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28/09/21

Libro del Giorno: "Ponte Milvio 312 d.C." di Ross Cowan

 


Edito in Italia dalla casa editrice LEG e recentemente ristampato dalle edizioni de Il Messaggero, arriva nel nostro paese questo libro scritto dal britannico Russ Cowan, che insegna all'Università di Glasgow ed è esperto di storia e archeologia romana. 

Il libro è particolarmente interessante perché racconta con grande completezza di informazioni e di illustrazioni ad hoc, uno degli eventi decisivi della storia romana antica e più in generale della storia dell'Occidente: la battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312 d.C. che segnò la vittoria di Costantino imperatore contro le truppe dell' "usurpatore" Massenzio, che occupava Roma da sei anni. 

Più in generale si ripercorrono le complesse vicende della cosiddetta Tetrarchia, il periodo nel quale, alla cessione del potere di Diocleziano, il potere (e l'Impero) si ritrovò frammentato in quattro parti. 

Tuttavia, il sistema della tetrarchia, ideato per rinnovare l'architettura istituzionale dell'Impero, si rivelò da subito fragile: ed è in questo contesto che si svolse l'ardua e irresistibile ascesa al potere di Costantino, figlio dell'augusto Costanzo Cloro. 

Costantino, nel corso degli anni successivi alla sua acclamazione al potere (che avvenne a Eburacum, l'odierna York, immediatamente dopo la morte del padre di Costantino, Costanzo, il 25 aprile del 306) affrontò uno ad uno i suoi avversari e pretendenti al trono di imperatore unico: Galerio, Massimino Daia, Licinio, Massimiano e Massenzio. 

Questo libro è incentrato proprio sul contrasto tra Costantino e Massenzio, il quale signoreggiava sull'Italia e l'Africa e aveva stabilito la sede del suo regno proprio a Roma, la vecchia capitale che seppure sospinta ai margini nella geografia del potere alla fine del IV secolo d.C., rappresentava pur sempre il simbolo eterno dell'Impero. 

La posta in gioco per i due rivali dunque era la più significativa per l'Occidente e per tutto l'Impero: Roma, l'antica capitale, dove Massenzio si era asserragliato dopo aver rinnovato e ampliato le fortificazioni cittadine. 

In una veloce e straordinaria campagna militare, Costantino passò dalla Gallia al Nord Italia: presi i maggiori centri urbani da Torino a Verona, ad Aquileia, discese verso l'Urbe; alle sue porte, presso il Ponte Milvio, si sarebbe svolta la battaglia determinante per le sorti imperiali. 

Non si trattava solo di politica: anche la religione giocò un ruolo determinante. Si trattasse di fede o di propaganda, Costantino si dichiarò destinatario di un messaggio di Cristo, che gli ordinò di adottare come vessillo il suo monogramma. 

Con la successiva vittoria, il suo percorso verso il trono era destinato a intrecciarsi sempre più con il cristianesimo, mentre allo sconfitto Massenzio sarebbe spettata la damnatio memoriae. 

Tutti questi aspetti sono trattati nelle pagine del libro, che rispetto ai molti altri scritti sull'argomento, affronta con specificità il tema bellico: le strategie, la composizione degli eserciti, le mansioni assegnate alle singole legioni, gli armamenti, la tempistica e i precedenti storici. 

Il tutto grazie a un ampio corredo illustrativo: immagini, ricostruzioni, mappe: la battaglia, seppur breve (sembra che si consumò nel giro di poche ore) ma imponente, è così restituita compiutamente all'attenzione dei lettori, che potranno conoscere nel dettaglio questo momento essenziale per la storia di Costantino e dell'Impero romano.

Fabrizio Falconi

29/04/21

Il dito di Costantino torna alla sua mano colossale, conservata ai Musei Capitolini e protagonista di "Porpora e Nero"



Di questa magnifica scoperta avevamo parlato per primi due anni fa da questo blog (leggi qui).   Adesso il sogno di ricongiungere il dito disperso alla colossale mano di Costantino è stato realizzato.  E a questo reperto di incredibile bellezza - completo dell'enorme globo separato dalla sua mano nel Cinquecento - ho dedicato il romanzo Porpora e Nero, uscito da Ponte Sisto Editore nel 2019. 




Da oggi infatti il pubblico potrà ammirare la mano del colosso bronzeo di Costantino dei Musei Capitolini ricomposta con il frammento del dito in bronzo, coincidente con le due falangi superiori di un indice, proveniente dal Museo del Louvre, grazie alla generosa disponibilita' del suo Presidente-Direttore Jean-Luc Martinez. 

E' esposta nell'Esedra del Marco Aurelio insieme agli altri bronzi, gia' in Laterano, donati al Popolo Romano da papa Sisto IV nel 1471

È di grande significato che questa straordinaria ricomposizione della mano con il suo frammento, frutto di una proficua collaborazione tra Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e il Museo del Louvre, avvenga in occasione dei 550 anni della donazione sistina, vero e proprio atto di fondazione delle collezioni capitoline, ma anche a quasi 500 anni dalla loro separazione

Il frammento in bronzo arrivo' a Parigi nel 1860 insieme a buona parte della collezione del marchese Giampietro Campana, uno dei protagonisti del panorama collezionistico romano degli anni centrali dell'Ottocento

In anni recenti e' stato possibile riconoscere la pertinenza del frammento a una delle sculture piu' iconiche dell'antichita' romana, il colosso in bronzo di Costantino, di cui restano ai Musei Capitolini la testa, la mano sinistra, con lacune in corrispondenza del dito indice, del medio, dell'anulare e del palmo, e una sfera un tempo sorretta dalla mano. 

La conferma dell'eccezionale scoperta e' venuta nel maggio del 2018 grazie a una prova effettuata a Roma con un modello 3D del frammento parigino, operazione coordinata da Françoise Gaultier e da Claudio Parisi Presicce. 

