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19/12/21

E' vero che i cani non possono ammalarsi di Covid? Quel che ne sa la scienza

 


Sento ripetere spesso in giro, dall'inizio della pandemia, che "i cani non possono contrarre il Covid-19". Il riferimento è chiaramente ai cani che vivono in compagnia, nelle case degli uomini, ormai in misura massiccia. 

Secondo gli ultimi dati, i cani in Italia sono 11 milioni e 600 mila, ma il numero si riferisce a quelli registrati alle anagrafi regionali. Secondo le rilevazioni delle Asl locali, i cani nel nostro paese sono invece molti di più: oltre 27 milioni. Cioè circa 1 cane ogni 2 abitanti. 

Ciò fa capire quanto sia rilevante - e assai poco dibattuta sui mezzi di comunicazione - la questione.

La realtà è che - contrariamente a quanto si crede - anche i nostri amici animali possono prendere il Covid. 

"I cani possono contrarre l’infezione da Covid-19. Per la loro sicurezza facciamo attenzione ai comportamenti in casa e fuori, adottando semplici regole di igiene, soprattutto in presenza di casi di positività". E’ la raccomandazione dell’Istituto Superiore di Sanità che rilancia le regole per una corretta gestione di animali domestici in presenza del virus. 

Innanzi tutto l’Iss ricorda che gli animali non contagiano l’uomo: "Allo stato attuale - specifica l’Istituto Superiore di Sanità - non esistono evidenze che gli animali da compagnia svolgano un ruolo epidemiologico nella diffusione all’uomo di Sars-CoV-2. Semmai è vero il contrario. I nostri animali possono contrarre l’infezione attraverso il contatto con persone infette e sviluppare occasionalmente la malattia. Pertanto, occorre adottare misure precauzionali in casa anche per gli animali"

Ecco alcuni consigli dell’Istituto Superiore di Sanità per un accudimento sicuro: lavarsi sempre le mani prima e dopo il contatto con gli animali e dopo aver pulito la cuccia; pulire loro le zampe dopo la passeggiata e prima di rientrare in casa. 

Se si sospetta di avere l’infezione da Covid-19 limitare il contatto col proprio animale e affidarne le cure a un altro membro della famiglia o a un esterno; se non è possibile, usare sempre mascherina e guanti; assicurarsi che il proprio animale stia bene e, in caso contrario, curarlo solo con farmaci prescritti dal veterinario.

Fonte ISS - La Nazione 


04/06/20

Covid-19. Dopo Tre Mesi, un bilancio serio e esauriente di un addetto ai lavori. Da condividere contro la diffusione di false notizie




A più di tre mesi dallo sviluppo dell'epidemia da Coronavirus in Italia, propongo questo efficace, sintetico e equilibrato resoconto di uno dei medici che sono stati impegnati in prima linea durante la diffusione del Coronavirus, Claudio Micheletto, Direttore della Pneumologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. 
E' un promemoria e una testimonianza da leggere e di cui fare tesoro, in un momento nel quale si ascoltano e si diffondono false informazioni e superficialità di ogni tipo.

Dopo ottanta giorni abbiamo chiuso un reparto COVID, stiamo tentando di tornare a vita normale. Ci portiamo dentro tante storie, tanta fatica, ma anche tante soddisfazioni. E’ il momento di fare qualche serena meditazione, in questo periodo ne abbiamo lette di ogni genere. Questo è il mio decalogo, non contiene verità assolute, ma quello che ho respirato sul campo, giorno per giorno.
1) Il virus COVID 2019 è una infezione molto pericolosa. Guardiamo i numeri: negli stati Uniti muoiono ogni anno 16.000 persone di influenza (ultima pubblicazione JAMA 2019); negli ultimi tre mesi i decessi sono 107.000;


2) Il numero dei decessi in Italia è reale, eventualmente sottostimato perché non rientrano nelle stime ufficiali tutti coloro che sono morti a casa o nelle RSA. Quando si chiude una cartella si scrive il DRG (diagnosis related group). Lo facciamo da oltre 30 anni, sappiamo farlo, le persone morivano DI COVID, con difficoltà respiratoria e polmoni imbiancati, non certo CON il COVID. Non insegnateci questa pratica, lo sappiamo fare;

3) Sono state fatte delle autopsie in tutto il mondo, non servivano grandi numeri, sono tutte uguali, non c’è dietro nessun complotto. Alveoli ripieno di materiale infiammatorio, come tutti i distress respiratori, ed alterazioni a carico del microcircolo. Fare tante autopsie non avrebbe aggiunto niente, sin dal primo giorno abbiamo trattati tutti i pazienti con anti-coagulanti, aggiustando la dose a seconda di determinati valori ematici. La coagulazione aumenta in corso di infiammazione, è una nozione molto antica;

4) Le misure di contenimento hanno consentito di spegnere gradualmente l’epidemia. Forse in alcune zone potevano essere promulgate prima, in altre potevano essere interrotte qualche settimana prima, ma non cambia la sostanza. In nessun Paese il virus è scomparso con misure alternative: il modello svedese è fallito, in Brasile la situazione è fuori controllo, Stati Uniti ed Inghilterra hanno dovuto far marcia indietro;

5) Sappiamo come curare nel miglior modo possibile questa malattia. Non esistono farmaci specifici, ma se usiamo con competenza antivirali, idrossiclorochina, anticoagulanti, cortisone, etc. riusciamo a guarire quasi tutti i pazienti. Siamo in difficoltà con coloro che hanno tante malattie concomitanti. Ora dobbiamo analizzare i risultati delle nostre casistiche per valutare quali di questi interventi è fondamentale nella gestione del COVID. Tra le possibilità vi è anche il plasma, che abbiamo raccolto ed usato anche nel Veneto. Non esiste una congiura contro il plasma, la cautela deriva dalla necessità di valutare i dati. A breve arriveranno i risultati dei protocolli e ne discuteremo senza preclusioni.

