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04/03/21

Libro del Giorno: "Cuori pensanti" di Laura Boella

 


5 brevi lezioni di filosofia per tempi difficili: così recita il sottotitolo di questo libro di Laura Boella dedicato a 5 figure femminili fondamentali nella storia e nella filosofia del Novecento. 

Edith Stein, Maria Zambrano, Hannah Arendt, Simone Weil, Etty Hillesum. 

La voce intensa, l'intelligenza e la straordinaria sensibilità di cinque grandi pensatrici. Cinque donne indipendenti, audaci, ostili a ogni conformismo. 

Cuori Pensanti è un piccolo libro di filosofia che rappresenta una continua fonte d'ispirazione

L'eredità delle filosofe non è soltanto scritta nei loro libri, ma vive nella loro esperienza, nei loro giudizi, nelle scelte etiche, politiche e spirituali. 

"In queste pagine," scrive l'autrice, "non ho fatto altro che lasciarmi trasportare dalla passione che mi accompagna da molti anni per queste straordinarie figure di pensatrici, cercando di esaltarne il coraggio di amare e di pensare." 

Cinque brevi lezioni di filosofia condensate in poco più di cento pagine: un piccolo compendio che attraversa la vita, gli amori, le inquietudini, le domande, le riflessioni di cinque pensatrici straordinarie che hanno sfidato la morale convenzionale e le cui biografie sono avvolte in un alone di leggenda. 

Per ognuna di loro, la filosofia non è stata un riparo o un ritiro dal mondo: è stata la pratica audace e ostinata di un addestramento al sentire la vita in tutta la sua ricchezza e complessità, di una vigilanza sulle proprie emozioni, di un raccoglimento capace di lasciar emergere ogni esperienza in tutte le sue sfumature, con assoluta chiarezza. 

Le loro parole e i loro pensieri sono una continua fonte d'ispirazione, oggi come ieri.

Laura Boella

Cuori Pensanti

Milano, Chiarelettere, 2020 

pp. 144 pagine, Euro 14,25

ISBN-10 : 8832963183 

ISBN-13 : 978-8832963182

03/03/18

Dieci foto, le Dieci Grandi Anime di cui si parla in "Cercare Dio" di Fabrizio Falconi.

Ecco dieci ritratti delle dieci Grandi Anime di cui si parla in Cercare Dio, di Fabrizio Falconi, appena uscito da Castelvecchi Editore, in tutte le librerie. 

Etty Hillesum (1914-1943)

Jiddu Krishnamurti (1895-1986)

Ingmar Bergman (1918-2007)

Frère Roger Schutz (1915-2005)

Dag Hammarskjöld (1905 – 1961)

Antonia Pozzi (1912-1938)

Andrej Tarkovskij (1932-1986)


Raimon Panikkar (1918-2010)


Clive Staples Lewis (1898 – 1963)


Pavel Florenskij (1882-1937)


11/01/18

Esce a Febbraio 2018 "Cercare Dio", il nuovo libro di Fabrizio Falconi.




E' in uscita a Febbraio 2018 "Cercare Dio", il nuovo libro di Fabrizio Falconi

Sinossi

Dieci ritratti di grandi personalità, di grandi anime che hanno fatto della ricerca interiore spirituale lo scopo di vita, ciascuno nel proprio campo: filosofi come Panikkar, poeti come Antonia Pozzi, morta suicida per amore e troppa sensibilità o registi di film che fanno parte del patrimonio dell’umanità come Ingmar Bergman e Andrej Tarkovskij, scrittori come C.S. Lewis, l’inventore di Narnia, guide spirituali come Krishnamurti il cui pensiero continua fortemente a influenzare la modernità o Frère Roger, fondatore della Comunità di Taizé, dove vanno ogni anni migliaia di persone, testimoni del dialogo interiore che oggi vengono riletti in tutto il mondo come Etty Hillesum, morta ad Auschwitz o il segretario generale dell’ONU Dag Hammarskjold, ucciso in un attentato, che ha lasciato un diario interiore tra le testimonianze più alte del Novecento.  I dieci agili profili  ripercorrono le vicende umane e personali – attraverso citazioni, brani di meditazione, scritti, diari – con gli interrogativi, i dubbi e le illuminazioni di cui questi uomini hanno lasciato testimonianza, e che restano come orientamento e traccia sulle  questioni fondamentali di sempre, in tempi apparentemente sempre più confusi.

  
Quotes

Saper ascoltare e vedere ciò che dentro di noi è nel buio. E nel silenzio. (Dag Hammarskjold); Dobbiamo abbandonare i nostri pregiudizi. Noi non sappiamo vedere. Dio solo vede e ci insegna ad amare il nostro prossimo. (Andrej Tarkovskij); Signore, per tutto il mio pianto,/ridammi una stilla di Te,/ch’io riviva. (Antonia Pozzi); Dio è qualcosa di cui non si può parlare. (Krishnamurti); E se la fede non trasforma la mia vita, allora questa fede è morta. (Raimòn Panikkar); Non so se l’amore dimostri l’esistenza di Dio o se l’amore sia Dio stesso… Questo pensiero è il solo conforto alla mia miseria e alla mia disperazione (Ingmar Bergman); In fondo la mia vita è un ininterrotto ascoltar dentro me stessa, gli altri, Dio. (Etty Hillesum).




