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08/02/22

Quando Dario Argento si prese gioco dello spettatore mostrando il volto dell'assassino prima del finale (e nessuno se ne accorse!)



Questo articolo contiene SPOILER ed è dunque sconsigliato a chi ancora non abbia visto il film. 

Profondo rosso, realizzato nell'ormai lontano 1975 diretto da Dario Argento, viene ormai unanimemente considerato il suo capolavoro, costituendo anche il passaggio tra la fase thriller del regista,  cominciata nel 1970 con L'uccello dalle piume di cristallo e quella horror intrapresa nel 1977 con Suspiria.

Qui vengono narrate le vicende del pianista jazz Marc Daly (l'attore David Hemmings, lanciato da Michelangelo Antonioni in Blow Up), sulle tracce di un efferatissimo serial killer, i cui segreti affondano in un inconfessabile, macabro passato.

Il geniale Dario Argento, che si era nutrito da studente di cinema di Hitchcock, in questo film realizzò una vera impresa "prendendosi gioco" dello spettatore e praticamente consentendogli di risolvere il rebus riguardante l'identità dell'assassino già a partire dalle primissime scene. 

Durante una di queste infatti il protagonista si trova nella piazza sottostante quella dell'assassino della sensitiva, che apre il film, con il suo amico Carlo, anch'egli abile pianista ma con gravi problemi di alcolismo. 

Qui i due sentono le grida della vittima e Marc vede la sensitiva mentre viene scaraventata contro il vetro della finestra dalla quale stava chiedendo aiuto. 

Precipitatosi nell'appartamento non può che constatarne la morte. 

In realtà però, in quella scena, quando Marc entra nell'appartamento della vittima, Dario Argento svela il volto dell'assassino, in un veloce frammento, durante la camminata nel corridoio. Marc, infatti non si accorge - e lo spettatore con lui - che l'assassino è ancora all'interno dell'appartamento. 

Il suo volto compare infatti riflesso da uno specchio, insieme ai volti ritratti in quadri d'arte contemporanei che la sensitiva teneva appesi nella casa. 

La trovata del quadro/specchio è sicuramente una delle più geniali e rivoluzionarie del film e costituirà il ricordo sbiadito e subliminale che ricorre per tutto il film nella mente del protagonista

Già all'epoca il particolare ebbe molto clamore. Quando si diffuse il passaparola, molte persone tornarono a vedere il film per essere certi che davvero in quella scena, Argento avesse mostrato il volto dell'assassino, sfidando le regole di ogni thriller, e mettendolo sotto gli occhi dello spettatore. 

Oggi che Dario Argento, a 81 sta uscendo con il suo nuovo film, in concorso alla Berlinale, questo è un modo per fargli gli auguri, e ringraziarlo dei brividi di classe che con i suoi film ci ha regalato, specialmente con la prima parte della sua filmografia.

Fabrizio Falconi - 2022 

29/05/17

Lo straordinario Quartiere Coppedè, da progetto sperimentale a set per Dario Argento.




     C’è un luogo, in città, dove i romani vanno nelle sere grigie d’autunno, quando il vento raschia le foglie dall’asfalto, e le luci dei lampioni ondeggiano prima della tempesta,  quando vogliono assaporare il brivido insolito di un panorama urbano che sembra proprio non appartenere in nulla a quello consolidato e rassicurante di Roma,  ma che sembra piuttosto uscito dalla fantasia allucinata di un maestro dell’horror.

    Questo luogo è il quartiere Coppedè, che sorge quasi del tutto isolato in un piccolo quadrilatero di vie, nel più grande rione chiamato Trieste, non lontano dalla Via Nomentana.   Si tratta di una porzione di architetture omogenee, per l’esattezza ventisei palazzine e diciassette villini, ideati, progettati e realizzati tra il 1913 e il 1927 da un geniale architetto fiorentino, Gino Coppedè.

