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17/02/18

Da oggi si apre al Museo Botanico di Roma un vero e proprio Museo Naturale a cielo aperto !



La novità per l'Orto Botanico di Roma, uno dei più antichi e suggestivi del mondo, è l'apertura del Vigneto Italia: grazie a un progetto dell'Università di Roma ideato da Luca Maroni, sono stati impiantati ben 154 vitigni autoctoni che verranno coltivati, nel cuore di Trastevere, con i principi della biodinamica e cioè a zero impatto ambientale.

Già dal mese di marzo, assicurano gli esperti, le 310 piante coltivate avranno l'aspetto di alberelli e permetteranno ai visitatori di seguire tutta la crescita delle viti, con l'allestimento di laboratori per le scuole durante i quali si insegnerà a pigiare l'uva nei tini come avveniva in passato e verranno svelati tutti i segreti di una perfetta fermentazione. 

La scelta del sito non è casuale: da studi approfonditi si è appurato che proprio le pendici del Gianicolo, in leggera pendenza, erano sfruttate già in epoca romana per la coltivazione della vite, in una zona che era ricca di acqua. 

Il Vigneto Italia sarà un motivo in più per visitare l'Orto Botanico di Roma le cui origini si perdono nella notte dei secoli: originariamente fondato da Papa Nicolò III (1277-1280) dove sorgono gli attuali giardini Vaticani, fu spostato negli immensi giardini del Palazzo Corsini nel 1883. 

Da allora, il Giardino ha continuato ad ampliarsi, con le piante acquatiche (la cui crescita è stata assicurate dall'abbondanza di acque garantita dall'Acquedotto Paolo), le palme, i boschi di bambùm le serre, il giardino giapponese, la valletta delle felci, il bosco romano e il roseto. 

16/02/18

I Giardini di Palazzo Colonna: un angolo segreto di Roma (che oggi si può visitare).



Per molti secoli è rimasto un gioiello visibile soltanto per pochi: i principi che lo abitavano, la loro servitù e i prestigiosi ospiti che venivano da ogni parte d'Europa. 

I Giardini del Palazzo Colonna sono però ancora oggi una delle meraviglie di Roma e meriterebbero di essere conosciuti e visitati da tutti. Si può fare ogni sabato mattina o prenotando una visita qui

Per chi non lo sa, Palazzo Colonna è forse il più grandioso palazzo nobiliare di Roma, ancora oggi abitato dagli eredi della famiglia romana (nome risalente al XII secolo), la cui costruzione iniziò nel XIV secolo ai piedi del colle del Quirinale. 

Entrando dall'ingresso di Via della Pilotta, si scopre un regno verde incontaminato, incastonato dal meraviglioso Palazzo che ospita fra l'altro importantissime opere d'arte - da Bronzino a Guido Reni, da Guercino a Carracci a Tintoretto). 


I Giardini si presentano nella loro magnificenza, dai caratteristici Ponti che salgono in cima al Quirinale, ai terrazzamenti, alle scalinate, alla piazza ellittica, ai boschetti di cipresso, agli allori, le magnolie, gli agrumi e i fastosi resti archeologici, da quello che fu Il Tempio di Serapide dell'Antica Roma; alla scenofrafica cascata di giochi d'acqua ornata da statue, al ninfeo rocaille, alla galleria in pietra peperino che allude alla impresa di Marcantonio Colonna nella Battaglia di Lepanto. 





Completano la visita, la tappa alla Galleria del Piano Nobile del Palazzo (lunga ben 70 metri), e agli altri saloni del palazzo, con le specchiere affrescate da Mario de' Fiori (cui è intitolata una via del Centro, nei pressi), al Salone della Cappella, gli arazzi di Artemisia e molti altri capolavori mai visti, compresi gli appartamenti che furono di proprietà della principessa Isabelle che qui riceveva la regina Elisabetta, e poi la Sala del Vanvitelli, la Sala delle Feste, la Sala della Fontana (foto sotto), la sala del Dughet e la Sala del Mascherone. 

