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14/06/21

Libro del Giorno: "Ludwig Wittgenstein e la Grande Guerra" a cura di Marco De Nicolò, Micaela Latini e Fausto Pellecchia

 


Che cosa indusse il grande Ludwig Wittgenstein, poco più che ventenne, ad arruolarsi volontario nell'esercito tedesco allo scoppiare della Prima Guerra Mondiale quando avrebbe tranquillamente potuto evitare la leva considerando che veniva da un doppio intervento di ernia e che proveniva da una delle più potenti e aristocratiche famiglie viennesi dell'epoca? Cosa accadde in quei lunghissimi cinque anni, fino all'armistizio e la prigionia - per sette mesi - in un campo di lavoro nel sud dell'Italia? 

Questo libro appena uscito dall'editore Mimesis indaga soprattutto la prigionia di Ludwig Wittgenstein (1889- 1951) a Cassino – catturato il 3 novembre 1918 e giunto nel campo di internamento di Caira nel gennaio 1919 – ma è lo spunto per ripensare le condizioni dei prigionieri di guerra durante il primo conflitto mondiale, ma soprattutto per rileggere quelle pagine che il filosofo austriaco portava con sé, ancora in forma di bozze e di appunti, nel suo zainetto personale e che sarebbero divenute il testo di un libro famoso in tutto il mondo: il Tractatus logico-philosophicus (pubblicato nel 1921), uno dei libri capitali della filosofia. 

In questo volume, storici, germanisti e filosofi non solo ricostruiscono la vita di Wittgenstein durante il periodo della prigionia e della Guerra, ma colgono l’occasione per rivisitare un pensiero complesso, che indaga sul senso, sui limiti e sulle potenzialità del linguaggio e dell’esperienza in genere.

Un viaggio assai affascinato, con l'unico difetto di essere costellato di molti refusi ed errori di redazione. 


Ludwig Wittgenstein e la grande guerra

Curatore: Marco De NicolòMicaela LatiniFausto Pellecchia

22/05/21

Libro del Giorno: "Diari Segreti" di Ludwig Wittgenstein

 


Tornano finalmente ristampati in Italia, molti anni dopo la storica edizione Laterza ormai introvabile, i Diari Segreti di Ludwig Wittgenstein, un testo la cui pubblicazione suscitò non poche polemiche tra i curatori postumi dell'opera del grande genio viennese e i suoi critici, che la ritenevano fondamentale per accedere con più completezza al suo pensiero. 

Come è noto, Wittgenstein si arruolò volontario nell'esercito austro-ungarico all'indomani dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, nonostante avesse potuto tranquillamente evitare la proscrizione visto che era reduce da una doppia operazione d'ernia e visto che la famiglia da cui proveniva era una delle più ricche e delle più aristocratiche della società viennese dell'epoca. 

I motivi che spinsero Wittgenstein ad arruolarsi non erano il nazionalismo, né la difesa dei patri confini. Lo spingevano motivazioni personali: quella di scoprire la sua vera natura una volta messo di fronte alla prova estrema e alla possibilità di morire. Per Wittgenstein quella prova, come tutta la vita, era un mezzo di evoluzione personale - "diventare un uomo migliore," diventare un uomo decente

Wittgenstein redasse i Diari Segreti, con molte annotazioni di carattere assai personali, in un codice cifrato da lui inventato. Annotandoli su un quaderno su cui in seguito furono allineati altri scritti entrati a far parte dei cosiddetti Quaderni. 

Wittgenstein rimase arruolato per tutta la durata della guerra, in condizioni di estremo pericolo, fu anche gravemente ferito, e infine fu catturato dall'esercito italiano quattro giorni prima dell'armistizio e trasferito in un campo di prigionia al sud d'Italia dove rimase per otto mesi, fino all'estate del 1919. 

I Diari segreti di Ludwig Wittgenstein costituiscono dun    que il resoconto, la conseguenza e la testimonianza di quella rapida risoluzione che spinse il filosofo a iscriversi come volontario nell’esercito allo scoppio del primo conflitto mondiale

Punto di snodo della sua speculazione filosofica, la decisione di arruolarsi venne presa dopo un lungo periodo vissuto in completa solitudine e si configurò come un radicale mutamento di vita, come estinzione di un percorso personale prevedibile e precostituito, come una condizione imprescindibile per il proseguimento del suo lavoro intellettuale.

