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05/09/22

Quando gli scrittori si odiano (e si sfidano perfino a duello): Ungaretti/Bontempelli, Garcia Marquez/Vargas Llosa, Naipaul/Theroux, Neruda/Huidobro

La celebre foto del duello a filo di spada tra Giuseppe Ungaretti e Massimo Bontempelli

Se non sono particolarmente ipocriti non è facile trovare due scrittori famosi che si amino. Spesso si ignorano. Perché l' invidia, la rivalità, l' arroganza sono sentimenti inconfessabili che, se scoperti, rimpiccioliscono l' anima di chi li prova. 

Così, quando si picchiano, come fu il caso di Garcia Marquez e Vargas Llosa il 12 febbraio del '76, finiscono per nasconderlo anche ai biografi. L’episodio tra i due è leggendario e misterioso. Avvenne a Città del Messico, luogo che per entrambi aveva significati speciali, nel Palazzo delle Belle Arti. Mario Vargas Llosa, il più grande scrittore peruviano di sempre, si avvicinò a Gabriel García Márquez, il più grande scrittore colombiano di sempre. Gli urlò: “Questo è per quello che hai fatto a Patricia a Barcellona!”. E diede a Márquez un pugno in faccia così forte da farlo cadere a terra, lesionargli il volto e una spalla, lasciarlo con un occhio nero per giorni. 

Vargas Llosa se ne andò, Márquez non reagì. 

Racconta Elena Poniatowska, grande scrittrice messicana, che García Márquez andò in un ristorante vicino a farsi dare una bistecca congelata da mettersi sulla faccia, e poi andò via anche lui a bordo di una Volkswagen. 

Da allora nessuno parlò più. Non una parola sul pugno più famoso della letteratura latinoamericana, non una parola su Patricia, che era la moglie di Vargas Llosa con cui, nell’ultimo periodo, García Márquez era diventato amico stretto. Ma soprattutto, non una parola tra le due più grandi penne dell’intero continente. Era il 1976 e per i successivi quarant’anni, fino a che Gabo non è morto nel 2014, i due non si sono mai più rivolti la parola

Un duello molto famoso fu quello fra Giuseppe Ungaretti e Massimo Bontempelli che incrociarono le spade il 9 agosto del 1926. 

I due scrittori dopo un incontro casuale nel quale si erano accusati a vicenda di «maldicenze letterarie» si diedero appuntamento nella villa romana di Luigi Pirandello. Vinse Bontempelli che infilò la spada nell' avambraccio destro di Ungaretti procurandogli una ferita di «tre centimetri». 

Più recente è lo sgarbo che ha messo fine all' amicizia fra lo scrittore di origine indiana Naipaul, premio Nobel per la letteratura nel 2001, e l' americano Paul Theroux

L' avventura è succosa perché Theroux aveva addirittura scritto nel 1998 Biografia di un' amicizia, un libro di memorie nel quale il soggetto era proprio Naipaul. 

Sta di fatto che un giorno, spulciando lo scaffale di un rigattiere, Theroux trovò un suo libro di viaggi con tanto di dedica in prima pagina al suo amatissimo amico. Quando chiese spiegazioni Naipaul confesso s' era disfatto del libro, come di tutti gli altri, che Theroux gli aveva gelosamente donato. 

L' invidia verso la fama meritata o immeritata poi può far di peggio: due grandi poeti e grandi amici come i cileni Pablo Neruda e Vicente Huidobro smisero di parlarsi quando in un' antologia il secondo ricevette qualche riga in più di biografia rispetto al primo. Mentre il terzo incomodo, Pablo De Rokha, morì suicida espulso dal partito comunista dagli amici di Neruda.

17/01/22

Storia di una foto veramente incredibile. Gianni Minà racconta come fu possibile mettere seduti allo stesso tavolo Alì, Marquez, Leone e De Niro

 



E' una foto che gira parecchio in rete, e che sicuramente a qualcuno sarà capitato di incontrare, soffermandovisi con curiosità per il parterre de roi che mette insieme. 

Accanto al giornalista Gianni Minà - ultimo a sinistra nella foto - artefice dell'incontro, nella foto è possibile riconoscere, sempre da sinistra, Robert De Niro, il grande Muhammad Alì (alias Cassius Clay), il più grande pugile di sempre, Sergio Leone e Gabriel Garcìa Màrquez, premio Nobel per la Letteratura, nel 1982.

Ma qual è la storia di questa foto e dove e quando e come fu scattata? 

Lo racconta proprio oggi - anniversario della nascita di Muhammad Alì, che avrebbe compiuto 80 anni - sulle pagine de Il Messaggero, lo stesso Gianni Minà. 

Alla fine dell'intervista realizzata da Stefano Boldrini, arriva la domanda sulla celebre foto.

Parliamo della foto storica - chiede Boldrini - Ali, De Niro, Leone, Marquez e Minà. Come fu possibile? 