Al successo dell'operazione sono seguiti la realizzazione di un calco in vetroresina della porzione di dito cosi' ricomposta e la presentazione della mano originale, completata con le falangi mancanti, in occasione delle due grandi mostre dedicate alla collezione Campana: Un rêve d'Italie. La collection du marquis Campana, al Museo del Louvre, e A Dream of Italy. The Marquis Campana Collection, all'Ermitage di San Pietroburgo.

La prima descrizione dei frammenti del colosso bronzeo di Costantino risale alla meta' del XII secolo, quando questi si trovavano ancora in Laterano

La maestosita' dei resti, in cui per lungo tempo si e' voluto riconoscere il colosso del Sole eretto un tempo accanto all'anfiteatro flavio, denominato Colosseo per assimilazione con esso, e la preziosita' del materiale sono menzionati in numerose cronache e descrizioni medioevali e quattrocentesche. 

La mano con il globo (integra) e la testa, ciascuna collocata su un capitello, sono riconoscibili in un disegno attribuito a Feliciano Felice del 1465, in cui campeggia, al centro, la statua equestre del Marco Aurelio, anche questa, fino al 1538, in Laterano. 

Con il trasferimento in Campidoglio nel 1471, la testa colossale trova la sua sistemazione sotto i portici del Palazzo dei Conservatori. 

L'ultima attestazione dell'integrita' della mano e' documentata da fonti databili entro la fine degli anni Trenta del Cinquecento.

Testimonianze grafiche, di poco successive, mostrano la mano colossale separata dalla sfera e con l'indice gia' privo delle due falangi superiori. 

Il frammento oggi al Louvre, dunque, potrebbe essere entrato nel circuito del mercato antiquario romano gia' in questa fase molto precoce. 

Nulla si sa del frammento fino alla sua ricomparsa, nella prima meta' dell'Ottocento nella collezione del Marchese Campana. Ulteriori ricerche potranno chiarire le vicende del frammento in questo ampio lasso di tempo. 

Per informazioni sugli ingressi e acquisto biglietti www.museiincomuneroma.it. L'acquisto online e' obbligatorio per l'accesso sabato, domenica e festivi entro il giorno prima. Per gli altri giorni e' fortemente consigliata. 

06/11/19

La Basilica dei Santi Quattro Coronati e le misteriose iscrizioni dei giochi nel Chiostro.



La Basilica dei Santi Quattro Coronati e le misteriose iscrizioni dei giochi nel Chiostro.

La magnifica Basilica dei Santi Quattro Coronati, vero gioiello incastonato in una fortezza medievale domina il colle del Celio dall’altura cui si accede attraverso la via omonima, in posizione del tutto defilata rispetto al classico itinerario turistico-archeologico che comprende i più importanti monumenti del centro di Roma.

Eppure pochi altri luoghi come questo meritano una visita, magari soltanto per ammirare i notissimi affreschi (risalenti al 1246) nell’Oratorio di San Silvestro, che descrivono le Storie di San Silvestro e di Costantino Imperatore, compresa la porzione con la Donazione di Costantino, che raffigura la concessione del potere temporale alla Chiesa da parte dell’imperatore Romano, sulla base di un documento attribuito a Costantino, che l’umanista Lorenzo Valla nel 1440 dimostrò inequivocabilmente essere un falso.


Ma molti altri sono i motivi di interesse di questo edificio, costruito originariamente nel IV secolo d.C. e intitolato a quattro martiri cristiani, quattro scalpellini che si rifiutarono di realizzare idoli pagani, non ultimo quello di ospitare una antichissima comunità di suore agostiniane, che ogni giorno, da sempre, recitano i vespri nella chiesa al dolce suono di una chitarra orizzontale. 

Altra attrazione particolarissima è poi il Chiostro, iniziato nel XIII secolo e rifatto nel Cinquecento, cui si accede dalla navata sinistra della Chiesa, di grandissima eleganza con la sua fila regolare di doppie colonne e la galleria. Come capita in diversi Chiostri antichi di Roma, anche qui i portici sono costellati di lapidi, iscrizioni, resti marmorei di diversa provenienza.


Tra le curiosità ci sono anche due figure che hanno attratto la curiosità degli studiosi, rappresentando un rompicapo.

La prima si trova all’ingresso del Chiostro, su un muretto, ed è un insieme di quindici linee parallele all’interno delle quali sono incise cifre romane in ordine sparso.  E’ stato ipotizzato che si tratti di una sorta di abaco, o di calcolatore ante litteram, oppure che al contrario l’iscrizione raffigurasse una sorta di gioco, probabilmente legato al tiro dei dadi. 


L’altra figura si trova invece su di una parete, in posizione quasi simmetrica rispetto alla prima, dall’altro lato del Chiostro, e in questo caso si tratta di tre quadrati concentrici, collegati tra di loro da linee centrali che terminano nel quadrato centrale.  Il riferimento al quale si è pensato è quello del gioco del filetto, che è molto antico e si praticava già nell’antica Grecia e in Egitto.  Ma alcuni studiosi fanno riferimento invece alla cosiddetta triplice cinta esoterica, che è stata ritrovata in diversi edifici in Europa, in Asia, fino in Estremo Oriente: i tre quadrati sarebbero i tre diversi livelli di conoscenza, legati al cammino spirituale che coinvolge le tre diverse essenze umane: fisica, mentale e spirituale e la triplice cinta con la sua evidente simbologia iniziatica finì perfino per essere adottata dall’Ordine dei Templari.



Fabrizio Falconi, tratto da Misteri e Segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton Editori, 

08/10/19

Quando Costantino incontrò Silvestro sul Monte Soratte


La donazione di Costantino negli affreschi medievali alla Basilica dei Ss. Quattro Coronati a Roma

Quando Costantino incontrò Silvestro, sul Monte Soratte 
    
       
     Circa venti chilometri più a nord di Malborghetto il panorama della campagna di Roma è  dominato, lungo il tracciato della via Flaminia dalla imponente mole del monte Soratte, un massiccio calcareo di circa 700 m. dai pendii molto ripidi che si staglia in modo inconfondibile  sulla sottostante valle del Tevere .

