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18/10/21

Quando Pollock fece la prima mostra in Europa e non vendette nemmeno 1 quadro. Oggi quegli stessi valgono 40 milioni di dollari l'uno.


Incredibile parabola, quella di Jackson Pollock, e dell'arte moderna. La fortuna di questo meraviglioso, grandissimo artista, seguì infatti strade del tutto particolari e imprevedibili.

Nato nel 1912 a Cody, nel Wyoming, Jackson era il più giovane di cinque fratelli. Suo padre faceva l'agricoltore ed in seguito diventò un agrimensore alle dipendenze dello stato, con il giovane Jackson che trascorse la sua gioventù tra l'Arizona e la California, mostrando subito un carattere difficile, schivo e introverso, refrattario alla regole scolastiche della High School di Reverside e della Manual Arts High School di Los Angeles, dalle quali venne espulso per indisciplina.

La svolta per Jackson si creò quando ebbe l'occasione di entrare a contatto con i nativi americani mentre accompagnava il padre ad effettuare i rilevamenti agricoli. Anni dopo, Pollock realizzò i suoi quadri più famosi, inaugurando il metodo del "dripping" (cioè lo sgocciolamento della vernice direttamente sulla superficie delle tele poste orizzontalmente sul pavimento) tra il 1947 e il 1950.

Pollock diventò molto noto negli Stati Uniti in seguito alla pubblicazione di un servizio di quattro pagine della rivista Life dell'8 agosto 1949 che si chiedeva: «È il più grande pittore vivente degli Stati Uniti?».

Eppure, nella vecchia Europa, nessuno lo conosceva, ed è incredibile pensare oggi che dei quindici grandi quadri che Pollock espose per la prima volta nel vecchio continente, nella famosa mostra alla galleria Facchetti di Parigi, nel marzo 1952 (quattro anni prima della sua morte), nessuno, neanche uno fu venduto.

Tutti e 15 i quadri, pur in presenza di qualche manifestazione di interesse, tornarono alla fine in America, invenduti, nonostante i più piccoli costassero 2.000 franchi e i più grandi 8.000 o 9.000 franchi.

Anche Malraux, all'epoca ministro della cultura francese, che si era innamorato dei quadri e voleva comprarli per lo Stato Francese, non riuscì a trovare il credito necessario.

Per il pubblico la mostra fu uno scandalo, i vecchi dicevano che era la fine dell'arte, che quei quadri erano dipinti con la coda dell'asino.

Ebbene, nel marzo scorso Numero 32, opera di Pollock del 1949, è stato venduto a 40 milioni di dollari.

E oggi il solo catalogo di quella storica e sfortunata mostra si vende per 350 euro come si vede qui.




25/09/20

Stanley Withney al Gagosian di Roma fino al 17 ottobre: "Non mi stanco mai di contemplare Roma"


I blocchi di colori vivaci che compongono le griglie delle grandi tele rimandano al clima artistico della New York degli Anni Sessanta. 

I lavori di Stanley Whitney, invece, hanno dentro l' impronta degli edifici della Citta' Eterna. 

"Il colore, la luce, l'architettura antica; non mi stanco mai di contemplare Roma - spiega - . Da sempre illumina ed ispira il mio lavoro. La mia tecnica pittorica attuale ha iniziato a prendere forma negli anni novanta, quando, immerso nella citta', mi guardavo intorno ammirando l'architettura antica e rinascimentale. A Roma vige un ordine e un ritmo antico che voglio nei miei dipinti". 

La GalleriaGagosian, nel cuore della citta', dedica all' artista afroamericano fino al 17 ottobre la prima mostra personale - che e' anche la riapertura al pubblico dopo i mesi di lockdown - con una decina di opere di grandi dimensioni realizzate espressamente per questo appuntamento.

"Stanley Whitney - dice Pepi Marchetti Franchi, direttrice della Galleria -. gia' da decenni lavora sull' astrazione geometrica. Nel suo periodo a Roma ha insegnato in una universita' americana e ha cristallizzato la sua ricerca nel formato quadrato, con la serie di riquadri a fasce ispirata dall' architettura di Roma, dal Colosseo a Palazzo Farnese, e dall' archeologia etrusca".

E' una influenza che non e' legata al colore ma alla struttura compositiva con elementi sovrapposti.

Una trasposizione pop dell' archeologia classica? "Non so se lui la chiamerebbe cosi' ma, certo, e' una definizione che diverte", osserva Marchetti Franchi. I segni delle pennellate, le sbavature, i colori luminosi e brillanti applicati con densita' differenti, le geometrie disegnate a mano libera; nei lavori di Whitney, che hanno quotazioni dai 40 mila ai 300 mila euro, il risultato del gioco cromatico e' di forte impatto. L' artista, nato nel 1946 a Philadelphia, si divide tra New York e lo studio aperto da tempo nelle campagne di Parma. Amante della musica, soprattutto il jazz, Whitney riversa nella sua ricerca la passione per il ritmo e l' improvvisazione

Sue opere figurano a New York nelle collezioni del Metropolitan, al Guggenheim e al Whitney Museum of American Art, e in altre prestigiose strutture espositive degli Stati Uniti.


Stanley Withney




13/04/20

Nasce "Diario Comune" - Per ricominciare insieme, per restare umani




Da ieri, 12 aprile 2020, giorno di Pasqua, è online diario comune…un almanacco che mensilmente raccoglierà gli interventi di 12 artisti europei e  internazionali di diverse generazioni - diari, storie, osservazioni e visioni, ma anche omaggi, ricordi, progetti in corso

Un fecondo contagio che include vecchi e nuovi amici, e includerà coloro che, ora a noi sconosciuti, contribuiranno a costruire questo diario comune - per ricominciare insieme, per “restare umani”.

Koen Broucke, Maria Bussmann, Selene de Condat, Elzevir, Marilù Eustachio, Andrea Fogli, 
Lorand Hegyi, Giuseppe Gallo, Ugo Giletta, Felice Levini, Stefano Minzi, Lazslo Revesz, 
Petra Richar, Stefano Minzi…insieme a Caspar David Friedrich e Jean Dubuffet…
e tutti gli altri che parteciperanno ai prossimi numeri






29/08/19

Sparito murales di Bansky sulla Brexit a Dover




È giallo su un murale di Banksy dedicato alla Brexit.