Dov’è Dio ? La domanda che i nostri anni sembrano aver seppellito e che invece è sempre viva, più che mai viva nel cuore di ogni uomo. 


14/04/17

Hannah Arendt, Etty Hillesum, le Donne protagoniste della Via Crucis stasera al Colosseo.




Venerdì santo il Papa, come ogni anno, dopo aver assistito a San Pietro alla celebrazione della Passione del Signore, presiede a partire dalle 21.15 la Via crucis al Colosseo. 

Francesco ha voluto affidare le meditazioni alla biblista francese Anne-Marie Pelletier, laica, che nel testo, pubblicato dalla Libreria editrice vaticana (Lev), ha incentrato la sua riflessione sulle donne di tutti i tempi, il loro pianto "in un mondo in cui c`è molto da piangere", figure come Hanna Arendt e la "banalità del male", Etty Hillesum che "difese fino all'ultimo la bontà della vita" nell'inferno "che sommerge il mondo" con il nazismo. 

Un testo nel quale, tra l'altro, si fa autocritica per l'antisemitismo di matrice cristiana: "Davanti a Gesù consegnato e condannato, noi non sappiamo fare altro che discolparci e accusare gli altri. Per tanto tempo noi cristiani abbiamo addossato al tuo popolo Israele il peso della tua condanna a morte. Per tanto tempo abbiamo ignorato che dovevamo riconoscerci tutti complici nel peccato, per essere tutti salvati dal sangue di Gesù crocifisso. Donaci di riconoscere nel tuo Figlio l`Innocente, l`unico di tutta la storia".

fonte Askanews

24/04/16

"L'indicibile tenerezza - in cammino con Simone Weil" di Eugenio Borgna (RECENSIONE).



Eugenio Borgna, il decano degli psichiatri italiani, torna su Simone Weil, che così fortemente ha influenzato il suo lavoro e i suoi libri. 

Lo fa con un volume che sin dal titolo, L'indicibile tenerezza, mostra l'intenzione di rivolgersi a quel connotato profondamente umano che ha caratterizzato la breve esistenza di Simone, morta ad appena 34 anni a Londra, lasciandosi probabilmente morire di fame, il 24 agosto del 1943, per l'incapacità di sopportare l'inferno di morte e distruzione che la Seconda Guerra Mondiale stava scatenando sull'Europa, e in particolare sulla amata Francia. 

Borgna nel suo libro (ogni capitolo è preceduto da una stupenda poesia di Paul Celan)  riannoda i temi della vita di Simone Weil, dall'infanzia nella colta borghesia ebraica parigina, alla vicinanza con alcuni grandi irregolari della cultura di quel tempo, dall'esperienza traumatica e traumatizzante del lavoro in fabbrica volontario, in condizioni completamente disumane, all'arruolamento come volontario nella guerra civile spagnola, dalla compilazione delle opere più celebri e complesse, fino agli ultimi messi di malattia  e di inedia, nella capitale britannica dove si è spenta. 

La vicenda di Simone Weil è esemplare sotto molti versi: Borgna sostiene che vi è una grande vicinanza tra la disumana coercizione del lavoro in fabbrica negli anni '20 e la realtà concentrazionaria degli ospedali psichiatrici, dove Borgna ha lavorato per vent'anni. 

Anche nelle condizioni più estreme e - anzi - PROPRIO nelle condizioni più estreme, Simone Weil ha saputo alimentare il fuoco della speranza, dell'amicizia, dell'anima femminile come contrapposizione all'orrore, Nelle lettere alle allieve, nelle poesie, nei trattati filosofici, nelle pagine dei quaderni, nell'unica tragedia scritta, Venezia Salva, mostra i contorni di un'anima veramente eccezionale e grande, capace di illuminare, senza rifiutare l'attraversamento dell'abisso più oscuro. 

Le considerazioni di Borgna funzionano più che altro come raccordo, punteggiatura, delle moltissime citazioni folgoranti della Weil contenute nel libro, e affiancate a quelle di altre grandi anime, da Etty Hillesum (che della Weil appare una sorta di gemella spirituale) a Dietrich Bonhoeffer, da Rainer Maria Rilke a Giacomo Leopardi a Freidrich Nietzsche. 

Tutti questi grandi uomini hanno attraversato la propria ombra, hanno assunto su di loro il dolore e la sofferenza della condizione umana, e del male gratuito. 

Simone non si stanca di fare appello alla attenzione, perché "Ogni  errore umano, poetico, spirituale, non è,  in essenza, se non disattenzione" (pag. 153).

Non si stanca mai di rinnovare la speranza, di infondere luce sullo scenario scarno e livido a volte dell'esistenza: "Dopo mesi di tenebre interiori, all'improvviso e per sempre ho avuto la certezza che qualsiasi essere umano, anche se le sue qualità naturali sono quasi nulle, penetra nel regno della verità riservata solo al genio, se solo desidera la verità e fa un perpetuo sforzo d'attenzione per attingerla. Così diventa anch'egli un genio, benché per mancanza di talento questo genio non traspaia all'esterno." (p.125). 

Insomma è un libro che fa bene leggere, anche quando attraversa crudelmente le zone più buie dell'esistenza. 





