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25/07/20

Libro del Giorno: "Armance" di Stendhal


Armance (pubblicato senza il nome dell'autore, nel 1827 ) è il primo romanzo di Stendhal . 

La trama è ambientata ai  tempi della Restaurazione: Octave de Malivert, un giovane brillante ma introverso appena uscito dal Polytechnique, ama Armance de Zohiloff, che condivide i suoi sentimenti. 

Ma Octave nasconde un pesante segreto: “Sì cara amica”, le disse, guardandola infine, “Ti adoro, non dubiti del mio amore; ma chi è l'uomo che ti adora? è un mostro. " 

Octave è in preda a una profonda confusione interiore, e il suo silenzio illustra il male del secolo dei romantici. 

Octave tuttavia sposa Armance. Il loro matrimonio sembra felice. Ma, una settimana dopo il  matrimonio, Octave decide di andare in Grecia, dove decide di avvelenarsi volontariamente con una miscela di oppio e digitale durante il viaggio in nave.  

“Il sorriso era sulle sue labbra e la sua rara bellezza colpiva anche i marinai incaricati di seppellirlo." 

Con note scritte a margine delle pagine della sua copia personale di Armance , Stendhal ha riassunto l'argomento del suo lavoro come segue: “Il protagonista è confuso e infuriato perché si sente impotente, cosa di cui si è assicurato andando alla signora Auguste con i suoi amici, poi da solo, ecc. La sua sventura lo priva della ragione proprio nei momenti in cui è in grado di vedere più da vicino le grazie femminili.  1) Si vede disprezzato dall'unica persona a cui parla sinceramente di tutto. 2) Cerca di riguadagnare questa stima; questa circostanza è assolutamente necessaria per poter prendere l'amore e ispirarlo senza sospettare. Condizione sine qua non poiché è un uomo onesto. 3) Gli dice che ama. 4) Vuole parlare. 5) Un duello e lesioni lo impediscono. 6) Credendosi pronto a morire, confessa il suo amore. 7) Il caso lo serve; la sua padrona gli fa promettere di non chiederla mai in matrimonio. 8) Lei scende a compromessi per lui in modo da essere disonorato se non la sposa. 9) Decide di ammetterle di avere un difetto fisico come Luigi XVIII, M. de Maurepas, M. de Tournelles. 10) È deviato da questo dovere da una lettera. 11) La sposa e si uccide. 

Stendhal dunque esordì con un romanzo e con una trama destinata a far molto rumore: egli  sapeva molto discretamente come infondere il segreto senza mai parlarne apertamente e infatti per tutta la narrazione il vero problema di Octave non viene mai rivelato esplicitamente.

André Gide considerava questo romanzo il più bello dei romanzi di Stendhal, a cui era grato di aver creato un amante impotente, anche se lo rimproverava di aver schivato il destino di questo amore: "Non sono convinto che Armance [sarebbe] venuto a patti con esso"

Stendhal descrive, in parole segrete, un omosessuale, in un momento in cui la censura della stampa proibiva di discutere chiaramente di questo argomento. 

E già in questo primo romanzo si rivela l'arte narrativa, sublime, di Stendhal destinata poi a eternarsi ne La Certosa di Parma e Il Rosso e il Nero.

La presente edizione, nei Grandi Libri Garzanti, soffre di una incomprensibile sciatteria, con mille refusi sparsi per il testo e incomprensibili passaggi nella traduzione, che pure è firmata da Franco Cordelli. 




27/04/13

La vita di Jack London, come un romanzo.




La vita di uno scrittore mitico come Jack London (1876 - 1916) non e' meno avvincente, interessante e vera di quella da lui narrata nel romanzo 'Martin Eden', sulla formazione, la fatica, la fortuna, l'insoddisfazione e gli amori si un giovane scrittore self made man nell'America di fine Ottocento, quasi un ritratto del sogno americano, tra illusioni e tradimenti. 

Cosi' questa biografia, approvata dalla Jack London Foundation, si legge come un vero e proprio romanzo di formazione, col passaggio dai lavori piu' umili alla partecipazione alla guerra di Crimea, dalla passione per viaggi e lavori avventurosi sino al grande successo letterario nel vivere la propria arte come una professione.

Daniel Dyer, professore e divulgatore, ci racconta gli sforzi di questo esploratore senza paura lungo la pista che porta a diventare scrittore: dai primi fallimenti all'imposizione di un'autodisciplina, con la quale regolamentarsi: scrivere e leggere ogni giorno, anche in mare, anche quando l'ispirazione sembra mancare. 