6) Nella mia personale valutazione l’ossigenazione e la ventilazione sono fondamentali, il Veneto ha avuto buoni risultati anche per la presenza di 16 Pneumologie che hanno triplicato il loro numero di posti letto, e le Rianimazioni hanno fatto altrettanto. La Sanità Pubblica serve a questo, mantenere una rete efficace nei confronti di malattie frequenti come quelle respiratorie, pronte ad allargarsi in caso di necessità;

7) Esiste una disciplina che si chiama risk management. Ora sarebbe il momento di ragionare sugli errori. Non per colpevolizzare qualcuno, ma per capire gli errori e non ripeterli in futuro. In questo dibattito è entrata purtroppo la politica: giudico gli interventi sanitari a seconda della tessera del Governatore o del Direttore Generale. Non è questo il metodo corretto, spero che le persone competenti, con la mente libera, sappiano analizzare con obiettività il passato e proporre modelli organizzativi efficaci per il futuro. Un esempio su tutti: la riapertura della scuola ed i trasporti;

8) La diagnosi precoce è utile in tutte le malattie. Se riesco ad individuare i Pazienti con tamponi o dosaggio degli anticorpi posso isolare i pazienti, oppure curarli in una fase iniziale, senza arrivare all’intubazione o alla ventilazione;

9) Il vaccino non è in antitesi con il resto delle misure, non devo scegliere tra vaccino, plasma o cure. Il vaccino serve a prevenire, lo aspettiamo;

10) Gli Infermieri, i Medici, i Fisioterapisti hanno fatto un grandissimo lavoro. Ma non mi dimentico degli amministrativi, che hanno lavorato per assumere in tempi velocissimi, gli uffici tecnici, l’ingegneria medica e tutti questi servizi, che hanno ampliato reparti ed assicurato il materiale sanitario.


Ma non siamo degli eroi. Negli ultimi anni, nelle mie scorribande di lettore onnivoro, ho scoperto Rocco Schiavone, scontroso vice-questore creato dalla penna di Antonio Manzini. Nell’ultimo libro Rocco è ricoverato in Ospedale, e ci racconta così:
"L’Ospedale gli pareva un aeroporto. Con decolli e atterraggi. Nascita e morte, guarigioni e complicazioni, sorrisi e pianti. Una massa umana dolorante o sanata, piena di speranze o di illusioni. E intorno a loro i camici bianchi che aveva cominciato ad apprezzare ogni giorno di più. Uomini e donne col viso stanco, bruschi, sempre di fretta, rughe e occhiaie. Non avrebbe mai potuto fare il medico. Sapeva che sotto lo strato di cinismo, leggero come i camici che portavano, in fondo doveva esserci uno strato di amore. Altrimenti perché dedicare una vita a curare gli esseri umani? Rimetterli in pista? Lui gli esseri umani li detestava, fatta salva qualche eccezione. E non sopportava i lamenti e le ansie che gli altri gli scaricavano addosso”.


E’ proprio così Rocco. Hai capito tutto, senza quella fastidiosa retorica.

14/05/20

I "Consigli ai Medici" ritrovati di Camus prima di scrivere "La Peste" - oggi in un libretto omaggio nelle librerie Giunti



"Voi, medici della peste, dovete fortificarvi contro l'idea della morte e conciliarvi con essa, prima di entrare nel regno preparatole dalla peste. Se trionferete qui, trionferete ovunque e vi vedranno tutti sorridere in mezzo al terrore. La conclusione e' che vi occorre una filosofia"

E' uno dei consigli, pratici e spirituali, che si leggono nella "Esortazione ai medici della peste" pubblicata nell'aprile del 1947 nei Cahiers de la Ple'iade, quasi sicuramente scritta dal premio Nobel per la letteratura Albert Camus nel 1941 e vista come una delle pagine preparatorie e poi non messe nel suo romanzo "La peste", uscito proprio nel 1947 e che in questi mesi molti hanno riletto o scoperto, tanto che è tornato questa settimana nella classifica dei libri più venduti, perchè sembra racconti la nostra esperienza e parli di noi, invece di averne immaginata una 70 anni fa

Mai pubblicata in Italia, questa "Esortazione", ora tradotta da Yasmina Melaouah e proposta da Bompiani d'intesa con la Succession Albert Camus, suona, con le sue citazioni di Tucidide e del suo racconto della peste di Atene, profetica e profonda quanto il romanzo

Suggerisce ai medici una serie di norme oggi ingenue e inquietanti mutuate dal trattamento di contagi passati ( dall'uso dell'aceto, erbe aromatiche, all'uso di un camice di tela cerata) e li sprona a non aver paura ma ad assumere appunto una linea di condotta elaborata con filosofia che aiuti a saper avere una misura, a diventare padroni di se stessi, a respingere la stanchezza, a mantenere una serenita' d'animo nonostante tutto, aggiungendo: "Non vi e' nulla di meglio, a questo scopo, che consumare vino in quantita' apprezzabili, per alleviare un poco l'espressione affranta che vi verra' dalla citta' in preda alla peste". 

 Sono una decina di pagine, in omaggio ai lettori delle librerie Giunti al Punto e in ebook gratis sul sito Bompiani www.bompiani.it, che ammoniscono anche noi: "dovete diventare padroni di voi stessi. E, per esempio, saper fare rispettare la legge che avrete scelto, come quella del blocco e della quarantena. Uno storiografo provenzale narra che un tempo, quando uno di coloro che erano sottoposti alla quarantena scappava, gli veniva fracassata la testa. Non e' questo che auspicate. Ma non dimenticate con cio' l'interesse generale. Non venite meno a tali regole per tutto il tempo in cui saranno utili, quand'anche il cuore vi inducesse a cio'. Vi e' chiesto di dimenticare un poco quel che siete senza tuttavia dimenticare mai quel che dovete a voi stessi. È questa la regola di una serena dignita'". 

Le notazioni sono tante, da quelle pratiche come "non guardate mai il malato in faccia, per non essere nella direzione del suo alito", a quelle piu' morali: 

"Non dovete mai e poi mai abituarvi a vedere gli uomini morire come mosche, come accade oggi nelle nostre strade, e com'e' sempre accaduto da quando ad Atene la peste ha preso il suo nome. Non smettete di essere atterriti dai volti neri di cui parla Tucidide ... e continuate a rivoltarvi contro la terribile confusione in cui coloro che negano le cure agli altri muoiono nella solitudine mentre coloro che si prodigano muoiono ammucchiati gli uni sugli altri"

Camus quindi, ricordando ai medici che "Vi e' chiesto di dimenticare un poco quel che siete senza tuttavia dimenticare mai quel che dovete a voi stessi. È questa la regola di una serena dignita'", conclude con la sua visione delle cose: "Resta il fatto che nulla di tutto cio' e' semplice. Nonostante le maschere e i sacchetti, l'aceto e la tela cerata, nonostante la tranquillita' del vostro coraggio e il vostro saldo sforzo verra' il giorno in cui non sopporterete piu' questa citta' di agonizzanti, questa folla che gira a vuoto per strade roventi e polverose, queste grida, questo allarme senza futuro. Verra' il giorno in cui vorrete gridare il vostro orrore di fronte alla paura e al dolore di tutti. Quel giorno non avro' piu' rimedi da consigliarvi, se non la compassione che e' la sorella dell'ignoranza". 

