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18/04/16

Cartier-Bresson e Roma - Storia di una foto 2.

Henri Cartier-Bresson, Roma 1953

Dopo la prima puntata (e la prima foto) siamo tornati sulle tracce di Cartier-Bresson e di quel suo leggendario viaggio nella Roma nel 1953, ci siamo messi a caccia di una nuova foto, quella che si vede qui sopra.  Stavolta abbiamo potuto appurare anche che la didascalia Trastevere, Roma è errata. La foto infatti non fu scattata a Trastevere, ma sul lato opposto del fiume, nel mezzo del Ghetto ebraico. 

Per arrivare alla soluzione del mistero, ci siamo avvalsi di un'altra foto realizzata nella stessa serie (e nello stesso giorno?) da Cartier-Bresson, con l'inquadratura più ampia, che permette di riconoscere un locale con l'insegna Fantino sulla sinistra. Eccola: 


Il particolare ci ha permesso di ricostruire con esattezza il luogo dove la fotografia è stata scattata: si tratta di Via Sant'Angelo in Pescheria (proprio alle spalle del Portico d'Ottavia), dove la piccola strada compie una curva verso sinistra. Ecco come si presenta oggi:


C'è ancora un ristorante al civico n.30 (ora si chiama Giggetto 2). La finestra di luce al centro del selciato, in cui gioca la bambina illuminata dalla luce, era creata dalla finestra nell'arco del Portico d'Ottavia, alle spalle di chi scatta la fotografia, oggi tappata dai ponteggi infiniti che ormai da 50 anni ingabbiano il meraviglioso Portico d'Ottavia: 



Ai lati dell'entrata del ristorante sono ancora visibili i due ganci per la tenda, utilizzati dal ristorante precedente Fantino



Seconda traccia svelata, dunque. Proseguiremo ancora il viaggio sulle orme del grande Cartier-Bresson. 


Fabrizio Falconi (C) - 2016 riproduzione riservata.




18/02/15

"La sua vita era una scuola di disobbedienza." - Un libro-biografia su Henri Cartier-Bresson.




Racconta la storia di uno sguardo la biografia che Pierre Assouline ha dedicato a Henri Cartier-Bresson. Proprio a lui, il grande fotografo, il disegnatore, il viaggiatore, l'artista, "l'occhio del secolo" come veniva chiamato, che "inorridiva solo a sentire parlare di biografie".

La scintilla che ha convinto Assouline e' stata il "prendere coscienza che la vita di Henri Cartier-Bresson era una scuola di disobbedienza". A spiegarlo e' lo stesso Assouline, scrittore e giornalista, autore dell'apprezzata biografia di Georges Simenon, nell'introduzione a 'Henri Cartier-Bresson. Storia di uno sguardo' che esce il 19 febbraio nella collana 'In Parole'di Contrasto, con 25 foto in bianco e nero, nella nuovatraduzione di Laura Tasso.

Il libro e' il risultato di una lunga conversazione privata tra Assouline e Cartier-Bresson durata cinque anni a casa dell'uno o dell'altro, al telefono, per cartoline o via fax. Un lavoro accurato ma nato da un incontro speciale ("aveva finalmente accettato l'idea di un'intervista, benche' a una condizione: che tale non fosse") che ha permesso ad Assouline di disobbedire al grande fotografo che non voleva si scrivesse della sua vita, alquale e' stata recentemente dedicata una mostra all'Ara Pacis diRoma che ha visto un record di 120 mila presenze.

"E' il libro che lo racconta meglio. Assouline ha conosciuto Cartier-Bresson, era una persona che andava al di la' della sua opera fotografica, che si contraddiceva. Mi e' piaciuto molto il modo in cui e' riuscito a raccontarlo" dice all'ANSA Roberto Koch, fondatore e direttore di Contrasto.

La grande curiosita' e l'antico fascino che Cartier-Bresson esercitava hanno fatto superare ad Assouline ogni paradosso e contraddizione fino a perdersi nel "suo universo interiore senza preoccuparsi della cronologia" per raccontare la storia di un uomo "che si e' posto - dice il biografo - tutta la vita la stessa domanda: 'di che si tratta? e che non ha mai trovato la risposta perché non esiste".

Pioniere del foto-giornalismo, il fotografo che ha raccontato Gandhi a poche ore dal suo assassinio e la vittoria dei comunisti cinesi, da adolescente si dedicava solo all'arte, si sentiva piu' disegnatore che pittore e il tratto distintivo del suo carattere era la rabbia, che non e' mai riuscito a domare. 
Viaggiatore, innamorato dell'Africa che restera' sempre nel suo cuore, Cartier-Bresson gia' a ventitre' anni aveva capito che "l'importante e' avere un'idea e seguirla fino in fondo. Una sola basta a impegnare un'esistenza" ricorda Assouline. E quando decide di fare il fotografo lo annuncia al padre, che non lo considera un mestiere ma un hobby, facendosi accompagnare da Max Ernst, che ha 17 anni piu' di lui. Ma diventa veramente fotografo un giorno del 1932 quando trova il suo strumento: la Leica che sara' sempre la sua compagna di strada.

Figlio di Marthe, intellettuale, meditativa, alla quale Henri assomigliava, e di Andre', un uomo con un forte senso del dovere, Henri, detto Cartier, detto HCB, viene raccontato in nove capitoli, dalla nascita il 22 agosto del 1908 alla morte il 3 agosto 2004, a pochi giorni dai suoi 96 anni, annunciata a esequie avvenute. L'uomo che veniva definito "l'occhio del secolo", tra i fondatori della Magnum Photos, non "era malandato, ma stufo, e si e' spento dolcemente. Pare che si sia lasciato morire" dice Assouline nel libro e ci ricorda che alla sua scomparsa "capimmo che solo in quel momento il secolo nuovo era cominciato".