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11/12/20

Libro del Giorno: "Il libro del riso e dell'oblio" di Milan Kundera

 


E' un esperimento interessante quello di rileggere oggi i primi romanzi di Milan Kundera - e in particolare questo, uscito per la prima volta nel 1978, più di quarant'anni dopo. 

Come è noto, Kundera, nato a Brno, nell'allora Cecoslovacchia (attualmente in Repubblica Ceca), il 1º aprile del 1929, venne colpito in occidente da improvvisa e roboante popolarità dopo la pubblicazione del suo romanzo L'insostenibile leggerezza dell'essere, nel 1985 (in Italia da Adelphi). 

In un periodo storico di enorme interesse, in Occidente, per la Cortina di Ferro che stava per essere rottamata dalla Storia di lì a poco (crollo del Muro di Berlino, 1989), i romanzi di Kundera aprirono uno squarcio accessibile a tutti sulla vita e le sofferenze in uno dei paesi invasi dai sovietici, in questo caso la Cecoslovacchia, la cui effimera Primavera di Praga nel 1968 era stata soffocata dall'arrivo dei carri armati russi. 

Kundera, che nel frattempo nel 1975 era emigrato in Francia, a Parigi (riuscì poi a ottenere la cittadinanza francese nel 1981 grazie all'interessamento personale del presidente francese François Mitterrand) divenne così letto che le case editrici occidentali si affrettarono a pubblicare tutti i suoi romanzi precedenti a quello, scritti ovviamente nella sua lingua, il ceco, e esattamente: Lo scherzo (Žert, 1967); Il valzer degli addii (Valčík na rozloučenou, 1972); La vita è altrove (Život je jinde, 1973);  e per l'appunto, Il libro del riso e dell'oblio (Kniha smíchu a zapomnění, 1978) che fu tradotto da Serena Vitale per Bompiani nel 1980 e successivamente ristampato da Adelphi nel 1991.

L'ammirazione grande per questi primi romanzi, scoperti in occidente, portarono così la critica (e anche il pubblico) a distinguere nettamente l'opera di Kundera antecedente all'esilio (il cosiddetto periodo ceco), dall'opera seguente quando Kundera cominciò, a partire dal romanzo La lentezza (1995) a scrivere in lingua francese e non più in ceco. 

La critica internazionale, che era stata entusiasta e ammirata per i romanzi della prima fase, cominciò a stemperarsi, a raffreddarsi nei confronti del "Kundera francese", ancor maggiormente quando nel 2008 fu rinvenuto un documento a Praga negli archivi della Polizia e ritenuto attendibile, che testimoniava di una delazione da parte del futuro scrittore, nel 1950, nei confronti di un ventenne impegnato in un'ingenua operazione di "spionaggio" tra Germania Ovest e Cecoslovacchia; il giovane venne poi condannato a 22 anni di lavori forzati. Kundera ha sempre negato ogni responsabilità nella vicenda, che però ha continuato a pesare molto sulla sua immagine pubblica e probabilmente ne ha anche compromesso le sue chances di approdare al Nobel per la letteratura. 

Oggi che Kundera ha 91 anni e che è lontano da ogni polemica letteraria è allora forse il momento giusto per rivalutare con più freddezza il patrimonio letterario che ci ha consegnato. 

E' noto che il padre di Kundera Ludvík (1891-1971) fu direttore dell'Accademia musicale di Brno, la JAMU, e un noto pianista. Fin da piccolo Kundera studiò musica, in particolare pianoforte, e la passione per la musica tornerà spesso nei suoi testi letterari, in particolare in questo Il libro del riso e dell'oblio, che si conferma un grande romanzo del novecento europeo. Scritto all'indomani del suo arrivo a Parigi, e finalmente libero dunque, di esprimersi con maggiore crudezza sul regime politico del suo paese, dal quale si era allontanato, il romanzo è un affresco composito, o meglio ancora, come scrive Kundera stesso nelle pagine, un corpus di "variazioni" su un tema, esattamente come avviene in musica classica. 

Come scrisse lo stesso autore, qualche anno più tardi: «Nel Libro del riso e dell’oblio, la coerenza dell’insieme è data unicamente dall’unicità di alcuni temi (e motivi), con le loro variazioni. È un romanzo, questo? Io credo di sì»

E lo stesso vale per i numerosissimi lettori che questo libro ha avuto dal 1979 a oggi e che vi hanno riconosciuto una delle più audaci imprese letterarie del nostro tempo: un «romanzo in forma di variazioni». 

Cambiano totalmente i personaggi e le situazioni, in ciascuna delle sette parti in cui (come d’obbligo in Kundera) il libro si divide.

Ciascuna è autosufficiente – e tutte si susseguono «come le diverse tappe di un viaggio che ci conduce all’interno di un tema, all’interno di un pensiero, all’interno di una sola e unica situazione la cui comprensione, per me, si perde nell’immensità». Su tutto, un gesto si mostra con peculiare insistenza: il tentativo di sottrarsi alla cancellazione di ciò che è avvenuto. Come dice un personaggio del romanzo: «la lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio».