Paolo Petroni per ANSA

28/04/20

Umberto Galimberti: Riflessioni ai tempi del Coronavirus sul senso del futuro


Umberto Galimberti per GQ ha scritto questa riflessione sui tempi che stiamo vivendo


Il cambiamento imposto dal coronavirus sembra una sofferenza difficile da sopportare, anche se l’umanità ha superato di molto peggio. Succede perché ci troviamo nella condizione in cui tutta la nostra modernità, la tutela tecnologica, la globalizzazione, il mercato, insomma tutto ciò di cui andiamo vantandoci, ciò che in sintesi chiamiamo progresso, si trova improvvisamente a che fare con la semplicità dell’esistenza umana. 

Siamo di fronte all’inaspettato: pensavamo di controllare tutto e invece non controlliamo nulla nell’istante in cui la biologia esprime leggermente la sua rivolta. Dico leggermente, perché questo è solo uno dei primi eventi biologici che denunceranno, da qui in avanti, gli eccessi della nostra globalizzazione. 

Se questo è il quadro, c’è forse un’incapacità di evolverci, come esseri umani? Il Cristianesimo ha diffuso in Occidente un ottimismo che ci ha insegnato a pensare in questi termini: il passato è male, il presente è redenzione e il futuro è salvezza. Questa modalità di considerare il tempo è stata acquisita dalla scienza, che a sua volta dice che il passato è ignoranza, il presente è ricerca e il futuro è progresso. 

Persino Karl Marx è un grande cristiano quando predica che il passato è ingiustizia sociale, il presente farà esplodere le contraddizioni del capitalismo e il futuro renderà giustizia sulla Terra. E Sigmund Freud, che pure scrive un libro contro la religione, sostiene che i traumi e le nevrosi si compongono nel passato, che il presente sia magico e che il futuro sia guarigione. Non è così. Il futuro non è il tempo della salvezza, non è attesa, non è speranza. Il futuro è un tempo come tutti gli altri. 

Non ci sarà una provvidenza che ci viene incontro e risolve i problemi nella nostra inerzia. Speriamo, auguriamoci, auspichiamo: sono tutti verbi della passività. Stiamo fermi e il futuro provvederà: non è così. Quindi cosa dobbiamo fare? Non c’è niente da fare, c’è da subire. Accettiamo che siamo precari: ce lo siamo dimenticati? Rendiamoci conto che non abbiamo più le parole per nominare la morte perché l’abbiamo dimenticata. 

Ammettiamo che quando un nostro caro sta male lo affidiamo all’esterno, a una struttura tecnica che si chiama ospedale, e da lì non abbiamo più alcun contatto. Una volta i padri vedevano morire i figli quanto i figli vedevano morire i padri. C’erano le guerre, le carestie, le pestilenze. Esisteva, concreta, una relazione con la fine. Oggi l’abbiamo persa. Quando qualcuno sta male, mancano le parole per confortarlo. 

Diciamo: vedrai che ce la farai. Che sciocchezza. Che bugia. Perché abbiamo perso il contatto con il dolore, con il negativo della vita. E quindi come facciamo ad avere delle strategie quando il negativo diventa esplosivo? Mi chiedete: il timore di cambiare è un limite valicabile? Facciamo prima un punto sulla realtà. Sono trent’anni che il Paese non è governato: accorgerci ora che abbiamo cinquemila letti in terapia intensiva quando la Germania ne ha 28 mila, scoprire che le carceri sono in subbuglio e che è possibile scappare sui tetti, ammettere adesso che andavano costruite altre strutture perché i detenuti potessero vivere in condizioni almeno vivibili; è il conto che stiamo pagando per essere stati distratti, per non aver preteso una guida vera. 

Per non parlare del debito pubblico: un macigno che si farà ancora più pesante per sopperire alle difficoltà economiche di questi mesi. È questo il limite, reale. E se lo troveranno davanti soprattutto i giovani, che al momento sembrano non morire con la stessa velocità e intensità dei vecchi: poi toccherà a loro, se non si ammalano, continuare a esistere in questo mondo. È un momento di sospensione, specie dalla frenesia quotidiana. 

Mi dicono: per molti è un valore positivo, per altri un monito del fato. Io penso che la sospensione ci trovi soprattutto impreparati: ci lamentiamo tutti i giorni di dover uscire per andare a lavorare, ma se dobbiamo fermarci non sappiamo più cosa fare. Non sappiamo più chi siamo. Avevamo affidato la nostra identità al ruolo lavorativo. La sospensione dalla funzionalità ci costringe con noi stessi: degli sconosciuti, se non abbiamo mai fatto una riflessione sulla vita, sul senso di cosa andiamo cercando. 

Siccome non lo facciamo, poi ci troviamo nel vuoto, nello spaesamento. E allora chiediamoci: il paesaggio era il lavoro? L’identità era la funzione? Fuori da quello scenario non sappiamo più chi siamo? Questo è un altro problema. Non basta distrarsi nella vita, bisogna anche interiorizzare e guardare se stessi. Finora siamo scappati lontano, come se noi fossimo il nostro peggior nemico. I nostri week end non erano l’occasione per volgere lo sguardo a noi, ai nostri figli. Erano fughe in autostrada. Perché conosciamo due modalità dell’esistenza: lavorare e distrarci. Fuori dal quel cerchio, è il nulla. Un quarto della popolazione italiana è estremamente fragile: il virus lo ha dimostrato. 

C’è chi si sorprende del relativismo della società rispetto ai più deboli. Ma è inevitabile. So bene che se mi dovessi ammalare io passerei in secondo piano, perché sono da salvare prima i giovani. Il problema è perché siamo arrivati a dover affrontare questo tipo di scelta, perché non abbiamo provveduto a creare le condizioni, e le strutture, per fronteggiare il dilemma. Moriremo per inefficienza. Se un virus si propaga con un numero di vittime paragonabile ai morti in guerra è chiaro che andrà tracciata − netta − la linea tra chi deve vivere e chi morire. 

