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06/11/13

Epicuro e il giardino nel quale vorrei abitare.





Il corpo è stanco della tirannia della mente.

Sembriamo sempre più incapaci di abbandonarci, di mettere a dormire la mente, di dedicarci alle virtù che nobilitano l'essere umano. 

Incollati agli specchi riflettenti il nostro io (quello più superficiale) sembriamo diventati impermeabili all'ascolto di se stessi. 

Cambiare è possibile.

Nel 306 avanti Cristo un ateniese di nascita (ma ionico d’adozione), Epicuro, acquistò una casa nell’esclusivo quartiere di Melite e un piccolo giardino appena fuori dalla porta del Dipylon (la stessa strada che portava all’Accademia di Platone).
In questo giardino Epicuro – che ai tempi d’oggi abbiamo tristemente umiliato come epigono della filosofia del carpe diem, cioè della soddisfazione edonistica dei desideri (niente di più lontano da quanto egli ricercava e sosteneva) – edificò la sua Accademia, per un mondo che immaginava nuovo, per la conquista dell’ataraxia (la pace dell’anima o tranquillità spirituale).

I mezzi che Epicureo identificò sono gli stessi che anche oggi servirebbero a fare di un uomo una persona, e di un gruppo una comunità di umana, vera.

La principale virtù epicuree è l’amicizia: di tutti i beni che la saggezza procura per la completa felicità della vita, il più grande di tutti è l’acquisto dell’amicizia, scrive Epicuro.

Dalla amicizia discende l’importanza della conversazione. Non c’è piacere più grande né forma più alta di felicità mortale di una conversazione intelligente tra amici che sappiano ascoltarsi e trarre ispirazione, imparando gli uni dagli altri.

Con lo stesso spirito il filosofo greco raccomandava di coltivare la soavità nei modi e nel carattere. La soavità è agli antipodi della rudezza dei cinici, dell’altezzosità dei platonici e dell’austerità degli stoici.

Strettamente legata alla soavità è poi l’epieikeia, la considerazione per gli altri.  Che si manifesta attraverso la gentilezza, la civiltà, la cortesia, il rispetto.

C’è poi la franchezza nel parlare, contro l’adulazione e la ruffianeria.

E infine le ultime tre virtù pazienza, speranza e gratitudine, proiettate come disposizioni esistenziali verso le estasi temporali - presente (pazienza), futuro (speranza), passato (gratitudine).
Di queste, la più importante dice Epicuro è la gratitudine: la vita dello stolto,  scrive, è ingrata e sempre rivolta al futuro. 

Ecco:
amicizia, conversazione, soavità, considerazione per gli altri, franchezza nel parlare, pazienza, speranza, gratitudine. 

Ecco il giardino nel quale vorrei abitare.


03/10/13

I guai del "tempo psicologico", l'incapacità di vivere il presente - Eckhart Tolle.





Vorrei che fossimo capaci di meditare profondamente su questa breve riflessione di Eckhart Tolle:

Ogni negatività è causata da un accumulo di tempo psicologico e dalla negazione del presente. Disagio, ansia, tensione, stress, preoccupazione (tutte forme di paura) sono causati da un eccesso di futuro e da un'insufficienza di presente. Senso di colpa, rimorso,risentimento, rancore, tristezza, amarezza e ogni forma di mancato perdono sono causati da un eccesso di passato e da una insufficienza di presente. In definitiva vi è un solo problema: la mente legata al tempo.

Mi sembra che raramente si sia espresso con più chiarezza quel che genera la nostra s-connessione dal mondo. L'incapacità di vivere il presente, o meglio di viverlo soltanto in modo epidermico, superficiale (il contrario dell'epicureismo classico) divenuto paradigma contemporaneo, è il veleno che lentamente svuota e sta svuotando di significato la vita. 

Il tempo psicologico - una pura proiezione - inficia il nostro contatto diretto con il mondo e con il centro di noi stessi che siamo (anche il mondo): quell'essere piantati qui e ora, che abbiamo dimenticato, a scapito di un nevrotico rincorrere un tempo soltanto mentale.

Siamo capaci di vivere ? Di vivere, ora ? 


Fabrizio Falconi


in testa, Helmut Newton, Big nude, 1975.