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28/09/21

Libro del Giorno: "Ponte Milvio 312 d.C." di Ross Cowan

 


Edito in Italia dalla casa editrice LEG e recentemente ristampato dalle edizioni de Il Messaggero, arriva nel nostro paese questo libro scritto dal britannico Russ Cowan, che insegna all'Università di Glasgow ed è esperto di storia e archeologia romana. 

Il libro è particolarmente interessante perché racconta con grande completezza di informazioni e di illustrazioni ad hoc, uno degli eventi decisivi della storia romana antica e più in generale della storia dell'Occidente: la battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312 d.C. che segnò la vittoria di Costantino imperatore contro le truppe dell' "usurpatore" Massenzio, che occupava Roma da sei anni. 

Più in generale si ripercorrono le complesse vicende della cosiddetta Tetrarchia, il periodo nel quale, alla cessione del potere di Diocleziano, il potere (e l'Impero) si ritrovò frammentato in quattro parti. 

Tuttavia, il sistema della tetrarchia, ideato per rinnovare l'architettura istituzionale dell'Impero, si rivelò da subito fragile: ed è in questo contesto che si svolse l'ardua e irresistibile ascesa al potere di Costantino, figlio dell'augusto Costanzo Cloro. 

Costantino, nel corso degli anni successivi alla sua acclamazione al potere (che avvenne a Eburacum, l'odierna York, immediatamente dopo la morte del padre di Costantino, Costanzo, il 25 aprile del 306) affrontò uno ad uno i suoi avversari e pretendenti al trono di imperatore unico: Galerio, Massimino Daia, Licinio, Massimiano e Massenzio. 

Questo libro è incentrato proprio sul contrasto tra Costantino e Massenzio, il quale signoreggiava sull'Italia e l'Africa e aveva stabilito la sede del suo regno proprio a Roma, la vecchia capitale che seppure sospinta ai margini nella geografia del potere alla fine del IV secolo d.C., rappresentava pur sempre il simbolo eterno dell'Impero. 

La posta in gioco per i due rivali dunque era la più significativa per l'Occidente e per tutto l'Impero: Roma, l'antica capitale, dove Massenzio si era asserragliato dopo aver rinnovato e ampliato le fortificazioni cittadine. 

In una veloce e straordinaria campagna militare, Costantino passò dalla Gallia al Nord Italia: presi i maggiori centri urbani da Torino a Verona, ad Aquileia, discese verso l'Urbe; alle sue porte, presso il Ponte Milvio, si sarebbe svolta la battaglia determinante per le sorti imperiali. 

Non si trattava solo di politica: anche la religione giocò un ruolo determinante. Si trattasse di fede o di propaganda, Costantino si dichiarò destinatario di un messaggio di Cristo, che gli ordinò di adottare come vessillo il suo monogramma. 

Con la successiva vittoria, il suo percorso verso il trono era destinato a intrecciarsi sempre più con il cristianesimo, mentre allo sconfitto Massenzio sarebbe spettata la damnatio memoriae. 

Tutti questi aspetti sono trattati nelle pagine del libro, che rispetto ai molti altri scritti sull'argomento, affronta con specificità il tema bellico: le strategie, la composizione degli eserciti, le mansioni assegnate alle singole legioni, gli armamenti, la tempistica e i precedenti storici. 

Il tutto grazie a un ampio corredo illustrativo: immagini, ricostruzioni, mappe: la battaglia, seppur breve (sembra che si consumò nel giro di poche ore) ma imponente, è così restituita compiutamente all'attenzione dei lettori, che potranno conoscere nel dettaglio questo momento essenziale per la storia di Costantino e dell'Impero romano.

Fabrizio Falconi

06/02/12

La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 5. Il casale di Malborghetto.


5. Il casale di Malborghetto.

Ma dove avvenne esattamente questa Visione ?

Per rispondere dobbiamo spostarci un po’ fuori dell’Urbe. Risalire l’antica Via Flaminia, e raggiungere il chilometro 19.

Come abbiamo visto precedentemente, l'armata di Costantino, proveniente dal Nord Italia si accampò, in quella fine di ottobre del 312 d.C. sulla Via Flaminia, prima del combattimento finale con le truppe di Massenzio.

Considerando l’inizio dei combattimenti, il quale avvenne nella piana di  Saxa Rubra, è presumibile che gli uomini di Costantino si fossero accampati qualche chilometro prima, un po' più a monte, e non è difficile ipotizzare che il luogo scelto dovesse essere prima della collina di Prima Porta, dove oggi sorge il grande cimitero comunale, il più esteso di Roma.

Il Casale di Malborghetto è un edificio rurale medievale, che passa quasi inosservato agli occhi di chi transiti sulla Via Flaminia, seminascosto com’è dalla vicina linea ferroviaria.  Si presenta come un comune palazzo alto e quadrato in mattoni di travertino adiacente ad una piccola chiesa.  Ma guardando appena più attentamente non è difficile riconoscere il nucleo originale della costruzione, rivelato dal diverso colore e dal diverso materiale usato nnella struttura dell’edificio. Ben visibile si identifica il disegno di un imponente arco quadrifronte romano, eretto, come risulta da vari indizi (tra i quali mattoni con i bolli dell'età di Diocleziano) all'inizio del IV secolo a.C.