Fu scattata a Trastevere - risponde Minà - davanti al ristorante "Checco er Carrettiere" ed è la summa di quello che è stato il mio modo di essere, del piacere che dà l'amicizia e della possibilità di riunire in una sera d'estate cinque amici avidi di curiosità per ascoltare i racconti del più affascinante, Muhammad Alì, un pugile, ma soprattutto un combattente della vita.  Una combriccola così è irripetibile e ancora adesso non so capacitarmi di come sia potuto accadere.
So  solo che tutto cominciò con Muhammad Alì mio ospite nella puntata di Blitz

Questo particolare permette anche di specificare - nella intervista di Boldrini questo non viene riportato - la data in cui deve essere avvenuta la cena. Perché la puntata di Blitz, la trasmissione allora curata da Gianni Minà, con ospite Muhammad Alì (di cui pubblico una foto, sotto), andò in onda il 28 maggio 1982 e dunque la cena si svolse in uno dei giorni - o la sera stessa - intorno a quella data. 

Fabrizio Falconi



14/12/17

La gestazione di "Cent'anni di Solitudine" e molto altro: è On line l'archivio di Gabriel Garcia Marquez.




Sorprese e misteri svelati in 27 mila pagine di carte. L'universita' del Texas, che lo aveva acquistato tre anni fa per 2,2 milioni di dollari, ha messo online l'archivio di Gabriel Garcia Marquez. 

Lettere, manoscritti annotati in 50 anni di lavoro, fotografie, appunti, taccuini, sceneggiature, la collezione intera dei passaporti dell'autore di "Cento Anni di Solitudine" erano entrati nelle collezioni del Centro Harry Ransom tra mille polemiche, prima tra tutte il fatto che l'eredita' letteraria dello scrittore latino americani piu famoso - uno dei piu' feroci critici dell'imperialismo nord-americano - fosse finita per sempre negli Stati Uniti. 

Emerge solo adesso il senso dell'operazione: l'ateneo texano, che già conserva le carte di James Joyce, Ernest Hemingway, William Faulkner e Jorge Luis Borges, ha scannerizzato una buona meta' dell'archivio mettendo le immagini digitali della creativita' di Garcia Marquez a disposizione gratuita di chiunque nel mondo abbia un computer e una connessione web

Mancano, tra le carte digitalizzate, le dieci bozze dell'ultimo romanzo incompiuto, "Ci rivedremo in agosto", il cui primo capitolo fu pubblicato nel 2014, poco dopo la morte dello scrittore a 87 anni, dalla rivista spagnola Vanguardia, ma di cui gli eredi hanno rifiutato l'ulteriore andata in stampa: per consultarle bisognera' recarsi in Texas. 

Disponibili invece la registrazione audio della conferenza di accettazione del Nobel del 1982 e una serie di lettere che sfatano miti coltivati dallo stesso scrittore. 

Come quello, ad esempio, che per scrivere "Cento anni di solitudine", "Gabo" entro' in una sorta di trance, "non alzandosi, come disse lui stesso, dalla sedia per 18 mesi". 

La realta' dell'archivio dimostra che Garcia Marquez compose la saga della famiglia Buendia mandando in giro capitoli e pubblicandone estratti e aggiornando poi il testo a seconda delle reazioni: un po' come faceva Charles Dickens

E come altri scrittori famosi, in pubblico anche Garcia Marquez affermava di non curarsi troppo delle critiche. Gli archivi contengono invece una serie di taccuini che raccolgono meticolosamente, e in alcuni casi reagiscono, alle recensioni del suo lavoro in molte lingue diverse. 

 L'archivio e' stato venduto dagli eredi dello scrittore: comprende anche due macchine da scrivere Smith Corona e cinque computer Apple. Inclusi nel fondo Garcia Marquez, che non teneva copie delle sue, sono anche 2.000 lettere ricevute da grandi firme come Graham Greene, Milan Kundera, Gunter Grass, Julio Cortazar e Carlos Fuentes. Poco dei rapporti con Fidel Castro e altri leader politici: "Mio padre - aveva spiegato all'epoca della vendita il figlio Rodrigo Garcia - preferiva condurre questi affari a voce: di persona o per telefono".

Fonte: Alessandra Baldini per ANSA

29/11/16

La Morte di Fidel - le reazioni della Cultura.



La morte di Fidel Castro è occasione di bilancio anche per il mondo della cultura internazionale.

Giudizi, pareri e ricordi personali:

"Era un uomo elegante, con le lunghe mani affilate da aristocratico spagnolo. Anche di primo mattino fumava dei sigari Cohiba molto sottili che ne accentuavano il fascino. La sua voce era invece deludente: una tonalità molto alta, quasi effeminata, che contraddiceva le pose da macho", ricorda intervistata da Repubblica Inge Feltrinelli, moglie di Giangiacomo, con cui negli anni Sessanta si recò a Cuba proprio per incontrare Castro in vista della pubblicazione delle sue memorie. 

Il lider maximo, ricorda la giornalista ed editrice, non amava parlare di sé, anzi, "la sua vita era la revolución. Parlava di economia e di marxismo ma non era un comunista teorico: al contrario appariva superficiale e velleitario".

