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20/11/19

Incredibile ! Secondo gli scienziati, "Angeli e Demoni", la famosa opera di Escher, svela come si deforma la materia


La disposizione quasi psichedelica di angeli e demoni nella celebre opera 'Cerchio Limite IV (Paradiso e Inferno)', realizzata nel 1960 dall'artista olandese Maurits Cornelis Escher, consente di prevedere come un corpo cristallino modifichera' la sua forma se sottoposto a sollecitazioni esterne

E' dunque l'arte a lanciare un prezioso assist alla scienza per capire meglio come si generano frane, valanghe, terremoti e come si deformano i materiali nel micro e nanomondo. 

Lo dimostra lo studio pubblicato su Physical ReviewLetters da un gruppo internazionale di ricerca che ha coinvolto il Politecnico di Milano e l'Universita' di Padova. 

"L'incisione di Escher - spiega Paolo Biscari, professore di fisica della materia del Politecnico - e' legata al lavoro di matematici che nella meta' del secolo scorso stavano esplorando le proprieta' degli spazi iperbolici, ovvero spazi dove non vigono le leggi della geometria euclidea, per cui puo' accadere che due rette parallele si allontanino o si avvicinino"

Proprio osservando l'opera d'arte, e' scoccata la scintilla che ha permesso ai ricercatori di elaborare un nuovo approccio per descrivere attraverso la matematica i fenomeni di deformazione di materiali complessi

Focalizzandosi sull'intreccio di angeli e demoni, hanno infatti intuito che ogni punto dello spazio iperbolico (come ogni punto del disegno di Escher) puo' essere associato a una forma di un corpo cristallino, come un metallo

Nelle sue deformazioni, il materiale cambia di volta in volta passando per esempio dalla forma associata a un angelo a quella associata a uno degli angeli vicini. 

"I corpi seguono dunque delle vie preferenziali per cambiare forma, e se alcune deformazioni (quelle elastiche) possono tornare indietro, altre (quelle plastiche) non possono farlo", sottolinea Biscari. "Questo ci aiuta a capire meglio come cambiano forma i materiali nel micro e nanomondo, ma anche i meccanismi che generano frane, valanghe e terremoti, dove a volte lunghe sollecitazioni sembrano non generare alcuna deformazione finche' un piccolissimo cambiamento scatena il fenomeno".



05/03/19

Trovata la Faglia del Terremoto che "spezzò" il Colosseo .


Il sistema di faglie del Monte Vettore che si e' attivato nel 2016 e' stato anche responsabile del terremoto che nel V secolo danneggio' molti monumenti di epoca romana, compreso il Colosseo. 

Lo indica lo studio italianopubblicato sulla rivista Tectonics e secondo il quale questa faglia genera terremoti distruttivi a intervalli compresi fra 1.500 e 2.100 anni circa. 

 La ricerca e' guidata da Paolo Galli, sismologo del Dipartimento nazionale della Protezione civile e dell'Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Igag-Cnr) ed e' stata condotta con le universita' Sapienza di Roma e 'G.d'Annunzio' di Chieti-Pescara. 

Nell'area dell'Italia centrale colpita dai terremoti dell'agosto e dell'ottobre 2016 i ricercatori hanno scavato trincee a cavallo delle rotture superficiali e delle deformazioni generate dai sismi e, studiando le caratteristiche geologiche della roccia, hanno ricostruito i terremoti generati in passato dalla faglia del Monte Vettore. 

"Sapevamo in passato quella faglia aveva rilasciato forti terremoti, ma non era associata a terremoti avvenuti in tempi storici, cioe' annotati nei registri o nelle fonti storiche", ha detto all'ANSA Edoardo Peronace dell'Igag-Cnr. I ricercatori hanno cosi' individuato le 'cicatrici' lasciate da deformazioni precedenti del suolo e hanno dimostrato che lo stesso sistema di faglie ha generato in passato almeno sei terremoti distruttivi. 

Il penultimo e' stato quello avvenuto nel 443 d.C., che ha lasciato il segno nei danni prodotti a chiese paleocristiane e a monumenti noti, primo fra tutti il Colosseo. 

E' un risultato che, secondo i ricercatori, indica che anche altre faglie silenti potrebbero essere una minaccia: per questo vanno studiate e considerate al fine della mitigazione del rischio sismico. 

17/01/18

A Selinunte sta per emergere una nuova Pompei di 2700 anni fa !



Potrebbe nascondersi una piccola Pompei sotto i templi del parco archeologico di Selinunte, in Sicilia. E' quanto sperano gli archeologi, i geologi e i geomorfologi che stanno lavorando nel sito. 

Con una termocamera  ad alta sensibilita' termica, caricata su un drone, i geologi dell'Universita' di Camerino, in particolare, hanno rilevato sul terreno alcune anomalie termiche riconducibili ad importanti strutture sepolte di circa 2700 anni fa che dal 'Tempio M' scendono verso il porto

Lo ha annunciato il geoarcheologo Fabio Pallotta, consulente dell'Universita' di Camerino e del Parco Archeologico di Selinunte. "Verosimilmente - spiega Pallotta - era un susseguirsi di templi e di vasche colme di limpida acqua sorgiva che ruscellava verso il mare africano per offrire prezioso ristoro ai viaggiatori di confine. Da queste immagini termiche tutti possono osservare come il gradiente di calore delinei nel terreno perfetti disegni geometrici che circondano proprio i resti del cosiddetto 'Tempio M', ora collocato lungo la sponda destra del fiume Selino, ma che in origine spiccava con tutta la sua bellezza sull'estremo promontorio occidentale dell'incantevole laguna". 