23/05/14

Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (5 - fine)



Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (5 - fine)

Vincendo la resistenza a quel gesto, Etty Hillesum tornerà ad inginocchiarsi molte volte su quel ruvido tappeto di cocco, e a implorarlo: Signore, fammi vivere di un unico, grande sentimento – fa’ che io compia amorevolmente le mille piccole azioni di ogni giorno, e insieme riconduci tutte queste piccole azioni a un unico centro, a un profondo sentimento di disponibilità e di amore. (13)

E ancora: Mio Dio prendimi per mano, ti seguirò da brava, non farò troppa resistenza.  Non mi sottrarrò a nessuna delle cose che mi verranno addosso in questa vita, cercherò di accettare tutto nel modo migliore. Ma concedimi di tanto in tanto un breve momento di pace… Andrò dappertutto allora, e cercherò di non aver paura.  (14)
      Ma chi è questo Dio che la ragazza ebrea invoca, insegue e accoglie ?  Etty, come scrive Cristiana Dobner in un recente volume, “ha coscienza precisa di essere creata a immagine e somiglianza di Dio. E’ il suo appartenere al popolo della berith dell’alleanza, che le ha trasmesso questa certezza. Non è un vago progetto ma una realtà rivelata, approfondita dalla teologia che la ritiene forza innata, donata e presente, nella persona; Dio, a motivo della sua immensità in quanto causa efficiente di tutto l’essere e di tutto l’operare, inerisce intimamente a tutte le creature con un’esistenza interiore alla stessa sostanza.” (15)

Il percorso verso Dio di Etty è insomma, pienamente consapevole ed è frutto di una doppia conoscenza, quella tutta interiore del corpo – Etty sente Dio dentro di sé, come un nascente che preme e che lotta contro le distorsioni   - ed esteriore, quella che avviene – come per grazia – nell’incontro con l’altro, con il servizio e con il darsi incondizionato.

      Come ha fatto notare Patrick Lebeau, la conversione di Etty è il frutto di tre incontri differenti:  “Spier, del quale abbiamo ricordato il ruolo e che la aiuterà a convertire la sua forza amorosa ed erotica in un’unica forza raggiante di amore spirituale verso gli altri, Dio e, infine, l’incontro di Etty con se stessa.   Quest’ultimo incontro non è aneddotico o narcisistico: le darà un’immagine di sé che non si aspettava, un’immagine in cui si riconoscerà progressivamente per appropriarsene, rendendola trasparente ai suoi occhi e poi visibile agli occhi degli altri.” (16)  

Etty manifesta questa il senso di questa triplice ricerca in modo paradigmatico e limpido in un passaggio del suo Diario, scritto il 17 settembre del 1942: In fondo la mia vita è un ininterrotto ascoltar dentro me stessa, gli altri, Dio.  E quando dico che ascolto dentro, in realtà è Dio che ascolta dentro di me. La parte più essenziale e profonda di me che ascolta parte più essenziale e più profonda dell’altro. Dio a Dio.   (17)
       L’introspezione dolorosa di Etty nei propri ‘inferni personali’ non è mai dunque fine a se stessa.   Etty sembra inconsciamente convinta di quello che Shakespeare annotava nei suoi Sonetti, ovvero che “ ripeness is all ”, la maturità è tutto: la maturità è andare fino in fondo, nella discesa verso il centro di se stessi dove è possibile trovare la faccia dell’altro e con essa il volto stesso di Dio.  Una discesa verso l’autenticità più profonda del proprio essere, che non scantona, non prende scorciatoie,  non pretende di glissare e vive il dolore personale come una strada maestra verso l’affermazione di un senso divino dell’esistenza.  Anche il lutto di Spier – lacerante per Etty -  viene vissuto come il tramite per qualcosa di altro e qualcosa di oltre.   Spier, dotato di una personalità così straordinaria, ‘magica’ secondo molti dei suoi contemporanei – è l’aggettivo che si dà quando le cose sono razionalmente inspiegabili,  sembra quasi farlo intenzionalmente, una specie di addio al mondo volontario:  si ammala improvvisamente, infatti, e muore il 12 settembre 1942, esattamente il giorno prima di essere inviato anch’egli, ebreo e intellettuale, al campo di smistamento di Westerbork.

Etty scrive nei giorni seguenti, pagine accorate dedicate a lui:  Sei tu che hai liberato le mie forze, tu che mi hai insegnato a pronunciare con naturalezza il nome di Dio.   Sei stato l’intermediario tra Dio e me,  e ora che te ne sei andato la mia strada porta direttamente a Dio e sento che è un bene, Ora sarò io l’intermediaria per tutti quelli che potrò raggiungere. (18)
        Sarà esattamente così. 
        Nelle testimonianze dei sopravvissuti c’è fino all’ultimo istante il ricordo di una ragazza dai modi indimenticabili, che anche nel momento stesso di salire sul treno per la Polonia, ha “una parola gentile per tutti quelli che incontra, piena di umorismo scintillante anche se forse un pochino malinconico, proprio la nostra Etty come voi la conoscete..:” (19)

E’ il segno di una consapevolezza piena, di una maturità piena, che Etty ha trovato nel fondo della sua anima, come presenza di Dio, una consapevolezza e una maturità che è presumibile non l’abbiano abbandonata del tutto neanche nei giorni della prova finale, nel recinto spinato del campo di Auschwitz, prima della doccia  a gas fatale.