L'opera che nel 2017 lo street artist aveva realizzato nella citta' inglese di Dover, che mostrava un operaio intento a cancellare una delle stelle gialle della bandiera dell'Unione europea, e' scomparsa nel fine settimana.

Ma non e' chiaro se sia stata cancellata o rimossa per metterla in vendita.

Il murale era apparso a maggio del 2017 sull'edificio Castle Amusements, vicino al terminal dei traghetti di Dover.

Effettivamente quell'anno stesso la famiglia Godden, proprietaria del palazzo, fece sapere che stava "valutando opzioni per mantenere, rimuovere o vendere" l'opera, assicurando che in caso di vendita avrebbe devoluto gli incassi a enti benefici locali.

E la famiglia in passato aveva perso una battaglia legale presso l'Alta corte dopo aver provato a vendere un altro capolavoro di Banksy.

Ma su cosa sia avvenuto adesso regna il mistero. 

L'unica cosa certa e' che l'opera e' scomparsa e il muro su cui si trovava adesso appare bianco e coperto da un ponteggio. 

Bbc riporta che la societa' Deal Scaffolding ha detto di essere ignara del motivo per cui le sia stato chiesto di montare l'impalcatura.

E secondo una testimonianza racconta dalla Cnn, l'impalcatura e' stata montata sabato e gia' la mattina dopo l'opera non c'era piu'. A Dover, citta' portuale da cui partono i traghetti che collegano il Regno Unito alla Francia, il murale era diventato un polo di attrazione e i turisti si fermavano spesso per scattare foto o fare selfie.

Sui social network tanti residenti hanno espresso il proprio sgomento per la scomparsa del murale. 

Chi invece non si e' ancora espresso in merito e' Banksy. Il suo ultimo post su Instagram risale al 24 luglio.

Fonte: LaPresse

22/10/18

Libro del Giorno: "Jackson Pollock - Lettere, Riflessioni, Testimonianze".




La mostra attualmente in corso a Roma, al Vittoriano, dedicata a Jackson Pollock e alla "Scuola di New York" è l'occasione per tornare alla figura di questo gigante dell'arte del XXmo secolo, attraverso un prezioso libro, edito da Ascondita e curato da Elena Pontiggia, che ripercorre sua la vicenda umana e artistica attraverso le rare lettere e scritti dello stesso Pollock, e alle testimonianze e riflessioni di coloro che lo hanno conosciuto, che ne hanno condiviso il percorso artistico o che ne sono stati attratti e colpiti per sempre. 

Si ripercorre così la storia di questo ragazzo, nato in provincia, a Cody, nel Wyoming, nel 1912, ultimo di cinque fratelli, da un padre contadino (poi agrimensore) e da una madre di origini irlandesi. L'infanzia e la giovinezza irrequieti, in un'America poverissima, gli studi alla Art Students League di New York, l'attraversamento del Paese da Ovest a Est in autostop e su mezzi di fortuna, la dipendenza dall'alcool, il carattere introverso e irascibile, la leggenda che ne è scaturita, l'incontro con Benton (di cui frequentò i corsi a New York), e con il muralismo messicano di Orozco e Siqueiros, la scoperta delle arti manuali e visive dei nativi americani, l'incontro con Lee Krasner che diventa sua moglie e la sua sodale artistica, l'incontro ancora più decisivo con Peggy Guggenheim, che lo lancia definitivamente sul mercato dell'arte, specialmente quello europeo, gli anni del ritiro nella casa di Springs, nel Long Island, gli esperimenti sempre più arditi con il dripping, la partecipazione al gruppo degli Irascibili, la frattura alla caviglia che gli rende difficile il lavoro, la separazione con Lee e alla fine il terribile incidente stradale che a soli 44 anni mette fine alla sua vita e a quella di un'altra donna (la sua compagna dell'epoca, Ruth Klingman, sopravvive). 

Ne emerge il ritratto di un uomo-artista-assoluto, assolutamente non incline ai compromessi,  quasi del tutto incompreso eppure desideroso soltanto di esprimere se stesso, il groviglio che abita la sua anima e di cui è perfettamente consapevole - quasi fosse uno stato di trance - solo quando dipinge, nella sua tecnica particolare, con la grande tela disposta ai suoi piedi e lui che letteralmente gli danza intorno disponendo il colore a schizzi. 

Il rifiuto del caso: "Non utilizzo il caso. Solo quando perdo il contatto con il quadro il risultato è caotico. Altrimenti c'è armonia totale;"  la fede nell'arte: "L'arte moderna lavora per esprimere un mondo interiore... esprime l'energia, il movimento e altre forze interiori"; la consapevolezza di una sfida vinta: "Ho fatto uscire la pittura dallo spazio angusto dell'atelier per portarla nel mondo e nella vita"; l'importanza del rapporto con l'inconscio: "L'inconscio è un elemento importante dell'arte moderna e penso che le pulsioni dell'inconscio abbiano grande significato per chi guarda un quadro." 

Qualcuno ha detto che l'arte di Pollock è cosmogonica. Ricercatori hanno anche azzardato una stretta correlazione - di cui Pollock ovviamente non poteva essere consapevole - tra le sue tele e i frattali, le strutture di cui è composto l'universo. 

Il mistero della grande arte di Pollock è in questa forza incredibile. La forza interiore di un cuore che contiene in sé il segreto dell'universo intero. 






26/09/18

Apre a Roma l'11 Ottobre "Rhinoceros" un meraviglioso nuovo spazio per l'arte contemporanea e il bel vivere, in pieno centro a San Giorgio al Velabro.

