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28/10/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 43. "Lanterne rosse" (大红灯笼高高挂) di Zhāng Yìmóu, Cina (1991)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 43. "Lanterne rosse" (大红灯笼高高挂)  di Zhāng Yìmóu, Cina (1991)

Il capolavoro di Yìmou che ha aperto, in Occidente, la conoscenza della filmografia di questo grande maestro e di diversi altri esponenti del cinema cinese.

La storia è ambientata nella Cina centrale, durante l'era dei signori della guerra cinese (1916-1928) . Songlian, bellissima, di 19 anni, istruita ma povera, sarà la quarta moglie del ricco Maestro Chen. 

All'arrivo nella tenuta, un palazzo racchiuso da alte mura, viene presentato alle altre donne del maestro: la prima moglie, Yun, la più anziana e molto legata alla tradizione sebbene completamente trascurata dal maestro; poi la seconda moglie, Zhuoyun, dall'aspetto amichevole e loquace; e infine la terza moglie, Meishan, ex cantante lirica cinese , che accoglie Songlian come rivale

Nel gineceo, ciascuna delle quattro mogli di Chen vive in un appartamento la cui porta si apre su un cortile; questo rettangolo stretto delimitato dalle curve sporgenti dei tetti, sembra la metafora visiva del sesso di queste donne

Il peso delle tradizioni è un elemento chiave di questo ambiente chiuso, in cui ogni donna che riceve la visita del marito vince il giorno seguente il diritto di ordinare i servi e di scegliere il cibo del pasto che prendono in comune con il maestro .

Gli intrighi tra le quattro donne, lo studio accurato di un ambiente concentrazionario, eppure formalmente impeccabile, i meccanismi punitivi e gratificanti sullo sfondo della sessualità come misura del potere e delle relazioni.

Un grande film che non si dimentica e che resta nel cuore e nella testa.

Laterne Rosse vinse il Leone d'argento- Premio speciale della Regia al Festival di Venezia del 1992 oltre a innumerevoli altri premi in tutto il mondo.

Lanterne rosse"
(大红灯笼高高挂)  
di Zhāng Yìmóu  
Cina 1991
durata 125 minuti
con Gong Li, Caifei He, Cuifen Cao, Lin Kong


15/04/19

E' la Cina il vero mercato editoriale del futuro: Nel 2018 430 milioni di utenti digitali.




Nel 2018 il mercato editoriale digitale ha raggiunto in Cina un valore di 25,5 miliardi di yuan (circa 3,8 miliardi di dollari Usa), in aumento del 19,6% su base annua.

Secondo un rapporto pubblicato dall'Associazione cinese di Editoria digitale e di prodotti audio-visivi, lo scorso anno circa 432 milioni di cinesi hanno avuto accesso a pubblicazioni digitali tramite dispositivi elettronici come personal computer, telefoni cellulari, tablet e dispositivi per e-book.

Il sondaggio contenuto nel rapporto rivela che lo scorso anno gli intervistati hanno letto ciascuno una media di 12,4 pubblicazioni digitali.

Oltre il 66% di loro ha dichiarato di essere disposto a pagare per questo genere di opere. Secondo il rapporto, l'avvento del 5G migliorera' l'esperienza dei lettori cinesi.

Sun Shoushan, direttore dell'Associazione cinese di Editoria digitale e di prodotti audio-visivi, ha detto che tecnologie all'avanguardia come l'intelligenza artificiale e i registri digitali Blockchain dovrebbero stimolare lo sviluppo dell'industria editoriale digitale cinese.

fonte ANSA 

13/12/18

Un popolo misterioso vissuto 4.000 anni fa nella lontana Cina.



Un popolo misterioso dedito al culto del sole e a riti sciamanici visse 4000 anni fa nelle valli del Fiume azzurro. La scoperta della sua civilta', nel secolo scorso, ha riscritto la storia della Cina antica portando alla luce capolavori intrisi di spiritualita'. 

Il MuseoArcheologico Nazionale di Napoli (Mann) ospita, per la prima volta in Europa, nella mostra 'Mortali Immortali, i tesori del Sichuan nell'antica Cina' (14 dicembre - 11 marzo 219) ben 130 testimonianze della cultura Shu. 

