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24/04/09

La crisi, il denaro, la ricchezza, i cristiani e... Gesù.


Devo dire che mi ha fatto molto piacere sentire dalla bocca del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, a margine di un incontro con la stampa, a Mestre, queste parole, quando un intervistatore gli ha chiesto di commentare l'attuale sconvolgente crisi economica:


"Come invita il messaggio cristiano, bisogna avere sempre una coscienza chiara, capace, anche quando e' il caso e in forma misurata, dI denunciare le contraddizioni di cio' che non va. Adesso e' molto importante, realmente, nel senso nobile del termine, che le regole del mondo della finanza vengano riscritte, come mi pare si sta tentando di fare. E mi sembra che il criterio di fondo per riscrivere queste regole sia quello di non dimenticare, come si e' dimenticato, che il valore numero uno, anche nell'intrapresa finanziaria, ha da essere la persona e la persona in relazione a cui bisogna subordinare il resto".

Mi dispiace soltanto che parole di questo tono si siano sentite raramente - anche in ambito di gerarchie cattoliche - negli anni in cui tutto è stato sacrificato alla logica del profitto e del mercato, in occidente, con i risultati che tutti ormai abbiamo sotto gli occhi. Eppure, per un cristiano non dovrebbe essere difficile, anche soltanto aprendo i Vangeli, sapere che senso abbia la ricchezza materiale, di beni e di denaro, su questa Terra. Come sappiamo, Gesù è l’antitesi di Satana: alla bramosia dei beni materiali e del potere sulla natura e sull’uomo, Gesù sceglie come valore supremo “l’essere”. Gesù compie questa scelta nel deserto, dove non ci sono comodità né ricchezze, ma solo le cose strettamente necessarie alla sopravvivenza.


Di qui la sua scelta a una vita povera, itinerante e senza sicurezze, tanto da definirsi come “uno che non ha dove posare il capo” (Lc 9,58).Egli vive per primo e in pienezza quanto insegnerà: “... che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9,25). Il suo distacco dalle ricchezze è totale, radicale. Egli “cerca innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia” e “liberamente” sceglie una vita che gli permette di appartenere totalmente alla sua missione e di testimoniare tutta la sua fiducia nel Padre.


Egli guarda gli uccelli del cielo e i gigli del campo: sa di valere più di loro, per questo “cerca prima il regno e la sua giustizia”, sicuro che il Padre non gli lascerà mancare il necessario; si affiderà in continuità al Padre; egli non porta con sé né borsa né bisaccia e si accontenta di quello che gli danno (vedi Lc 10,3.8).


Accanto a lui, uniti alla sua missione, ci sono sempre persone (discepoli e discepole) che lo seguono e che lo assistono con i loro beni (8,3). E quando spezza il pane rende grazie, riconosce che tutto è dono del Padre che lo sostenta nel suo cammino. Gesù sa, che solo nel vivere distaccato da ogni bene materiale, può godere di quella libertà che gli permette di vivere in pienezza la sua missione: “annunciare il regno di Dio” (Lc 4,43); essere con gli altri e per gli altri, cioè “servo”.


Sarebbe bello - anche se ahimè appare oggi ancora del tutto utopistico - immaginare una economia fatta dagli uomini non per acuire e consolidare i propri privilegi, ma costruita per essere 'serva' degli altri e per gli altri.


( ringrazio per il contributo dato a questa meditazione il portale http://www.donbosco-torino.it )