      Visibile da grandi distanze, e addirittura anche da Roma nei giorni di cielo particolarmente limpido,  il Soratte ha, nel corso dei secoli, fornito una notevole varietà di reperti archeologici che ne attestano la frequentazione umana sin dai primordi.

      E’ stata con ogni probabilità proprio la sua peculiare morfologia a stimolarne l’utilizzo come luogo di culto da parte di antiche popolazioni come i Sabini prima,  e poi Falisci, Capenati, Etruschi, fino ai  Romani. 

      Ed è ancora oggi molto semplice constatare come – dopo aver percorso l’antico sentiero che parte dal villaggio di Sant’Oreste - dalla sua vetta si possa godere di un incredibile campo visivo a 360° che permette di spaziare nei giorni di nitidezza da un lato fino al mare, e dall’altro fino alle vicine vette dell’Appennino Sabino, alla valle del Tevere, al lago di Bracciano, e perfino ai confini di Roma.  

     Ma soprattutto il Soratte si evidenzia subito come un naturale osservatorio celeste.   Dalla sua cima, infatti, di notte è possibile ammirare la volta celeste senza ostacoli che ne limitino la visione. E di sicuro fu proprio questa peculiarità a giustificarne l’utilizzo sacrale sin dai tempi più remoti. Anche oggi, per chi visiti questo luogo, specialmente di notte,  si realizza la suggestiva sensazione di trovarsi proiettati verso il cielo, come se ci si trovasse sul vertice di una piramide.
     
       Ed è facile intuire come,  dopo l’incomparabile visuale di cui si poteva godere durante le ore di luce, al calare delle prime ombre della notte fino al sorgere di una nuova alba,  lo spettacolo del cielo stellato e dei suoi moti si prestasse in modo del tutto naturale  alla funzione di divinazione delle cose umane, in base agli eventi astronomici che si scorgevano nel cielo;  o ad accompagnare la scansione del tempo per le preghiere notturne.
      Come abbiamo detto, questa circostanza favorì l’edificazione di un certo numero di edifici sacri, sin dagli albori dell’umanità.  L’ultimo in ordine di tempo, nell’era della nostra indagine, fu un tempio dedicato a Soranus Apollo. Si trattava non di un particolare appellativo di Apollo, ma di  una divinità che in epoca imperiale ne congiungeva due diverse: Apollo, appunto, e Sorano, al quale si associava un culto pagano in quei luoghi.

       Una suggestiva ricostruzione  virtuale del Tempio di Apollo è stata realizzata dai prof. Marco e Alberto Carpiceci dell’Università di Roma, i quali, sulla base di rilievi topografici, analisi delle proporzioni architettoniche, e reperti archeologici,  hanno sostenuto che tale tempio fosse strettamente legato al culto del dio sole, proprio quel sol invictus, cioè  al quale era assai devoto il futuro – e per il momento ancora pagano - imperatore Costantino.
    
     Sulle  fondamenta di questo antico tempio di Apollo, fu poi edificato, a partire dal sesto secolo dopo Cristo, un nuovo edificio che oggi – come nell’antichità – è conosciuto come Eremo di San Silvestro, che ancora oggi fa splendida mostra di sé sulla cima della montagna sacra.  Il nome di questo eremo – oggi una Chiesa sottoposta a numerosi e recenti restauri  - ha resistito nei secoli ed è presto spiegato: all’epoca della discesa di Costantino verso Roma, viveva infatti in eremitaggio, sulla cima del monte Soratte, l’episcopo Silvestro, personaggio destinato ad avere un ruolo di primissimo piano  nella edificazione della chiesa di  Roma divenendo il trentatreesimo Papa,  e nel processo di cristianizzazione dell’Impero, voluto da Costantino.

  
L'eremo di San Silvestro sulla cima del Monte Soratte, oggi

    Ricostruire con esattezza la figura e il profilo biografico di Silvestro è impresa oggi piuttosto ardua, perché le scarne notizie su di lui sono fornite solo dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, dal Liber Pontificalis e da altre fonti apocrife o leggendarie come l’Actus Silvestri, un documento databile IV-V sec.  di paternità ignota del quale si trova menzione per la prima volta nel Decretum Gelasianum anche questo di attribuzione controversa.

     Quel che sappiamo è che Silvestro, la cui data di nascita è ignota, era figlio di un certo Rufino, romano, e probabilmente di una certa Giusta. Divenuto presbitero,  Silvestro divenne il rappresentante di quella parte dei cristiani rimasta ostile a Massenzio.  L’usurpatore  dapprima impedì per anni l’elezione del Vescovo, poi favorì l’elezione di Milziade, un presbitero nordafricano ritenuto fedele alla sua causa che però non fu riconosciuto da Silvestro e dalla sua fazione.   Il mancato sostegno a Milziade suscitò l’ira di Massenzio che minacciò a tal punto Silvestro da costringerlo a fuggire nella capitale e a nascondersi nei territori vicini.
   