L'arte come doloroso ma ineludibile impegno di vita, per sfondare nella vita e cercare di capirne qualcosa. Daniel Dyer ha una moglie scrittrice e ha insegnato a tutti i livelli dalla scuola media, ai corsi universitari, e pubblicato saggi su numerose riviste, tra cui la National Review, oltre alle biografie di Mary Shelley e di Edgar Allan Poe.

DANIEL DYER, 'JACK LONDON' (MATTIOLI 1885, pp. 280 - 17,90 euro).

01/09/12

"Lord Jim" di Joseph Conrad - una rilettura 'iniziatica'.




E' sempre curioso scoprire le differenze nella considerazione di un grande romanzo, quando è passato molto tempo dalla prima volta che si è letto.

Per Lord Jim di Joseph Conrad, la differenza è sostanziale: quando lo lessi durante gli anni del liceo, lo interpretai come un puro libro di avventura.

Riletto oggi, mi appare un grande libro iniziatico.  Nel senso che la storia di Jim, la storia della sua perdizione, dopo il quasi involontario atto di codardia, l'abbandono della nave che si crede stia affondando, è diventata ai miei occhi, la grande storia di una iniziazione alla comprensione più profonda della natura umana, che ciascuno deve compiere - quindi anche della sua natura - nel corso della propria vita.

Nelle pagine finali di questa celebre storia, Jim si sacrifica come un eroe sull'altare della sua pura idealità ferita - e riguadagnata proprio grazie a quel sacrificio finale, che appare in-evitabile. 

Qualche pagina prima della fine ho trovato questa frase pronunciata da Jim, che mi sembra paradigmatica dell'intero romanzo: Gli uomini a volte si comportano male senza essere per questo molto peggiori di altri.

Sembra una resa di fronte alla in-sindacabilità dei destini e delle scelte umane di fronte agli incredibili orditi del Fato, che riesce sempre a scombinare qualsiasi certezza noi pensiamo di possedere riguardo a ciò che motiva il nostro agire. Il Fato - si potrebbe dire - ne sa sempre di più. 

Eppure la resa di Jim non è totale, né unilaterale. Lui anzi, come dimostra il sacrificio finale, non si è in fondo mai arreso. Ha soltanto trovato una 'via giusta' (e dunque autentica, e quindi morale, per poter dire di aver vissuto sensatamente, nonostante la macchia originaria e indelebile che lo ha afflitto).

La parola che più mi viene in mente per definire questo romanzo è "struggente". E' struggente il destino di Jim, è struggente la sua vicenda umana - estrema. Struggente e appassionato il racconto che ne fa Marlow, il testimone. 


Tra i tanti gli spunti che offre un grande romanzo come questo, è particolarmente  interessante quello che suggerisce Czeslaw Milosz nella postfazione alla edizione Mondadori, cioè una possibile allegoria del Patna - il vascello -  come la 'Patria', che Jim abbandona senza staccarsene completamente mai.

Questo, pensando alla vicenda umana di Conrad, offrirebbe una lettura molto originale (pensando anche alla Patria non solo come luogo fisico) - addirittura psico-analitica - della storia: senso di colpa (il padre aveva dato tutto, compresa la vita, per la patria polacca), nostalgia, voglia di tradimento e allo stesso tempo di ritorno e di espiazione.

In fondo è anche per questo che l'opera di Conrad, insieme al suo sguardo triste, non smette mai di interrogarci. 

Fabrizio Falconi


15/03/12

Maupassant lo scrittore più venduto in Francia (quasi 4 milioni di copie in 8 anni) - un solo italiano in classifica, Primo Levi.


La notizia non può che farmi piacere, vista la mia passione per il grande Maupassant. Ecco il dettaglio:

Guy de Maupassant superstar nelle librerie francesi. Spetta infatti all'autore di "Bel-Ami" e "Una vita" il palmares delle vendite tra gli scrittori di lingua francese. 

Dal gennaio 2004 al gennaio 2012 Maupassant ha venduto complessivamente quasi 3,8 milioni di copie (per la precisione 3.790.000). 

Nello stesso periodo secondo posto per Molière, che con le sue celebri commedie, da "L'avaro" a "Il misantropo", ha venduto 3.400.000 di copie. 

Poco meno di 3 milioni di esemplari per il terzo posto conquistato da Emile Zola (2.900.000), per il quarto di Albert Camus (2.810.000) e per il quinto di Victor Hugo (2.710.000). 