Uno scrigno unico al mondo.

Fabrizio Falconi -
2018 riproduzione riservata 

31/07/17

Torna in libreria "Giardini" di Robert Pogue Harrison. La prefazione.



Torna in libreria in queste settimane Giardini, il meraviglioso saggio di Robert Pogue Harrison, edito da Fazi nella collana Campo dei Fiori.  Questa la prefazione al libro. 

Gli esseri umani non sono fatti per guardare troppo a lungo la testa di Medusa sfoggiata dalla storia, la sua rabbia, la morte e la sofferenza infinita. Non è per un difetto nostro, al contrario, la riluttanza a farci pietrificare dalla realtà della storia è alla base di molte di quelle cose che rendono la vita umana tollerabile: l’impulso religioso, l’immaginazione poetica e utopica, gli ideali morali, le proiezioni metafisiche, l’arte narrativa, le trasfigurazioni estetiche del reale, la passione per il gioco, l’amore per la natura. 

Albert Camus una volta ha detto: «La miseria mi impedì di creder che tutto sia bene sotto il sole e nella storia; il sole mi insegnò che la storia non è tutto». Si potrebbe aggiungere che se la storia diventasse tutto sprofonderemmo nella pazzia. Per Camus era il sole, ma spesso nella cultura occidentale è stato il giardino, reale o immaginario, a costituire un rifugio dalla frenesia e dal tumulto della storia

Il lettore scoprirà in questo libro giardini remoti come il giardino degli dèi di Gilgamesh, le Isole dei Beati dei greci, il giardino dell’Eden di Dante in cima al monte del Purgatorio; oppure giardini ai margini della città terrena, come l’Accademia di Platone, il giardino di Epicuro e le ville del Decameron di Boccaccio; o ancora giardini che sbocciano nel bel mezzo della città come il Jardin du Luxembourg a Parigi, Villa Borghese a Roma e i giardini dei senzatetto di New York. 

Ma tutti questi giardini, in un modo o nell’altro, per come sono stati concepiti e per il fatto di essere ambienti creati dalla mano dell’uomo, sono una sorta di rifugio, se non addirittura di paradiso

Eppure, per quanto riparati, i giardini umani hanno sempre un posto nella storia, se non altro come forze che si contrappongono alle spinte deleterie della storia stessa. Nella celebre frase con cui si conclude il Candide di Voltaire, «Il faut cultiver notre jardin» (‘Dobbiamo coltivare il nostro giardino’), il giardino in questione deve essere interpretato sullo sfondo delle guerre, della pestilenza e delle catastrofi naturali raccontate nel romanzo. 

Questo porre l’accento sulla coltivazione è fondamentale: è proprio perché siamo gettati nella storia che dobbiamo coltivare il nostro giardino. In un Eden immortale non c’è bisogno di coltivare, poiché tutto è già dato spontaneamente. I giardini umani possono apparirci come piccole aperture sul paradiso nel cuore di un mondo caduto, ma il nostro dover creare, mantenere e prenderci cura dei giardini tradisce la loro origine postlapsaria. 

La storia senza i giardini è un deserto. 

Un giardino staccato dalla storia è superfluo. I giardini che abbelliscono questo nostro Eden mortale sono la prova inconfutabile della ragion d’essere dell’umanità sulla Terra. Quando la storia scatena le sue forze distruttrici e annichilenti, per non cedere alla pazzia e preservare la nostra umanità dobbiamo agire contro e nonostante quelle forze. Dobbiamo ricercare le forze curative e redentrici, lasciandole crescere dentro di noi. Ecco cosa significa prendersi cura del nostro giardino. L’aggettivo possessivo usato da Voltaire – “notre” – si riferisce al mondo che condividiamo. È il mondo della pluralità che pian piano prende forma grazie al potere dell’agire umano. “Notre jardin” non è mai un giardino di interessi esclusivamente individuali in cui rintanarsi per sfuggire al reale: è quel pezzo di terreno sulla Terra, dentro se stessi o all’interno della collettività, in cui vengono coltivate le virtù culturali, etiche e civili che salvano la realtà dai suoi istinti peggiori.