Da quel che si sa, Wittgenstein non avrebbe per nulla apprezzato tutta questa attenzione per la sua persona e l’avrebbe senz’altro considerata il sintomo di un’inutile e invadente curiosità. Eppure, la vita di Wittgenstein attrae proprio perché è la vita di un filosofo in grado di sedurre i propri allievi e non solo. 

Ludwig Wittgenstein (Vienna 1889 – Cambridge 1951) è uno dei più importanti e influenti filosofi del Novecento. Le sue opere – in particolare, il Tractatus logico-philosophicus (1921) e le Ricerche filosofiche (1953) – hanno profondamente segnato il pensiero filosofico e la cultura degli ultimi cent’anni. 



04/03/21

Libro del Giorno: "Cuori pensanti" di Laura Boella

 


5 brevi lezioni di filosofia per tempi difficili: così recita il sottotitolo di questo libro di Laura Boella dedicato a 5 figure femminili fondamentali nella storia e nella filosofia del Novecento. 

Edith Stein, Maria Zambrano, Hannah Arendt, Simone Weil, Etty Hillesum. 

La voce intensa, l'intelligenza e la straordinaria sensibilità di cinque grandi pensatrici. Cinque donne indipendenti, audaci, ostili a ogni conformismo. 

Cuori Pensanti è un piccolo libro di filosofia che rappresenta una continua fonte d'ispirazione

L'eredità delle filosofe non è soltanto scritta nei loro libri, ma vive nella loro esperienza, nei loro giudizi, nelle scelte etiche, politiche e spirituali. 

"In queste pagine," scrive l'autrice, "non ho fatto altro che lasciarmi trasportare dalla passione che mi accompagna da molti anni per queste straordinarie figure di pensatrici, cercando di esaltarne il coraggio di amare e di pensare." 

Cinque brevi lezioni di filosofia condensate in poco più di cento pagine: un piccolo compendio che attraversa la vita, gli amori, le inquietudini, le domande, le riflessioni di cinque pensatrici straordinarie che hanno sfidato la morale convenzionale e le cui biografie sono avvolte in un alone di leggenda. 

Per ognuna di loro, la filosofia non è stata un riparo o un ritiro dal mondo: è stata la pratica audace e ostinata di un addestramento al sentire la vita in tutta la sua ricchezza e complessità, di una vigilanza sulle proprie emozioni, di un raccoglimento capace di lasciar emergere ogni esperienza in tutte le sue sfumature, con assoluta chiarezza. 

Le loro parole e i loro pensieri sono una continua fonte d'ispirazione, oggi come ieri.

Laura Boella

Cuori Pensanti

Milano, Chiarelettere, 2020 

pp. 144 pagine, Euro 14,25

ISBN-10 : 8832963183 

ISBN-13 : 978-8832963182

12/05/20

Oggi 125 anni dalla nascita di Jiddu Krishnamurti, uno dei più importanti pensatori del Novecento.




Si celebrano oggi i 125 anni dalla nascita di Krishamurti. Riporto qui di seguito la voce completa del Dizionario Filosofico Treccani. Per approfondire clicca qui. 

Krishnamurti, Jiddu Filosofo indiano (Madanapalli, Madras, 1895 - Ojai, California, 1986). 

Adolescente, fu ‘scoperto’ dal teosofo C.W. Leadbeater (1909) e nel 1910 condotto in Europa e adottato dalla presidentessa della Società teosofica, Annie Besant, che lo aveva riconosciuto come il futuro ‘maestro universale’ (allo stesso modo di Mosè, Buddha, Zoroastro, Gesù e Maometto). 

Besant fondò intorno a lui l’Ordine della stella d’oriente, in cui presto si riunirono oltre centomila persone. 

Tuttavia K., divenuto adulto, respinse il ruolo che gli era stato affidato e sciolse (1929) l’Ordine. 

L’invito etico a essere autonomamente responsabili nei confronti di sé stessi che caratterizza il suo pensiero attirò nuovi aspiranti discepoli, ma K. rifiutò sempre il ruolo di maestro e predilesse lo stile della conversazione a quello della lezione.