Ora: l’egoismo non sta diventando adesso un valore primario. È già il valore primario nella nostra cultura. La solidarietà è andata a picco in questi anni. Individualismo, narcisismo, egoismo: sono tutte figure di solitudine. La socializzazione si è ridotta alla propria parvenza digitale. E se anche l’istruzione, superata questa fase sperimentale, costretta dai tempi, dovesse poi venire diffusa via internet? I ragazzi hanno bisogno di imparare ma anche di guardarsi in faccia, di ridere, di capire attraverso lo sguardo se l’altro dice la verità o sta mentendo. Hanno bisogno di esperienze fisiche. Nell’isolamento e nelle avversità, gli esseri umani hanno bisogno di sentire di non essere soli a lottare. 

I cinesi di Wuhan se lo gridavano dalle finestre. Quindi se la rete digitale ha reso possibile la connessione là dove non c’è possibilità di incontro, mi viene da pensare: bene, ottimo, ha dimostrato la sua utilità. Ma per come ha funzionato fino a ora, Internet ha anche isolato i nostri corpi. Un conto è dirsi le cose in rete, un conto è dirsele di persona. Il problema, da qui in poi, è di continuare ad avere una relazione sociale secondo natura, in cui un uomo incontra un uomo, e non l’immagine di un uomo in uno schermo. 

Quando potrà risollevarsi l’animo umano? E come? Il degrado è stato significativo. Secondo me l’animo umano era più all’altezza di queste situazioni all’epoca dei nostri nonni, quando la fatica e la penuria e la povertà erano le condizioni della solidarietà. Nelle società opulente abbiamo sviluppato invece l’egoismo, perché ci era consentito, non avendo più bisogno del nostro prossimo. Che l’umanità occidentale sia a perdere mi sembra evidente: siamo costretti in casa con le nostre scorte alimentari e il nostro letto caldo, l’unica pena che ci è inflitta è non poter uscire. Siamo il popolo più debole della Terra, il più assistito dalla tecnologia: se manca la luce per dodici ore andiamo nel panico. Mi spingo oltre: il razzismo di noi italiani, al di là di come viene indotto, ha una ragione radicata nell’inconscio. Abbiamo paura degli africani perché capiamo che quei signori capaci di attraversare i deserti, sopravvivere alle carceri e attraversare il mare sono biologicamente superiori a noi. Bios vuole dire vita. Ed è la biologia, accettiamolo, che vincerà.

Umberto Galimberti per GQ ha scritto questa riflessione sui tempi che stiamo vivendo



24/04/20

Arriva "Anthropocene- L'epoca umana", un bellissimo documentario sul dominio (malato) dell'Uomo sulla Terra, con lo spettro Covid-19



Non si puo' guardare 'Anthropecene -L'epoca umana', documentario di Nicholas de Pencier, EdwardBurtynsky e Jennifer Baichwal, senza pensare che l'attualità, l'oggi, sarebbero perfetti per il suo ultimo capitolo. 

L'ombra imminente del Coronavirus e' insomma sempre presente in questo film disponibile ora in VOD. 

Ma cosa vuol dire Anthropocene?

È un modo per definire un rito di passaggio non da poco, quello che vede per la prima volta gli esseri umani influenzare e determinare i destini della Terra piu' di ogni altra forza naturale messa insieme. 

L'Epoca Olocenica, iniziata 11.700 anni fa con lo scioglimento dei ghiacciai, sarebbe cosi' finita e sostituita dall'Anthropocene, dove gli esseri umani, diventati la specie piu' forte al mondo, minacciano ormai la sua stessa esistenza. 

Da qui immagini di tanti disastri, quelli derivanti dall'estrazione mineraria, l'urbanizzazione, l'industrializzazione e l'agricoltura.

E ancora la proliferazione delle dighe, il dirottamento dei corsi d'acqua e l'acidificazione degli oceani e, infine, la presenza invasiva di plastica e cemento

Originariamente concepito come saggio fotografico e terzo di una trilogia - dopo Manufactured Landscapes (2006) e Watermark (2013) -, il progetto multimediale si e' sempre piu' evoluto includendo installazioni cinematografiche, murales ad alta risoluzione di Edward Burtynsky, cortometraggi VR a 360 ° e, infine, installazioni di realta' aumentata.

E tutto questo con la voce di Alba Rohrwacher ad accompagnare le immagini di un disastro annunciato come quelle della barriera di cemento in Cina che copre il 60% della costa continentale, quelle delle suggestive miniere di potassio negli Urali, la grande barriera corallina in Australia e, infine, quelle degli stagni di evaporazione del litio nel deserto di Atacama

All'incrocio tra arte e scienza, Antropocene - L'epoca umana testimonia comunque, attraverso l'esperienza e non la didattica, un momento critico nella storia geologica - portando un'esperienza provocatoria dell'ampiezza e dell'impatto della nostra specie.

"La filosofia del nostro film - spiega Nicholas de Pencier - non e' mai stata quella didascalica ne' tantomeno quella intellettuale. Il desiderio era piuttosto quello di cercare di essere piu' empirici possibile con la speranza che lo spettatore, non essendo investito da troppe informazioni, ne ricevesse un effetto piu' intenso e forte. 

Avere a che fare con le sole immagini - continua il regista - spinge a essere piu' attivi, a riflettere sulla base di pensieri ed emozioni. Cosa che avviene meno se si utilizzano le interviste. 

Non fornendo molte informazioni avevamo bisogno di creare un interesse visivo anzi, direi, una seduzione visiva in grado di spingere il pubblico a contemplare queste cose. Abbiamo cercato comunque - conclude - di non creare una visione troppo estetica del disastro del mondo attraverso una scelta di luoghi che invitassero anche a riflettere in maniera piu' profonda". 

Fonte: Francesco Gallo per ANSA


21/04/20

Oggi Roma festeggia 2773 anni di storia ! Tutte le iniziative (nonostante il Coronavirus)



Roma oggi, 21 aprile, festeggia i 2773 anni di storia. 

Ecco le iniziative, pur nel clima surreale della pandemia che ha reso la città deserta. 

Oggi alle 16.30 sara' possibile partecipare sulla piattaforma gratuita Zoom alla conferenza in diretta del ciclo I martedi' da Traiano

Nel nuovo appuntamento, dal titolo La memoria sulla pietra, Maria Paola Del Moro parlera' del valore della memoria personale e familiare nella societa' romana. 