     Ai fini del nostro discorso, è importante comunque sottolineare che fu proprio l’Actus Silvestri ad ispirare, parecchi secoli più tardi, e precisamente nel Duecento, uno dei capitoli di quel testo su cui torneremo molto più diffusamente in seguito, quando parleremo di Piero della Francesca e della sua versione del Sogno di Costantino, e cioè La Leggenda Aurea,  di Jacopo da Varagine.    In questa famosissima opera, destinata a segnare la storia delle credenze cristiane per molti secoli, il frate domenicano, vissuto nel Duecento descrive effettivamente un incontro tra Silvestro e Costantino, anche se lo colloca non sul Monte Soratte ma a Roma, parecchio tempo dopo la battaglia di Ponte Milvio.  Secondo Jacopo, infatti, l’incontro avvenne dopo il 313, quando Silvestro già divenuto papa, si era dovuto rifugiare sul monte Soratte con tutto il clero romano a causa delle persecuzioni iniziate da Costantino. Questi, secondo il racconto di Jacopo,  per punizione divina si era ammalato di lebbra e i suoi sacerdoti lo avevano consigliato, per guarire, di bagnarsi in un catino riempito da sangue di fanciulli. L’imperatore però si impietosì al pianto delle madri e decise di risparmiare il sacrificio di quegli innocenti ricevendo come  premio in sogno, il consiglio da parte dei santi Pietro e Paolo, di richiamare Silvestro dal suo eremitaggio. I due apostoli dissero anche a Costantino che Silvestro gli avrebbe indicato la fonte giusta nella quale immergersi tre volte per essere guarito. Suggestionato da questo sogno, al risveglio Costantino mandò dei messaggeri da Silvestro per chiedere un immediato incontro a Roma. Silvestro accettò, fu condotto al cospetto di Costantino e dopo aver mostrato all’imperatore una effige raffigurante i due apostoli (che Costantino riconobbe come quelli visti in sogno)  lo guarì, immergendolo nelle acque del Battesimo, in un fonte che una tradizione perdurante identificò nei secoli nel Battistero Lateranense, i cui resti archeologici sorgono al fianco della Basilica di San Giovanni a Roma.

      Ed è il caso di ricordare che proprio questa guarigione miracolosa ispirò intorno all’VIII sec. dopo Cristo, ad opera di un chierico romano, la cosiddetta Constitutum Constantini ovvero la Donazione di Costantino, quella formidabile invenzione medievale per giustificare il potere temporale della Chiesa , secondo la quale l’Imperatore grato per la guarigione, nella circostanza dell’incontro con il capo della chiesa cristiana di Roma,   avrebbe concesso in cambio al papa Silvestro I e ai suoi successori il primato e la sovranità su Roma, l'Italia e l'intero Impero Romano d'Occidente

Tratto da B. Carboniero, F. Falconi, In Hoc Vinces, Edizioni Mediteranee, Roma 2011



05/04/19

La Scala Santa a Roma torna nello stato originario, visibile per due mesi.



La Scala Santa sara' visibile al pubblico, per un periodo nel suo stato originario. 

L'apertura straordinaria della Scala Santa, priva della protezione lignea voluta da Papa Innocenzo XIII nel 1723, avverra' giovedi' 11 aprile e sara' visibile per la durata di sessanta giorni fino a Pentecoste (9 giugno 2019).

Il restauro del complesso degli affreschi della Scala Santa e' eseguito dai Musei Vaticani con il sostegno dei Patrons of theArts in the Vatican Museums

La Scala Santa e' composta da 28 gradini di marmo portati a Roma, secondo una tradizione medievale, nel 326 da Sant'Elena, madre di Costantino, la quale l'avrebbe prelevata dal palazzo di Pilato, a Gerusalemme. La scala sarebbe stata discesa da Gesù nel giorno in cui fu condannato a morte.

Fonte ANSA

21/11/18

Piazza Sant'Eustachio: un piccolo scrigno nel cuore di Roma.



I Romani la considerano un po' il salotto buono della città. Incastonata tra la Piazza dei Caprettari, Via del Teatro Valle e via della Palombella, la Piazza Sant'Eustachio offre una vista incredibile sul campanile di Sant'Ivo alla Sapienza del Borromini (la famosa lanterna a spirale), che si può ammirare dai tavolini all'aperto del noto - e omonimo - caffè che da molti decenni è sulla piazza. 

Il luogo è enormemente suggestivo anche per la presenza di una delle più antiche diaconie romane, la Chiesa di Sant'Eustachio, anticamente chiamata Sant'Eustachio in platana nome derivato dalla presenza di un platano che sarebbe stato piantato nel giardino della casa del centurione Placido, divenuto successivamente il cristiano Eustachio, sulla cui casa sorgerebbe la Chiesa attuale, fondata da Costantino Imperatore. 


Sempre sulla Piazza è conservato un grazioso palazzetto con lo stemma di Pio IV Medici, il Palazzo Maccarani ed una casa sulla facciata della quale sono ancora visibili tracce degli affreschi della vita del Santo di Federico Zuccari, recentemente restaurati. 

Le cronache antiche di Roma riferiscono anche che al n.59 della Piazza era l'antica Osteria del Falcone che pare avesse tratto il nome dai grandi occhi tondi e chiari di uno dei suoi vecchi camerieri. 

Tornando alla Chiesa, essa è già ricordata già nel 795 d.C. e riedificata sotto Celestino III nel 1195 circa, epoca alla quale risale il campanile squadrato in muratura a vista.

Anche se piccola e ritirata, la Chiesa di Sant'Eustachio è stata importante nella storia di Roma: vi fu battezzato Alessandro Farnese, duca di Parma e condottiero e funzionò per molto tempo come luogo dove si radunavano i professori della Sapienza, l'antica Università di Roma. 


La chiesa venne interamente ricostruita - nelle forme attuali - dopo il 1742 da Antonio Canevari, mantenendo sulla sommità della facciata e della trabeazione superiore, il busto del Cervo con al centro il Crocefisso, diretto rimando alla Leggenda di Sant'Eustachio e alla sua conversione al cristianesimo, prima di essere martirizzato. 

Nella via di Sant'Eustachio, di fianco alla Chiesa, sono state alzate, a ridosso della parete laterale, due grandi antiche colonne romane provenienti dalle Terme Alessandrine

Ed è suggestivo immaginare che al centro della via - oggi purtroppo occupata da un parcheggio automobilistico all'aperto - esisteva anticamente un'isola di casette, abbattute ai primi del Novecento. 

Fabrizio Falconi





03/10/18

Torpignattara e le Spoglie di Elena. Una storia millenaria.