Caviar Kaspia a Roma al Palazzo Rhinoceros. Terrazze mozzafiato, caviale e respiro internazionale
Aprirà a Roma il prossimo 11 Ottobre un nuovo bellissimo spazio nel pieno centro della città grazie al mecenatismo di Alda Fendi. 3500 metri di ex case popolari nel cuore della Roma classica sono stati interamente ripensati con 8 anni di lavoro e un progetto di architettura d'autore. e un nuovo nome: Palazzo Rhinoceros. 
Sarà museo, residenza culturale, e ospiterà anche caffè e ristorante (separata la gestione): l'esordio in Italia di Caviar Kaspia, storica maison del caviale parigina.
Si tratta di un palazzo storico che affaccia sulla splendida piazza di San Giorgio al Velabro, dove l’arco quadrifronte di Giano (che di recente è stato con sicurezza attribuito definitivamente all'Imperatore Costantino) segna il confine dell’antico Foro Boario. Poco più in là l’area dei Fori, il Palatino e il Circo Massimo, nel cuore della Roma classica, tra gli scavi archeologici più celebri del mondo
3500 metri quadri da vivere e abitare, destinati a diventare polo d’attrazione culturale della Capitale (la quale, amministrativamente, risponde voltando le spalle: tutta l’area circostante rimane immersa nel degrado più inaccettabile), ospitando una collezione permanente ed esposizioni temporanee (il primo anno la programmazione declinerà proprio il tema del rinoceronte, simbolo di forma e anticonformismo, nelle arti visive e performative); ma pure - con gestione completamente separata -  un’esclusiva struttura di ospitalità da 25 unità abitative destinate ad artisti, mecenati, collezionisti (appartamenti curati nel minimo dettaglio) e un’offerta di ristorazione altrettanto peculiare, ai piani più alti del palazzo, con vista incredibile sulla città e tripudio di terrazze.

In questi anni si è lavorato sull’intera struttura (in realtà tre grandi palazzi accorpati), ripristinando l’aspetto originale del palazzo laddove le preesistenze potessero raccontarne la storia, e muovendo dal principio di un restauro filologico degli spazi verso la concezione di un’architettura nuova, che stupisse il visitatore senza cedere al decorativismo che mal avrebbe sposato lo spirito dell'operazione, con soluzioni inaspettate e raffinate, specie nella progettazione degli appartamenti, letteralmente incastonati tra i piani superiori del palazzo. 

Dall'11 ottobre Rhinoceros aprirà le porte alla città, invitandola a entrare e farsi scoprire: sviluppata in altezza attorno a due corti interne (il bianco e il nero; la notte e il giorno), il percorso espositivo lascerà spazio man mano che si sale alle residenze, anch’esse pronte a inaugurare alla metà del mese sotto la gestione del gruppo internazionale di ospitalità Room Mate di Kike Sarasola; già presente in molte città del mondo, a Roma il brand fa il suo debutto sotto il marchio The Rooms of Rome, con 24 appartamenti uno diverso dall’altro. Ma nel progetto c’è stato spazio sin dall’inizio per un’area dedicata alla ristorazione, aperta a romani e turisti al quinto e sesto piano del complesso. Spazio ricettivo e spazio ristorativo sono parte integrante del progetto del palazzo, e funzionali al suo racconto complessivo.

Anche in questo caso la scelta è ricaduta su un format già presente all’estero, e anzi particolarmente antico per fondazione, Caviar Kaspia, nato a Parigi nel 1927. Sull’addomesticamento della formula al mercato romano ha lavorato Dario Laurenzi, consapevole di poter scommettere su un asso nella manica di non poco conto: due saranno le terrazze a disposizione degli ospiti per tutta la bella stagione – da marzo a ottobre, e con un po’ di fortuna anche nelle giornate più miti d’inverno – più come se non bastasse un’altana qualche metro più su, allestita con divani e uno spazio più rilassato per l’aperitivo. Tutte affacciate a 360 gradi sulla Roma classica vista qui da un punto di osservazione inedito e ammaliante, costituiranno il cuore del ristorante, che vivrà 7 giorni su 7, dalle 8 alle 24, e disporrà anche di uno spazio all’interno da circa 50 coperti (fuori i numeri triplicano, arrivando fino a 150). L'idea è quella di proporre una formula variabile che rappresenti una novità, ma senza spaventare. 

La sera del 19 tutto questo contribuirà a realizzare un menu che per la prima volta nella storia di Caviar Kaspia introduce pietanze più cucinate, come primi piatti di pasta – lo spaghetto al caviale omaggio a Gualtiero Marchesi, da subito in carta, o i ravioli ripieni di granchio – e pietanze legate alla cucina mediterranea, in aggiunta al consueto trionfo di tartare, salmone fresco e affumicato, patate con caviale. A prezzi di posizionamento adeguati alla piazza romana. Un modo, a detta di chi ha ripensato la formula, per esaltare il concept all'insegna dell'italianità. In abbinamento carta di vini e champagne, da circa 70 etichette. Durante tutta la giornata, invece, sarà disponibile l'offerta della caffetteria internazionale, con proposte per la colazione dolce (c'è la firma di Marco Rinella) e salata e poi un menu agile che spazia dal club sandwich con salmone selvaggio alla Caesar Salad con astice. Per l'aperitivo si cambia ancora: drink list e tapas in abbinamento, fino a tarda sera per chi volesse cenare al cocktail bar. Esperienza vivamente consigliata vista la spettacolarità dell'allestimento, con due banconi in marmo e acciaio (uno per ogni terrazza), da 10 e 5 metri. Anche in questo caso saranno i prodotti della casa a dettare la linea, ma l'alternativa cocktail e selezione di tapas sarà decisamente più informale rispetto alla proposta del ristorante (dove si stima una spesa che parte dai 50-60 euro per salire fino a picchi più che vertiginosi, in base a quanto amate il caviale). Italiano lo staff, tutto inviato nei mesi scorsi a formarsi sul campo, a Parigi. A dirigere la squadra sarà Alessia Meli, in cucina, invece, si muoverà Giovanni Gianmarino.
Roma acquista uno spazio culturale – unico! - di respiro internazionale, frutto di un'operazione mirata di mecenatismo artistico. 
 Palazzo Rhinoceros - Roma - Cancellata Arco di Giano, via di San Giovanni Decollato - dall'11 ottobre 2018

Fonte Livia Montagnoli per Gambero Rosso

17/09/18

Dal 29 settembre apre al Chiostro del Bramante, "DREAM", una grande mostra tutta dedicata ai sogni.



A occhi aperti oppure chiusi, di notte o di giorno, nel cassetto o realizzati, al Chiostro del Bramante i sogni incontrano la grande arte contemporanea.