Attraverso i canali web e social del Museo Pietro Canonica, si potra' seguire il secondo appuntamento di Radio Canonica, il progetto divulgativo con podcast audio, dedicato al racconto della vita dello scultore piemontese e della ricca collezione di sue opere. 
Continuera' il percorso intrapreso nella prima puntata e si concentrera' sulle prime conoscenze artistiche del giovane Pietro nella puntata La scoperta dell`arte. Non mancheranno le attivita' dedicate ai piu' piccoli. 

Il Museo della Casine delle Civette a Villa Torlonia continuera', per il quinto appuntamento de La Casine delle Meraviglie, a raccontare la dimora del Principe Giovanni Torlonia attraverso gli animali che sono raffigurati al suo interno, proponendo ai bambini di disegnarli a casa. 

In questa occasione si parlera' del Salottino dei Satiri e della raffigurazione al suo interno di un animale portafortuna: la chiocciola. 

Alle 11 sulla pagina Facebook delle Biblioteche di Roma si ricordera' il Natale della citta' presentando un puzzle di immagini tratte dall'Album di Roma, progetto online nato dalla collaborazione tra l`Istituzione con Roma Capitale e l`Archivio Capitolino

Strumento unico per approfondire la conoscenza della Capitale, l`Album di Roma raccoglie immagini provenienti da archivi privati, enti e istituzioni, che ricostruiscono la Roma del Novecento: un volto a tratti dimenticato della citta', dei suoi territori e delle sue micro comunita'. 

Per i bambini l'istituzione alle 17.00 e' in programma, sempre sulla pagina Facebook delle Biblioteche di Roma, la presentazione del libro Roma in rima di Massimiliano Maiucchi, con le illustrazioni di Fabio Magnasciutti, novita' editoriale pubblicata da Palombi Editori.

 La video lettura delle filastrocche su Roma sara' accompagnata da guanti animati, oggetti, pupazzi e volumi pop-up e sara' intervallata da giocolerie, magie comiche, favole e canzoni. 

Con .TdROnline, .laculturaincasa e .iorestoacasa domani alle 16 sui canali social del Teatro di Roma verra' trasmesso il primo incontro del ciclo Luce sull`Archeologia per raccontare le origini di Roma, tra mito e storia, attraverso la collaborazione e gli interventi introduttivi dello storico dell`arte Claudio Strinati, del direttore dei giornali Archeo e Medioevo Andreas M. Steiner e del direttore associato dell`Istituto Nazionale di Studi Romani Massimiliano Ghilardi. Carmine Ampolo, professore emerito di Storia Greca alla Scuola Normale Superiore di Pisa, Orietta Rossini, responsabile dell'Archivio Storico Capitolino, gia' Responsabile del Museo dell'Ara Pacis, e Anna Mura Sommella, gia' direttrice dei Musei Capitolini di Roma, illustreranno al pubblico i contesti archeologici dell`area centrale di Roma per comprendere la formazione della citta', in particolare gli scavi del Foro di Cesare e quelli sul colle Palatino. 

Inoltre, sono previsti un approfondimento sul Tempio di Giove Capitolino e un racconto delle origini di Roma attraverso sette capolavori ispirati al simbolo della citta', la Lupa. 


13/04/20

Nasce "Diario Comune" - Per ricominciare insieme, per restare umani




Da ieri, 12 aprile 2020, giorno di Pasqua, è online diario comune…un almanacco che mensilmente raccoglierà gli interventi di 12 artisti europei e  internazionali di diverse generazioni - diari, storie, osservazioni e visioni, ma anche omaggi, ricordi, progetti in corso

Un fecondo contagio che include vecchi e nuovi amici, e includerà coloro che, ora a noi sconosciuti, contribuiranno a costruire questo diario comune - per ricominciare insieme, per “restare umani”.

Koen Broucke, Maria Bussmann, Selene de Condat, Elzevir, Marilù Eustachio, Andrea Fogli, 
Lorand Hegyi, Giuseppe Gallo, Ugo Giletta, Felice Levini, Stefano Minzi, Lazslo Revesz, 
Petra Richar, Stefano Minzi…insieme a Caspar David Friedrich e Jean Dubuffet…
e tutti gli altri che parteciperanno ai prossimi numeri






11/04/20

Oggi, Sabato 11 aprile, vigilia di Pasqua, adorazione straordinaria davanti alla Sindone. Le dirette tv.



Preghiera straordinaria, che potrà essere seguita in tutto il mondo in tv o sui social, davanti alla Sacra Sindone, il sabato della vigilia di Pasqua. 

Centro di tutte le attivita' della diretta social, sarà la pagina Facebook'Sindone 2020', che andra' in rete a partire dalle 16.30 e terminera' alle 18.30

In Italia la preghiera straordinaria davanti alla Sindone sara' trasmessa in diretta su RaiTre nazionale dalle 16,55 alle 17,30, e contemporaneamente su TV2000. 

Nel corso della diretta, a cura dell'Ufficio di Pastorale giovanile della diocesi, verranno proposte testimonianze, riflessioni, esperienze che collegano la Sindone ai tempi difficili che in tutto il mondo stiamo vivendo

Monsignor Nosiglia, sarà solo di fronte alla Sindone. 

Saranno dunque rispettate le disposizioni del governo per contener i contagi da Cornavirus e neanche reporter e fotografi avranno accesso al Duomo di Torino, che conserva la Sindone. 

"Più forte è l'amore" e' il tema scelto dal Custode del Sacro lino, l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, tradotto in un segno grafico che si pone in continuita' con le ostensioni del 2015 e del 2018 . 

Il segnale viene rilanciato in tutto il mondo grazie al collegamento con il Centro Televisivo Vaticano - Vatican Media che provvedera' a distribuirlo via satellite a tutte le emittenti cattoliche italiane ed estere, in Europa, negli Stati Uniti, in Brasile e nell'Africa subsahariana. 

Tramite la distribuzione su Telepace il segnale sara' rilanciato in Nord Africa, Medio Oriente sul canale Sky 515 HD e Australia e ancora sul canale 815 TVSAT. 

La trasmissione sara' raggiungibile anche attraverso i siti di comunicazione della Santa Sede (www.vaticanews.va

Fonte: Askanews

08/04/20

Galimberti sul Coronavirus: "Riaprire ora è una follia. La biologia è più forte dell'economia."