Quella stessa consapevolezza e maturità che espresse in modo così cristallino e toccante in una delle ultimissime pagine del Diario, il 18 agosto del 1943,  venti giorni prima di partire (20):   Mi hai resa così ricca, Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani. La mia vita è diventata un colloquio ininterrotto con te, mio Dio, un unico grande colloquio.   A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi piantati sulla tua terra, i miei occhi rivolti al cielo, le lacrime mi scorrono sulla faccia, lacrime che sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza. .. Sono molto, molto stanca, già da diversi giorni, ma anche questo passerà, tutto avviene secondo un ritmo più profondo che si dovrebbe insegnare ad ascoltare, è la cosa più importante che si può imparare in questa vita. Io non combatto contro di te, mio Dio, tutta la mia vita è un grande colloquio con te. 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.

    
13.      E. Hillesum, Diario … op.cit. pag. 82.
14.      E.Hillesum, Diario… op.cit. pag. 74.
15.      Etty Hillesum, Pagine mistiche, tradotte e commentate da Cristiana Dobner, Ancora edizioni, Milano 2007, pag.35.
16.      P. Lebeau, Il Diario di Etty Hillesum, in “La Civiltà Cattolica” q. 3603-3604 (2000), pag.240.
17.      E. Hillesum, Diario, Op.cit. pag. 203
18.      E. Hillesum, Diario, Op. cit. pag. 196
19.     E’ il commovente resoconto dell’addio di Etty dalla stazione di Westerbork, narrato dall’amico Joseph (Jopie) Vleeschouwer e che conclude il racconto del Diario nella edizione curata da J.G. Gaarlandt.  Ho con me i miei diari, la mia piccola Bibbia, la mia grammatica russa e Tolstoj e non so quante altre cose, furono le sue ultime parole all’amico.
20.     E. Hillesum, Diario, Op. cit. pag.253.

22/05/14

Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (4./)



Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (4./)

Cos’è che spinge una persona in questa condizione - nella condizione di vittima designata di un sistema folle che opera per distruggere e cancellare dalla faccia della terra una intera genia di innocenti -  a prendere le parti di Dio, a proporre addirittura di aiutarlo, anziché protestare contro di lui, inveire contro la Sua ingiustizia profonda, il suo silenzio complice, il suo assistere impassibile alla rovina e all’abominio che si consuma ?

Per spiegarlo dobbiamo capire il senso della teologia personale di Etty, il cui disegno coraggioso appare chiaro – pur con tutte le sofferenze e le lacerazioni  - nel dipanarsi febbrile delle pagine del diario e delle lettere  scritte negli ultimi mesi prima della sua morte.

L’atteggiamento della Hillesum di fronte agli spaventosi eventi della modernità è radicalmente diverso da quello della maggioranza delle intelligenze ebraiche che angosciosamente si interrogano sul silenzio di Dio. Pensiamo ad esempio ad esempio ad Elie Wiesel  per il quale questo silenzio rappresenta la fine della fede o almeno di quella fede tradizionale. Se l'Eterno ci sta mandando tutta questa manna senza poter far nulla – scrive Wiesel -  o questo Eterno è impotente o talmente sadico che nessun disegno Provvidenziale e Imperscrutabile potrà giustificarlo (agli occhi di un uomo e soprattutto di un uomo disperato che vive l'esperienza del campo) (11).

Di fronte a questo umanissimo pensiero, Etty offre invece una prospettiva del tutto rovesciata:  Sono pronta in ogni situazione e nella morte a testimoniare che questa vita è bella e piena di significato, e che non è colpa di Dio, ma nostra, se le cose sono così ora… dentro di me c’è una fiducia in Dio  che in un primo tempo quasi mi spaventava per la sua crescita veloce, ma che sempre più diventa parte di me..   

Questa fiducia, questo abbandono non sono, per la Hillesum gratuiti, non scaturiscono dal cuore in modo immotivato: sono piuttosto il prezzo di una presa di consapevolezza, di una umanità raggiunta al prezzo di un coraggio personale introspettivo che non cerca infingimenti o facili consolazioni e nemmeno mai cerca scorciatoie liquidatorieIl misticismo deve  fondarsi su una onestà cristallina, scrive,  quindi prima bisogna aver ridotto le cose alla loro nuda realtà, cioè come è stato fatto notare recentemente da una studiosa del pensiero di Etty, “ sempre dentro lo spessore del contraddittorio e difficile. Di lì si è rimandati all’Oltre, all’Inafferrabile vicino che sollecita aperture inattese, e crescite impensate, itinerari sconosciuti (12).”

