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02/09/22

Alejandro Inarritu, uno dei più grandi registi contemporanei, a Venezia: "Nessun regista può prescindere da Fellini"

 


Alejandro Gonzalez Inarritu non conosce l'italiano, ma apprezzerebbe il termine "spatriato", perche' rappresenta la sua condizione, sulla cui elaborazione ha costruito il nuovo film, il primo a sette anni da Revenant che nel 2015 valse l'Oscar a Leonardo DiCaprio. 

S'intitola non a caso Bardo, che sta piu' o meno per limbo, per condizione di mezzo tra mondo dei vivi e quello dei morti. 

"Io sono nel mezzo, sono messicano per gli Stati Uniti, americano in Messico", ha detto il regista di Amores Perros, 21 grammi, Biutiful, Birdman, che in concorso a Venezia 79 ha portato un film epico, monumentale, tre ore della vita di Silverio Gama, "emigrato di prima classe", giornalista, documentarista, scrittore di successo alle prese con un bilancio di vita

Non casuale: "Sono alla vigilia dei miei 60 anni, sono portato a riflettere, è un momento chiave della mia vita, sono pronto a capire, dal 2012 poi con un monaco vietnamita faccio meditazione, la trovo liberatoria, mi aiuta a vedere con distacco le cose, senza temere il giustizio degli altri, ad accettarmi insomma", ha raccontato. "Il successo ha un sapore un po' amaro, e' una posizione privilegiata, ma tante sono le attese, gli obblighi, nulla e' mai abbastanza, il successo porta a sacrifici, ad esempio per la tua famiglia", ha rivelato.

Il film è autocritico, sulla scelta di migrare ("migliaia di persone lo fanno non avendo altre opportunita'"), sulla condizione di chi va via dal paese. "Proprio oggi 1 settembre e' un anniversario importante: il 1 settembre 2001 con la mia famiglia abbiamo lasciato il Messico e siamo andati a vivere a Los Angeles, pensavamo per un anno, invece non siamo piu' andati via, ma questa assenza mi rincorre ogni giorno, il Messico diventa uno stato mentale e le storie che racconto in Bardo interpretano questa assenza"

Al suo personaggio (interpretato da Daniel Gime'nez Cacho) fa fare un viaggio emozionale, in cui la biografia vera del regista ha un confine incerto con la finzione, "e' auto-finzione" ma comunque gli fa dire di essere "al servizio dei gringos", ossia degli americani, di far parte del loro sistema. 

'Bardo - La cronaca falsa di alcune verita'' (al cinema e poi dal 16 dicembre su Netflix che lo ha prodotto) racconta un viaggio sospeso tra memorie e vissuto di Gama che sta per ricevere, primo messicano e latino americano, un prestigioso premio in America e per questo viene festeggiato anche in patria dove fa ritorno dopo anni. 

Nel coma che lo coglie dopo un infarto c'e' il sogno di questo viaggio tra Los Angeles e il Messico e ritorno e la storia di se stesso e della sua famiglia, ma c'e' anche la storia del Paese sotto scacco americano (Amazon si compra la Bassa California, "del resto oggi le corporazioni sono piu' ricche di tanti paesi, Walmart ha 3 milioni di dipendenti, c'e' un ritorno al feudalesimo delle corporazioni", ha detto), la tragedia dei migranti che provano a passare il confine (come aveva fatto nel commovente esperimento immersivo Carne Y Arena), la vita dei messicani poveri in California.

Tutto come un sogno, "perche' la realta' non esiste, piuttosto e' il senso che dai ad eventi che vivi, e' tutto finzione"

Inarritu paga il suo personale tributo al cinema del maestro di Rimini e con sincerita' lo ammette: "Fellini e' un santo protettore, come Bunuel, Roy Anderson, Jodorowsky. Non c'e' un cineasta che non sia stato infettato da Fellini cosi' come nessun musicista puo' prescindere da Mozart o da Bach. Il suo cinema e' il mezzo piu' simile ai sogni. E spero che santo Fellini mi abbia protetto anche questa volta".

Fonte: Alessandra Magliaro per ANSA

27/04/20

100 film da salvare alla fine del mondo: 63. "Roma" di Alfonso Cuaròn, 2018



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 63. "Roma" di Alfonso Cuaròn, 2018

Era da tantissimo tempo, più o meno da 35 anni, che non mi capitava, al cinema, di veder girare, di veder muovere la macchina da presa, di veder fotografare un film, come faceva Andrej Tarkovskij. 

E' l'unico paragone - e direi quello definitivo - che mi è venuto, guardando il film del messicano Alfonso Cuaròn, che ha fatto incetta di premi in tutto il mondo (compreso l'Oscar 2018 per il miglior film straniero e 10 candidature complessive), affascinando pubblico e critica con una pellicola che - essendo stata prodotta interamente da Netflix - è stata distribuita solo per qualche giorno nei cinema (purtroppo) ed è stata poi universalmente vista mediante streaming. 

Cuaròn ha scritto e girato una storia molto semplice, di chiarezza esemplare, e universale. Girandola con una fotografia stupefacente, in un bianco e nero scintillante e argenteo, con lenti o lentissimi movimenti di camera, pochissimi (quasi nessuno) primi piani, continue carrellate, con un senso dell'inquadratura incredibile, in cui ogni taglio diventa perfetto, incornicia un pezzo di realtà significante nella vita - apparentemente insignificante - di un gruppo di persone, che compongono una famiglia.  

Un senso della visione orizzontale e verticale.  Tutto in questa storia e in questo racconto è allo zenit. Tutto è come sotto una lente, che amplifica e scalda.