Magia, utopia, essenza, incanto e desideri prendono forma nella mostra Dream.

L'arte incontra i sogni in un percorso espositivo coinvolgente e suggestivo che permetterà al pubblico di evadere dalla realtà ed entrare in contatto con l’inconscio e l’onirico. Dream, significato di esplorazione, conoscenza ed emozione, ma anche espressione della parte più profonda dell’essere umano, è la chiave di lettura per accedere ai «vasti e profondi territori dell’anima», come afferma il curatore dell’esposizione Danilo Eccher.

Tra incanto e utopia, magia e percezione, il sogno diviene elemento di riflessione e rivelazione attraverso i poetici linguaggi dei massimi esponenti dell’arte contemporanea, protagonisti della mostra Dream.

Dream A straordinarie opere d’arte si alternano lavori site-specific ripensati per gli spazi del complesso museale e polivalente con sede nel cuore della capitale, in una successione che diviene un unico grande racconto, anche grazie al coinvolgimento di artisti noti, come Bill Viola, Anish Kapoor, Luigi Ontani, Mario Merz, James Turrell, Anselm Kiefer.

I sogni, guidano gli spettatori attraverso una serie di tappe e passaggi, soste e ripartenze: dal confronto con la natura all’identificazione nelle forme, dall’evocazione di memorie personali e collettive all’attraversamento del tempo, dalla sublimazione delle ombre all’immersione totale nella luce.

“DREAM. L’arte incontra i sogni” completa la trilogia, ideata e curata da Danilo Eccher per il Chiostro del Bramante, iniziata con “LOVE. L’arte incontra l’amore” (2016) e proseguita con “ENJOY. L’arte incontra il divertimento” (2017).

Tre grandi mostre dedicate all’arte contemporanea e ai suoi linguaggi, capaci di esprimere diversi stati dell’anima, come la complessità delle sensazioni legate ai sentimenti, le esaltazioni delle emozioni più gioiose e le percezioni più profonde appartenenti all’onirico.

Dal 29 settembre 2018 al 5 maggio 2019 il Chiostro del Bramante invita il pubblico a vivere un’esperienza particolare, in un luogo in continua evoluzione, dove apprendimento e approfondimento sono gli strumenti per dialogare con l’arte, partendo dal confronto con essa stessa.

Protagonisti Jaume Plensa, Anselm Kiefer, Mario Merz, Giovanni Anselmo, Christian Boltanski, Doris Salcedo, Henrik Håkansson, Wolfgang Laib, Claudio Costa, Kate MccGwire, Anish Kapoor, Tsuyoshi Tane, Ryoji Ikeda, Bill Viola, Alexandra Kehayoglou, Peter Kogler, Luigi Ontani, Ettore Spalletti, Tatsuo Miyajima, James Turrell.

 DATE DI APERTURA AL PUBBLICO 29 settembre 2018 > 5 maggio 2019

Info sulla mostra QUI

05/03/18

A Roma, al Vittoriano, la prima mostra di Liu Bolin, l'artista che "scompare dentro le cose".


Si immerge nelle cose e scompare, cambia colore e si mimetizza come un camaleonte, entra a far parte dell'ambiente circostante usando il corpo come strumento di conoscenza: arriva a Roma "the invisible man" Liu Bolin, protagonista della prima grande antologica in Italia allestita al Complesso del Vittoriano dal 2 marzo al 1 luglio. 

A cura di Raffaele Gavarro, la mostra presenta al pubblico l'intera storia dell'artista cinese, celebre per la sua capacita' di restare immobile come una statua e mimetizzarsi in ciò che ha intorno grazie a un accuratissimo body painting. 

Il percorso di snoda lungo 72 opere che documentano la nascita e lo sviluppo di quel linguaggio personalissimo, frutto di un mix di pittura e fotografia ma anche di performance e installazioni, che rende Bolin del tutto originale. 

Ormai acclamato in tutto il mondo, l'artista ha iniziato la rivoluzione del 'camouflage' nel 2005: in quell'anno infatti il governo cinese decise di abbattere il quartiere Suojia Village di Pechino, dove Bolin, cosi' come tanti altri artisti, aveva il suo studio

Come atto di ribellione, Bolin si mimetizzo' tra le macerie del suo studio e si fece fotografare, iniziando una protesta silenziosa attraverso la sua presenza corporea

E proprio da quell'immagine e' iniziata una carriera, ormai lunga 13 anni, dal successo sorprendente, che la mostra romana racconta attraverso 7 sezioni tematiche

Il visitatore vedra' Bolin 'nascondersi' nella sua Cina, da Piazza Tienanmen alla Grande Muraglia, e poi riconoscera' il nostro Paese, dove l'artista ha vissuto l'esperienza di un vero e proprio Grand Tour italiano, misurandosi con le bellezze del nostro patrimonio artistico, dal Colosseo alla Reggia di Caserta (questi scatti sono stati realizzati appositamente per la mostra), dal Canal Grande di Venezia alla Scala di Milano fino all'Arena di Verona

Non mancano incursioni nella moda dei grandi stilisti, come Valentino e Missoni o Moncler, per il quale Bolin e' protagonista di una nota campagna pubblicitaria, o nel mito della Ferrari. 

La sua ricerca artistica e' pero' molto di piu' che un semplice nascondersi nell'ambiente. 

Lo dimostrano gli scatti che lo ritraggono in una centrale di smaltimento di rifiuti a Bangalore, o quelli dedicati ai flussi migratori, con la sua immedesimazione nei corpi che viaggiano tra mari e confini alla ricerca di un futuro. "Io mi sono formato come scultore, ma nel 2005 quando il governo ha distrutto il mio studio ho capito che con la scultura non avrei potuto esprimere il senso di ribellione che provavo. Mi era rimasto solo il corpo, non avevo altri strumenti", ha detto oggi Bolin alla presentazione della mostra, "in 13 anni ho cercato di comprendere l'interazione tra l'uomo e la realta', provando a dare voce alla spiritualita'"

Il lavoro dell'artista, come ha affermato il curatore Gavarro, "e' senza dubbio politico, perche' e' connesso a un'idea di conoscenza, e' un farsi parte delle cose", un tentativo di interpretare silenziosamente la complessita' del mondo contemporaneo. 

