Visualizzazione post con etichetta cannes. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cannes. Mostra tutti i post

04/06/16

Il film del giorno: "She's so lovely" di Nick Cassavetes.



Un film da recuperare. Da guardare o riguardare. 

Lui e lei si amano follemente. Ma sono due sbandati. Lei è incinta, lui è geloso. Uccide un uomo. Viene recluso in manicomio.  Intanto lei si è risposata con un altro uomo e ha altre due figlie. 

Dopo dieci anni lui esce dal manicomio e va a riprendersi lei, che abbandona il marito e tre figlie per seguirlo. 

Seconda prova alla regia di Nick Cassavetes, figlio d'arte (il padre John Cassavetes, la madre Gena Rowlands), che in seguito non è più riuscito a ripetersi a questi livelli. 

Soggetto e sceneggiatura (perfetta) dello stesso Nick Cassavetes. Straordinaria - doti espressive mostruose - la coppia Robin Wright e Sean Penn, all'epoca del loro amore. 

Primo tempo da applausi a scena aperta. 

Nomination per la Palma d'Oro a Cannes nel 1997 e premio per la migliore interpretazione maschile a Sean Penn. 










14/09/15

1998, Un anno d'oro per il cinema italiano: in due giorni si presentano a Cannes 'Aprile' e 'La vita è bella'.



Grande anno per l'Italia, il 1998. Sulla Croisette, a distanza in due giorni vengono presentati La vita è bella di Roberto Benigni (domenica 17 maggio) e Aprile di Nanni Moretti (lunedì 18 maggio), con esiti contrari:  applausi scrocianti e standing ovation per Benigni, risate, pochi applausi e anche qualche fischio per Nanni. 

Il film di Benigni conquista il secondo premio (il Gran Premio della Giuria) - vince L'eternità è un giorno di Theo Anghelopoulos, mentre qualche mese più tardi sbancherà Los Angeles, con tre premi Oscar (miglior film straniero, migliore interpretazione maschile, miglior colonna sonora); ignorato Moretti.

Non potrebbero essere due film più diversi.  La vita è bella è diventato un classico, quasi un miracolo di neo-neo realismo, che la coppia Cerami-Benigni seppe inventare calibrandolo sull'estro smisurato di Benigni e la sua affidabilità di immagine internazionale.  Oggi forse avverte di più il peso degli anni, e quello che nei cineclub degli anni Sessanta veniva definito il messaggio, ha finito per prevalere sui meriti del film, al punto che oggi viene proiettato (giustamente) nelle scuole, più nelle scuole, che nei canali tv. 

Aprile è un film considerato minore di Moretti, che io personalmente continuo ad apprezzare più degli ultimi suoi lavori.  Risente ancora della forma diaristica del film precedente (Caro Diario, 1996), frammentaria, e dappertutto riemerge il folletto irriverente e iconoclasta che aveva fatto irruzione alla fine degli anni '70 nel panorama un po' ingrigito del cinema italiano con Io sono un autarchico e Ecce Bombo.  

In una intervista alla Stampa, il 17 maggio, Fulvia Caprara non risparmia a Nanni una battuta riferita a Vittorio Gassman, il quale intervistato da Le film francais, dice che il film non gli è piaciuto e che il cinema italiano "resta ancora piccolo, provinciale".

L'osservazione di Gassman, in quegli anni giustamente inacidito dalla piega che aveva preso l'industria del cinema italiano, è smentibile proprio dal film di Benigni. E Moretti lo fa osservare:

"Non è vero che si raccontano solo storie piccole, quello di "la vita è bella", per esempio non è certo un tema piccolo. Il problema è che noi tutti abbiamo difficoltà nel raccontare il nostro Paese e le sue contraddizioni. Una cosa che, invece, è riuscita benissimo al cinema inglese."

Insomma, Nanni fece il modesto. 

Ma forse, questa è la mia opinione, hanno raccontato meglio il nostro Paese proprio film anarchici  e un po' folli come Caro Diario e Aprile, che i seriosi film che seguirono, ottimamente confezionati, ma forse privi di vera verve, privi in definitiva, di anima. 



20/10/13

Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (4./)



Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (4.)


Nei taccuini di Tarkovskij cominciano ad intensificarsi citazioni dalle Scritture, dall’Ecclesiaste, dai Vangeli, soprattutto, ma anche da Lao-tse, Seneca, Dostoevskij, Montaigne.