E' questo il tema del romanzo, ed è questo che resta intatto dopo 42 anni. Esattamente come la protagonista, la giovane Tamina, che ha perso il marito, e che ritorna nelle diverse parti del libro, il compito di Kundera è quello di non disperdere la memoria, anzi, di rendere la memoria un compito di sopravvivenza.  Seppure nella piena consapevolezza che alla fine è proprio grazie all'oblio, alla leggerezza di cui parlerà molto nel romanzo seguente, al riso dell'ironia che questa vita diventerà sopportabile, anche nella tragedia della perdita, nella circostanza della sconfitta, che ha segnato l'esistenza nella sua parte più autentica, quella della gioventù.

Fabrizio Falconi - 2020

Milan Kundera 

Il libro del riso e dell’oblio 

Traduzione di Alessandra Mura 

Fabula, 51 1991, 3ª ediz., pp. 273 

 € 24,00 

14/04/18

E' morto il grande Milos Forman !



E' morto all'eta' di 86 anni nel Connecticut il famoso regista ceco, Milos Forman. Lo ha comunicato oggi all'agenzia Ctk la moglie, Martina Formanova.

Forman e' deceduto ieri dopo una breve malattia. "Se ne e' andato tranquillo, circondato dalla famiglia", ha detto Formanova.

Ed è veramente un brutto colpo per il cinema mondiale, e per gli appassionati di cinema di tutto il mondo. Scompare infatti uno dei più grandi autori del Novecento, la cui vita personale è stata forgiata dalla lotta ai totalitarismi.

I genitori di Forman infatti furono deportati e uccisi ad Auschwitz, la Cecoslovacchia comunista lo costrinse a fuggire e, una volta negli Stati Uniti di cui divenne cittadino nel 1975, non smise di combattere ogni sistema di potere, questa volta incarnato nel mondo capitalista.

Milos Forman (Jan Tomas Forman il suo vero nome) era nato a Cáslav, una piccola citta ad est di Praga, il 18 febbraio 1932 da una famiglia ebrea deportata e sterminata nel campo di concentramento di Auschwitz.

Fece parte di quella nouvelle vague di giovani registi della Cecoslovacchia che tanta parte ebbero nella Primavera di Praga prima che fosse messa a tacere dai carri armati russi.

E cosi' fu costretto a fuggire, prima in Francia, poi negli Usa.

Prima di trasferirsi studio' alla Scuola di Cinema di Praga, firmando "Gli amori di una bionda" (1965), manifesto della Nova Vlna praghese, e "Al fuoco, pompieri!" (1967), che fece scandalo suscitando le proteste dei vigili del fuoco cecoslovacchi e vietato dal presidente Novotny.

Milos Forman sul set di Qualcuno volò sul Nido del Cuculo, 1976

Ma i suoi capolavori arrivano negli anni settanta, negli Stati Uniti.

Vincitore di due premi Oscar come miglior regista nel 1976 per "Qualcuno volo' sul nido del cuculo", il film con Jack Nicholson che ha raccontato con poesia il disagio degli istituti psichiatri, e nel 1985 con "Amadeus", per i quali vinse anche due Golden Globe.

A questi se ne aggiunge un terzo, vinto nel 1996, per "Larry Flynt - Oltre lo scandalo".

Amadeus di Milos Forman, 1985

Tra i suoi lavori piu' amati anche il musical contro la guerra in Vietnam "Hair", "Ragtime" e "Man on the Moon", orso d'Argento a Berlino, con Jim Carrey dedicato al comico Andy Kaufman, dal quale prendono nome anche i suoi due figli: Jim ed Andy.

Le riprese di Amadeus gli permisero anche di rientrare in Patria con un permesso speciale e sotto la supervisione della Polizia segreta. Les bien-aime's (2011) con Chiara Mastroianni e Catherine Deneuve e' stato scelto come film di chiusura del 64esimo festival di Cannes.

Fonte Askanews e ANSA 

06/07/16

Il film del giorno: "Kolya" di Jan Sverak.





Louka Frantisek, violoncellista praghese dissidente squattrinato, durante la perestrojka accetta di sposare per soldi una donna russa, soltanto per farle avere la cittadinanza. 

La donna però fugge all'Ovest e Louka rimane da solo con Kolya, il figlio della donna, un bambino russo di 5 anni. 

Louka, scapolo impenitente, si industria a far da padre dopo molte riluttanze, e quando finisce per stringere con il bambino un legame profondo, deve riportarlo alla madre. 

E' delicato, poetico il tocco di Jan Sverak e ricorda quello di Jaco Van Dormael con Totò le Heros, o di Kusturica in Papà è in viaggio d'affari. 

Un film pulito e commovente (molto premiato) che scalda il cuore, senza essere ricattatorio. 

Kolya
di Jan Sverak
Rep.Ceca-Francia 1996
con Zdenek Sverak, Andrej Chalimou, Libuse Safrankova, Oudrej Vetchi.