Esempi di questa fede contraddittoria e difficile ma sempre vissuta fino in fondo, sempre vissuta senza sconti e visceralmente, nel senso che oggi si definirebbe più autentico, sono disseminati lungo il diario, nel racconto personale di Etty che si segue come lo svolgimento di un romanzo: l’esperienza dell’aborto, vissuta con determinazione lucida e dolorosa (ho giurato che nel mio grembo non nascerà mai un essere altrettanto infelice, scrive dopo aver assistito all’ennesima scenata del labile fratello Mischa, che viene portato in una casa di cura); quella del darsi a uomini diversi (solo dodici ore fa ero tra le braccia di un altro uomo e gli volevo e gli voglio bene)  quella della totale mancanza di autostima (Etty, mi disgusti, così egocentrica e meschina)  sono stazioni di una via crucis personale, che hanno come epilogo la partenza del vagone dalla stazione di Westerbork e l’annientamento nel campo polacco.


Eppure, in questo cammino  così controverso e difficile, Etty riesce a non perdere di vista l’essenziale.  Sa che Dio non le scapperà di mano, se lei non lo lascerà scappare.  Lo insegue, lo ricerca, lo ascolta, lo accoglie.  E una specie di grazia salvifica sembra scendere a proteggerla, a illuminarla, feconda di nuove scoperte:  ieri sera, scrive in una domenica mattina del 1941, subito prima di andare a letto, mi sono trovata improvvisamente in ginocchio nel bel mezzo di questa grande stanza, tra le sedie di acciaio sulla stuoia chiara. Un gesto spontaneo: spinta a terra da qualcosa più forte di me.

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.   

      
11.     E. Hillesum, Diario, Op.cit. pag. 169.
12. Così Elie Wiesel in quello che è considerato il suo capolavoro-autobiografia, il romanzo La notte, edito in Italia da La Giuntina, 1992.

21/05/14

Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (3./)




Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (3./) 


Lo stesso percorso di vita di Etty parla il linguaggio della coerenza e del coraggio. L’adesione incondizionata, a prezzo della sofferenza personale, all’ideale della giustizia e del bello.    Dai tempi del ginnasio, che frequentò a Deventer, dove cominciò a frequentare un gruppo di giovani sionisti, imparando anche l’ebraico.  E poi, da studentessa universitaria, quando pur non facendo parte di alcun gruppo politico, mise in campo la sua passione personale nei rapporti con un’infinità di conoscenti, amici e colleghi universitari, fino al conseguimento della laurea in legge, e al fatale incontro con Julius Spier, lo psicologo e psicoanalista ebreo tedesco, allievo di Jung, che Etty conobbe casualmente il 3 febbraio del 1941 durante un concerto in ambito domestico e che praticava la psicochirologia, basata sulla lettura della mano.

Spier fu l’incontro determinante per Etty: divenne la segretaria e anche l’amante di un uomo carismatico e molto ambito, che la prese in terapia, le insegnò a dominare i suoi stati depressivi e caotici, la spinse ad iniziare la stesura di quel Diario che diventerà un testo capitale della spiritualità moderna, la protesse dall’angoscia opprimente del cerchio che la persecuzione nazista andava stringendo giorno dopo giorno intorno a lei e a quelli come lei.

Come ha scritto F. MichaelDavide: “la duplice esperienza di umanità – la relazione con Spier – e di disumanità – lo sterminio nazista – sono state la trama sulla quale si tesse la tela di questa vita che seppe trovare consistenza nell’ordito della presenza intima e discretissima del Dio dei padri: così vicino e così lontano. Senza la relazione con Spier, fatta di delicatissima e ardita umanità, Etty sarebbe stata senza dubbio sopraffatta dall’orrore e dal logoramento della persecuzione.  Senza queste ultime, non sarebbe stata sollecitata con tanta forza ad andare avanti nel cammino di interiorità fino a scegliere di essere consapevolmente sterile per essere feconda nella trasmissione di un amore più grande sempre pronto alla morte, come paradigma di incompiuta prontezza al dono di sé in ogni momento. (8)”

Le pagine del Diario raccontano di una relazione – quella con Spier – che nella sua profonda umanità, e anche con il corollario di una passione erotica a tratti travolgente (sto proprio rischiando di rovinare questa amicizia con l’erotismo, scrive Etty)  diventa la chiave per maturare e per crescere, e “attraversare la vita senza finzione ma nel coraggio di una verità su se stessi talora assai dura”. (9)


Julius Spier


Questo stesso metodo    che non concede sconti a sé stessa, sul piano del cammino personale, Etty applica, con la pazienza di un entomologo al suo “Discorso con Dio”, che procede di pari passo lungo le pagine del Diario stilato in quei due anni terribili per la storia dell’Europa e del mondo.

E’ soltanto la fedeltà a questo metodo che permette a Etty di non perdere mai totalmente La fiducia in Dio, nonostante l’orrore che vede ogni giorno, nonostante la sensazione di una ingiustizia così conclamata che vede diffondersi nel mondo, nel suo mondo, tra i suoi amici, tra i suoi più stretti famigliari, perseguitati per essere semplicemente appartenenti ad una razza sbagliata.  Il dramma del silenzio di Dio, in questi anni così orribili, Etty lo risolve a suo modo, con una professione di fedeltà interiore commovente, che giunge a spalancare nuovi orizzonti di comprensione spirituale. E’ una consapevolezza nuova – quella di essere il cuore pensante della baracca, come lei stessa si definisce – a permettere ad Etty Hillesum di poter scrivere una pagina come questa:

       Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano… Ti prometto una cosa Dio, soltanto una piccola cosa… Cercherò di aiutarti  affinché tu non venga distrutto in me, ma a priori non posso promettere nulla.  Una cosa però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo noi aiutiamo noi stessi.    L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. … Dicono: me non mi prenderanno.  Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia.  (10)

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.   


