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07/07/20

La storia della mano di Ennio Morricone voluta dal Maestro e realizzata dal più bravo cesellatore di Roma

La mano di Morricone realizzata da Dante Mortet



"So Morricone. Ma sta mano la famo o no?". Dante Mortet, artigiano e dunque artista con bottega a Piazza Navona, dall'altra parte del telefono per poco non cade dal motorino

"Era un giorno di novembre di 4 anni fa. Il maestro aveva saputo che facevo sculture di mani, si era recuperato il telefono e mi aveva contattato. Ero su Ponte Cavour e in quel momento ho incontrato una persona immensa", dice Dante, oggi commosso per il passato e per il presente. 

Mortet immortala la mano di Morricone in una scultura in bronzo, "una mano che il maestro teneva in mostra a casa sua, poi io ne feci un'altra copia la notte che vinse l'Oscar, la feci inginocchiato mentre lo premiavano". 

"Andai a fare il calco a casa sua. Mise subito le cose in chiaro: 'deve essere la mia mano che scrive la musica, insomma con la penna ma quale bacchetta'", ricorda Dante, una famiglia di cesellatori da 5 secoli.

E quella mano in effetti viene alla luce nell'atto piu' concreto della creazione musicale, quella in cui le note fluiscono nell'inchiostro e prendono sostanza nello spartito. Insomma quell'atto semplice e potente in cui il mestiere diventa arte. 

"'Io la musica la scrivo' mi diceva il Maestro -spiega Dante- e a suggellare questo mi regalo' lo spartito in cui aveva scritto il brano che colsi nel calco: era il motivo principale del Il buono, il brutto e il cattivo, insomma si' L'ululato del coyote". 

Un vero gesto di stima "considerando che Morricone, mi disse poi un suo collaboratore, i suoi spartiti se li riportava sempre via e non ne lasciava mai nessuno in giro". 

Il calco, fatto in un pomeriggio tra tante chiacchiere romane, "il caffe' della signora Maria e un video girato col telefonino 'che fa il film', come diceva il Maestro", poi si trasforma in una scultura in bronzo. 

"Il materiale lo abbiamo scelto insieme -dice Dante- perche' e' il materiale di Roma, anche il Marc'Aurelio e' in bronzo. E Morricone e' un monumento di questa citta', anzi di questo mondo"

Da quella mano, solida e bella che tiene la penna e sembra strappata ad un affresco michelangiolesco, la vita artistica e umana di Dante cambia. "Te porta fortuna, vedrai", mi disse Morricone. 

Da li' Dante, bottegaio col dono dell'arte, fa le mani di Robert De Niro, Kirk Douglas, dell'intero cast del film di Tarantino 'The Hateful Eight', fa persino il calco dei piedi di Pele'. 

Ora sogna di immortalare nella materia le mani del grande fotoreporter Sebastiao Salgado, il fotografo del lavoro impastato di fatica nel bellissimo libro di 350 scatti "La Mano dell'uomo". Ma il legame di Dante con Roma resta ed e' fortissimo tanto che e' suo il logo del premio Roma Best Practice Award che quest'anno, per volere dell'organizzatore Paolo Masini, sara' dedicato a Ennio Morricone. 

 Da stamattina Dante tra le sue mani, belle e potenti come quelle del maestro, rigira quello spartito che Morricone gli ha regalato. "E' un pezzo mondiale", gli disse Morricone finendo di vergare le ultime note. "Io me lo tengo qui, nella scatola delle cose piu' belle, qui ci sono ancora le sue mani", dice Dante stringendo le note d'inchiostro e musica, le mani immortali del Maestro. 

06/07/20

Ennio Morricone e Gillo Pontecorvo, l'amicizia di una vita

Gillo Pontecorvo e Ennio Morricone 



Sono moltissimi i registi che non sarebbero gli stessi se Ennio Morricone non avesse messo a loro disposizione le sue musiche, le sue intuizioni, la sua professionalita'. 

Solo alcuni pero' divennero amici veri, frequentati dentro e fuori dalla sala d'incisione. 