Nel'immenso salone della Meridiana, opere in bronzo, oro, giada e terracotta, dal secondo millennio a.C. fino all'epoca Han (II secolo d.C.) raccontano il percorso di un popolo destinato a sparire e l'enigma delle maschere di bronzo piu' sofisticate dell'archeologia di tutti i tempi. 

"Questa importante esposizione, che chiude idealmente l'anno del turismo Europa-Cina e rientra tra le attivita' promosse nell'ambito del Forum Culturale Italia-Cina del Mibac - spiega il direttore del Mann Paolo Giulierini, che domani inaugurera' la mostra insieme a una delegazione cinese - conferma il sempre piu' solido legame tra il museo e il paese del Dragone per la promozione del patrimonio culturale italiano ma anche di quello cinese in Italia. Ricordiamo che le mostre del Mann su Pompei, nei maggiori musei cinesi fino al luglio 2019, contano gia' oltre due milioni di visitatori". 

Gli oggetti esposti a Napoli includono grandi statue e vasi rituali di bronzo, elementi decorativi in oro, preziosi reperti in giada, le celebri maschere con gli occhi sporgenti e ingigantiti, statuette in terracotta e delicati recipienti di lacca

Dalla terra dell'abbondanza, cosi' come era chiamata la fertile regione cinese, alla 'Campania felix' delle citta' vesuviane sepolte: ed e' cosi' che il cavallo di Sanxingdui, il sole di Jinsha, l'immagine del piu' grande albero di bronzo della storia dell'archeologia, dialogano in insoliti e suggestivi accostamenti, con la meridiana, la statua in bronzo di Apollo ed il cavallo di Ercolano. 

La mostra realizzata sotto la guida dell'Ufficio provinciale della Cultura del Sichuan, raccoglie pezzi dai principali musei databili dal 1600 a.C. (Dinastia Shang) al 220 d.C. (Dinastia Han). L'allestimento, con suggestivi effetti riflesso, e' curato dagli architetti Gaetano Di Gesu e Susanna Ferrini di "studio Asia". 

Ricostruzioni digitali, foto, video dello scavo aiutano il pubblico a comprendere il contesto di rinvenimento dei reperti e lo sviluppo di questa antica civiltà cinese cosi' lontana dalla cultura della Cina 'classica'. 

"I morti dovrebbero essere serviti come i vivi" e' l'espressione piu' antica ritrovata sul tema dell'aldila' ed e' proprio l'armoniosa convivenza tra uomo e natura il segno esemplare di un popolo che rappresenta un mistero profondo dell'archeologia della Cina e del mondo intero.



06/04/18

Il Louvre si conferma il Museo più visitato al Mondo - Ma incalzano i Cinesi !



Re Louvre sempre sul trono supera la crisi e risale la china tornando di nuovo sopra agli 8,1 milioni di visitatori, 700 mila in piu' rispetto al 2016, l'anno nero del terrorismo.

Ma il vero exploit e' quello del National Museumof China che con poche presenze in meno (8.062.000) rispetto al blasonatissimo collega francese svetta di colpo al secondo posto della classifica mondiale 2017 stilata dal Giornale dell'Arte con The Art Newspaper, lasciandosi alle spalle il Met di NewYork, che pure ha affrontato le sue crisi di bilancio guadagnando ancora visitatori.

Tant'e', quest'anno anche i Musei Vaticani festeggiano, con 400 mila presenze in piu' che gli valgono la riconquista del quarto posto (un anno fa erano scivolati al quinto, superati dalla National Gallery di Londra).

Mentre nella top 100, dove da sempre figurano alcuni dei piu' importanti musei italiani, dagli Uffizi a Castel Sant'Angelo, entrano alla grande il Complesso Museale del Duomo di Siena (31), Palazzo Reale di Milano che ha ospitato tra l'altro la grande mostra di Caravaggio (71) e finalmente la Reggia di Caserta, complici forse pure le domeniche gratuite lanciate dal Mibact (100).

Insomma, se guerre e terrorismo continuano a fare paura e la crisi economica costringe anche i piu' grandi a rivedere i bilanci, la fame di cultura nel mondo sembra crescere insieme con i numeri globali del turismo.