Sono questi i risultati di un'indagine di "Le Figaro litteraire", pubblicata oggi dal quotidiano parigino, realizzata con la collaborazione di Gfk, che per la prima volta propone "la classifica dei classici" sulla base delle vendite effettive nelle librerie in Francia nell'arco di un periodo di otto anni. 

"E' la prima volta che accade: nessuno finora aveva valutato il numero reale delle copie vendute dai nostri autori classici", sottolinea il supplemento letterario del "Figaro", ricordando come nella comune convinzione degli specialisti Marcel Proust (38/esimo in classifica con 790.000 copie) sembrava uno tra i piu' richiesti, Alexandre Dumas (27/esimo con 980.000) appariva incrollabile sul suo trono e Antoine de Saint-Exupery (ottavo con 2.310.000) con il suo "Piccolo principe" si diceva il piu' venduto in assoluto. 

Il primo ed unico autore italiano nella classifica dei 50 classici piu' venduti e' Primo Levi, trentesimo con 930.000 copie. 

 Dalla classifica esclusiva realizzata da "Le Figaro" insieme a Gfk emerge un podio di 50 autori classici, tra francesi e stranieri di tutte le categorie mescolate (romanzi, saggi, teatro e poesia) dove non mancano sorprese. 

Il primo scrittore straniero per numero di copie vendute si piazza al sesto posto, ed e' la regina del giallo, l'inglese Agatha Christie (2.650.000), che sopravvanza nettamente il campione del giallo alla francese, Georges Simenon, il padre del commissario Maigret, che conquista solo la 26/esima posizione (990.000). 

Al settimo posto arriva l'austriaco Stefan Zweig, autore dell'autobiografico "Il mondo di ieri" e di biografie di illustri personaggi, che in Francia risulta molto amato, visto che in otto anni e' riuscito a vendere ben 2.510.000 esemplari, qualcosa come 200.000 copie in piu' rispetto all'amatissimo Saint-Exupery e oltre 300.000 copie in piu' di Voltaire (nono posto con 2.200.000), sommo filosofo dell'Eta' dei Lumi. 

Per trovare un altro filosofo bisogna arrivare al quattordicesimo posto con Jean-Paul Sartre (1.320.000). Decimo classificato Honore' de Balzac (2.020.000). La classifica vede poi William Shakespeare (1.510.000), George Orwell (1.350.000), Jules Verne (1.330.000), Charles Baudelaire (1.280.000), Jean Anouilh (1.240.000), Boris Vian (1.230.000), Eugene Ionesco (1.230.000), JR Tolkien (1.200.000), Gustave Flaubert (1.190.000), Robert Louis Stevenson (1.180.000). 

17/11/11

Gabriele D'Annunzio e il cuore messo a nudo. Il Notturno.



Gabriele D’Annunzio e il  cuore messo a nudo
Il Notturno
di Fabrizio Falconi

  
1.  D’Annunzio e le prose memoriali.
C’è da sempre una dicotomia nella valutazione critica dell’opera di Gabriele D’Annunzio come figura cardine della letteratura italiana di inizio Novecento. E’ quella che riguarda la differenza, il contrasto di toni e di sostanza tra il lirismo decadente dei cinque libri delle Laudi – che ne decretarono l’affermazione e la fortuna di poeta – scritte tra il 1903 e il 1912, e la riflessione solitaria e pensosa, l’introversione oscura, meditativa e dolente contenuta nelle cosiddette ‘prose memoriali’, delle quali il Notturno è il caso più emblematico.

Se infatti il ‘rimprovero’ che è sempre stato mosso al D’Annunzio vate, al D’Annunzio lirico, per gran parte del Novecento post bellico, fu quello di una mancanza di essenzialità, e di un compiacimento stantìo di una lingua artificiosamente  elaborata, ai limiti del barocco, tesa unicamente alla costruzione di un mito personale tutto risolto al raggiungimento di un orizzonte da  Ubermensch  nietzschiano,  una parte della critica ha sempre puntato il dito sul rovescio della medaglia della personalità artistica di D’Annunzio, emergente quando il delirio personalistico e avventuriero dell’anima che visse come diecimila si spegneva per cause contingenti, e casuali, che costringevano il grande pescarese a intro-vertersi, a guardarsi dentro, a dare spazio sincero alle molte zone d’ombra e di solitudine di una psicologia ipertrofica e non equilibrata.