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28/10/17

Richard Gere legge Calvino a New York ! - VIDEO.


Richard Gere onora Italo Calvino e assume le vesti di 'Biagio' per leggere 'Il barone rampante'. L'attore è stato il protagonista di un evento organizzato alla Casa Italiana Zerilli Marimo' della New York University per presentare la nuova traduzione in inglese a cura di Ann Goldstein (famosa per le traduzioni di Elena Ferrante) del celebre romanzo scritto da Calvino nel 1957 come secondo capitolo della trilogia araldica 'I nostri antenati' e la cui traduzione in inglese e' 'The Baron in the Trees'

La storia e' ambientata nel Settecento ed e' narrata da Biagio, fratello del protagonista, Cosimo Piovasco di Rondo'. Il giovane, rampollo di una famiglia nobile ligure di Ombrosa, all'eta' di dodici anni, in seguito a un litigio con i genitori per un piatto di lumache, si arrampica su un albero del giardino di casa per non scendervi piu' per il resto della vita

"Buonasera" - ha salutato in italiano Gere il pubblico dopo essere entrato accompagnato da Giovanna Calvino, figlia dello scrittore e da Stefano Albertini, direttore dell'istituzione culturale italiana.

Aggiunge poi che avrebbe voluto essere in grado di leggere in italiano, e che e' li per onorare Italo Calvino. Poi si immerge nella lettura.

Durante il dibattito, l'attore ha confessato di essersi imbattuto nel libro anni fa tramite un amico il quale stava scrivendo il copione per un film del regista francese Louis Malle e di esserne rimasto colpito.

"Questo libro - ha spiegato - e' pieno di generosita' di spirito". Poi in merito alla possibilita' di realizzarne un film inscena un siparietto in cui invoca la defunta moglie dello scrittore la traduttrice argentina Esther Judith Singer, detta Chichita.

"Chichita - dice Gere sottolineando che ci prova ogni paio di anni - e' quasi li, dammi un'ultima possibilita'". E rivolgendosi alla platea, "Dite con me, per favore Chichita".

In chiusura il dibattito sul protagonista del romanzo che fugge dalla realta' si e' trasferito quasi naturalmente su argomenti politici e Gere non ha nascosto il suo disagio per l'attuale realta', quella in cui Donald Trump e' presidente degli Stati Uniti. "Dobbiamo lavorare per far si' che quest'uomo non venga rieletto" - ha detto senza mezzi termini.


(ANSA)

05/01/12

Il figlio di Giorgio Caproni: "mio padre non era ateo."


L' "ateo" Giorgio Caproni era devoto a Maria e andava regolarmente a messa ogni domenica, cosi' come recitava quotidianamente le preghiere.

Alla vigilia del centenario della nascita del poeta (Livorno, 7 gennaio 1912 - Roma, 22 gennaio 1990), il figlio Attilio Mauro Caproni, 70 anni, professore ordinario di bibliografia all'Universita' degli Studi di Udine, sfata i ricorrenti pregiudizi dell'interpretazione critica sul padre. 

"Per Giorgio Caproni" e' il titolo del "Quaderno" che la rivista Studi cattolici dedica al grande poeta nel centenario della nascita. Caproni ebbe uno speciale rapporto con il mensile, come e' testimoniato dall'intensa corrispondenza con il direttore Cesare Cavalleri e dall'intervista - rilasciata nel 1983 e ora riprodotta - in cui lascio' trapelare la sua ricerca interiore. 

"Avvenire" ha anticipato oggi il dialogo tra il giornalista Alessandro Rivali e Attilio Mauro Caproni, da cui si apprende, attraverso le parole del figlio, che lo scrittore "amava molto i Padri della Chiesa, con una particolare predilezione per il sant'Agostino delle Confessioni e del De Civitate Dei". 

"Vorrei sfatare una volta per tutte la presunta irreligiosita' di mio padre. Si parla di un Caproni ateo. Inizio' un colloquio con Dio nella sua seconda stagione della vita - ricorda il figlio del poeta - o forse sarebbe meglio dire un colloquio con la trascendenza. Era un rapporto basato sulla ricerca del bene e del male. Faceva fatica a trovare Dio perché faceva fatica a trovare il bene, senz'altro meno appariscente del male, che invece si incontra tutti i giorni. L'etichetta di ateo e' stata attaccata in modo troppo sbrigativo, anche perché lui era profondamente religioso".