E l'Oriente, con un trend che va avanti ormai da tempo, si fa spazio, sgomitando anche ai danni delle istituzioni piu' storiche. Nella lista dei primi dieci le variazioni sono minime.

Soffrono un po' i musei londinesi (anche qui la paura del terrorismo puo' aver fatto la sua parte) con il British Museum che scivola dal terzo al quinto posto e la National Gallery che dal quarto precipita all'ottavo.

Escluso il Reina Sofia di Madrid, che con 3,8 milioni di visitatori si deve accontentare dell'undicesimo posto, in discesa come il Prado che con 2,8 milioni e' diciottesimo (era al gradino 14).

Intanto si fa strada il Tokyo Metropolitan Art Museum, che entra al 21/o posto, cosi' come il Museum National de Antropologia di Citta' del Messico, che con 2 milioni 336 mila presenze e' 24/o, seguito al 30/o da un altro museo cittadino, il Museum National de Historia (2.135.465).

E se a Firenze gli Uffizi perdono una posizione scendendo al 26/o posto e la Galleria dell'Accademia ne cede due (al 37/o con 1,6 milioni), un destino analogo al museo dell'Acropoli di Atene (1,5 milioni di visitatori, e' 40/o, nel 2016 era al 36/o posto), guadagna invece ben 11 posizioni il National Museum of Western Art di Tokyo, 43/o con 1,4 milioni di visitatori.

Quanto alla classifica italiana, i primi posti sono gli stessi di sempre, al top inossidabili gli Uffizi, con 2 milioni 235 mila visitatori, seguiti dalla Galleria dell'Accademia di Firenze e dal Museo di Castel sant'Angelo, primo dei romani.

Tra i siti archeologici domina il Colosseo, da sempre il monumento piu' gettonato, che nel 2017 ha sfondato il muro dei 7 milioni di visitatori, seguito da Pompei con 3 milioni 418 mila (anche qui oltre un milione in piu' rispetto a pochi anni fa) e a sorpresa dalla Valle dei templi di Agrigento con 867 mila.

Guardando ai 32 super musei voluti da Franceschini (quelli a gestione autonoma) in testa c'e' sempre l'Anfiteatro Flavio, seguito dal complesso Uffizi, Pitti, Boboli (3 milioni 825 milioni) e poi da Pompei e dalla Galleria dell'Accademia.

Agli ultimi posti la Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia (59 mila visitatori) e il Parco dell'Appia Antica (48 mila) con tutta probabilita' penalizzato dalla mancanza di uffici e personale. 

Una classifica valuta anche chiese, abbazie e complessi museali: qui dominano i toscani, primo assoluto il Duomo di Siena con 2,1 milioni di visitatori, seguito a distanza dal Duomo di Firenze (725 mila) e da Santa Maria Novella (450 mila).

13/01/17

"Il libro del Tao - Tao Te Ching" di Lao Tzu, un libro per la vita.




E' un libro che non si smette mai di rileggere e che ogni volta restituisce un tesoro di conoscenza. 

Si tratta di uno di quei testi sapienzali che come accade per lo stesso I-Ching sembra rispondere diversamente ogni volta al lettore che lo interroga e che vi si accosta. Proponendo risposte ricche di implicazioni da decifrare, che hanno riscontro nelle vite di tutti. 

Scritto, secondo la tradizione cinese, nel VI secolo a.C. dal leggendario Lao-tzu e, secondo i filologi, in un’età oscillante fra il VI e il III secolo a.C., il Tao-tê-ching è considerato il fondamento della religione e della scuola filosofica taoista.

Lao-tzu utilizza e interpreta categoria che all'epoca in cui egli scrive già esistevano e facevano parte della civiltà cinese arcaica: il Tao, cioè la «Via», regolatrice della totalità; il , «Virtù», ma piuttosto nel senso di «potenza magica»; lo Yin e lo Yang, princìpi femminile e maschile; il Wu wei, cioè il «non-agire», ricetta della suprema efficacia. 