19/02/18

Un Hotel - Opera d'Arte. A Tokyo dall'8 all'11 marzo, i più grandi artisti giapponesi.



Tokyo, metropoli ricchissima di storia, arte e suggestioni, mostra l’arte anche in luoghi inaspettati. La cultura e le arti visive, la bellezza e la raffinatezza del fare giapponese creano tensioni positive in tutta la città, la fruizione continua di forme d’arte diviene ancora più emozionante quando, come nel caso del Park Hotel Tokyo, diviene anche un’emozione privata, come avere un museo personale. Qui non si osserva semplicemente il lavoro dell’artista, ma si entra nel pieno della cultura giapponese.

Il Park Hotel Tokyo, nella zona di Shiodome, racchiude l’opera di numerosi artisti giapponesi. Le camere d’artista, artist rooms, sono oltre trenta e tutte realizzate da artisti diversi, anche per genere ed età, ogni camera propone uno stile e un concept propri.

Alcuni artisti si sono ispirati a concetti fondamentali della cultura giapponese, come Hiroko Otake che nella Cherry Blossom room, si focalizza su ciliegi e farfalle, due simboli della caducità della bellezza naturale che esprimono il concetto del mono no aware: un concetto estetico giapponese che esprime al contempo una forte partecipazione emotiva alla bellezza e alla caducità mentre provoca una sensazione di nostalgia. Questo concetto del mono no aware si può ben comprendere osservando le fioriture degli alberi, come ad esempio la fioritura dei ciliegi, forse l’evento naturale più importante in Giappone, la cui bellezza, stupefacente, si somma alla malinconia di qualcosa che già non c’è più.

Le divinità o entità spirituali della tradizione giapponese hanno ispirato altri artisti, come Yuki Ninagawa nella sua Japanese Angel, incentrata sulla figura dell’angelo giapponese che indossa la tradizionale veste hagoromo; oppure Nobuo Magome nella sua Yokai, che raffigura una serie di creature soprannaturali e spiriti sia benigni sia maligni, gli yokai per l’appunto, della mitologia giapponese, in un leggero stile sognante quasi da fumetto.
I simboli della tradizione giapponese e della letteratura classica sono il fulcro di altre camere, dove la tradizione prende vita grazie all’interpretazione eterogena degli artisti. Nella stanza d’artista The Tale of Genji, di Takushi Mizuno, l’ospite potrà ritrovarsi immerso nelle antiche atmosfere dell’epoca Heian della fondamentale opera letteraria giapponese degli inizi del XI secolo “Genji Monogatari” (in italiano, “il racconto di Genji”); mentre nella stanza Otafuku Face della giovane Aki Kondo il visitatore sarà circondato dal paffuto viso della otafuku (simbolo di bellezza classica giapponese) dipinto in chiave moderna.

Anche le arti tradizionali prendono spazio nelle camere d’artista Kabuki di OZ - Yamaguchi Keisuke ispirata all’arte teatrale del kabuki, nella camera Sumo di Hiroyuki Kimura che si ispira allo storico sport nazionale giapponese e Zen del calligrafo Seihaku Akiba, dedicata alla comprensione della profonda spiritualità giapponese zen.

Alcuni degli artisti parleranno inoltre del loro lavoro nelle Artist Room in occasione dell’evento espositivo ART in PART HOTEL TOKYO 2018 in programma dal prossimo 8 marzo fino all’11 marzo all’interno dell’hotel in concomitanza con la Art Fair Tokyo, la più grande fiera d’arte internazionale del Giappone.

Da Shiodome passiamo al lussuoso quartiere di Ginza a Tokyo, nel complesso commerciale cosmopolita GINZA SIX, dove l’arte e la cultura sono presenti in molte forme, a partire dal progetto di public art con la supervisione del Mori Art Museum di Roppongi, in collaborazione con un gruppo di noti artisti giapponesi, fino al Teatro noh, l’antica arte teatrale giapponese. Non manca in questo spettacolare edificio un suggestivo roof-top garden ispirato al periodo Edo. Il GINZA SIX è stato inaugurato nel 2017 con l’installazione Pumpkin di Yayoi Kusama, 14 enormi zucche a pois rosse occupavano l’imponente spazio centrale della struttura.

In esposizione permanente, invece, le opere di artisti quali Misa Funai, che con Paradise/Boundary/Portraitcattura lo spazio reale trasformandolo in tela grazie alla commistione tra mondo pittorico e realtà degli specchi che compongono l’opera, dove lo spettatore in un’immagine riflessa diviene parte dell’opera.

Il designer JTQ Junji Tanigawa a GINZA SIX ha curato su due “pareti viventi”, ognuna dell’altezza di 12 metri posizionate una di fronte all’altra. La prima, Living Canyon, del botanico e artista Patrick Blanc, si compone di un mix di piante, alcune tipiche giapponesi, che formano un precipizio rigoglioso illuminato dalla luce solare; l’altra, Universe of Water Particles on the Living Wall, è un’installazione digitale ultratecnologica che affonda su parte dell’opera di Blanc e crea una suggestiva cascata che varia il suo aspetto con il mutare della luce solare. Si tratta di una simulazione realizzata da teamLab, un gruppo di esperti di tecnologia digitale le cui creazioni che uniscono arte, scienza, tecnologia e considerevole creatività. TeamLab in Italia ha creato alcune delle installazioni nel padiglione giapponese di ExpoMilano2015.

24/01/18

Tarkovskij torna a vivere, a Firenze !




'Un nuovo volo su Solaris': questo il nome del progetto artistico interdisciplinare che dal 28 maggio animera' a Firenze gli spazi del Centro internazionale perle arti dello spettacolo Franco Zeffirelli e che sara' realizzato in collaborazione con il Museo Anatolij Zverev (Museo AZ) diMosca. 

A bordo della stazione spaziale di 'Solaris', film del 1972 diretto da Andrej Tarkovskij, si erano ammirati i capolavori dell'arte europea occidentale  e la Trinita' del pittore russo Andrej Rublev. 

In occasione di 'Un nuovo volo su Solaris' verranno esposti i migliori lavori della collezione del Museo Az, opere di artisti contemporanei allo stesso regista. 