"Andava a Messa tutte le domeniche con mia madre. - continua il figlio del poeta - Forse ci andava per accontentarla, ma comunque ci andava. Diceva le preghiere due volte al giorno e un po' si seccava se tu te ne accorgevi. Era molto devoto alla Madonna della Guardia di cui aveva un'immaginetta nel taccuino. Poi la smarri' e ci resto' molto male. Era un'immagine molto consumata vecchia di quarant'anni. Mia madre gliene porto' un'altra; Sulla sua scrivania c'erano due testi che leggeva regolarmente: l'Antico e il Nuovo Testamento".  

21/11/11

Le lettere inedite di Cesare Pavese a Bianca Garufi, in un nuovo libro.



Vorrei essere almeno la mano che ti protegge - una cosa che non ho mai saputo fare con nessuno e con te invece mi e' naturale come il respiro. 

Cosi' Cesare Pavese si rivolge, in una lettera del 21 ottobre 1945, a Bianca Garufi, la futura scrittrice che all'epoca lavorava nella sede romana della casa editrice Einaudi, di cui lo scrittore e poeta piemontese era consulente.

E sempre a Bianca, amore non del tutto corrisposto, Pavese in quell'autunno postbellico scriveva ancora: Tu sei veramente una fiamma che scalda ma bisogna proteggere dal vento. A volte non so se un mio gesto tende a scaldarmi o a proteggerti. Anzi allora m'immagino di fare le due cose insieme e questa e' tutta la mia e la tua tenerezza come una cosa sola. 

Si intitola ''Una bellissima coppia discorde'' il volume che per la prima volta raccoglie integralmente il carteggio tra Cesare Pavese e Bianca Garufi (1945-1950), curato da Mariarosa Masoero e pubblicato da Olschki editore (pagine 166, euro 20).

L'importanza di questo volume consiste, oltre che nel valore letterario e documentario delle lettere stesse, nel fatto che si tratta della prima corrispondenza di Pavese con una donna a vedere la luce.

Le lettere di Bianca Garufi, inedite, vanno dall'agosto del 1945 al gennaio del 1950, quelle di Cesare Pavese, solo in parte edite e con omissis (tutti ora segnalati e integrati), dal settembre del 1945 al febbraio del 1950.

Il carteggio e' conservato nell'Archivio Pavese del Centro internuniversitario per gli studi di letteratura italiana in Piemonte ''Guido Gozzano - Cesare Pavese'' dell'Universita' di Torino Il carteggio da' conto, passo passo, del divenire del romanzo ''Fuoco grande'' (scritto a quattro mani, che sara' pubblicato, firmato da entrambi, nel 1959, ossia nove anni dopo il suicidio dello scrittore), all'inizio provvisoriamente intitolato ''Storia di Silvia e collaterali'', e dei ''Dialoghi con Leucò'', fino a pubblicazione avvenuta.

La corrispondenza viene inaugurata nell'agosto 1945 da Bianca, in vacanza in Sicilia, e procede in modo irregolare e sorprendente nell'autunno dello stesso anno (i due si vedono tutti i giorni nella sede Einaudi di Roma e non avrebbero bisogno di scriversi): dalla lettera che colma la distanza si passa, cioe', a quella che prosegue il dialogo avviato di persona, lo chiarisce e lo integra, insiste sul non detto o sul difficile da dirsi, mette a nudo pensieri ed emozioni.

''Ho cominciato a prendere coscienza che noi due, per me, era qualcosa che esisteva'', confessa Bianca in una delle prime lettere. Poi si afferma la novita' di un sentimento (''qualcosa di piu' che la passione''), che invita a sperare che la loro ''storia'' non ''somigli alle altre che Cesare ha bruciato''.

Lo scrittore trova il coraggio per manifestare i suoi sentimenti: Tu sai che per me la tua presenza e' vera gioia. Tanto una gioia che talvolta corro il rischio di dimenticare che magari soffri. Ma vedi io non sono mai stato abituato a un contatto come il nostro. Io ho sempre combattuto, in queste cose. Potrei dire che sono tutto cicatrici e stanco. 

Dopo ''le giornate dolci (troppo) della prima conoscenza - l'idillio'', non v'e' ''ora posto per l'orgoglio e la vilta', per un amore ''storto'': occorre essere chiari e decisi, ''guardare in faccia'' la propria anima, scoprirsi ''agli antipodi'', accettarsi nella diversita', ritrovarsi in un vero ''tra noi''.

Ma la strade del loro rapporto e' in salita e Pavese rivela gia' il 25 novembre 1945 il suo tormento: Bianca, io ho capito che nome ha il mio male. Orgoglio si chiama, e si puo' vincerlo. Io non sono sensuale non sono avaro non sono altro che orgoglioso.

fonte Adnkronos