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21/02/12

La visione di Costantino e L’Arco di Malborghetto sulla Via Flaminia - 7 - Il cigno, l'angelo e Piero.


7. Il cigno, l'angelo e Piero


Nel celebre affresco di Piero della Francesca, nel Duomo di Arezzo, ispirato alla Leggenda della Vera Croce, tratto dal racconto di Jacopo da Varagine, nell’episodio del Sogno di Costantino, Piero ha immaginato e dipinto la figura di un angelo che con intuizione  prospettica straordinariamente moderna, scende dall'alto da sinistra verso destra, con il braccio dritto verso l'imperatore dormiente nella tenda, stringendo in mano una minuscola croce.

E’ ora sorprendente notare come la figura ritratta da Piero assomigli in forma e volume alla figura del Cigno, come riprodotta in molte tavole astronomiche-zodiacali.



A seguito dei recenti restauri del ciclo di affreschi, durante i lavori del convegno Lo spazio di Piero  svoltosi a Sansepolcro nel 2003 (9), alcuni  interventi hanno approfondito i contorni della scoperta - resa possibile proprio dai nuovi restauri - che sullo sfondo dietro la tenda dell'Imperatore, Piero ha dipinto un vero cielo stellato (uno dei primi nella Storia dell'Arte).  

Il prof. Vladimiro Valerio, storico dell’architettura all’Università di Venezia, nella sua relazione in quel convegno, ha dimostrato come Piero avesse dipinto un cielo reale, con le giuste posizioni delle costellazioni, anche se invertite, probabilmente a causa dell’utilizzo di un piccolo planetario forato, con il quale l’artista o chi per lui aveva proiettato i punti delle singole stelle, al negativo,  sulla parete.

In quello stesso convegno, un altro relatore, la prof.ssa Marisa Dalai-Emiliani, dell’Università La Sapienza di Roma,  è giunto alle stesse conclusioni, peraltro già  illustrate dallo stesso studioso in una conferenza precedente (10):

"il riquadro con il Sogno di Costantino è sempre stato considerato come uno tra i primi esempi di notturno della storia della pittura moderna.      Ma il restauro ha ora rivelato che il buio della notte dietro l’accampamento imperiale è trapunto di stelle, nella luce chiara dell’alba.      L’attenzione riservata sinora a questo particolare si è limitata a sottolinearne l’aspetto lirico, quasi si trattasse soltanto di una raffigurazione impressionistica del firmamento.  Si avanza invece qui l’ipotesi che Piero della Francesca abbia per la prima volta proiettato scientificamente sulla superficie piana della parete del coro di San Francesco un settore di planisfero celeste, di cui si leggono distintamente infatti alcune costellazioni nella corretta posizione reciproca, ma invertita rispetto alla visione della realtà.  Si apre quindi il problema delle fonti astronomiche antiche che l’artista poté conoscere e di un eventuale modello visivo per la rappresentazione di una parte del globo celeste. Non meno importante, sul piano del significato iconografico, è la scelta dell’aurora come tempo del sogno profetico, secondo un’antica credenza attestata tra gli altri da Ovidio, Orazio, Cicerone, Avicenna e ripresa da Dante nel XXVI Canto dell’Inferno: Ma se presso al mattin del ver si sogna… "


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QUI le precedenti puntate

14/02/12

La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 6. Croce nel cielo.


6. Croce nel Cielo.


Procediamo con ordine.  Accettando la premessa di cui al paragrafo precedente, e cioè che l’Arco di Malborghetto sia stato edificato sotto il regno di Costantino sul luogo esatto dove sorgeva l’accampamento delle truppe dell’Imperatore, prima della Battaglia, luogo nel quale era avvenuta la Visione, si è  deciso di ricostruire – attraverso l’ausilio di un normale programma astronomico-matematico -  il cielo di quella notte, la notte del 27 ottobre del 312 d.C. (7).

Puntando il programma astronomico sulle coordinate del Casale di Malborghetto  - 42°03'08" log N e 12°29'16" lat E -  alle ore 22,00 (orario puramente indicativo) del 27 ottobre del 312 d.C. è risultata brillantissima, verso ovest la  costellazione del Cigno. (azm 277°51' alt +40°40'), che così viene descritta dal Dizionario Astronomico:
Ricca costellazione della via lattea settentrionale, in forma di croce allungata vista come un cigno in volo. Era tra le 48 elencate da Tolomeo (ca 140 dC) ed è a volte chiamata Croce del Nord (8).

Contiene 11 stelle più luminose della 4° grandezza tra cui Deneb (I grandezza) ed Abireo (stella doppia)".    

   

In effetti  questa costellazione - la costellazione del Cigno - era già famosa dai tempi di Eratostene, che fu il primo a chiamarla così.

Fu poi denominata da Ipparco Uccello, e in epoca cristiana Croce, e ancora oggi si chiama Croce del Nord per distinguerla dalla Croce del Sud, visibile solo dall'emisfero sud.
Gli arabi, grandi astronomi, le conferirono il nome poco aulico di Gallina.   Poi, nel 1627 l’astronomo gesuita Julius Schiller (1580-1627) nel suo monumentale trattato Coelum Stellatum Christianum, pubblicato ad Augusta, tentò di ristabilire il nome cristiano.
Schiller scelse anzi questo nome: Croce sostenuta da sant’Elena.

Questa che appare come semplice coincidenza, può implicitamente fornire una suggestiva ipotesi di lavoro, come vedremo, se rapportata alla rappresentazione pittorica di Arezzo.


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