L'idea e' di unire il capolavoro di Tarkovskij alle opere piu' significative degli artisti sovietici anticonformisti provenienti dal Museo AZ e dalla collezione privata di Natalia Opaleva

Nello spazio espositivo del Centro Zeffirelli saranno presentati 34 quadri, due sculture e un'installazione video costituita da fotografie e da frammenti cinematografici legati alla biografia di Tarkovskij. 

Il progetto costituisce inoltre la tappa finale della trilogia di mostre le cui prime due parti, ispirate ai film di Tarkovskij Stalker ('Premonizione') e Andrej Rublev ('Irruzione nel passato. Tarkovskij&Plavinskij') sono state presentate dal Museo Az a Mosca nel 2016 e nel 2017. 

30/10/17

La Galleria e il suo doppio: 2 opere di Philippe Casanova in mostra alla splendida Galleria Spada !



A partire da mercoledì 1 novembre, in occasione della festività dei Santi e in concomitanza con l’ingresso libero nei musei statali di domenica 5 novembre, il Polo Museale del Lazio, diretto da Edith Gabrielli, presenta presso la Galleria Spada, diretta da Adriana Capriotti, l’iniziativa La Galleria e il suo doppio: due opere di Philippe Casanova dedicate alla Galleria Spada

L’appuntamento, che convoca all’interno della Terza Sala del museo due dipinti di recente elaborazione dedicati alla sala medesima e alle sue diverse visioni, evidenzia la suggestione esercitata dalla celebre Galleria barocca sulla pittura dell’artista francese Philippe Casanova, il quale, in una sorta di gioco di specchi, riproduce la vera e propria Galleria lunga del cardinal Bernardino Spada, ovvero quella “ala nova” aggiunta nella prima metà del Seicento al grande palazzo cinquecentesco per conservarvi l’importante collezione d’arte di famiglia

Ormai da anni impegnato in una sua personale cronaca pittorica contemporanea che ha attraversato i più eminenti spazi sacri e profani del Barocco romano, quali, su tutti, le chiese di Sant’Ignazio, del Gesù e della Vallicella, come anche le sale più decorate o più intime dei palazzi patrizi, come quelli dei Colonna, dei Pallavicini o dei Borghese, Philippe Casanova misura qui spazio e opere della Terza Sala, invitando a sua volta il visitatore a scoprire la Galleria e i suoi due “doppi”, diversi per dimensioni, cromia, luce e quasi mimetizzati su tavoli da muro secenteschi o su sgabelli barocchi. 

L’invito a confrontare lo spazio vero e quello dipinto costringe l’osservatore ad uno sguardo insistito su opere e arredi della collezione, elementi che Casanova spinge a scoprire, con gusto barocco ma con spirito da illuminista, nel solco di una tradizione di “pittura delle collezioni” che dal Seicento attraversa e mappa l’Europa fino alle celebri Tribune di Zoffany e alle Gallerie di Pannini. 

L’iniziativa affianca quella attualmente dedicata al prestito della Natività di Dumont le Romain dal Museo di Chantilly, gettando un ponte tra l’arte antica e la sua rappresentazione contemporanea. 

Galleria Spada 
Piazza Capodiferro, 13 
00186 Roma 
tel. +39 06 6832409 + 39 06 687489

14/09/17

Disfacimento di un Mandala - Una metafora fortissima della nostra vita.





Questo video l'ho girato ieri al Maxxi di Roma dove era previsto l'epilogo canoro e il disfacimento dell'opera di Bruna Brunamonti: un Mandala di grandi proporzioni realizzato in oltre due mesi di minuzioso lavoro con la disposizione sul pavimento del museo, secondo un andamento circolare, legumi e cereali, fino a formare una svastica sinistroversa caratterizzata da una miriade di forme e sfumature di colore. 

Una operazione complessa e delicatissima realizzata da Bruna Esposito insieme a Simone Cametti, Paola d’Agnese, Roberta De Lazzari, Cristina Falasca, Lorenzo Kamerlengo. 

Il video testimonia il momento nel quale l'artista ha proceduto a disfare l'opera con le sue stesse mani.

Poco prima cantori avevano interpretato nel silenzio della sala “e così sia…” (2001) un pezzo di Andries van Rossem su poema di Paola d’Agnese.

Il disfacimento di un Mandala è sempre un momento denso di emozioni. Per noi occidentali, così disabituati al distacco, drammatico.

Per i monaci tibetani, invece, il disfacimento di un Mandala è il semplice significato racchiuso del senso stesso dell'esistenza.

Come ogni cosa umana, su questa Terra, anche lo sforzo titanico di un Mandala, di dare ordine al mondo, finisce in polvere. 

La polvere viene raccolta in un'urna dispersa nell'acqua. 

Ogni Mandala è un esercizio al distacco.  A distaccarsi da ogni cosa terrestre, da ogni cosa, dal possesso, da ogni relazione, da ogni legame. 

Ogni cosa, come tutto, finisce. 

E ieri, mentre osservavo la perfezione di quell'opera, prima che iniziasse la distruzione, pensavo a quanta armonia, quanta bellezza essa conteneva. Eppure, ogni cosa, ogni relazione costruita dall'uomo con tanta pazienza, con tanta dedizione, con tanta cura, con ogni amore, finisce nel caos.  

Colpisce anche la enorme sproporzione dei tempi: ci sono voluti 2 mesi di lavoro continuo, di sei persone che si sono alternate, per costruire e realizzare. 

Ci sono voluti solo pochi minuti per distruggere tutto. 

E' così che vanno le cose qui.  

La bellezza del Mandala è ora in un'altra dimensione della testa e del cuore, in un'oltre-vita che nessuno conosce e nessuno può attraversare.

Fabrizio Falconi












26/07/17

Come cambiano i gusti nell'Arte: Bansky, Constable e Vettriano ai primi tre posti in un sondaggio sulle opere d'arte più amate in GB.






Una pittura murale di una bimba che perde un palloncino a forma di cuore del noto e misterioso artista Banksy e' l'opera d'arte preferita dai britannici, secondo un sondaggio pubblicato oggi. 