Torpignattara e le spoglie di Elena.

I romani di oggi, perfino quelli che abitano in quel popoloso quartiere, ignorano che il nome Tor Pignattara deriva da quella torre cilindrica, oggi in stato di semi-abbandono, e quasi invisibile passando su quel tratto della Via Casilina (al terzo miglio di quella che una volta si chiamava via Labicana e il cui tracciato è ai tempi odierni limitato alla zona di San Giovanni), nell'interno della quale, per lungo tempo, hanno riposato le ossa di Elena, la madre dell’imperatore Costantino, artefice, insieme al figlio e al Papa Silvestro della cristianizzazione dell’impero e dunque anche di Roma.

Sul luogo dove fu edificato il Mausoleo dedicato ad Elena, sorgeva un tempo il sepolcreto dei cosiddetti equites singulares, il corpo dei potenti cavalieri che tra le altre funzioni militari svolgevano anche il ruolo di proteggere la persona dell’imperatore. 

Una teoria, piuttosto ben accreditata, vuole che sia stato proprio Costantino a decidere la distruzione di quel sepolcreto, come vendetta per l’appoggio che gli equites avevano concesso all’imperatore Massenzio, schierandosi al suo fianco nella Battaglia di Ponte Milvio.

Alla morte della madre di Costantino, nel 328 d.C., l’imperatore scelse dunque questo luogo, nella località chiamata Ad duas lauros, per l’edificazione del Mausoleo a lei dedicato.

Elena, infatti aveva avuto un ruolo importantissimo nella vita dell’Impero e in particolare nello sdoganamento della religione cristiana.

In mancanza di fonti precise, si presume che Elena sia nata in una cittadina della Bitinia, chiamata Drepanum (più tardi ribattezzata da Costantino Heliopolis, ovvero città del Sole, in sua memoria)  nel 248 o 249 d.C.

Elena partorì Costantino quando aveva ventiquattro o venticinque anni. I genitori di Elena gestivano un albergo, titolo che le valse, soprattutto da parte dei detrattori di Costantino, il titolo di stabularia (addetta alle stalle), qualcosa che non era molto lontano dal termine di prostituta.

Sant'Elena 

Gli storici non sanno con esattezza, ma suppongono che Elena abbia incontrato Costanzo Cloro (padre di Costantino) in questo albergo, e che lo abbia seguito come concubina, come si usava all'epoca,  fino a Naisso, dove nacque il futuro imperatore.

Di come questa donna si sia potuta trasformare da stabularia alla magna femina di cui parla il vescovo Ambrogio non molti anni dopo (395), si è molto scritto nei secoli, nella ristrettezza di fonti storiche certe: le notizie su Elena, comunque già esigue, diventano infatti nulle dal 289 (anno in cui viene allontanata dal marito, Costanzo, il quale sposerà per ragioni di rango Teodora, figlia di Massimiano), fino al 306, quando Costantino viene proclamato imperatore a York, e colma la madre, sua madre, fino a quel punto dimenticata, di onori, ma sembra certo che la Elena abbia accompagnato il figlio in tutti i suoi spostamenti.

Anche nelle cronache seguenti il 306, comunque, in tutti i racconti su Costantino imperatore, le sue conquiste, le sue difficoltà, i suoi grandiosi progetti, le sue realizzazioni, le notizie su  Elena restano poche e frammentarie, a parte il suo essere proclamata Augusta nel 324.

E ben poche sono le notizie riguardanti il famoso viaggio di Elena in Terra Santa, durante il quale, secondo il racconto della tradizione, guidata dallo Spirito Santo, Elena rinvenne addirittura la Sacra reliquia della Croce, e il luogo esatto della morte di Cristo, ovvero la collinetta del Golgota, presso Gerusalemme, dove fu edificato, per ordine del figlio Costantino, la Basilica del Santo Sepolcro, che ancora oggi è su quel luogo.


Quel che si sa è che questo viaggio ebbe luogo sicuramente dopo il Concilio di Nicea (325 d.C.) e che Elena morì poco dopo il suo ritorno.   

Qualche storico ha messo in relazione, in modo suggestivo, questo viaggio di Elena con il suo desiderio di espiazione di un rimorso collegato ad una vicenda molto oscura: un vero thrilling, un dramma familiare di corte esploso nel 326, quando Costantino fece uccidere il figlio di primo letto Crispo, per poi uccidere con le sue mani la moglie Fausta, con la quale l'imperatore era sposato da 19 anni, annegandola nell’acqua bollente. 

Sembra dunque che Elena, in questo dramma possa aver recitato una figura importante (forse riferendo al figlio ciò che accadeva in sua assenza, ovvero l'esistenza di una relazione tra Fausta e il suo figliastro Crispo ?).  Motivo che avrebbe dunque generato quel desiderio di espiazione, all'origine del viaggio.

Tre anni dopo Elena morì a Treviri, in Germania, verso la fine del 328.   

Il suo corpo per volere del figlio imperatore, fu inumato in un magnifico sarcofago di porfido rosso (oggi nei Musei Vaticani),  e poi sepolto nel Mausoleo fatto costruire sulla Via Labicana, che Costantino aveva originariamente immaginato per sé.


L’edificio a pianta circolare, è costituito da due cilindri sovrapporti, con diametri giganteschi, quello interno di venti metri e quello esterno di ventotto, per un altezza che in origine era di quasi ventisei metri.

All’interno, il cilindro assume poi una forma ottagonale con nicchie e finestre ad arco, che ricordano vagamente la struttura di Castel del Monte, in Puglia.

Il nome dato alla costruzione deriva, oltre che dalla forma dell’edificio, dalle anfore vuote (dette in modo popolare pignatte)  che furono inserite per alleggerire il peso della cupola e che a causa del crollo della cupola sono oggi ben visibili.

