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13/08/16

Le catacombe di San Valentino e gli immensi tunnel sotto la collina dei Monti Parioli.



Le catacombe di San Valentino e gli immensi tunnel sotto la collina dei monti Parioli 


Quando si imbocca viale Maresciallo Pilsudski, venendo da viale Tiziano, si lasciano alla sinistra gli impianti sportivi dello stadio Flaminio e del palazzetto dello sport, mentre a destra, all’interno di un muro di cinta, passano del tutto inosservati i ruderi di un’antica basilica romana dedicata da papa Giulio I (nel V secolo d. C) a san Valentino, vescovo di Terni e martire

La basilica, costruita intorno al sepolcro del santo, fu ampliata nell’VIIIsecolo d.C., ma ben presto cadde in rovina e oggi non rimangono che pochi resti. 

Eppure, per tutto il Medioevo, a fianco all’edificio, esisteva anche un monastero nel quale trovarono ospitalità e rifugio i pescatori di fiume e i vignaioli della zona, che erano fuori del recinto cittadino, quando Roma era minacciata dalle scorrerie saracene e dalle guerre baronali.  
Vicino ai ruderi esiste ancora oggi l’ingresso alle antiche catacombe. 



Al di sotto e all’interno della collina dei monti Parioli, infatti, si estende un immenso cimitero sotterraneo che nel corso dei secoli ha restituito una gran quantità di sarcofagi, lapidi funerarie e iscrizioni, alcune delle quali oggi abbelliscono alcuni dei palazzi del quartiere considerato, tradizionalmente, il più ricco della Capitale. 

La galleria più antica di questi sotterranei è stata allargata in forma di cappella e ornata di splendide pitture risalenti al VII secolo d.C., con scene desunte dal protovangelo di Giacomo, scritto nel 150 d.C. 

Le diramazioni delle gallerie delle catacombe di San Valentino sembra siano estesissime

Una conferma indiretta si è avuta qualche anno fa, durante gli scavi per l’erezione di un edificio in viale Parioli, al civico numero 16, quando gli operai si sono imbattuti in cunicoli sotterranei ben tamponati all’interno e asciutti, che secondo gli archeologi sono riferibili alle catacombe di San Valentino. 

Sulla base di queste acquisizioni c’è chi ha teorizzato, non senza validi argomenti, che queste gallerie raggiungano, ricongiungendosi a esse, le catacombe di Priscilla, sulla via Salaria.

A partire dal Cinquecento, comunque, le gallerie sottostanti la collina dei Monti Parioli furono adattate a grotte e utilizzate come deposito per le botti di vino. 

Più prosaicamente, negli ultimi decenni, le stesse grotte sono diventate un ricovero per diseredati di varie nazionalità: emergenza che ha indotto le autorità capitoline a serrarne gli ingressi con antiestetiche cancellate in ferro.


Foto nel post, di proprietà dell'autore. 


23/03/15

Le catacombe di Santa Priscilla e il "Lupo Mannaro" della seconda guerra mondiale.

Cortile delle Catacombe di Santa Priscilla (foto Fabrizio Falconi)


Le catacombe di Santa Priscilla e il Lupo Mannaro della seconda guerra mondiale.

La fama di quelle catacombe – che si è sempre saputo essere molto estese, secondo alcuni le più grandi di Roma, con oltre tredici chilometri di cunicoli sotterranei – ha sempre fortemente influenzato il quartiere Trieste che le ospita, al confine con il Salario. 

Un altro toponimo di queste strade – la piazza Acilia, che è attraversata dalla Via Nemorense – rimanda direttamente alla storia delle catacombe. Il nome infatti non si riferisce alla cittadina sulla via Pontina, ma alla gens Acilia, alla quale con ogni probabilità apparteneva la donna che oggi dà il nome alle catacombe, anzi per l’esattezza alla famiglia degli Acilii Glabriones. 

Priscilla era, secondo quanto hanno ricostruito gli archeologi e secondo quanto risulta da una iscrizione funeraria, insieme agli Acilii, la proprietaria dei terreni su cui fu costruita la necropoli.  
Il nucleo più antico delle catacombe risale al II secolo d.C. quando si iniziò a scavare la collinetta tufacea nella zona che oggi sovrasta Villa Ada e che anticamente permetteva di dominare la confluenza dei due fiumi, il Tevere e l’Aniene. 

 Ma fu nel III e nel IV secolo che il cimitero divenne vastissimo, quando esso cominciò ad ospitare i numerosi martiri delle persecuzioni anticristiane di quell’epoca, compresi i corpi di sette papi. 

Nei cunicoli, disposti su tre livelli che si spingono fino a quaranta metri di profondità, furono sepolti migliaia di corpi, secondo alcune stime fino a quarantamila persone, non soltanto cristiane. 

Come capitò ad altre catacombe anche queste, dopo le invasioni barbariche furono abbandonate nel VI secolo dopo Cristo, finché a partire dalla fine dell’Ottocento non furono riscoperte, insieme ai resti della Basilica (poi divenuta soltanto una chiesetta) di San Silvestro sulla Via Salaria, costruita nel IV secolo d.C., dopo l’Editto di Costantino e ricostruita in forme moderne. 

Fu proprio durante questo periodo, nella prima parte del Novecento, che lo scalpore per la scoperta delle catacombe e della loro incredibile estensione, si diffuse per il quartiere che si andava in quegli anni densamente popolando. 

Come sempre, le catacombe portarono con loro una fama oscura, gotica. Era stato così da sempre a Roma, nel corso dei secoli e fu così anche nei primi del Novecento. 

Quei misteriosi cunicoli, che si snodavano per chilometri e per molte profondità, alimentarono la fantasia popolare, insieme al crescere degli incubi che la minaccia bellica diffondeva anche sulla Capitale

Cominciarono a diffondersi sinistre leggende su inquietanti visitatori di quei cunicoli che si diceva vi emergessero soltanto nottetempo. 

Proprio negli anni del secondo conflitto mondiale, la zona di Piazza Vescovio, poco distante dalle Catacombe cominciò a convivere con una misteriosa presenza che terrorizzava i cittadini: si sentivano strane urla di notte, si scorgevano ombre curve, una sinistra figura inafferrabile che gli abitanti del quartiere si dissero certi fosse un lupo mannaro, visto che le sue visite parevano manifestarsi con maggiore frequenza nelle notti di plenilunio. 

Preoccupati da ben altre incombenze, quelle derivanti dai bombardamenti degli alleati, le autorità dell’epoca non tardarono a risolvere la questione assicurando che il responsabile era stato trovato: si trattava di un povero malato mentale che passava le notti ad urlare ed ululare. 

E che fu per questo condotto in manicomio, liberando il quartiere da quei funesti sospetti. 

Le catacombe di Santa Priscilla, oggi visitabili soltanto in minima parte, colpiscono i visitatori con le loro splendide pitture, sopravvissute ai secoli e ai millenni

In particolare quella dell’Orante del III secolo (in realtà si tratta di una donna velata, con le braccia levate, raffigurata in un lunetta); la figura della Madonna con Bambino – ritenuta la prima raffigurazione mariana della storia – al lato del profeta Isaia che addita una stella (II secolo); la cosiddetta Cappella Greca, con iscrizioni tracciate in rosso, con stucchi pregevoli; l’affresco con Santa Susanna; quello che raffigura l’Epifania e la fractio panis; il ninfeo; l’ipogeo degli Acilii con splendide decorazioni. 

Alle catacombe, il cui sito è curato dalle Suore Benedettine di Priscilla, si accede oggi dal civico 430 di Via Salaria.


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. Tratto da Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di RomaNewton Compton Editore