Il dipinto a stencil "Balloon Girl", comparso sul muro di un negozio dell'est di Londra nel 2002, e' arrivato in cima alla shortlist delle migliori opera d'arte britanniche in un sondaggio su duemila persone. 

L'opera e' stata rimossa nel 2014 e venduta per 500mila sterline, circa 560mila euro


Il paesaggio agreste di John Constable del 1821 "Il carro da fieno" e' arrivato secondo, terzo si e' classificato il dipinto del 1992 di Jack Vettriano "Il maggiordomo cantante". 



"La valorosa Te'me'raire", dipinto ad olio del 1839 di William Turner che raffigura una nave rimorchiata sul Tamigi, e' quarto nel sondaggio promosso da Samsung TV. "L'angelo del Nord" scultura del 1998 di Antony Gormley che incombe su un'arteria stradale nei pressi di Newcastle, e' quinto. 

Nella Top 20 tre copertine di album: quelle di Peter Blake per il disco dei Beatles "Sgt Pepper", la cover di Hipgnosis e George Hardie per "Dark Side of the Moon" dei Pink Flyd e il lavoro di Jamie Reid per "Never Mind the Bollocks" dei Sex Pistols.

fonte: askanews - Afp

14/06/17

"Il primo di tutti i selfie" - Va all'Asta da Sotheby's a Londra il primo autoritratto di Andy Warhol.


Un autoritratto di Andy Warhol, una sorta di proto selfie ante-litteram dipinto nel 1963 andra' all'asta presso Sotheby`s a Londra e dovrebbe realizzare sette milioni di sterline.

Il quadro venne realizzato a partire da una fotografia dell'artista scattata in un negozietto di New York e l'autoritratto e' considerato il primo modello dell'icona di se' stesso che l'artista ha reso con il tempo distintiva.

Facendo riferimento all'attuale mania dei selfie, e all'utilizzo di questi sui social media, uno specialista di arte contemporanea della casa d'aste, James Sevier, dice: "il primo auto-ritratto dell'artista, creato usando una serie di scatti realizzati in una botteguccia fotografica di New York mai come adesso e' rilevante per la cultura contemporanea". 

Il quadro - Self-Portrait, (1963-64) - andra' all'asta il 28 giugno.

fonte ASKANEWS


08/05/17

Bansky dice la sua sulla Brexit con un graffito che appare a Dover.





Banksy ha voluto esprimere il suo parere con un murale sulla "Brexit" apparso sull'edificio della cittadina di Dover, vicino alle Bianche Scogliere del Kent. 

Nel dipinto appare un operaio con un martello e scalpello in mano intento a rimuovere una delle stelle della bandiera dell'Unione Europea.

L`opera, la cui autenticità è stata confermata da un portavoce dell`artista, è apparsa in una location non casuale. Dover ospita infatti uno dei porti più importanti del Regno Unito, distante solamente 34 km dalle coste francesi, dal quale partono ogni giorno numerosi traghetti

La stella che incarna la UE negli "ideali di unità, solidarietà e armonia tra le popolazioni dell`Europa", è il primo commento ufficiale da parte del writer britannico sull`esito della votazione sull`uscita del Regno Unito dall'Unione europea dello scorso 23 giugno 2016.



05/05/17

Rivoluzione al MAXXI di spazi e contenuti ! Grande riapertura domani, sabato 6 maggio.



MAXXI RE-EVOLUTION

AL CENTRO LA COLLEZIONE PERMANENTE: TRIPLICANO GLI SPAZI,
NUOVO ALLESTIMENTO A PARTIRE DALLA PIAZZA
GRANDI INSTALLAZIONI E OPERE MAI ESPOSTE PRIMA

INGRESSO GRATUITO NELL’INTERO PIANO TERRA

NUOVI CATALOGHI DELLE COLLEZIONI DI ARTE E ARCHITETTURA
NUOVA VIDEO GALLERY
ANCORA PIU’ SERVIZI PER IL PUBBLICO

Grand Opening venerdì 5 maggio | apertura al pubblico sabato 6 maggio

 www.maxxi.art | #MAXXIReEvolution

A partire dal 6 maggio al MAXXI sarà RE–EVOLUTION: il museo si trasforma e ripensa i suoi spazi, rafforzando la sua identità e la sua missione pubblica, a partire da The Place to Be, il nuovo allestimento della collezione permanente intorno cui ruotano tutti i cambiamenti e le novità.

Il MAXXI diventa più accogliente, più accessibile, più aperto alla città, con tutto il piano terra a ingresso gratuito e nuovi servizi per il pubblico. Si realizza così un progetto fortemente voluto dal Presidente Giovanna Melandri, dal Direttore artistico Hou Hanru e dai Direttori del MAXXI Architettura e del MAXXI Arte, Margherita Guccione Bartolomeo Pietromarchi, curatori di The Place to Be.

“Con questo progetto tagliamo il traguardo di una maratona iniziata anni fa – dice Giovanna Melandri –. Vogliamo arricchire costantemente l’offerta culturale del museo e lo facciamo a partire dalla collezione permanente, cuore identitario del museo e patrimonio pubblico offerto gratuitamente dal martedì al venerdì. Abbiamo lavorato e continueremo a farlo per arricchirla, conservarla e renderla sempre più accessibile. Questa è la “re-evolution” di una grande istituzione culturale, laboratorio di futuro e memoria della contemporaneità”.

“In questo nuovo allestimento – dicono Margherita Guccione e Bartolomeo Pietromarchi – la collezione è pensata come un corpo vivo e dinamico, fatto di opere esposte a rotazione, donazioni, comodati e prestiti, per rendere sempre più il museo un punto di riferimento per artisti, collezionisti, studiosi e appassionati. Un percorso che racconta come artisti e architetti si sono confrontati con l’dea di spazio abitabile, dalla città agli ambienti più intimi”.