E la radicalità nei confronti di quella che Tarkovskij chiama falsa conoscenza, ritorna in forme sempre più definitive e apparentemente arbitrarie. La vera poesia si accompagna alla religiosità, scrive, un non credente non può essere un poeta. (11)
        
Ma essere poeta, di qua come di là dalla Cortina di Ferro continua ad essere sempre più difficile. Spero quando si ha a che fare con mancanze primarie. A Larisa, la moglie di Tarkovskij viene concesso alla fine del 1982 un permesso per raggiungere il marito a Roma. Ma con lei non c’è l’adorato figlio, adesso dodicenne, al quale le autorità non permettono l’espatrio. Andrej ha il cuore spezzato: ha la moglie, ma non il figlio.  Vorrebbe lasciar tornare la moglie in Russia, ma ha paura che una volta rientrata non le permettano più di uscire.   Si svolgono accorate telefonate tra Roma  e Mosca. 

Scrive: Con quanta tristezza Tjapa (il figlio,  NDA) parla al telefono ! Che nostalgia che ha… Come deve essere disumana una società per arrivare a dividere le famiglie senza nessuna pietà, con il solo scopo di avere degli ostaggi. E sarà sempre peggio, questo è chiaro. Ma è anche chiaro che Dio ci guida. (12)  E più avanti: Penso continuamente a quanto abbiano ragione coloro che ritengono che la creatività sia una condizione dello spirito.  Donde viene?  .. Il nostro dovere dinanzi al Creatore impiegando il libero arbitrio di cui Egli ci ha fatto dono, combattendo il male che è in noi, di superare gli ostacoli sul nostro cammino verso di Lui, di crescere in senso spirituale, combattere tutto ciò che c’è in noi di turpe. Dobbiamo purificarci. Allora non avremo nulla da temere. Aiutami Signore ! Mandami un Maestro! Sono stanco di aspettarlo… (13)

Nel 1983, intanto esce sugli schermi Nostalghia.  Che ottiene favori non unanimi. C’è anzi già chi è disposto a scommettere che il grande autore russo abbia perso brillantezza e ispirazione, lontano dal suo paese d’origine. Il film vince il Gran Premio della Giuria  a Cannes, nonostante l’ostruzionismo di Sergej Bondarciuk, il regista ‘ortodosso’ sovietico, che fa parte della Giuria. 

Nello stesso anno va in scena una memorabile rappresentazione del Boris Godunov al Covent Garden di Londra che ottiene un successo trionfale. Tarkovskij si rende conto che ormai non può più tornare indietro.  L’ostracismo delle autorità sovietiche, anzi, gli rendono necessario alzare i toni, nella speranza di smuovere le cose e riunificare la sua famiglia,  e nel 1984 chiede e ottiene asilo politico dagli Stati Uniti, con un annuncio che viene dato in una affollatissima conferenza stampa a Milano.

Ma il regime di Mosca non è disposto ancora a cedere.  
Nel 1985 Tarkovskij è impegnato nella realizzazione del suo ultimo film, Sacrificio (Offret), che rappresenta una sorta di testamento spirituale del grande regista, con la storia di Alexander, un uomo che assiste al crollo di ogni cosa in cui crede in seguito all'improvviso scoppio di una guerra nucleare, e che  disperato prega Dio di salvare il mondo, facendo voto di rinunciare a tutto ciò che possiede, se questa sua preghiera si dovesse realizzare.

Tarkovskij fa appena in tempo a terminare le riprese del film.  Il 6 dicembre del 1985, a Parigi, si sottopone ad una radiografia e scopre di avere “un’ombra” nel polmone sinistro. Dieci giorni dopo gli viene diagnosticato un tumore incurabile.

I Diari registrano la reazione umana di Tarkovskij, il dolore profondo, anche la disperazione, che però si rivolge subito ad altro, agli altri, a coloro che ama:

L’uomo nel corso della propria vita sa che prima o poi dovrà morire. Non sa però quando morrà, perciò sposta questa scadenza lontano nel futuro. E questo lo aiuta a vivere. Ora, invece, io lo so. E niente mi può aiutare a sopravvivere. E questo è molto duro.   Però ora la cosa importante è Lara. Come potrò dirglielo ?! Come potrò infliggerle un colpo tanto tremendo con le mie stesse mani ?!  Come reagirà ?  Come farà in futuro per Andrjusa e la mamma ? (14)  Bisogna continuare a combattere per ottenere il loro espatrio. Andrjusa ha bisogno di vivere libero, non deve vivere in prigione. Visto che abbiamo cominciato su questa strada, bisognerà andare fino in fondo. (15)


(segue -4./) 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. 

       
11.     Op. cit. pag.486
12.   Op. cit. pag. 550
13.   Op. cit. pag. 556
14.   La “mamma” a cui si riferisce qui è Anna Semenovna, madre di Larisa, cioè la suocera di Tarkovskij, che è colei che per tutti gli anni dell’esilio di Tarkovskij si è occupata del nipotino, Andrej, e che riuscirà a lasciare la Russia, proprio a causa della malattia di Tarkovskij, insieme al bambino, un mese dopo questa nota scritta dal regista.
15.      Op.cit. pag. 653.