     Il suo cognome è rimasto talmente legato a questo luogo, che oggi si fa fatica perfino a trovare traccia fotografica del grande architetto,  nato il 26 settembre del 1866.   Le poche foto lo ritraggono con una folta barba e baffi dannunziani,  vestito sempre elegantemente, con sgargianti mocassini chiari, come lo sparato sopra  il papillon nero, il fisico prestante, lo sguardo fiero e penetrante.
     
       Coppedè, proveniente da una famiglia di architetti e di intagliatori,  mostrò da subito una spiccata propensione per il disegno eccentrico, sviluppando una personale interpretazione eclettica dello stile Liberty, che ebbe modo di esprimersi in diverse opere – come il castello Mackenzie a Genova, commissionato da Evan Mackenzie, fiduciario del Lloyds nel capoluogo ligure  e facoltoso collezionista d’arte -  ma soprattutto nel quartiere che prese il suo nome, a Roma e che gli fu invece commissionato dai finanzieri Cerruti, della Società Anonima Edilizia Moderna.  Qui, Coppedè pensò bene di provare a fondere in modo armonico elementi architettonici provenienti dal Barocco, dal medievale,  dal classicismo al più sfrenato manierismo. 

     Una impressione immediata di questo stile allucinato e straniante si ha appena varcato l’ingresso del quartiere di Via Tagliamento, passando sotto il possente arco che funge da ponte sospeso a tre piani  tra due palazzi chiamati degli Ambasciatori, dalla volta del quale pende un monumentale lampadario in ferro battuto, e oltrepassato il quale si giunge nella Piazza Mincio, ornata dalla celebre Fontana delle rane, doppio livello marmoreo dal quale si affacciano dodici rane che spruzzano acqua.  Voltando lo sguardo a 360 gradi, dal centro della piazza, si ha davvero la sensazione di essere inavvertitamente scivolati fuori dal tempo.  Sensazione che si rafforza non appena si iniziano a percorrere le vie del quartiere, che si dipanano a raggiera dalla piazza stessa e  sulle quali affacciano bizzarre costruzioni, come lo splendido Villino delle Fate, che sembra davvero uscito dalla fantasia di Lewis Carroll, con tutte le sue asimmetrie, le porte e le finestre, le scale,  i muri e i portici oscuri, tutti diversi uno dall’altro,  o come la Palazzina del Ragno che richiama le antiche costruzioni egizie.  
      Più che un quartiere, una scenografia. 

  Dichiaratamente a tal punto che lo stesso Coppedè stesso volle lasciare la sua ‘firma’ cinematografica proprio nell’ultimo palazzo del quale riuscì a seguire personalmente la realizzazione, e cioè quello che affaccia su Piazza Mincio, al civico numero 2 lasciando fra l’altro il suo blasone sul portone al fianco:  Artis praecepta recentis/ maiorum exempla ostendo.  Il portone di questo elegante villino – dallo strano effetto telescopico -  è infatti fotocopiato, per volere dell’architetto,  da una delle celebri scenografie del primo grande kolossal del cinema Italiano, Cabiria, realizzato da Giovanni Pastrone, nel 1914.
      
      Era perciò un destino che il quartiere Coppedè diventasse naturalmente, con gli anni, a sua volta, un ideale set cinematografico. Ed è anche comprensibile che lo diventasse -  a causa di questo suo fascino estroso, fantastico, gotico - di film terribilmente visionari come quelli girati dal regista Dario Argento, che scelse in diverse occasioni, proprio queste locations, per l’ambientazione dei suoi film.     
      Prima di lui, però, era stato Mario Bava, a intuire le potenzialità evocative di questo luogo come set cinematografico, nel film La ragazza che sapeva troppo, del 1962.  Mario Bava era considerato un maestro da Dario Argento, all’epoca in cui era ancora giornalista e critico cinematografico.
      Così,  per la sua  prima volta dietro la cinepresa, nel suo film d’esordio, L’uccello dalle piume di cristallo, girato nel 1969 e uscito nelle sale nel 1970, il regista romano scelse proprio il quartiere come ambientazione di alcune scene e implicito omaggio al suo maestro.   È la storia di uno scrittore americano, Sam Dalmas, interpretato da Tony Musante,  che di passaggio a Roma, assiste casualmente ad un tentativo di omicidio attraverso la vetrata di una galleria d'arte: un uomo sta accoltellando una donna.  La presenza e l'intervento di Sam mettono in fuga il colpevole, ma da quel momento in poi, una serie di omicidi sconvolgono la città e Sam si trova ad essere sospettato dalla polizia.  In una delle strade del Coppedè è ambientata la famosa scena in cui Sam/Tony Musante riesce miracolosamente a schivare la coltellata dell’assassino.