All'epoca dell'incontro, nel 1964, Inge spiega che Castro "non sapeva nulla di letteratura. Un ruolo istruttivo importante l'avrebbe svolto García Márquez, che gli fece conoscere la narrativa sudamericana".

Lo stesso Gabo (scomparso nel 2014) che, qualche anno fa, parlava di Fidel così: "La sua visione dell'America Latina nel futuro, è la stessa di Bolivar e Martí, una comunità integrale ed autonoma, capace di muovere il destino del mondo. Il paese del quale sa di più dopo Cuba, sono gli Stati Uniti".

Dal mondo del cinema sono risuonate le parole dell'attore Andy Garcia, cubano naturalizzato statunitense, da sempre critico nei confronti di Castro. "Ho sempre detto che Cuba è stata tradita, mistificata, usata da Fidel. Un dittatore. Non una icona rivoluzionaria", dice in un'intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera.

"Penso che per anni e anni - aggiunge - la mia splendida Cuba sia diventata un Paese amletico e ferito per colpa di due regimi, quello di Batista e quello di Castro".

Forti i contrasti anche nella letteratura sudamericana. Mario Vargas Llosa, peruviano, naturalizzato spagnolo, premio Nobel nel 2010, ha definito Castro una "persona che ha abbagliato" la sua generazione perché "era come un eroe di un romanzo d'avventura", ma è stato responsabile di aver "mantenuto più o meno immobile la struttura del Paese".

A suo avviso, non ci sarà nessuno in grado di "sostituire Fidel come mito, leggenda o eroe" ed è per questo motivo che "le strutture di dominio e di controllo cominceranno a sgretolarsi lentamente". 

Luis Sepulveda ha invece voluto ricordare i meriti del Fidel 'rivoluzionario'. "Oggi - ha scritto dopo la notizia della morte di Castro - è il giorno del dolore di coloro che hanno osato fare il passo necessario di rompere con l'esistenza docile e sottomessa, e si unirono al cammino senza ritorno della lotta rivoluzionaria".

Parole riprese in Italia dal giornalista Gianni Minà, grande esperto di America Latina, che trent'anni fa lo intervistò per 16 lunghe ore. "Non sorprende - ha scritto Minà su il manifesto - che, in quasi tutto il mondo, la notizia della sua dipartita è stata trattata con assoluto rispetto, tranne forse da alcuni gruppuscoli di Miami, quelli che hanno favorito il terrorismo organizzato in Florida e messo in atto a Cuba, come Posada Carriles che continua a passeggiare tranquillamente per Miami".

 E poi ci sono le voci di chi Cuba e i suoi miti li ha raccontati nei libri, come Paco Ignacio Taibo II, autore di 'Senza perdere la tenerezza', straordinario racconto della vita di Ernesto 'Che' Guevara, che proprio nel giorno in cui Castro moriva stava presentando per la prima volta a Cuba la sua opera. "Fidel - dice in un'intervista pubblicata oggi da La Stampa - ha vissuto molte vite. C'è il Comandante della Rivoluzione, c'è il 'líder' della vittoria, quello della Baia dei Porci, della crisi dei missili e via dicendo. È finalmente arrivato il momento di metterle in ordine".

Secondo lo scrittore "sono state eliminate le zone oscure della sua biografia e le interpretazioni più partigiane, come quelle sulla morte del Che. Credo che oggi andrebbe sottolineato qualcosa di poco noto, come la guerra in Angola: una piccola isola dei Caraibi volle sfidare il regime razzista sudafricano a migliaia di chilometri di distanza".

fonte Lapresse

24/04/12

Gabriel Garcia Marquez presenta "Cent'anni di Solitudine" in indio.



E' stato lo stesso Gabriel GarciaMarquez, a 85 anni appena compiuti, a scrivere un prologo per l'edizione del suo libro piu' famoso, 'Cent'anni di solitudine', in lingua indigena colombiana.

Il quotidiano El Heraldo di Barranquilla ha pubblicato oggi alcuni brani del testo scritto dal premio Nobel colombiano come introduzione all'edizione in lingua Wayuunaiki, tradotto dagli stessi indios Wayuu, un'etnia che vive in una sierra montuosa all'estremo nord della Colombia, nella provincia di La Guajira.

Nel celeberrimo libro, che lancio' il cosiddetto ''realismo fantastico'' sudamericano, appaiono due personaggi dell'etnia Wayuu, Visitacion e Cataure, che portano la peste dell'insonnia. 

''Vedendo il testo dell'esemplare di Cent'anni di solitudine tradotto in lingua Wayuu, mi sono sentito come il Grande Parolaio, capace di esprimere la forza di questa razza di uomini caldi e sempre impetuosi - scrive 'Gabo' - Il ricordo costante della provincia di La Guajira mi riporta allo sguardo dei miei nonni, di mia madre, dei miei fratelli, degli zii e dei cugini, pieno dei ricordi di questa terra e di questi popoli ribelli, che ha nutrito la mia anima di viaggiatore indomito''.

fonte ANSA