In una di queste nicchie, probabilmente quella di fronte all'ingresso, era ospitato il sarcofago in porfido rosso di Elena. 

Il sarcofago di Elena ai Musei Vaticani

Le spoglie della madre dell’imperatore rimasero comunque in questo luogo soltanto per ottocento anni. Attualmente i resti di Elena sono conservate in un'urna di porfido nella Cappella di Elena o Cappella Santa,  in Santa Maria in Aracoeli, dove furono traslati nel 1140.

Sacello di Sant'Elena nella Basilica dell'Ara Coeli


Fabrizio Falconi


16/09/18

Mercoledì 19 ad Arezzo conferenza sulla Leggenda di Sant'Eustachio, Costantino imperatore e la Mentorella di Kircher (di Fabrizio Falconi).


Appuntamento Mercoledì prossimo, 19 settembre, alle ore 17.30 all'Auditorium Comunale di Arezzo, con molte foto, per la conferenza sulla Leggenda di Sant'Eustachio, il primo Cristianesimo a Roma, la fondazione del Santuario della Mentorella, gli studi del geniale Athanasius Kircher, Costantino il Grande imperatore e la Leggenda della Vera Croce con il Sogno di Costantino di Piero della Francesca nel duomo di Arezzo. 


14/07/18

L'Enigma di Ponte Milvio - Aperti al pubblico gli stupefacenti scavi di Via Capoprati.



Davvero una specie di rompicapo, per gli esperti, il ritrovamento archeologico di Via Capoprati, a due passi da Ponte Milvio, proprio lungo il tratto della Pista Ciclabile che dal ponte discende lungo il fiume. 

In questo Blog abbiamo raccontato le circostanze dell'eccezionale ritrovamento nell'autunno scorso (2017) quando alcuni tecnici di Acea, la municipalizzata che gestisce l'energia elettrica a Roma, al lavoro nella zona, segnalarono che durante lavori di scavo erano emersi reperti archeologici.  

Un primo sondaggio aveva evidenziato la presenza di magnifici mosaici, ma lo scavo fu subito interrotto per ragioni climatiche - la zona infatti è compresa infatti in quella cosiddetta gonale, interessata cioè da possibili alluvioni del Tevere - e ripreso un mese fa grazie anche a nuovi finanziamenti da parte della Soprintendenza. 

E adesso si può dire che davvero ne è valsa la pena e Roma non tradisce mai le aspettative: sì perché quello che sta emergendo dalla terra è un complesso stratigrafico che comprende quattro ambienti più un'area sepolcrale dove sono visibili ancora anfore e resti umani. Il tutto sviluppato appunto su due strati, uno più antico risalente al I e II secolo dopo Cristo e probabilmente afferente a un edificio con funzione commerciale - quasi sicuramente un magazzino - giustificato dalla vicinanza al fiume e a due vie consolari, la Cassia e la Flaminia; e uno più recente, risalente al III e IV sec. dopo Cristo, cioè dopo la Battaglia di Ponte Milvio, con decorazioni con marmi ricercatissimi e mosaici che impreziosiscono mura e pavimenti, che fanno pensare ad una ricca villa suburbana oppure a un luogo di culto cristiano. 


"Questo edificio," ha detto la direttrice scientifica dello scavo, Marina Piranomonte, "è straordinario perché è lussuosissimo, costruito dopo Costantino, dopo che i cristiani hanno vinto e questo dimostra che ancora in epoca di pieno quarto secolo a Roma si costruiva con grande lusso e grande spreco di soldi anche sulle sponde del fiume: una cosa straordinaria perché non siamo nel centro della città, ma nel suburbio di Roma".

Tra le ipotesi per sciogliere l'Enigma vi è anche quella che si tratti di un luogo di culto cristiano, con annessi mausolei, forse un cimitero con una piccola chiesetta cristiana. I romani infatti non seppellivano mai i morti vicino a casa loro, ma in aree ben identificate. 


Insomma, per saperne di più, bisognerà aspettare. Gli scavi resteranno aperti al pubblico solo per il breve periodo estivo, poi verranno richiusi, anche per scongiurare il rischio di possibili danni provocati dal fiume  e perché - dicono gli esperti -  il miglior modo per preservarli è quello di mantenerli interrati. 

Fabrizio Falconi 



01/06/18

Una grande scoperta: Viene dai Musei Capitolini il dito di bronzo dorato conservato al Louvre !




Appartiene alla mano della colossale statua di Costantino, uno dei capolavori dei Musei Capitolini, il dito in bronzo dorato che dal 1863 il Museo del Louvre possiede nelle sue raccolte. 

Il dito di grandi dimensioni (lungo 38 cm), viene dalla collezione del banchiere romano Giampietro Campana.

La scoperta è stata effettuata nell'ambito del progetto di ricerca sulla tecnica di produzione di grandi bronzi antichi condotto dal Museo del Louvre e dal Centro per la Ricerca e il Restauro dei Musei di Francia. 

La curiosa vicenda ha come oggetto quello che inizialmente ritenuto un dito di piede, mentre si scopre ora che si adatta perfettamente alla mano dell'antica statua in bronzo di Costantino raccolta nel museo italiano

I frammenti della statua bronzea dell'imperatore Costantino, alta 12 metri e risalente al IV secolo, sono tra i più preziosi della collezione romana e includono una testa enorme, una sfera (la leggendaria Palla Sansonis), un avambraccio sinistro e una mano, a cui manca il palmo (che sorreggeva la sfera - si trattava di un unico pezzo di fusione come è stato dimostrato in passato), una parte del medio e la maggior parte del dito indice. 

Appunto. Poco si sa della storia di questo dito prima che arrivasse al Louvre negli anni 1860 insieme ad altri pezzi della collezione del marchese italiano Giampietro Campana. 

