane - legata all'esercizio che di essa si fa.  

Esattamente come l'esercizio di un muscolo, la capacità di discernimento e di giudizio, se non viene esercitata, si atrofizza.  

Si diventa incapaci di esercitare un vero giudizio, perché non si ha (più) la forza di analisi, necessaria per elaborare un vero giudizio (non parliamo nemmeno di merito). 

Ci pensavo l'altra sera, assistendo al duello televisivo per le primarie del centrosinistra, in perfetto stile x-factor, con i 5 candidati tutti uguali, tutti perfetti e corretti, con il loro bel minutino a disposizione, il bravo presentatore con la busta in mano e gli urletti del pubblico alle varie battute, esattamente come durante una puntata del reality di Sky, mentre le ragazze esibiscono le ugole. 

Pensavo a questo constatando che anche io ero molto più attento a giudicare il tono della cravatta di Renzi (forse era meglio senza?), la pettinatura un po' in disordine della Puppato, l'orecchino di Vendola, la giacca stazzonata di Tabacci, le smorfiette di Bersani. 

X-factor, dicevamo. Uno ci pensa e dice: ma perché i giudizi sul talento di aspiranti  fuoriclasse del canto devono essere affidati a Morgan (chi mai ricorda nella vita una sola canzone cantata da Morgan?), a Simona Ventura (quale titolo avrà mai per giudicare cantanti e canzoni?), a Arisa (ma chi è?), a Elio (un ottimo guitto, che ha poco a che fare col canto)? 

Poi però, guardando da casa le primarie, ho detto: no, hanno ragione loro.  Il giudizio, oggi, è una pappa. Come un muscolo flaccido, è diventato pappa.  Per giudicare aspiranti cantanti vanno bene anche Arisa, Elio, Simona, Morgan: quattro buoni (a nulla) della porta accanto.  In fondo son come noi che guardiamo i cinque candidati sul palco delle primarie.  Il nostro giudizio dipenderà da poco. Anzi, da niente.  Al prossimo giro, si ricomincia.   E sul palco sarà qualcun altro a cantare.  Gli stessi, noi o loro, dal pubblico, a far finta di scegliere chi eliminare.

Fabrizio Falconi