1.    Fr. MichaelDavide, Etty Hillesum: Dio Matura, edizioni La Meridiana (Pagine altre), Molfetta (BA) 2005, pag.16.
2.     F.MichaelDavide, Etty Hillesum… Op.cit, pag. 151
3.     E. Hillesum, Diario, Op.cit. pag. 169.

20/05/14

Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (2./)



Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (2./) 


Ma – prosegue nella ricostruzione Klaas A.D. Smelik – la pubblicazione a parte di due lettere che Etty aveva scritto da Westerbork, lo incoraggiò a non demordere. Arrivò così l’incontro, nel 1979, con l'editore J.G. Gaarlandt.  Nel frattempo il padre di Klaas era morto.  L’editore  diede ordine di far trascrivere i diari – la calligrafia di Etty era pessima – e procedette alla pubblicazione di tutti, tranne due – quelli contrassegnati con il n.6 ed il n.7 che nel frattempo erano scomparsi.   Presentata nel 1981, l’antologia ebbe un successo immediato, enorme.  In poco tempo si consumarono diciotto ristampe e traduzioni in Inghilterra, Stati Uniti, Italia, Spagna, Brasile, Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Israele e Giappone. 


Nel frattempo era anche ‘miracolosamente’ tornato alla luce il sesto quaderno – il settimo è a tutt’oggi introvabile – ed era stata istituita, il 17 ottobre 1983, la Fondazione Etty Hillesum che si è impegnata in questi anni in un prodigioso recupero dei testi originali, di quelli mancanti – con il ritrovamento di venti lettere indirizzata all’amico Osias Korman, detenuto anche lui a Westerbork (4) – nella pubblicazione di un’edizione integrale dell’opera, critico-scientifica,  accessibile a tutti,  e nella ricerca dei testimoni, di tutte quelle persone ancora in vita che ebbero occasione di conoscere Etty Hillesum.


Leggere di queste traversie che accompagnarono la pubblicazione delle lettere e dei diari –  durate 40 anni – prima che un editore si rendesse conto della eccezionalità assoluta degli scritti che gli erano capitata tra le mani, lascia solo in parte stupefatti:  le pagine di Etty Hillesum, infatti, anche se destinate a tutti, a ogni potenziale lettore, non sono mai facili.

Etty era quella che si definirebbe infatti, una anima inquieta. Sempre in bilico, sempre alla ricerca di un equilibrio tra stati di profonda e introspettiva sofferenza ed estasi improvvise, tra illuminazioni maturate al termine di impietosi percorsi di autoconoscenza e autoanalisi e cedimento o volontario abbandono  al dominio dei sensi.

Un po’ di questa inquietudine l’aveva forse ereditata dallo spirito russo della madre, Rebecca Bernstein, nata nella provincia del Potsjeb nel 1881, e finita in Olanda a seguito del pogrom del 1907.  

Ad Amsterdam cinque anni dopo, nel 1912 aveva sposato Louis (Levi) Hillesum, anche lui ebreo, insegnante liceale.  Dal matrimonio erano nati tre figli, la primogenita Etty, nel 1914,  e poi  i due maschi Jacob (Jaap) nato due anni dopo e Misha nato nel 1920.  Una intera famiglia che fu spazzata via dal nazismo.  

Insieme ad Etty, nel lager di Auschwitz trovarono infatti la morte i genitori e il più piccolo Misha. A Jacob toccò invece l’amaro destino di sopravvivere loro, scampando al viaggio verso il campo di concentramento, e di morire dopo la liberazione, nell’aprile del 1945, durante il viaggio di ritorno a casa.

Una inquietudine, quella di Etty, che risulta dichiarata in modo quasi programmatico in un passo di una sua lettera: Io credo che nella vita si possa ricavare qualcosa di positivo in tutte le circostanze, ma che si abbia il diritto di affermarlo solo se personalmente non si sfugge alle circostanze peggiori. (5)


Dichiarazione che costerà ad Etty una fedeltà totale al suo destino, fino al consapevole sacrificio finale.  Quella fedeltà che gli farà scrivere, in una delle ultime lettere dalla prigionia di Westerbork, quando ormai è imminente la partenza per Auschwitz: La vita qui non consuma troppo le mie forze più profonde. Fisicamente forse si è un po’ giù e spesso si è immensamente tristi, ma il nostro nucleo interiore diventa sempre più forte (6).  E ancora:  Una volta è un Hitler, un’altra è Ivan il Terribile; per quanto mi riguarda; in un caso è la rassegnazione, in un altro sono le guerre, o la peste e i terremoti e la carestia. Quel che conta in definitiva è come si sopporta, e risolve il dolore, e se si riesce a mantenere intatto un pezzetto della propria anima. (7)

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. 