Al centro degli interrogativi e delle risposte di questi giorni difficili d’isolamento anticontagio c'è quella che viene chiamata ‘Fase 2', cioè la riapertura graduale di alcune attività commerciali e quelle lavorative. La task force italiana parla dell’individuazione di una fascia di popolazione immunizzata vicina al 10%, c'è ‘1 italiano su 20 che è immune al coronavirus' ha detto Silvio Brusaferro presidente dell’Iss. Molte persone rischiano, dunque, un possibile contagio. L'istituto Superiore di Sanità sta preparando la validazione dei test sierologici da poter usare su larga scala su campioni della popolazione. Sarebbero pronti già 100mila test. Tra le condizioni per la riapertura ad una qualche normalità in un suo articolo al Nyt, James Horowitz considera il fatto che potrebbero essere solo i cittadini immuni a poter rientrare a lavoro e quindi ad avvicinarsi ad una vita normale, a differenza di quelli più fragili o deboli. 

Abbiamo chiesto al filosofo Umberto Galimberti cosa pensa della Fase 2 e se una soluzione del genere possa minare i valori democratici ed etici della nostra società. 

Non si rischia di far vincere il più forte sul più debole, professore? 

Etica e democrazia sono modalità con cui si organizza la vita, prima bisogna cominciare a vivere e poi forse potremo discutere di etica e democrazia. Abbiamo una visione troppo ottimistica se pensiamo a tornare a lavoro e alla economia, in questa fase dobbiamo, invece, essere severissimi almeno finché non c’è il vaccino. Prevedo che l’epidemia possa tornare, per esempio in autunno, anche in Cina. Vede mia moglie – scomparsa qualche anno fa - era biologa molecolare e parlavamo molto di scienza, per me davanti a un virus così non c’è salvezza, ora è lui il più forte, se apriremo a chi è immune o si è auto-vaccinato insieme a loro seguiranno anche gli altri che non lo sono, e non faremo che peggiorare il problema. 

Eppure c’è una parte consistente di Paese che crede nell’importanza di una ripresa economica..

L’Economia viene dopo la biologia che di per sé è più forte. La frenesia con cui si lavora - dovremmo averlo già capito - crea precarietà biologica, ed è per questo che ci indeboliamo a discapito del nostro sistema immunitario. La biologia viene prima, sia nel bene che nel male. In questa fase bisogna essere ossequiosi rispetto a quello che dicono i sanitari, l’unica ancora di salvezza è la scelta biologica, solo quella conta. 

Allora cosa è successo all’inizio dell’epidemia? Parte di scienza e parte di politica hanno sottovalutato il problema? 

La scienza non è la verità, la scienza dice solo cose esatte ‘exacto’ cioè ‘ottenute da’, dalle premesse da cui parte l’indagine, non è la verità, essa si colloca accanto a ciò che è esatto. Inoltre la scienza si riferisce spesso alla probabilità, ecco che se uno dice cose sbagliate, allora loro hanno sbagliato. 

Qual è il problema di chi si sente spinto a reagire contro le restrizioni? 

La gente sbaglia, pensa di essere furba e immune, ma è solo molto disordinata, come quelli che pensano che la morte non li debba mai toccare, e invece poi arriva per tutti. Io vivo a Milano. Possibile che in un capoluogo così importante ci siano state 9000 persone denunciate? Forse potremmo tornare a pensare… 

Pensare a cosa? 

Ispezionare la nostra interiorità a cui non badiamo mai, non sappiamo chi siamo e non è bello vivere a nostra insaputa. Ciascuno guardi in faccia se stesso e il suo stile di vita, appena finirà lo si vedrà, tutti si butteranno a rifare le stesse cose che facevano prima e non sarà cambiato proprio nulla. Tutti si comporteranno esattamente come fanno i tossicodipendenti dopo un periodo di astinenza. Io, per esempio, sono contentissimo perché ho l’occasione di studiare più di prima, restando a casa mia. Dunque riaprire la cosìdetta Fase 2 sarebbe solo una follia, se sono i principi economici che contano allora bisogna invertire le priorità. 

Lo direbbe a chi prende decisioni, alla Politica? 

Vede, la politica non è più luogo della decisione che è riservata esclusivamente all’economia. Chi fa polemica politica in questo momento è un criminale. L’Europa concede aiuti, ma poi chi pagherà questi aiuti? Saranno i giovani, per me vittime sacrificali già da tempo. 

Non pensa a chi non ha i soldi per fare la spesa perché ha perso il lavoro? 

Tutti possono mangiare. Ci sono le opere di carità, non siamo in guerra, ecco questa è un’altra cosa su cui bisogna stare attenti: chi parla di guerra adesso lo fa in modo improprio, non stiamo vivendo una guerra, la guerra è un’altra cosa, lì non si arriva al cibo, per esempio. In guerra conosco il nemico e posso concluderla facendo un trattato di pace con lui, mentre qui è impossibile, perché questo nemico non lo conosciamo. Ci lamentiamo delle code da fare al supermercato, mentre in guerra non c’è da mangiare. Ci lamentiamo che siamo in casa, ma quando c’è guerra, le case vengono distrutte dalle bombe. Lei non crede che bisogna riflettere anche su questo? 


Fonte: 

07/04/20

Esce il "Dizionario dei tempi incerti". Parole per riflettere al tempo del Covid-19. "INFODEMIA" è la parola scelta da Franco Cardini


E' bellissima l'iniziativa lanciata in queste ore dal  Circolo dei lettori di Torino con il Dizionario dei tempi incerti, una collezione di parole scelte da filosofi, filologi, storici, antropologi e scrittori, protagonisti e protagoniste delle rassegne autunnali Torino Spiritualita' e Festival del Classico, da selezionare tra quelle che riempiono pagine di giornali, miriadi di chat e trasmissioni televisive, bisbigliate o urlate di queste giornate.

Serve a riflettere su quello che stiamo vivendo, come collettività e come individui.

Riporto qui la voce scritta da Franco Cardini: INFODEMIA 


L’età postmoderna ha velocizzato e intensificato in modo esponenziale ogni tipo di comunicazione. Ciò ha comportato un’autentica rivoluzione nei rapporti sociali e nei modi nei quali essi vengono ordinariamente concepiti: tale rivoluzione si è espressa anzitutto e soprattutto ai livelli informatico-telematici. Dove esiste contatto, esiste il pericolo di contagio. I due termini sono praticamente sinonimi, anzi tautologici: indicano la stessa cosa. Ma tra etimologia e semantica come sappiamo, v’è sovente un abisso. 