Nel 1913, è stato registrato come "dito romano" con il numero di riferimento BR78. È stata la ricercatrice Aurelia Azema a notare le somiglianze: trattasi infatti di un dito fratturato, piuttosto che un dito del piede, e la sua lunghezza, 38 centimetri, si adatta bene a una figura in piedi di circa 12 metri di altezza. L’arcano è stato svelato definitivamente da Benoît Mille, specialista in metallurgia antica presso il laboratorio del Louvre, che ha ripreso lo studio del pezzo per una mostra sulla collezione di Campana, che si aprirà al Louvre a novembre prima di andare all'Hermitage di San Pietroburgo.

 Dito e mano destinati a riunirsi?

fonte ANSA e Exibart

17/10/17

Eccezionale scoperta - Ritrovate nel Corno d'Africa le chiese più antiche.





Nel Corno d'Africa il cristianesimo si è diffuso a partire dal IV secolo dopo Cristo, pochi decenni dopo l'editto di Costantino che, nel 313 d.C., ha reso libera la professione di fede. Una missione italo-eritrea ha infatti trovati i resti di due chiese paleocristiane, risalenti appunto alla seconda meta' del IV secolo. 

Una scoperta che ha suscitato interesse anche presso il Pontificio istituto di Archeologia Cristiana che si e' recentemente unito al gruppo di atenei gia' impegnati nella ricerca. La ricostruzione delle due chiese e altri reperti saranno esposti a novembre in una mostra al Museo Castiglioni di Varese

La missione archeologica italo - eritrea e' al lavoro dal 2011 e ha gia' riportato alla luce l'antico porto di Adulis in Eritrea sulle rive del Mar Rosso. Uno scalo marittimo importante considerato che questa citta' metteva in comunicazione l'Oceano Indiano con il Mar Mediterraneo, paragonabile quindi alla via delle spezie o a quella della seta. 

Scomparsa alla fine del VII secolo d.C. sotto il limo di una catastrofica inondazione causata dal crollo di uno sbarramento di un bacino d'acqua esistente sui monti che sovrastano la citta', Adulis, come Pompei, ha conservato sotto il fango costruzioni e detriti. 

Gli scavi hanno riportato alla luce numerosi reperti, tra cui monete, oggetti di tartaruga. "Ma in quella zona si potrebbe cercare per altri 30 anni" ha detto Marco Castiglioni, che gestisce il museo di Varese. 

Per gennaio e febbraio e' infatti prevista una nuova missione della equipe italo-eritrea, guidata dai fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni (ricercatori, archeologi, etnologi e cineasti), grazie alle cui donazioni e' nato il museo a Varese, ed e' composta da archeologi dell'Universita' Cattolica di Milano, dell'Universita' Orientale di Napoli, ed e' affiancata dagli architetti del Politecnico di Milano, incaricati del restauro dei monumenti portati alla luce dagli scavi. Responsabile scientifica delle missioni e' la Prof.ssa Serena Massa (Universita' Cattolica di Milano). 

 La mostra al Museo Castiglioni sara' aperta il 17 novembre. Il punto forte sara' la ricostruzione delle due chiese, prendendo spunto da quello che e' emerso dagli scavi. In esposizione anche molti altri reperti, provenienti dal Corno d'Africa. 

07/07/17

Aprono al pubblico (appena restaurate) le Stanze di Elena, la madre di Costantino, a Santa Croce in Gerusalemme.




Nuove scoperte nell'area archeologica di Santa Croce in Gerusalemme all'interno delle Domus costantiniane

Grazie alla nuova indagine della Soprintendenza Speciale di Roma sono emersi tre ambienti finora sconosciuti della Domus dei ritratti, che chiariscono la struttura e le funzioni di questa residenza dei dignitari della corte di Elena, madre dell'imperatore Costantino.

La zona della Domus dei ritratti e della Domus della fontana e' stata anche interamente restaurata, dando risalto alle murature e ai pavimenti, con i loro preziosi mosaici del IV secolo. La pulitura degli ambienti e le nuove scoperte hanno anche reso piu' leggibile ai visitatori il complesso residenziale con le sue divisioni e funzioni.

Le aperture speciali del comprensorio di Santa Croce in Gerusalemme - ha annunciato la soprintendenza - saranno articolate in due fasi: da domani 8 luglio fino al 16, le visite guidate saranno gratuite e senza prenotazione dalle 19 alle 20. 


Dal 21 luglio all'1 settembre tutti i venerdi' apertura gratuita dalle 20 alle 23 con visite guidate su prenotazione

"Lo scavo archeologico di questo lotto espande lo scavo delle Domus. Sono nient'altro che le residenze dei cortigiani di Elena, madre di Costantino che agli inizi del IV secolo si stanzia a Roma come reggente, mentre il figlio va a Costantinopoli", ha spiegato il soprintendente Francesco Prosperetti. "Abbiamo messo in luce nuovi ambienti che danno nuove notizie su un ingresso della Domus principale, la Domus dei ritratti. Il restauro inoltre ha permesso di stabilire meglio le divisioni tra le varie stanze", gli ha fatto eco l'archeologa Anna De Santis.

19/05/17

Straordinaria scoperta a Roma durante i restauri: l'Arco di Giano è in realtà un Arco eretto per Costantino.




Sono bastate tre lettere, Cos, venute fuori dal marmo annerito per confermare cio' che gli archeologi sospettavano da tempo. E quello che per secoli e' stato l'Arco di Giano in un colpo solo ha ritrovato la bellezza della sua facciata sul Tevere ed e' tornato a essere, come nel IV d.C., l'arco onorario dedicato all'imperatore Costantino dai suoi figli

Inizia cosi' la prima tappa del restauro di uno dei gioielli superstiti del Foro Boario, quell'area affacciata sul fiume ai piedi del Palatino, che per secoli fu cuore di commerci in arrivo da tutto il Mediterraneo

E che ora ritrova parte della sua bellezza grazie al World Monuments Fund che con AmericanExpress ha donato 215 mila dollari (dopo essere gia' intervenuti al Foro Boario per i templi di Ercole Olivario e di Portuno), in aggiunta ai 100 mila euro gia' stanziati dalla Soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma.