Tali categorie vengono rielaborate dal Tai-te-Ching in brevi frasi apparentemente semplici, che possiedono una risonanza infinita e pur rasentando la paradossalità esprimono idee di pura evidenza, illuminanti nella introspezione dell'animo umano.  

In particolare - in pieno contrasto con l'ideologia preminente nella civiltà occidentale - il Tao-te-ching è una esaltazione della debolezza e della mollezza come antidoto alla forza e alla durezza umana, che causano i più grandi disastri, nelle vite individuali e in quella collettiva. 

Pratica il non agire. Impegnati a non essere indaffarato (LXIII), scrive Lao-Tzu, Più vai lontano, meno conosci. Per questo il saggio conosce senza spostarsi, riconosce senza vedere, compie senza agire. (XLVII)

 Fai vivere le creature, nutrendole e trattandole come se fossero tue, senza aspettarti nulla in cambio. Lasciale crescere e non pretendere di possederle e governarle. Questa è la virtù più misteriosa. (X)

In poche pagine si dipana una saggezza difficile e antica, che si basa sull'accettazione della trasformazione e sull'essere predisposti e consistenti per il cambiamento.  Come ogni bambino che nasce che - scrive Lao Tse - è molle e debole, e proprio per questo cresce e diventa colmo di pienezza.  Per questo chi muore è duro e rigido. 

Non bisognerebbe mai dimenticarlo. 



29/03/14

La sapienza dell'Oriente e l'infelicità moderna.




Eve Arnold, Retired woman, China (1979)


C'è una obiezione di fondo che muovo ai filo-orientalisti: coloro che sostengono la superiorità della sapienza e della tradizione dell'Oriente in confronto a quella occidentale. 

Sono il primo ad essere convinto che il misticismo orientale - molto più di quello maturato e sviluppatosi nell'Occidente - si sia avvicinato alle cosiddette verità ultime.  

Basta leggere un libro di grande divulgazione come il Tao della fisica, per rendersi conto che 3.000 anni fa i grandi pensatori e mistici d'Oriente, i fondatori del buddhismo, del taoismo, dello zen, dell'induismo, compresero (molto meglio e molto più propriamente dei filosofi  e dei mistici occidentali), ciò che oggi la fisica moderna, la meccanica quantistica, la teoria einsteniana, ci stanno dicendo sul mondo. E su quella che noi chiamiamo realtà.

Ciò che stiamo scoprendo, cioè, è stato anticipato ed elaborato dalle grandi tradizioni filosofiche e mistiche orientali molti e molti secoli fa: oggi sappiamo che non esiste sostanza (gli atomi sono fatti quasi esclusivamente di vuoto e per il resto di relazioni, campi, interconnessioni e probabilità, non sostanza), che lo spazio e il tempo sono convenzioni (e solo un accidente della realtà), che le cose invisibili sono molto più di quelle invisibili, che gli universi sono infiniti e probabilmente interconnessi, che il mondo che noi conosciamo è tenuto insieme da una misteriosa e complessissima danza cosmica, fatta di interrelazioni, energie, campi, probabilità.  L'opposto di quello che i nostri sensi ci dicono: individuazione dell'io, separazione tra osservato e osservante, ego-centrismo ed elio-centrismo dell'universo, che sono invece i principi su cui si è incardinata la storia del pensiero occidentale (di radice cristiana).

Eppure, l'ammirazione per questa saggezza d'Oriente, capace di cogliere il senso profondo delle cose e la sostanza vera della realtà, suscita l'obiezione di cui dicevo all'inizio:

perché questi grandi sistemi filosofici e mistici e questa sapienza non hanno saputo tradursi nel concreto in una evoluzione umana (e di civiltà) più accettabile della nostra ? 

Il prodotto di 3.000 anni di sapienza e di consapevolezza orientale sono i grandi paesi-continenti dell'oggi: la Cina, il Sud-est asiatico, l'India e da ultimo il Giappone.

Nessuno di questi paesi oggi mostra l'immagine di questa sapienza superiore, arcana, primordiale, maturata non soltanto nel chiuso di qualche antico monastero o nella mente di qualche filosofo, ma dispensata in norme religiose e di vita che sono state con-divise per secoli e secoli da intere popolazioni.