Quelle virtù sono sempre nostre. Aggirandosi per questo libro il lettore attraverserà diversi tipi di giardino – reali, mitici, storici, letterari –, tutti però facenti parte, chi più chi meno, della storia di questo “notre jardin”. Se la storia è in ultima analisi il conflitto terrificante, costante e infinito tra forze di distruzione e forze di coltivazione, allora il mio libro si schiera dalla parte di queste ultime. E cerca in tal modo di partecipare alla vocazione del giardiniere alla cura.


08/09/16

"L'era della giovinezza" di Robert Pogue Harrison (Recensione).



Dopo Foreste, Il Dominio dei morti e Giardini, un altro importante, meraviglioso libro di Robert Pogue Harrison, che esce in questi giorni per Donzelli

Un libro che parte da una semplice domanda: che età abbiamo in questo momento della nostra storia culturale, quando l'età della giovinezza non è ancora diventata quel futuro di cui si costituisce un preludio ?
Harrison parte da una constatazione: non siamo mai stati così giovani e neppure così vecchi. 

Siamo vecchi nel senso che la nostra appare come una civiltà senescente, che ha alle spalle millenni di evoluzione culturale, guerre, filosofie, scontri e dispute, creazioni e miti. Allo stesso tempo, è una civiltà, quella occidentale, che non è mai stata così giovane, ed è per questo che si assiste ad una americanizzazione dell'intero occidente (a livello culturale: le storie, la musica, la tecnologia, i modelli culturali, provengono quasi tutti dall'america. una cultura e una civiltà giovane, che gioca e solletica con gli istinti di un puer aeternus). 

Per quale motivo gli occidentali che vanno al cinema oggi prediligono, in numeri di massa, gli spettacoli per adolescenti ? (basta consultare le classifiche del box-office per vederlo); perché gli adulti occidentali hanno assimilato ed assimilano così velocemente un linguaggio tecnologico primitivo, quasi infantile (basti pensare alla diffusione degli emoticon, nella messaggistica digitale)? Perché i vecchi dell'occidente (un termine che oggi comprende anche molti dei paesi del medio ed estremo oriente) somigliano sempre più a giovani che non vogliono crescere ?

In quattro parti densissime - e un epilogo - Harrison, attraverso incursioni nelle culture e nella storia, nella filosofia e nella letteratura,  ripercorre ed evidenzia i modi attraverso cui gli spiriti della giovinezza e della vecchiaia hanno interagito tra loro dall'antichità fino ai tempi nostri, mutuando dal linguaggio scientifico il concetto di neotenia - ossia il mantenimento di caratteristiche giovanili anche nell'età adulta. 

L'impulso giovanile è essenziale per per sviluppare un indirizzo innovativo nel campo della cultura e per mantenere viva la genialità. Non solo: anche per esaltare i rapporti tra gli uomini e costruire società migliori. 

Nel terzo capitolo, Harrison ripercorre alcune cruciali rivoluzioni neoteniche della storia dell'umanità:  quella messa in atto da Socrate, in  Grecia, nel V secolo avanti Cristo, Socrate che appariva ai suoi discepoli non nelle vesti di un vecchio saggio, ma come una più matura incarnazione delle loro stesse aspirazioni giovanili; quella attuata da Platone, il quale sulla base della più vecchia conoscenza umana - i miti - fu in grado di assicurare un futuro alla filosofia, facendone l'unica legittima erede della perduta antichità dell'anima;  quella attuata da Gesù Cristo, che invitò gli uomini a diventare come fanciulli per poter entrare nel Regno e che nel modello della crocefissione, incarnò un uomo definitivamente nuovo - "Un bambino è nato tra noi" ; quella contenuta nella dichiarazione di indipendenza e nella Costituzione americana, e nel discorso di Gettysburg di Lincoln,  la Costituzione più vecchia del mondo ancora vigente, e allo stesso tempo, la più giovane

Il nuovo, ovvero il giovanile, spiega Harrison in un emozionante capitolo che si intitola Amor Mundi, offre al passato un futuro in cui crescere e conferisce a ciò che è nuovo delle fondamenta per resistere saldamente. Questa è la neotenia, il contrario della giovanilizzazione (alla quale assistiamo in questi tempi) la quale conferisce alla gioventù un'anzianità prematura e all'anzianità una immatura giovanilità. 