4.   Korman, ebreo di origine polacca, ha a sua volta una storia straordinaria:  fu infatti uno dei passeggeri della Saint Louis, la nave salpata dal porto di Amburgo  il 13 maggio del 1939 con destinazione L' Avana e con 936 ebrei tedeschi in fuga dalla Germania. Il rifiuto delle autorità cubane e poi di quelle statunitensi di accogliere i rifugiati costrinse il comandante a tornare in Europa. Osias Korman, quattro anni dopo finì a Westerbork. In una lettera a lui indirizzata  Etty scrive: L'unica cosa che si può fare è di lasciare scaturire in ogni direzione quel po’ di buono che si ha in sè. Tutto il resto viene dopo. Se Osias sopravvisse alla difficile esistenza nel campo di transito, fu anche grazie a Etty.
5.   Etty Hillesum, Lettere (1942-1943),  a cura di Chiara Passanti, prefazione di Jan G.Gaarlandt,  Adelphi, 1990, pag. 27.
6.    E. Hillesum, Lettere, Op.cit. p.88
7.    Etty Hillesum, Diario (1941-1943),  a cura di J.G. Gaarlandt, Adelphi, 1985  pag. 161. 

19/05/14

Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (1./)


  


     

 Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (1./) 

      E’ piuttosto difficile spiegare il fenomeno Etty Hillesum. Al contrario di altre celebri vittime dell’Olocausto, come Anna Frank, infatti – il cui diario fu pubblicato la prima volta nel 1947, subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale – di Etty Hillesum, oggi divenuta una delle fonti spirituali più feconde e più frequentate nell’occidente non solo cristiano, nessuno aveva sentito parlare, fuori dai confini olandesi,  fino al 1981, quando l’editore Jan Guert Gaarlandt fece stampare ad Amsterdam  una selezione dei manoscritti, seguita, l’anno seguente da 40 lettere.   Per avere una edizione completa, in lingua olandese (1),  bisognò attendere il 1986 mentre la prima opera completa tradotta in inglese uscì soltanto nel 2002 presso la casa editrice Eedermans.

      Prima dell’edizione inglese c’era stata quella in italiano, nel 1985 per meritoria e felice intuizione dell’editore Roberto Calasso (Adelphi) che pubblicò in quell’anno il Diario, e due anni dopo le Lettere

     E’ incredibile considerare come, in un brevissimo lasso di tempo – dopo un così lungo oblio durato dalla morte di Etty avvenuta il 30 novembre del 1943 nel lager nazista di Auschwitz – l’opera della Hillesum sia divenuta così universalmente nota, appassionando ed emozionando intere generazioni di lettori, nel mondo.

     Eppure già le circostanze strettamente editoriali delle lettere e dei diari di Etty appaiono indicativi di un percorso spirituale del tutto particolare.  

     Fu proprio Klaas A.D. Smelik, l’uomo a cui si deve il salvataggio di questi meravigliosi testi, a raccontare qualche anno fa in un appassionato intervento durante un convegno (2) a Roma le peripezie che portarono nel corso di quattro decenni, all’emersione dei diari e dei quaderni.

      Ma prima di tutto l’antefatto: come è noto Etty Hillesum tenne negli anni 1941 e 1942 ad Amsterdam, un diario. Probabilmente, come racconta lo stesso Smelik, “lo fece su consiglio di Julius Spier, psicochirologo e terapeuta ebreo-tedesco, come momento della sua terapia. I diari non le servivano solo per la sua salute psicologica, ma anche per esercitare il suo talento di narratrice; Etty Hillesum infatti aveva l'ambizione di diventare scrittrice dopo la guerra, voleva scrivere un romanzo sulle sue esperienze, che tentava di fissare meticolosamente.” (3) 

      Una volta rinchiusa definitivamente nel campo di transito di Westerbork – dal quale passarono tutti i deportati dei Paesi Bassi, comprese Edith Stein e Anna Frank -  nel giugno del 1943, Etty diede in custodia i diari che teneva ad Amsterdam alla sua amica e coinquilina Maria Tuinzing, con l’indicazione di consegnarli ad uno scrittore Klaas Smelik, che come amico, doveva prendersi cura della pubblicazione dei diari.  

Il figlio dello scrittore, nella occasione di quel convegno, ha continuato così il suo racconto: “Ella aveva fatto conoscenza con mio padre a metà degli anni Trenta e sperava ovviamente che egli, attraverso le sue relazioni con vari editori, fosse in grado di trovare una via per realizzare la pubblicazione.  

Quando, dopo la Liberazione, risultò che Etty Hillesum era stata assassinata ad Auschwitz, Maria Tuinzing si mise in contatto con mio padre e gli consegnò gli undici quaderni dei diari, nonché le lettere. La figlia maggiore di Smelik, Johanna (nei diari chiamata Jopie) dattiloscrisse una parte dei diari e delle lettere, poiché la scrittura di Etty Hillesum era difficilmente leggibile. Alla fine degli anni Cinquanta e poi, di nuovo, a metà degli anni Sessanta, mio padre si mise in contatto con vari editori, che si rifiutarono di pubblicare i diari. Veniva considerato troppo filosofico.”


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1.    Il titolo originale dell’opera è Etty, De nagelaten geschriften van Etty Hillesum 1941-1943 (Gli scritti postumi di Etty Hillesum). Si tratta di un’opera di 864 pagine contenente tutti i quaderni e le lettere. Recentemente pubblicata anche in Italia dall'editore Adelphi. 
2.     Il Convegno internazionale su Etty Hillesum si tenne a Roma il 4 e 5 dicembre 1988 e i relativi atti furono pubblicati nel volume:  L’esperienza dell’Altro, Apeiron Editori, Sant’Oreste 1990.