Al punto che chi osserva resta soggiogato, diventa parte della storia e della pellicola, perdendo la distanza che esiste tra osservatore e osservato. Si è immersi in una altra dimensione. I sensi restano vigili, allerta, l'emozione è palpitante, non si può che essere trasportati dentro (non con) quello che succede sullo schermo. 

ROMA 
Regia di Alfonso Cuarón.
Mexico, Usa, 2018 
con Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Marco Graf, Daniela Demesa, Diego Cortina Autrey. 
durata 135 minuti


Qui sotto la trama, con avvertenza di spoiler, per chi deve vedere ancora il film: 

Gli eventi del film si svolgono nel 1970 e nel 1971, prevalentemente a Città del Messico. Cleo è una domestica nella casa di Sofia, suo marito Antonio, i loro quattro bambini piccoli, la madre di Sofia, Teresa e un'altra cameriera, Adela. 

Tra scene della vita di Cleo con la famiglia - la pulizia, la cucina, portare i bambini a scuola, servire i pasti, mettere a letto i bambini e svegliarli - diventa chiaro che il matrimonio tra Sofia e Antonio è teso, fino a quando Antonio, medico, parte per due settimane per recarsi ad una conferenza in Québec. In realtà non tornerà alla fine del viaggio, ma Sofia tiene nascosto il suo allontanamento ai bambini, dicendo loro che il viaggio si è prolungato. 


08/04/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 10. "21 grammi" di Alejandro Iñárritu (2003)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 10. "21 grammi" di Alejandro Iñárritu (2003)

E' certamente uno dei migliori autori contemporanei, il messicano Alejandro González Iñárritu e questo è il secondo film della cosiddetta Trilogia sulla morte iniziata con Amores perros e conclusa con Babel

Tra queste tre notevoli pellicole (imprescindibili nel cinema degli anni 2000) ho scelto la seconda per  la genialità della esecuzione tecnica perfettamente funzionale alla necessità del racconto.  Un'opera di compattezza straordinaria, che si ammira come un'opera d'arte. 

Anche questo film come gli altri due, porta la firma dello sceneggiatore Guillermo Arriaga che qui indaga nel terreno filosofico-religioso in una storia di agonia e rinascita imperniata sui rapporti tra destino e libero arbitrio, provvidenza e caso, presenza e silenzio di Dio.

Il titolo della pellicola è notoriamente ispirato agli studi compiuti da uno scienziato, il dottor Duncan MacDougall, il quale nei suoi esperimenti avrebbe calcolato in 21 grammi il peso dell'anima: 21 grammi infatti è la quantità di peso specifico che qualunque corpo umano perderebbe esalando l'ultimo respiro.

La drammatica trama prende i passi dalla vita di Jack Jordan (Benicio del Toro), un ex detenuto divenuto credente integralista dopo il suo ultimo periodo di detenzione. La vita in famiglia gli è resa difficile proprio da questa sua insistenza sulla fede, che spesso sfocia nel fanatismo, mentre le sue possibilità di trovare lavoro sono compromesse dal suo passato di pregiudicato. 

Le vicende della sua vita si intrecciano - all'inizio senza apparenti legami - con quella di Cristina (Naomi Watts) ex cocainomane che conduce ora una tranquilla esistenza con il marito e le sue due figlie e con quella di Paul Rivers (Sean Penn), matematico con gravi problemi al cuore in attesa di un donatore, il quale a causa della sua infermità si ritrova a convivere nuovamente con la sua ex moglie Mary, la quale, pur avendo anteriormente abortito, ora vuole a tutti i costi, prima che Paul muoia, avere un figlio da lui ricorrendo all'inseminazione artificiale. 

Tutta la storia ruota intorno ad un unico evento-cardine: l'incidente d'auto in cui Jack Jordan investe il marito e le figlie di Cristina, che muoiono per omissione di soccorso. Il cuore di Michael, marito di Cristina, viene così impiantato a Paul Rivers, che può risanato finalmente tornare alla sua vita, ma è ossessionato dalla ricerca della persona a cui deve la vita. 

Arriverà così sulle tracce di Cristina, che per sfuggire al dolore per la perdita del marito e delle figlie, è tornata ad essere dipendente da varie sostanze e dall'alcol. Paul riesce a conoscerla e a instaurare con lei un rapporto che all'inizio sembrava compromesso dal triste legame che li univa. Nel frattempo Paul accusa i sintomi del rigetto del cuore trapiantato e non volendo subire una nuova operazione dall'esito incerto si procura una pistola per suicidarsi. Paul e Cristina per vendicare la morte dei familiari di Cristina, avvenuta per omissione di soccorso, decidono di uccidere Jack Jordan che si era costituito, aveva scontato già la sua pena e che aveva abbandonato la sua famiglia andando a vivere in uno squallido motel dove lo hanno seguito i due amanti. Paul cercherà di uccidere Jack ma alla fine lo lascerà proseguire una vita che Jack stesso, straziato dal senso di colpa, avrebbe voluto finire. Questo porterà all'incontro finale fra i tre personaggi e alla drammatica conclusione della vicenda.

La qualità assoluta del film è nella sua struttura narrativa (l'utilizzo di continui flash-forward e gangli concatenati) e nelle tecniche di ripresa film realizzate da Iñárritu con camera a spalla e un continuo movimento che cattura lo spettatore in una sempre più stringente ragnatela, mano a mano che si chiariscono i diversi punti di vista e di contatto della storia raccontata.

Un capolavoro di scrittura, di recitazione e di realizzazione che ha portato 21 Grammi a vincere una incredibile quantità di premi in tutto il mondo e a lanciare definitivamente il suo autore nella cerchia dei maestri contemporanei della Settima Arte.

Fabrizio Falconi

21 Grammi 
di Alejandro González Iñárritu
Usa, 2003
durata: 124 minuti
con Sean Penn, Naomi Watts, Benicio Del Toro.