     Al quartiere poi, Dario Argento ritornerà con un altro film, dieci anni più tardi, Inferno, del 1980,  incentrato sulla storia di una giovane poetessa americana, Rose, che dopo aver acquistato un antico libro di alchimia, intitolato Le tre madri,  comincia a investigare sulle tre case costruite a Friburgo, Roma e New York,  dalle tre entità in questione, ovvero : Mater Suspiriorum, la Madre dei Sospiri, Mater Lacrimarum, la Madre delle Lacrime e Mater Tenebrarum, la Madre delle Tenebre. È ovvio a questo punto che per la casa romana, Dario Argento immaginò proprio una delle case del Coppedè.
     Non solo,  nel quartiere sembra proprio che Dario Argento abbia finito per trovarsi così bene da sceglierlo come abitazione .

     Ed ecco così la strana conseguenza per la quale anche lo stesso Argento ha finito per diventare il fantasma  - non è facile incontrarlo – di un quartiere che molti, soprattutto per effetto dei suoi film, hanno creduto e credono popolato di strane presenze. 

09/01/16

Tornano in libreria in edizione tascabile "I fantasmi di Roma".



Tornano in libreria dal 14 gennaio I fantasmi di Roma di Fabrizio Falconi

Cop. flessibile € 9,68
Cop. rigida € 4,43


La storia della città eterna attraverso i suoi misteri, le inquietanti presenze, le figure spettrali. Lo spirito di Messalina, le ombre che frequentano le catacombe cristiane, i celebri spettri di Beatrice Cenci e Lucrezia Borgia; altri meno conosciuti come la bella Costanza De Cupis, il fantasma dalle mani mozze o l’infelice Emmeline che abitò la splendida Villa Stuart, e poi i fantasmi di Shelley e Keats fino alle ossessioni di Dario Argento: questo libro ripercorre la storia millenaria della città dei papi e degli imperatori da un punto di vista insolito, attraverso i racconti dei suoi fantasmi e delle sue presenze occulte. Ne emerge una Roma dai tratti magici, legata alle religioni e ai riti misterici del passato, alla tradizione etrusca, ai culti orientali, ai primi riti cristiani. Si parte dai fantasmi che si dice infestino i teatri della città antica e imperiale, per passare a quelli creati dai roghi e dai processi della Santa Inquisizione, e arrivare infine ad alcune presenze più vicine a noi: una finestra su una Roma esoterica misteriosa, inquietante e dal fascino sorprendente. 

Tra i fantasmi di Roma: 
Storia infelice di Berenice, l’amante dell’imperatore Tito, e del suo fantasma 
Il Pantheon, monumento esoterico per eccellenza, e i suoi abitanti misteriosi 
La notte delle streghe e il fantasma di Salomè al Laterano 
Le geometrie di Athanasius Kircher e il suo spaventoso museo del Collegio Romano 
Il fantasma di Donna Olimpia Maidalchini, la Pimpaccia, la donna più temuta di Roma 
Piazza Vittorio e la porta magica degli alchimisti 
Il fantasma di Lorenza, moglie del Conte di Cagliostro 
I fantasmi del Museo delle Anime del Purgatorio 
Beatrice Cenci, il più famoso fantasma di Roma 
I Borgia a Roma, una storia di fantasmi 
Costanza de Cupis, la nobildonna dalle mani mozze 
Il fantasma della chiesa dei Cappuccini e il racconto gotico di Hawthorne 
Shelley e Keats, fantasmi a Roma 
I fantasmi di Emmeline e di Lord Allen e Villa Stuart 
Il Quartiere Coppedè, set per Dario Argento