La strada per un restauro completo del monumento e' ancora tutta da scrivere (i lavori sulla prima facciata termineranno a luglio), ma per ora, raccontano Maria Grazia Filetici e Mirella Serlorenzi, direttore del restauro e direttore scientifico, "si e' potuto studiare lo stato di tutto l'arco sia dal punto di vista conservativo che strutturale, mappando tutte le 16 facciate"

Unico arco onorario a pianta quadrata, un tempo ricco di 48 statue incastonate nelle nicchie, divenuto nel Medioevo fortezza per i Frangipane (come il Colosseo) e parzialmente interrato fino al 1827, e' durante i lavori che il colosso ha mostrato quella scritta, Cos, incisa in un blocco della scala per l'attico. 

"E' il primo mito da sfatare - dice la Serlorenzi - Non era un arco per Giano. Venne chiamato cosi' da antiquari del Rinascimento" per via dei suoi quattro ingressi che ricordano la specularita' delle due facce del Dio. 

"Dai cataloghi regionali del IV secolo - dice - sapevamo che nell'area c'era un Arcus Divi Constantini. Quel marchio di cava oggi ci indica che era proprio questo". 

I problemi da risolvere sono molti, dallo scorrimento delle acque dall'attico ("costruito come una strada, con i sanpietrini") agli agenti atmosferici su cui si sta intervenendo con ultimissimi ritrovati biocompatibili o il furto nei secoli dei collegamenti in metallo tra i blocchi

Ma intanto si festeggia con una notte di Luce al Foro Boario (25 maggio) e con l'apertura eccezionale al pubblico per un Watch Day (26), tra laboratori, salite sui ponteggi e concerto. 

A seguire, una settimana di visite gratuite su prenotazione e una nuova guida Electa (www.coopculture.it). La speranza del Soprintendente Francesco Prosperetti e' ora di restituire l'Arco ai cittadini togliendo le cancellate che lo chiudono dall'attentato a S. Giorgio al Velabro del '93. "Spero - dice - riprenda al piu' presto il dialogo con il Comune per un piano presentato gia' ai tempi del Commissario Tronca", con un'apertura diurna presidiata. 

27/10/16

Le leggende del Campidoglio e la Statua del Marco Aurelio, l'unico esemplare di questo tipo giunto fino a noi.




Il Campidoglio è da sempre il simbolo del potere cittadino, a Roma. Anticamente questo nome si riferiva soltanto all'altura più piccola dove sorgeva il Tempio di Giove Ottimo Massimo, il più importante tra gli dèi del Pantheon, la cui area era all'incirca quella occupata oggi da Palazzo Caffarelli. 

Più tardi, nel corso dei secoli, la dizione Campidoglio si estese all'intero colle. 

Ancora oggi il Campidoglio rappresenta una meraviglia delle meraviglie: esso ospita infatti reperti preziosissimi e unici al mondo, come i due leoni di basalto grigio ai piedi della scalinata, che provengono dall'Iseum et Serapeum del Campo Marzio, il Tempio che i romani avevano dedicato alle divinità egizie, e che raccoglieva moltissimi reperti importati da quelle terre. 


I due meravigliosi leoni egizi furono sistemati qui da Giacomo Della Porta, per fare da ali alla cordonata del Campidoglio.   Furono rimossi nel 1880 e sostituiti con delle copie, ma poi tornarono sul posto grazie all'illuminato prof. Pietrangeli, in tempi piuttosto recenti, nel 1956. 

Sembra che dalla bocca dei due leoni sgorgasse, in alcune particolari ed eccezionali circostanze, vino, (dalla bocca dell'uno, bianco, dall'altro rosso) anziché acqua. Come ad esempio nell'occasione della cerimonia di impossessamento della Basilica Lateranense da parte del Papa neo-eletto. 

Ma il vero gioiello del Campidoglio è la monumentale statua equestre del Marco Aurelio, divenuta nei secoli emblema cittadino al pari del Colosseo, oggi sostituita sulla piazza da una scrupolosa copia e conservata invece nel nuovo cortile protetto dei Musei Capitolini. 

Si tratta, come non tutti sanno, dell'unico reperto di questo tipo esistente al mondo, , cioè dell'unica statua equestre in bronzo dorato, dell'epoca romana giunta fino a noi e per molti secoli, pur essendo diventata un nume cittadino intoccabile, fu persino confusa la sua attribuzione, ritenendola una statua dell'imperatore Costantino (Caballus Costantini). 

Fu scolpita nel 164-166 d.C.  e raffigura l'illuminato imperatore a cavallo, col braccio e la mano protesi, come per affrontare il nemico. 

Una icona così potente non poteva che diventare un simbolo cittadino di prima grandezza, ed è inevitabile che, trattandosi di Roma, intorno ad essa siano fiorite nel corso dei secoli, infinite leggende, come quella della famosa civetta , il ciuffo dei peli tra le orecchie del cavallo, al cui distacco della velatura bronzea fu legata alla fine del Mondo e alla sua distruzione. 

La statua fu posta al centro del Piazzale del Campidoglio nel 1538 da Papa Paolo III Farnese su suggerimento di Michelangelo, che si era occupato di progettare la nuova piazza, nelle attuali forme che sono ammirate in tutto il mondo.  Per essa fu studiato un apposito basamento, disegnato sempre da Michelangelo. 

Pochi sanno che in quella occasione fu anche istituita la carica onorifica di Custode del Cavallo, un titolo dignitario grandemente ambito tra i nobili romani e che veniva conferita per espressa decisione papale. 

Il prescelto veniva anche ricompensato simbolicamente, in natura con una prebenda minuziosamente prevista comprendente: dieci libbre di cera, tre di pepe, sei paia di guanti, alcune scatole di confetti e due fiaschi di vino. 

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