"Questa scoperta - commenta il direttore del Parco Enrico Caruso - ci permettera' di trovare le soluzioni migliori per perpetuare nel futuro prossimo ed anche oltre il patrimonio straordinario di Selinunte". 

Quattordici, sino a oggi, i piani di volo effettuati con un esacottero, un drone con sei braccia che ha rilevato le temperature dei corpi sia vivi sia inerti. "Rimangono ancora molte strutture da indagare - ha rilevato sempre Caruso -. Va compresa la conformazione geologica della zona e il perché i selinuntini la scelsero per il loro insediamento. La citta' e' certamente molto piu' ampia di quella odierna". 

Ma non e' questa l'unica importante novita' che arriva da quello che e' considerato uno dei parchi archeologici piu' grandi d'Europa. 

"A Selinunte - ha annunciato sempre Caruso incontrando oggi la stampa italiana e internazionale, invitata a un press tour nell'area - sono state trovate le tubature costruite dai greci ed attraverso le quali l'acqua arrivava nelle case, nuovi ambienti domestici destinati al culto come ad esempio altari cilindrici e la piu' antica raffigurazione di tutto il mondo greco di Hekate, personaggio di origine pre-indoeuropea che fu ripreso nella mitologia greca. Ecate, o Hekate, regnava sui demoni malvagi, sulla notte, sulla luna"

"In 2700 anni il terreno di questa area sismica della Sicilia si e' alzato di circa tre metri, mentre negli ultimi 60 anni le falde acquifere, di cui questa zona e' molto ricca, si sono abbassate di quasi 20 metri". Lo ha detto Marco Materazzi, geomorfologo dell'Universita' di Camerino. Il dramma di Selinunte e' la conservazione. Dobbiamo capire cosa vuol dire tenere in piedi un tempio che puo' rischiare di cadere in caso di terremoto. Questo ci deve indurre a riflettere". 

Il riferimento e' alla ricostruzione del tempio G, tanto auspicata nelle ultime settimane in particolare dal neo assessore regionale ai Beni culturali Vittorio Sgarbi. Una faglia ancora attiva, infatti, attraversa proprio l'area nella quale si trovano i resti del tempio G. "Selinunte - ha osservato il geologo strutturale Pietro Paolo Pierantoni - ha subito terremoti importanti, uno tra il III e il IV secolo avanti Cristo e uno fra il VI e il XIII secolo. Una faglia aveva direzione Nord-Sud e un'altra Est-Ovest e quella che attraversa il tempio G e' ancora attiva". 

04/01/18

Trovati i resti dell'ultimo grande asteroide caduto sulla Terra, 800.000 anni fa.


 Trovati i frammenti vetrosi dell'ultimo grande asteroide caduto sulla Terra. Doveva avere il diametro di circa un chilometro e circa 800.000 anni fa ha colpito una zona imprecisata del Sud-Est asiatico

Resta infatti il mistero del cratere, non ancora individuato. Pubblicata sulla rivista Geology e riportata anche sul sito della rivista Science, la scoperta si deve al gruppo dell'australiana Curtin University guidato da Aaron Cavosie. 

Avvenuto in un'epoca in cui sulla Terra c'erano già gli antenati dell'uomo, l'impatto potrebbe aver modificato il clima perché avrebbe scagliato nell'atmosfera una quantita' di materiali tale da bloccare la luce del Sole per mesi o per anni. 

I resti di quell'evento catastrofico sono stati scoperti in un regione vasta tra Asia, Australia e Antartide: sono frammenti vetrosi di varie dimensioni, i piu' grandi dei quali pesano 20 chilogrammi. 

Analizzando la composizione chimica di tre di essi scoperti in Thailandia, i ricercatori hanno individuato tracce di un minerale raro, chiamato reidite, e di zirconi, che si formano ad altissime pressioni. 

Di qui la deduzione che i frammenti scoperti in Thailandia dovrebbero essere i piu' vicini al punto dell'impatto. 

 Considerando la distribuzione dei resti in un'area molto vasta e le pressioni necessarie alla formazione dei due minerali, i ricercatori hanno calcolato che l'asteroide probabilmente aveva il diametro di un chilometro e avrebbe generato un cratere largo circa 100 chilometri. 

Tuttavia, nonostante le dimensioni e l'eta' relativamente recente, del cratere non ci sono tracce

"La mancata individuazione del cratere potrebbe essere dovuta la fatto che ci sono zone della superficie della Terra che vengono rimodellate con piu' frequenza da eventi geologici e atmosferici", ha rilevato Giovanni Valsecchi, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). 

In 800.000 anni, ha aggiunto, e' possibile che siano avvenuti cambiamenti che ora rendono difficile individuare le tracce dell'impatto

Inoltre l'area potenzialmente interessata e' cosi' vasta che sara' necessario molto tempo e molti mezzi per individuare il cratere, ammesso che ancora ci sia. 

13/11/17

Nel Mar Tirreno scoperta una catena di 15 vulcani sommersi !



Nel Mar Tirreno c'è una catena di 15 vulcani sommersi lunga 90 chilometri e larga 20: oltre agli otto vulcani sottomarini già noti, ne comprende sette appena scoperti. 

Va dalla costa a Sud di Salerno a quella calabra, 30 chilometri a Est di Sangineto (Cosenza). Pubblicata su Nature Communications, la scoperta è di Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Istituto per l'ambiente marino costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Iamc-Cnr) e Istituto neozelandese di Scienze geologiche e nucleari (Gns)