Il contagio è termine esprimente il concetto di affezione che transita da un individuo all’altro sulla base del contatto fisico, mediato o immediato che sia. Sul piano dei concetti e delle idee avviene la stessa cosa

L’informazione è una delle massime ricchezze di cui disponiamo, ieri come oggi. 

Diceva bene Dario Fo: “Il padrone è padrone perché conosce diecimila parole, mentre l’operaio ne conosce solo mille”. 

Informarsi significa imparare a conoscere meglio al realtà nel suo intimo, saperne conoscere meccanismi e strutture e quindi prevederne lo sviluppo. 

Anche sul piano negativo: una realtà negativa, ove se ne conosca in anticipo lo sviluppo, diviene più facilmente neutralizzabile o attutibile. 

Come dice Dante, “saetta previsa vien più lenta”.

Le informazioni, però, hanno due difetti. Primo, per essere adeguatamente e vantaggiosamente gestite hanno bisogno di una verifica che diviene tanto più complessa quanto più la notizia che ne costituisce l’oggetto è importante; e le notizie, quanto più sono o appaiono importanti, tanto più si diffondono accompagnate da una problematica che le rende complesse; per cui il tempo di arrivo di una notizia e quello d’una sua certa e proficua fruizione attraverso adeguata verifica sono inversamente proporzionali. 

Secondo, le informazioni dispongono di una massa volumetrica concettuale che, come qualunque altra massa volumetrica, tende a saturarsi più o meno rapidamente: unico antidoto metodologico a ciò sarebbe un’adeguata gerarchizzazione e selezione delle notizie che dipende da due fattori, vale a dire la competenza del soggetto chiamato a selezionarle e la loro obiettiva complessità. 

Quando una notizia complessa s’incontra (o, come più opportuno sarebbe dire, si scontra) con un destinatario incompetente a valutarla, la deflagrazione delle conseguenze negative di ciò può essere dirompente. 

 Conseguenza di ciò è che, come il rumore violento dell’acqua che precipita da una cascata finisce per produrre un effetto simile al silenzio, l’accesso della quantità delle notizia che si riversano su un qualunque soggetto finisce con l’annullare la loro qualità impedendone l’analisi selettiva e producendo ignoranza, incompetenza, incapacità di giudizio. 

L’infodemia è l’incontenibile e incontrollabile abbondanza qualitativa e quantitativa delle notizie: il primo aspetto di ciò, il qualitativo, ostacola o addirittura impedisce la loro gerarchizzazione e quindi la loro verifica selettiva; il secondo travolge chi ne è oggetto seppellendolo sotto una massa di dati ch’egli è impossibilitato a recepire e a ordinare. 

Risultato primario dell’infodemia è l’incapacità individuale e collettiva di accedere allo scopo primario dell’informazione: la possibilità di accortamente servirsene. 

02/04/20

Coronavirus: La vita segreta dei Musei Italiani chiusi al tempo della Pandemia.



Negli splendidi giardini di Villa Adriana e Villa d'Este, a Tivoli, la natura e' tornata prepotentemente protagonista. 

Liberi dalla calca dei turisti, piante e sentieri patrimonio dell'umanita' hanno ripreso a respirare, amorevolmente accuditi dai giardinieri del parco. 

"Non potrebbe essere altrimenti - spiega Andrea Bruciati, da tre anni alla guida del complesso che raccoglie la rinascimentale Villa d'Este insieme con i resti della villa di delizie dell'imperatore Adriano e il santuario di Ercole - la manutenzione del verde qui e' fondamentale, cosi' come quella ingegneristica per il funzionamento complesso di fontane e corsi d'acqua".

Lo stop obbligato dall'emergenza coronavirus e' diventato quindi per questa fetta specialissima del patrimonio italiano, "un tempo di rigenerazione", e anche l'occasione per una rimodulazione, sottolinea Bruciati, "che sarebbe stato impossibile fare in presenza del pubblico"

Non e' cosi' al museo Egizio, nel Piemonte bersagliato dall'epidemia. "Qui siamo tutti in smart working", racconta Christian Greco, direttore della fondazione torinese. Faraoni e scarabei, cosi' come i preziosi papiri, sono da settimane a riposo, come fosse sempre notte, protetti dal sistema di climatizzazione e da una vigilanza armata ampiamente rafforzata. Muniti di lap top e vpn per l'accesso agli archivi, i 59 addetti dello staff si danno un da fare matto tra studio, ricerca, catalogazione, ma anche per portare avanti l'amministrazione, risolvere da remoto i problemi causati dallo stop, come l'allagamento dello scavo archeologico che era appena stato avviato in Egitto, a Saqarah . C'e' pero' da fare i conti con il disastro economico: "Abbiamo chiesto il ricorso alla Cig prevista dal Cura Italia - si rammarica Greco- Noi viviamo del nostro bilancio, che e' fatto per il 68% dai biglietti e per il resto da iniziative e mostre itineranti, con questo stop perdiamo 34 mila euro al giorno." 

Senza contare le mostre rimaste bloccate all'estero. Una a San Paolo in Brasile, un'altra a Kansas City negli Usa, una terza ad Ottawa in Canada. Anche queste sono colpi al bilancio. Tant'e', le assicurazioni, almeno, sono state tutte estese. Dal Piemonte alla Puglia, c'e' il caso del museo archeologico di Taranto, l'imponente Marta, molto piu' povero in termini di visitatori, ma in questi anni sempre piu' sentito come presidio di cultura in un territorio particolarmente disagiato: "Per la citta' un gravissimo danno" , lamenta la direttrice Eva Degli Innocenti, che organizza una squadra di lavoratori in smart working. 

Anche qui si e' dato spazio alle pratiche che si possono seguire da remoto, dalla catalogazione dei reperti alle pubblicazioni. Per chi non poteva essere riconvertito al lavoro da casa ci si e' inventati corsi di lingue e di formazione. Ma tante energie sono impegnate sull'online che garantisce il contatto con la popolazione. "E la risposta c'e', in queste settimane abbiamo avuto mezzo milione di utenti unici". 