Il prodotto non è confortante: la Cina è oggi un paese terribilmente materialista, forse il paese meno spirituale al mondo, e non c'è democrazia, ma un regime autoritario e autocrate.  L'India è un paese-continente colmo di spaventose disuguaglianze, ancora in gran parte edificato socialmente sul sistema delle caste.  Sud-est asiatico e Giappone, pur avendo aderito (in forme parossistiche) al modello di vita occidentale, sono ancora pervasi da mentalità fondamentaliste, in alcuni casi medievali.

L'Occidente, pur con le sue distorsioni, le sue guerre spaventose, i suoi genocidi, ha creato - dalla grande tradizione dei padri romani e greci - i principi del diritto e della democrazia, oltreché dei principi fondamentali della persona umana (e quindi delle Costituzioni libere) che sono state adottate anche in molte parti d'Oriente.

Insomma: perché tanta sapienza, tanta profonda consapevolezza non si è tradotta, nel corso di così tanti secoli,  in vita migliore, in principi migliori, in equità, in giustizia, tutto sommato, in felicità condivisa e diffusa ?

Resta per me un mistero.


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata 

06/10/12

I-Ching, Jung, il Caso e il Caos.




Parliamo di Caso, di quello che gli uomini chiamano caso, e sarà bene richiamare l'etimologia della parola, che deriva dal latino: casus, dal verbo cadere.

Ed è solo il 'caso' di ricordare che in italiano caso è anagramma di caos, il quale deriva a sua volta dal greco chàos, ovvero abisso.

In tutte e due le parole, quindi, c'è un richiamo al cadere giù, alla profondità: il Caos e il Caso sono forze che ci trattengono giù mentre noi - la volontà umana - cerca di andare su, erigendo costruzioni di ordine e di senso, anche laddove Caos e Caso sembrano regnare sovrani.

In Oriente l'approccio a questo ordine di problema, nel corso dei secoli è stato significativamente diverso da quello occidentale, dove hanno predominato il razionalismo aristotelico e il rigore del metodo empirico.

Il massimo tentativo di ordinamento, di dare ordine ad una linea casuale, in Oriente, è quello rappresentato  dai famosissimi I-Ching. Anche detto Libro dei Mutamenti, uno tra i più vecchi testi cinesi, risalente secondo alcuni a 2.000 anni prima di Cristo.

L'I-Ching è basato su 64 esagrammi, ciascuno composto da sei linee spezzate (energia yin) o intere (energia yang).

Attraverso il ripetuto lancio di tre particolari monete, colui che desidera porre una questione sulla propria vita, costruisce l'esagramma profetico per individuare il responso alla domanda posta.

Le line cosiddette mobili determinano un secondo esagramma, che fornisce le indicazioni circa l'eventuale sviluppo dell'attuale situazione.

Penso sia noto a molti il pensiero di Carl Gustav Jung, a proposito dell'I-Ching, che è bene espresso nella celebre prefazione al testo, nella edizione inglese del libro, stampata nel 1949.

Oggi si trova in molte edizioni - la migliore quella di Adelphi (1991).

Consiglio a tutti questa lettura - sono poche pagine - in cui Jung sembra voler smantellare pezzo per pezzo la nostra concezione moderna, molto occidentale di casualità (e di causalità).

L'I-Ching non ha mai smesso di suscitare interesse e perplessità: come possono sentenze pre-scritte da qualcuno, duemila anni fa in Cina, rispondere casualmente alle mie esigenze, alle domande che io pongo oggi?

Jung spiega come tutta la scienza occidentale sia fondata sul concetto della causalità, considerata come verità assiomatica: tutto ha una spiegazione, e una causa.

L'evoluzione (e in particolare la fisica moderna) ha portato invece l'uomo a capire come quelle che vengono chiamate Leggi Naturali siano soltanto verità statistiche, condannate a contemplare eccezioni e valide soltanto fino alla successiva evidenza contraria. 

Nelle eccezioni alle consolidate Leggi Naturali  - poniamo ad esempio la cosiddetta Energia Oscura dell'Universo, che non obbedisce alle nostre conoscenze attuali - gioca la sua parte il caso.