E' dunque fondamentale, sostiene Harrison, una nuova pedagogia permanente che consenta ai nuovi di comprendere se stessi, nella solitudine della riflessione e dello studio, fuori dalla accecante attrazione - risucchiante - della luce degli impianti digitali sempre più invasivi, sempre più totalizzanti.  Solo nella percezione della separazione del sè, dal mondo, e dalla consapevolezza della saggezza e della consistenza del vecchio - un vero e proprio Amore Giovanile (un Amor Mundi giovanile) - raggiungeranno lo scopo di migliorare la vita, perché imparare è vita e la vita significa imparare. 

Un libro che è un'avventura dello spirito e una splendida ricapitolazione dell'avventura umana, dall'esito futuro assai incerto. 

Fabrizio Falconi




04/12/15

Riapre a Roma da domani il meraviglioso Casale dei Cedrati di Villa Pamphilj.



Il Casale dei Cedrati di Villa Pamphilj riapre i battenti domani,  sabato 5 dicembre. 

Uno spazio straordinario che viene restituito alla cittadinanza grazie al bando del 2013 promosso da Roma Capitale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, vinto dall’A.T.I. CoopCulture - Linea d’Arte, oggi trasformata in Società Consortile Casale dei Cedrati. 

Poggiato sulle strutture dell’antico Acquedotto Traiano-Paolo e circondato dal Giardino dei Cedrati di Gabriele Valvassori, il Casale dopo i lavori di ristrutturazione accoglierà un’ampia e variegata gamma di attività rivolte a tutte le fasce di età e realizzate attraverso un lavoro in rete con molte associazioni del territorio

Visite guidate, laboratori, mostre, incontri, conferenze, appuntamenti per gli sportivi, grandi eventi e concerti di musica, il tutto ospitato in spazi dedicati anche allo studio e al gioco, serviti da caffetteria e bookshop

Tanti gli appuntamenti in programma nel primo weekend: dalle 10 di sabato laboratori d’arte e di educazione ambientale per bambini con Informadarte e CoopCulture, laboratori di teatro con Blustocking, attività en plein air con i camminatori di Nordic Walking, il concerto di chitarra di Miki Piperno; nel pomeriggio apertura di Project Room Artist in residence, progetto d’arte contemporanea curato da Lori Adragna. 

Domenica mattina alle ore 12.00 lezione-spettacolo di giardinaggio per giardinieri planetari con l’attrice giardiniera Lorenza Zambon che animerà gli spazi all’aperto del Casale. La sera musica jazz con The Blue Project e aperitivi curati da Viteculture. 

Le attività culturali del Casale sono patrocinate dal Municipio Roma XII. 

Il 5 dicembre, in contemporanea al Casale, riaprirà anche il Giardino dei Cedrati, settecentesco giardino delle delizie recuperato alcuni anni fa dal Servizio Giardini capitolino ma rimasto poi chiuso al pubblico. 

Nel giardino originale erano presenti cedri, bergamotti, chinotti, limoni, aranci e varietà amare come i melangoli, al tempo utilizzati sia per scopi ornamentali sia per le loro proprietà terapeutiche e cosmetiche. 

Il Servizio Giardini in collaborazione con A.T.I. CoopCulture - Linea d’Arte rimetterà in produzione le serre del giardino, portandovi delle prime piante già coltivate presso le serre storiche del Parco di S.Sisto a Porta Metronia. Torna in produzione anche l’area destinata alla coltivazione delle azalee, all’interno di Villa Doria Pamphilj, destinate a decorare nel mese di maggio la Scalinata di Trinità dei Monti.