Il rapporto con il territorio e' un punto di forza anche per il Parco archeologico di Paestum, in Campania: qui Gabriel Zuchtriegel guida una squadra di 80 persone. Tutte in smart working, fatta eccezione per gli addetti alla sorveglianza e alla manutenzione. Spazio allo studio, alla ricerca, alla messa a punto dei dati arrivati dagli ultimi scavi, alle pubblicazioni, alla comunicazione di contenuti online. 

Ma non solo: "abbiamo pensato che fosse giusto usare questo tempo per la condivisione tra noi delle competenze e delle conoscenze", spiega il quarantenne archeologo tedesco.

E cosi' ognuno si e' messo ad insegnare agli altri le cose in cui si e' perfezionato o ha scoperto in questi anni, dalla accessibilita' per il pubblico con disabilita', alle tecniche di comunicazione, dai fondamenti dell'archeologia alle ultime teorie sui ritrovamenti. "Cosi', quando finalmente si riaprira' saremo tutti piu' preparati".

Diverso l'esempio di Pompei, bellissima e struggente nelle cartoline postate in questi giorni dal direttore Massimo Osanna: qui, dove si era appena festeggiata la conclusione del Grande progetto di restauro, sono rimasti solo gli addetti alla guardiania e una squadra per la manutenzione. Tutti gli altri lavorano da casa: "Stiamo mandando avanti le procedure burocratiche in modo da essere pronti per quando usciremo dall'emergenza", spiega Osanna.

Di fatto un gran da fare per tutti, dalle gare alle pubblicazioni, dalla sistematizzazione dei dati raccolti nelle campagne di scavo ai progetti esecutivi per la protezione delle domus riportate alla luce nei mesi scorsi. Anche qui il peso economico dello stop sara' violento ("l'incasso medio annuo era di 40 milioni di euro, quest'anno potremo non superare i 10 milioni") e non manca la preoccupazione per i reperti rimasti bloccati all'estero. Uno per tutti, lo straordinario "tesoro della fattucchiera", tra le sorprese piu' belle dell'ultima campagna di scavi: i parigini si erano prenotati a frotte per ammirarlo in una mostra che avrebbe dovuto aprire il 23 marzo. Spediti in Francia per tempo, pietre e amuleti giacciono ora nel caveau del Gran Palais. Di nuovo al buio, com'e' stato per tanti secoli. 

01/04/20

Coronavirus: Libri a domicilio per tutti, l'iniziativa di Librerie.coop


Librerie.coop da' il via da oggi alla consegna a domicilio da 16 librerie in tutta Italia: l'iniziativa parte grazie alla collaborazione di 'Libri da Asporto', promosso da NW, progetto con il quale molti editori stanno supportando l'attivita' delle librerie indipendenti italiane facendosi carico dei costi di consegna. 

Sono coinvolte librerie.coop di Bologna, Cesena, Imola, Lugo, Mantova, Cuneo, Venezia, Genova, Savona, Grosseto, Piombino, Pesaro, Guidonia, Pescara e Napoli. 

I clienti potranno ordinare sul sito www.librerie.coop.it mandando una mail alla libreria di riferimento per l'ordine, pagando con bonifico o, per i docenti e gli studenti nati nel 2001, anche con il bonus docenti e con 18app

"Anche i libri sono un bene fondamentale - commenta Nicoletta Bencivenni, presidente di librerie.coop - Siamo felici di poter riavviare in qualche modo l'attivita' delle nostre librerie, per restare vicini alla comunita' dei lettori e far fronte alle richieste dei tanti amici che frequentano le nostre librerie". 

29/03/20

Poesia della Domenica: "La peste" di Fabrizio Falconi







La peste


Non c’è posto, ogni spazio è stato occupato,
ogni fondo di pozzo, ogni bicchiere, ognuno
dei quanti, degli eoni, delle faglie, dei corsi;

la natura ritratta cerca scampo nell’indefinito,
nell’insito e nel contrario: avvelenando i cuori
e i polmoni, rinsavisce chiedendo ascolto.

Nelle trincee assolate cadono le foglie dell’inverno,
il nemico è ovunque e da nessuna parte, si sente
il suo richiamo e poi svanisce insieme alla nebbia

la truppa è stanca, il vento assente, i morti contano
se stessi e si danno appuntamento altrove, dove
la disattenzione non li fulmini come alberi nella radura,

tutto è venuto in un tempo, tutto nel tempo tornerà
alla luce, come una volta, come mai, come sempre.
Tornando a casa, canteranno, e mille bicchieri berranno.


Fabrizio Falconi - inedita 2020 


28/03/20

L'integrale della Omelia pronunciata ieri dal Papa in Piazza San Pietro per l'emergenza da Coronavirus

pubblico qui di seguito il testo dell'Omelia pronunciata ieri sera dal Papa in Piazza San Pietro, nel Momento di Preghiera per l'emergenza del Coronavirus nel mondo, prima di concedere l'Indulgenza Plenaria

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.
È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).
Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.
La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.
Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.
Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.
Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).

27/03/20

Bob Dylan mette sul web inedito sull'omicidio di Kennedy e scrive: "State al sicuro"


Bob Dylan ha pubblicato la sua prima canzone originale in 8 anni.

Si chiama "A Murder Most Foul", dura 17 minuti e parla dell`omicidio del Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, avvenuto nel 1963. 

"Saluti ai miei fan e follower con gratitudine per tutto il vostro supporto e lealta' nel corso degli anni. Questa e' una canzone inedita che abbiamo registrato qualche tempo fa che potreste trovare interessante. State al sicuro, state attenti e che Dio sia con voi. Bob Dylan" il messaggio di Bob Dylan su Twitter. 

Gli ultimi inediti di Dylan risalgono al 2012 con "Tempest", album seguito da tre antologie di cover di standard americani. 

Sarebbe atteso proprio per quest'anno un suo nuovo lavoro. 

"Murder Most Foul" sembra raccontare proprio l'omicidio di Kennedy - come nota Variety - anche se poi la canzone diventa "piu' liberamente una fantasia di cultura pop". 

Dylan fa molti riferimenti agli anni '60, con versi che includono: "I Beatles stanno arrivando, ti terranno la mano" oppure "Vado a Woodstock, e' l'eta' dell'Acquario"

Parlando della morte del Presidente sembra parlare in prima persona, come fosse il defunto Kennedy: "Cavalcando sul sedile posteriore accanto a mia moglie, andando dritto verso l'aldila', mi chino a sinistra e ho la testa sul suo grembo"