Così, se noi interpelliamo il meraviglioso libro dell'I-Ching, ottenendone dei responsi sapienziali che sembrano scritti per noi, in quel momento, la causa non sembra da ricercare solo nella abilità degli amanuensi cinesi.

Chiunque abbia provato ad interrogare il libro - con serietà (seguendo le regole, e quindi consultando e studiando solo il libro, secondo le regole), e non attraverso gli orridi giochetti che girano via internet - potrà citare episodi sorprendenti.

Ma, scrive Jung, siamo perplessi soltanto noi, giacché inciampiamo sempre di nuovo nel nostro pregiudizio, ovvero nella nostra nozione di causalità.

Che significa ignorare le molte forze psichiche che sembrano prescindere la nostra volontà razionale, che sono inconsce, ma stranamente in sintonia con un sentire ulteriore (quelli che Jung chiama archetipi). E ci tendono mille trabocchetti alla nostra smania ordinatrice, facendoci appunto scivolare o cadere nel caso.

O - se non sappiamo venirne fuori - nell'abisso del Caos.

Fabrizio Falconi.

06/05/08

La Cina è il Paese che stampa più Bibbie al mondo !


Due notizie che messe una vicina all'altra danno l'idea - molto meglio di tanti bei discorsi - della crisi del Cristianesimo - e del Cattolicesimo off course - in Occidente, e in parte rilevante in Italia.

Dunque. Forse non tutti sanno che ... il posto dove si stampano più Bibbie al mondo è attualmente Nanchino, l'antica capitale cinese sulle rive dello Yang Tze e abitata da 7 milioni di persone.

Nanchino stampa attualmente un milione di Bibbie al mese, circa un quarto della produzione mondiale. La Amity - il maggiore degli stabilimenti tipografici di Nanchino - pubblica Bibbie in 90 diverse lingue. Domina la produzione in mandarino o cantonese, venduta in Cina a 9 yuan e 50, vale a dire 90 centesimi di euro.

Attualmente i cattolici in Cina - divisi tra due chiese, l'una obbediente a Pechino, l'altra, clandestina, a Roma - sono circa 17 milioni. Ma è una comunità in rapida espansione.

La Bibbia resta di gran lunga il libro più venduto del Pianeta, tradotto il 2454 lingue diverse.

Eppure, venendo alla seconda notizia, si scopre che pur essendo il testo base del cristianesimo, in Italia - come in altri paesi che si dicono cattolici - la Bibbia rimane un oggetto misterioso: e' quanto emerge da una ricerca dell'Eurisko, commissionata dalla Federazione Biblica Cattolica e presentata recentemente in Vaticano.

L'Italia, secondo questo dettagliatissimo studio, si e' piazzata negli ultimi posti come lettura della Bibbia in generale: se il 75% degli statunitensi per esempio afferma di aver letto un brano biblico negli ultimi 12 mesi, solo il 27% degli italiani puo' dire altrettanto. Peggio stanno soltanto altri due Paesi cattolici, la Francia (il 21%) e la Spagna (il 20%).

Agli italiani piace molto, in comprenso, ascoltare le omelie e le prediche, seguire in tv le trasmissioni religiose e pregare con parole proprie, piu' che trascorrere il proprio tempo sui libri sacri.

Ma si sa questo dato si sposa con quello del poco - anzi direi inesistente - amore degli italiani per i libri.

Secondo i più recenti studi, il 57% degli italiani non ha mai preso in mano un libro. Il 6% si sforza di leggerne uno al mese. E circa il 42 per cento apre un libro e lo finisce un anno dopo.

E' chiaro, alla luce di questi dati, che cosa intendiamo quando si parla di 'scristianizzazione' che nel nostro come in molti paesi occidentali procede a passi da gigante.

Ma forse non tutti i mali vengono per nuocere. E la rinascita, il futuro del cristianesimo sono affidati sul pianeta Terra a popoli che mai si sarebbero pensati depositari di questa missione: Cina, India, la fede di Cristo - sembra - dipende sempre più da loro.



il sito in inglese della Amity press:
http://www.amityprinting.com/englishweb/efirst.htm