Evitò perciò di formalizzare un suo ‘insegnamento’: le sue parole dovevano solo servire come specchio perché le persone potessero osservarsi ed, eventualmente, cambiare. 

Fondò varie scuole ispirate dal principio che i pregiudizi sociali non dovessero condizionare le menti dei bambini e finalizzate non soltanto all’acquisizione di conoscenze, ma soprattutto al «risveglio dell’intelligenza». 

Si prodigò molto per il dialogo fra religione e scienza (cfr. la conversazione con il fisico D. Bohm raccolta in The ending of time, London 1985; trad. it. Dove il tempo finisce).

Non esiste, secondo K., un unico metodo che valga per tutti, nessuno può perciò evadere dai propri problemi affidandosi a un maestro o a un’istituzione («la verità è una terra senza sentieri», disse nel discorso di scioglimento dell’Ordine). 

Allo stesso modo tentare di migliorare la società è aggirare il problema, poiché non è questa a determinare l’uomo bensì il contrario. 

Per evitare di portare confusione e quindi dolore nel rapporto con il prossimo è invece centrale la conoscenza di sé, che può e deve essere realizzata immediatamente: «Capire me stesso non è questione di tempo; posso capirmi in questo esatto momento» (The first and last freedom, 1954; trad. it. La prima ed ultima libertà).

08/08/16

"Lettera a Simone Weil sulla primavera, l'attenzione e la Grazia" di Roberta de Monticelli



LETTERA A SIMONE WEIL SULLA PRIMAVERA, L'ATTENZIONE E LA GRAZIA

di Roberta De Monticelli

Premessa. Molti ricordano la bellissima apertura della poesia La porta :

Ouvrez donc la porte, et nous verrons les vergers 

Io ho immaginato che quella porta sbarrata – il mondo stesso, secondo una pagina weiliana – si trovasse qui, e che qui avvenisse il nostro incontro. 

Solo, lei oltre quella porta, oltre il muro che ho sognato correre tutto intorno a questo giardino – e io al di qua della porta e del muro. 

E mentre mi studiavo invano di articolare in poche frasi le mille domande che ora, in sogno, finalmente mi era dato farle, un ritmo che non ha la luce del suo verso ma forse appena un po’ dell’aria di questa primavera, mi ha presa per mano, e mi ha aiutato a rompere il ghiaccio, cominciando con una piccola canzone. 

Quando il verde nuovissimo respira
e primavera oscilla alta sui muri 
che cingono il giardino, 
e l’aria è pura luce di vento, 
amica ardua di grazia, 
noi parliamo camminando 
lungo il muro dalla curva dolcissima, 
che gira cerchia su cerchia, intorno a dove sei : 
tu – dentro, oltre la porta, io qui fuori, 
lungo questo marciapiede 
dove i miei passi 
hanno un suono d’argento 
come le tue parole, anima viva : 
tu – già fuori dal tempo, io camminando ancora ; 
di qua e di là dal muro, 
fianco a fianco eppure tu nel vero 
e io nel mezzo, la faccia al futuro. 

Tu, amica, fosti accolta oltre la porta chiusa del mondo. 
Antica Kore rapita a primavera, tu sei morta : 
eppure batte così forte il cuore oltre la porta chiusa, 
così alta si leva la parola ch’io non so più 
chi sia il dio rapace e l’anima rapita 
- così alta si leva e così nera che più non so 
se sia orma, ombra, o ala. 
Ascolto, e non so quanto mi separa dal tuo profilo bruno : 
sette cerchia di mura 
o questa lama questa ferita tua vicina al sole.[1] 

Quando il verde nuovissimo respira 
e primavera oscilla alta sui muri 
che circondano dio ascolto 
e attendo anch’io, signora, maestra d’armi, pulzella e guerriera : 
attendo fuori dalla porta chiusa 
l’ultima fioritura 
- la grazia del tuo riso di ragazza. 

Non è per nulla facile, Simone, « far buon uso » - come diresti tu – di questo po’ di carta bianca che mi è concessa per discorrere con te

In questa sorta di piccolo Eliso dove ti immagino ospite, almeno a primavera – se anche l’eternità, come spero, ha le sue stagioni. Non è facile, ancora meno che «far buon uso » del silenzio, al quale per sua vocazione la tua parola ci affida, al quale anzi la tua lingua mirabile ci apre, letteralmente, fendendoci la mente come una spada affilatissima. 