Eppure l’arco di Malborghetto, curiosamente,  non è ricordato da alcun documento fino alla fine del Duecento, quando viene citato in un atto di compravendita della costruzione, ormai trasformata in un fortilizio.

Dopo vari trascorsi, tra cui una devastazione attribuita agli Orsini nel 1485 (che a quanto pare determinò il toponimo di Malborghetto), l'edificio (quel che ne restava) risulta affittato verso la metà del 1500  da un farmacista milanese che viveva a Roma,  in Via della Scrofa. Questo personaggio portava il cognome Pietrasanta, e il nome di battesimo proprio Costantino, circostanza davvero curiosa.  Ma all'epoca non vi era nessuno, ovviamente,  che mettesse in relazione l'edificio con l'Imperatore romano.
Il Pietrasanta fece restaurare la costruzione sotto il pontificato di Pio V, lasciandone  futura memoria in una scritta di brutte maioliche, ancora visibili, sul frontone sotto il tetto.

In seguito ci furono altri restauri, finché ai primi del secolo, un archeologo tedesco -  Fritz Toebelmann - studiò finalmente a fondo, per cinque lunghi anni, il monumento giungendo alla conclusione che esso fosse stato eretto per commemorare la vittoria di Costantino su Massenzio, trattandosi dell'unico evento storico significativo accaduto nella zona in quel determinato periodo storico.  Toebelmann, prima di morire ancora giovane nelle trincee della Grande Guerra, arrivò a tale convinzione dopo aver minuziosamente esaminato i materiali di costruzione dell’edificio, e aver rinvenuto, incassati nei muri, alcuni mattoni con impresso il bollo dell’imperatore Diocleziano, circostanza che rese possibile datare con precisione la costruzione del primo arco, come manufatto del IV. secolo dopo Cristo (6).

Del resto le stesse dimensioni monumentali dell’Arco (m.14,86 X 11,87 X 7) con i basamenti rapportabili a quelli dell'unico quadrifronte sopravvissuto a Roma, quello del  Velabro, testimoniavano che l’Arco stesso dovesse essere stato costruito in quel luogo a ricordo di un evento memorabile, e non poteva non collegarsi alla Battaglia di Ponte Milvio.  
Ma se un Arco avesse dovuto commemorare quella Battaglia, questa è la nostra opinione, tale Arco monumentale avrebbe avuto molte più ragioni di essere edificato proprio a Ponte Milvio (luogo della morte di Massenzio), o nella zona di Saxa Rubra, dove la battaglia ebbe effettivamente inizio.

Perché invece l’edificazione proprio in quel punto, distante diversi chilometri sia da Ponte Milvio che da Saxa Rubra ?

Discende come conseguenza logica, a nostro avviso, proprio dagli studi di Toebelmann l’ipotesi che l’arco abbia  invece una stretta relazione con la VISIONE di cui parlano Lattanzio e Eusebio di Cesarea.


 QUI le precedenti puntate

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21/01/12

La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 1.



La visione di Costantino e L’Arco di Malborghetto sulla Via Flaminia.

 1. Le vie consolari e l’età di Costantino.

Nella loro lunghissima storia le vie consolari di Roma sono state  teatro di misteriosi  eventi, celebri  visioni, alcune di esse fondamentali per la Storia del Cristianesimo.

Vale la pena ricordarne soltanto alcune:  la visione di San Pietro sulla Via Appia (64 d.C.)- del Domine Quo Vadis,  riferita da molte fonti, pagane e cristiane (a seguito della quale la quale l’apostolo Pietro avrebbe deciso di tornare per accettare il martirio a Roma); la visione dell’Imperatore Costantino sulla Via Flaminia (312 d.C.) prima della Battaglia di Ponte Milvio; la visione di Sant’Ignazio di Loyola sulla Via Cassia, in zona La storta, nel 1537, prima di entrare a Roma e fondare la Compagnia di Gesù.

Della prima e della terza esistono memorie in luoghi venerati a lungo e poi caduti nell’oblio. Riscoperti soltanto negli ultimi tempi da un certo turismo, non solo religioso.  Per quanto riguarda la seconda, invece, sembrerebbe quasi che l’episodio storico, tramandatoci dalla tradizione e dalle varie fonti che vedremo, sia stato completamente dimenticato.  Eppure, chi abita a Roma e si trova a passare nel popoloso quartiere denominato “Labaro” dovrebbe sapere che l’etimologia di quel nome è legata strettamente ad uno dei più celebri episodi della vita dell’Imperatore Costantino il Grande, e al misterioso segno che egli dichiarò di aver visto nel cielo prima della definitiva battaglia contro Massenzio.

Ma prima di addentrarci nella Visione della Via Flaminia, descriviamo più succintamente che si può la complicatissima situazione che vigeva nell'Impero prima dell'avvento di Costantino.

Il potere, all''inizio del 300 d.C., era incredibilmente frazionato.  Il declino di Diocleziano lasciò l'impero in mano alla tetrarchia , cioè in mano a quattro persone:  due Augusti (Diocleziano e Massimiano, i quali avevano scelto come sedi del potere rispettivamente Nicomedia, in Asia Minore, e Milano), che a loro volta avevano scelto due Cesari (il primo Galerio, il quale  pose la sua capitale a Mitrovizza, nell'attuale Croazia; il secondo Costanzo Cloro, padre di Costantino, che scelse Treviri, in Germania).

Roma, perciò, era apparentemente fuori dai giochi, sempre più periferica.

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