3.     Klaas A.D. Smelik, intervento in L’esperienza dell’Altro, op.cit. pagg.121-125. 

19/02/14

Dieci grandi anime. 6. Pavel Florenskij (3./)





Dieci grandi anime. 6. Pavel Florenskij (3./)


Durante quegli anni di prigionia spaventosa – dal 1933 al 1937 – Florenskij continuò instancabilmente a lavorare  (a Skovorodino viene messo a capo di un laboratorio interno al lager, che si occupa dell’estrazione dello iodio e dello sfruttamento delle alghe marine) e a scrivere accorate, straordinarie lettere alla famiglia  (la moglie e i tre figli più piccoli lo raggiunsero in Siberia nell’estate del 1934), mentre proseguiva l’iter di un processo kafkiano destinato a concludersi con la condanna alla pena di morte come controrivoluzionario.

Queste lettere, riemerse dopo l’apertura degli archivi del KGB e riordinate pazientemente dal curatore Lubomir Zak vanno dal 23 maggio 1933, quando Florenskij è detenuto alla Lubjanka (ti prego di portarmi della biancheria intima e un lenzuolo… se avrai il permesso mandami due o tre cipolle, perché la mancanza di verdura può essere dannosa...) fino al 18 giugno 1937, pochi mesi prima della morte, quando nella lettera al figlio Tiki scrive profeticamente: io devo continuamente separarmi da qualcosa. Ho dato l’addio al Biosad, poi alla natura delle Solovki, poi alle alghe, poi allo Iodprom. Chissà che non debba dire addio anche all’isola. (6)

La lettura di queste pagine, insieme a  quelle delle memorie famigliari,  scritte negli anni ’20 (7), di questo uomo in cui – come scrisse l’amico teologo Sergej N. Bulgakov – “ si sono incontrate, e  a loro modo unite, la cultura e la Chiesa, Atene e Gerusalemme” (8) è una esperienza che arricchisce e che scalda il cuore.

 Sono lettere che pur provenendo dall’inferno – un inferno fatto di temperature a meno venti gradi, di povere camerate dove la gente dà di matto, di assurde marce nel nulla, di veglie notturne, di desolazione e vessazioni psicologiche – sono piene di incrollabile fiducia, nella vita, nel valore ultimo della esistenza, nella serena attitudine a cercare sempre di scoprire le tracce del mistero e della verità dietro l’apparenza dei fenomeni e delle circostanze.

In queste lettere, i riferimenti espliciti alla fede sono quasi assenti, e il motivo è fin troppo evidente, trattandosi di corrispondenza che veniva passata al meticoloso setaccio della censura sovietica.  

Eppure, quasi ogni rigo di questi scritti riporta un desiderio di assoluto, magari sigillato implicitamente in citazioni come quella di una poesia del poeta persiano Hafez, che Florenskij trascrive per la moglie e i figli, ma che nell’originale è una invocazione all’essere supremo (il te è un maiuscolo):  Mai si cancellerà l’amore per te/ dalle tavole del mio cuore e della mia anima/ E non lascerà la mia mente distratta il pensiero di te/sotto il giogo del destino e dell’afflizione/ impostomi dal mondo. /Fin dal principio il mio cuore/fu legato da un capello del tuo capo/E fino alla fine/non sfuggirà al suo voto. (9)


E in effetti questo essere, questo sentirsi legato a un capello del tuo capo, cioè del capo di Dio, è forse, in estrema sintesi, il pensiero di Florenskij, della sua esperienza, del suo percorso umano e spirituale. 

E’ l’essere legato a un capello, cioè a una sostanza che non è di questo mondo, ma che è oltre, rende l’interpretazione del mondo, per Florenskij, bisognosa di una ridefinizione: ogni cosa e ogni apparenza fenomenica rimanda a un nuovo pensiero, capace di sintetizzare Dio e il mondo, il visibile e l’invisibile, in una concreta riscrittura delle teorie sullo spazio che sembrano tener conto e in qualche caso perfino anticipare le nuove acquisizioni einsteniane e le conseguenze che produrranno sulla conoscenza scientifica. 

(3./segue) 

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6.     La raccolta delle lettere scritte dal Gulag alla famiglia da Florenskij costituisce una delle testimonianze spirituali più alte del Novecento, che molti hanno paragonato a quella dei diari Etty Hillesum o di Dietrich Bonhoeffer.  L’edizione italiana completa è quella contenuta in Non dimenticatemi, op.cit.          
7.     Le memorie famigliari sono pubblicate in Italia da Mondadori.  Pavel A. Florenskij, Ai miei figli, memorie di giorni passati,  a cura di Natalino Valentini e Lubomir Zak, Mondadori, Milano, 2003.    
8.     La citazione è riportata nella nota biografica su Pavel Florenskij pubblicata nel volume Ai miei figli… op. cit.             
9.     La poesia di Hafiz è riportata da Florenskij nella lettera del 24-25 luglio 1935. Contenuta in Non dimenticatemi, op. cit. pag. 194.