Non è facile parlare di te, ma soprattutto non è facile parlarti. Non solo perché si preferirebbe continuare ad ascoltarti, con larghe orecchie bianche come pagine. Ma perché con le tue parole è come se sprofondasse in noi, tratto a fondo da loro, quell’io che viene in superficie precisamente nell’atto presente di enunciarsi, nell’atto di parola. 

In questo senso è come se le tue parole non ammettessero replica o risposta, perché tu subito scompari da loro e inviti a scomparire l’io che le accoglie. 

Parlare è voler dire, dunque volere, e agire : rinunciare all’attesa e all’attenzione. Parlare è apparire. E’ ricrearsi, non « decrearsi ». Di più. Conversare è forse per sua essenza cercare un legame – fra il tu e l’io, fra l’io e il fondo, fra il presente e il vero, fra il tempo e l’eterno. Conversare è cercare una connivenza fra tutte queste cose…. Ma a me pare che la tua parola sia venuta per dividere, come una spada, tutte queste cose

L’io penso e il fondo, il presente e il vero, il tempo e l’eterno. Più in generale, a me pare, la tua parola è una spada che divide l’apparenza dall’essenza, il fenomeno dalla realtà. 

Tu stessa lo dici da qualche parte. E’ questa, in definitiva, l’opera di verità propria di quello che tu chiami malheur. La cognizione del dolore – non trovo approssimazione migliore al senso di quella parola – consiste in questo acquisto di realtà a spese dell’apparenza, che ne viene strappata via, pura illusione

« L’apparence colle à l’être et seule la douleur peut les arracher l’une de l’autre », dici.

 Ecco, la tua parola in questo imita il dolore. E’ in qualche modo dolore che parla, pure splendendo come fa una spada. E’ tranchante, taglia il fiato a ogni risposta – e anche solo alla speranza che si fa domanda. E’ l’arma prima del distacco : divide l’anima dalla sua voce, e invita all’esercizio del silenzio. Perciò è così difficile, Simone, replicare a quello che tu dici. Eppure. 




Questo testo è stato pubblicato per la prima volta da : Lorenzo Gobbi. PUBBLICATO DA LORENZO GOBBIWWW.LATTENZIONE.BLOG.COM 

03/02/16

"Dal libro dei pensieri" di Benedetto Croce (Recensione).




E' un libro molto prezioso, questo. Dal libro dei pensieri  raccoglie diversi testi, scritti in un ampio lasso di tempo, da Pensieri sull'arte del 1885 a Tra il serio e il giocoso del 1939, al Soliloquio, del febbraio 1951 - un anno prima della morte - che appare una sorta di congedo. 

Sono testi molto preziosi perché sono molto lontani dall'immagine di Benedetto Croce a cui siamo abituati, quella del pensatore storicistico, del filosofo teoretico e ideologo del liberalismo novecentesco. 

Qui invece Croce, nei suoi scritti più intimi, si sofferma  sulle questioni più pratiche e assillanti: la passione e il sentimento, l'angoscia e lo smarrimento, la felicità e la ricerca della fede, il sesso e l'amore.

Come sotto la lente di un entomologo, Croce analizza i moti e le note più nascoste dell'anima, unendo il rigore morale ad una sorprendente prosa da puro letterato. 

E' insomma una sorta di livre de chevet,  che merita un posto privilegiato nella nostra biblioteca. E che si può leggere per singoli brani. 

C'è anche una sorta di autoanalisi, e di autocoscienza, che umanizza ogni discorso, anche quello che apparirebbe il più astratto sulla efficacia del percorso artistico e le sue implicazioni sulla conoscenza. 

Vi si leggono vere e proprie illuminazioni e brani di disarmata semplicità come questo:

Ciascuno di noi, in ogni istante, cade o sta per scivolare nell'errore, e da esso si ritrae o si rialza e sopra esso si innalza conquistando la verità, per sfiorare o ricadere in un nuovo errore e proseguire in questo ritmo, che è il ritmo stesso del pensiero pensante. 
(pag. 178)