Uno di questi, forse tra i piu' intimi, e' stato Gillo Pontecorvo per cui Morricone scrisse le colonne sonore di "La battaglia di Algeri", "Queimada", "Ogro"

Considerata la leggendaria ritrosia del regista ad impegnarsi su un progetto (solo 5 film in tutta la carriera), si tratta del legame di una intera vita professionale visto che duro' dal 1966 (l'anno del Leone d'oro per "La battaglia di Algeri") fino all'ultimo film di Gillo, presentato sempre a Venezia nel 1979

Dopo di allora c'e' una storia privata, fatta di cene a casa, scherzi goliardici, intimita' tra le consorti (la moglie di Gillo viene da una grande famiglia di musicisti, i Ziino, e lei stessa e' stata una colonna della Filarmonica Romana) che non si e' mai interrotta. 

Tutto pero' comincio' proprio nel '66 quando Pontecorvo, che tornava alla regia sette anni dopo "Kapo'", cerco' Morricone che in quel momento collaborava con Pasolini ("Uccellacci e uccellini") e Carlo Lizzani (sodale all'Anac e amico a sua volta). 

Fu un avvio tempestoso perché il regista, grande appassionato di musica e autodidatta, aveva gia' firmato insieme a Carlo Rustichelli le musiche del suo film precedente e sapeva che emozioni voleva suscitare attraverso le note

Dopo un mese di lavoro non si trovava un punto d'incontro finché Pontecorvo una sera non sali' le scale di casa Morricone fischiettando la melodia che secondo lui andava bene. 

Il maestro Morricone aveva capito con chi aveva a che fare e lo accolse suonando al piano la stessa melodia sostenendo di averne avuto l'intuizione la notte prima. 

"Rimase basito - racconto' il musicista anni dopo - io gli dissi, con una calma olimpica, che dopo un mese passato a discutere di quel tema, evidentemente eravamo sulla stessa lunghezza d'onda."

29/02/16

Oscar a Morricone - Un ricordo di Giuliano Montaldo e quell'incontro con Joan Baez.



Per celebrare l'Oscar ad Ennio Morricone, ecco questo ricordo di Giuliano Montaldo raccolto dall'agenzia Lapresse:


"Io detengo ancora il record delle collaborazioni con Ennio Morricone, anche se sento la scalata sempre più vicina del grande Tornatore. Sono 16 le colonne sonore, fra film, documentari e il 'Marco Polo' che abbiamo fatto assieme, Ennio ed io. E ogni volta è stata una emozione. Mi piaceva la musica, ma non ne avevo capito tanti meccanismi che mi ha spiegato Morricone. Trovare cioè nei film lo spazio musicale, che è fondamentale e va pensato già durante la sceneggiatura". 

Fra i tifosi del maestro Ennio Morricone, c'è anche il regista Giuliano Montaldo, classe 1930, intervistato da La Presse, nella sua casa di Roma, 

"Morricone - dice Montaldo - mi ha insegnato che la musica, per raccontare delle emozioni durante un film, deve avere sempre uno spazio dedicato interamente a lei, non può esserci solo nei titoli di testa e di coda e non può solo sovrapporsi a ciò che accade, un bombardamento, un passaggio di carri armati, o un brusio di folla". 

"Nel dramma o nell'ironia ci deve essere uno spazio dedicato di accompagnamento musicale. Questo per me è stato fondamentale. Io gli ho fatto sempre leggere la sceneggiatura prima di iniziare le riprese - continua Montaldo - : non è che lui dia dei consigli, perché è incredibilmente schivo. Non è mai un presenzialista, un esibizionista". 

Morricone quindi grande maestro della composizione che non interferisce con l'arte del regista? 
"Se interferisce, lo fa con la musica. Lì, eccome, se interferisce. Per il mio 'Sacco e Vanzetti' io proposi una ballata e lui mi prese un po' in giro: 'che fai la canti te?', mi disse". Il film 'Sacco e Vanzetti' del 1971, diretto da Montaldo, si avvale di una tra le più celebri colonne sonore del famoso autore delle musiche dei western di Sergio Leone. La canzone di chiusura 'Here's to you', cantata da Joan Baez, divenne un inno generazionale. 

"A un certo punto, per un colpo di fortuna - prosegue nel suo ricordo Montaldo - cercando il materiale di repertorio del periodo dei fatti di 'Sacco e Vanzetti', ebbi la fortuna di incontrare la signora Baez. Allora le lasciai il copione e il giorno dopo lei mi chiamò per dirmi 'mi piace, ci sto'. Quando con Ennio si sono incontrati con Joan, parlavano fra loro con la musica, un dialogo meraviglioso, l'interprete c'era, ma non serviva. Joan Baez mi disse che era stupefatta di come lui avesse intuito perfettamente quale fossero le sue note più basse e quelle più alte".