Questo percorso parte già dalla piazza e si estende all’interno, senza soluzione di continuità, in tutto il piano terra e in parte del primo piano con grandi installazioni, opere esposte per la prima volta, capolavori di maestri del nostro tempo, focus temporanei e approfondimenti dedicati agli artisti in collezione.
Il piano terra – con ingresso gratuito dal martedì al venerdì e ogni prima domenica del mese - ospita anche una video gallery permanente realizzata in collaborazione con In Between Art Film; uno spazio dedicato all’Archivio di Incontri Internazionali d’Arte; un nuovo laboratorio per la didattica che propone anche Kids Museum, percorso tra le opere della collezione dedicato ai bambini, con il supporto di BNL- Gruppo BNP Paribas.
Completano l’offerta una nuova caffetteria-bookshop affacciata su via Guido Reni e un nuovo ristorante su Piazza Alighiero Boetti, con la collaborazione della chef stellata Cristina Bowerman.

In mostra anche importanti nuove donazioni d’artista (come Piccolo Sistema di Gianfranco Baruchello, una fotografia della serie Occhi di Bruna Esposito, e Io son dolce Sirena di Luca Maria Patella, donata dall’artista e dalla Fondazione Morra) e nuovi comodati, come quello della Metropolitana di Napoli, i cui progetti sono esposti per la prima volta.
Tra i nuovi comodati, anche opere dall’Archivio Agnetti (Assioma – Otto proposizioni), dalla Fondazione Giuliani (Oscar Tuazon e Elias Hansen, Untitled (Zodiak Staircase), dalla Fondazione Nomas (Francesco Arena, 3,24mq e Nico Valscellari, Nido), dalla Collezione Barillari (Tomás Saraceno, Flying Garden/Air-Port-City/12SW), dalla Collezione Pero (Carl Andre, Elica Milano).

LA PIAZZA
Il “viaggio” nel nuovo MAXXI prende il via da Piazza Alighiero Boetti, animata da nuove grandi installazioni: ad accogliere i visitatori spicca lo straordinario e imponente Winter Moon, uno degli alberi di Ugo Rondinone esposti di recente a Place Vendome a Parigi e ai Mercati di Traiano a Roma: il calco di un ulivo millenario, alto 5 metri, in alluminio dipinto di smalto bianco opaco.  Di grande suggestione Anima di Mircea Cantor, un imponente scheletro in legno e corda, alto circa 8 metri e lungo 10, che si ispira alla Basilica di San Pietro riportandola all’essenzialità. E poi MareoMerz di Elisabetta Benassi, realizzata nel 2013 per la sua personale alla Fondazione Merz: un grande barcone che “ripesca” l’ultima automobile appartenuta a Mario Merz.
Da fine giugno, la piazza ospiterà anche la ricostruzione parziale di uno dei luoghi più iconici dell’Estate Romana: il Teatrino Scientifico di Franco Purini e Laura Thermes, che farà da sfondo agli appuntamenti estivi del museo. E poi le installazioni permanenti More than meets the eye di Maurizio Nannucci, Emergency's paediatric centre in Port Sudan supported by MAXXI di Massimo Grimaldi e l’opera La casa di Roma di Pedro Cabrita Reis.

GALLERIA 1 | Piano terra 
All’interno, il percorso  espositivo prende il via nello spazio dedicato al cuore del patrimonio documentario del museo: l’Archivio di Incontri Internazionali d’Arte, di fronte alla Galleria 1, dove oltre 60 opere d’arte, architettura e fotografia dialogano tra loro e con gli spazi sinuosi di Zaha Hadid. In mostra lavori dagli anni Sessanta fino alle più recenti produzioni.  
Dopo aver attraversato la foresta tessile sospesa di WEST8, gruppo di architetti e paesaggisti olandesi, il visitatore è accolto dal monumentale Wall Drawing #1153 Ripples di Sol LeWitt, allestito su una grande parete del MAXXI per la prima volta: l’essenzialità del bianco e nero, il rapporto tra ombra e luce  testimoniano l’ultima, intensa stagione creativa dell’artista.
Continuando il percorso, tra i lavori in mostra Elica Milano di Carl AndreAssioma-Otto proposizioni di Vincenzo Agnetti, l’installazione Flying Garden/Air-Port-City di Tomás Saraceno, Senza titolo (Triplo Igloo) di Mario Merz, The Emancipation Approximation di Kara Walker, i quattro grandi carboncini della serie The general jungle or carrying on sculpting di Gilbert & George, l’importante donazione Piccolo Sistemadi Gianfranco Baruchello, le fotografie del progetto dedicato all’ospedale psichiatrico di via Pindemonte a Palermo di Letizia Battaglia, recentemente acquisite grazie al contributo degli Amici del MAXXI, Madre diMaurizio Cattelan, Orme I e Orme II di Alighiero BoettiSternenfall di Ansel Kiefer, Il Processo di Rossella Biscotti  e ancora un prestigioso prestito: i disegni per il fregio sulle sponde del Tevere di William Kentridge.
Tra le opere di architettura, esposti per la prima volta i progetti delle stazioni della metropolitana di Napoli realizzate tra gli altri da Dominique Perrault e Álvaro Siza, accanto a quelli per il ponte sullo stretto di Messina di Sergio Musmeci,  Pierluigi Nervi Giuseppe Perugini. E poi le 46 fotografie che compongono 72 ore a Roma di Helmut Newton, unico suo progetto fotografico di “paesaggio urbano”.
Il percorso prosegue al Centro Archivi con il progetto Interiors: dieci autori dalle Collezioni del MAXXI Architettura, tra cui Aldo Rossi, Carlo Scarpa, OBR, rappresentano attraverso progetti e parole le stanze del quotidiano.

GALLERIA 2 E SALA GIAN FERRARI | Primo piano | I Focus e gli Approfondimenti
L’esposizione continua al secondo piano, nella Galleria 2 e nella nuova sala dedicata a Claudia Gian Ferrari che, nel 2010, ha donato al MAXXI un’importante selezione di opere della sua collezione personale. Questi spazi ospitano a rotazione focus e approfondimenti sugli artisti in collezione.
Si comincia con quello dedicato a Bruna Esposito (fino a settembre 2017), di cui viene riallestita una delle prime opere entrate nella collezione del museo: l’installazione/performance e così sia.. del 2000, un mandala di legumi e spezie, dal forte valore simbolico, che l’artista ricomporrà dal vivo per tutta la durata della mostra. Esposti anche Oltremare, una stampa fotografica della donazione Gian Ferrari, DVD per la proiezione di un’ombra e una selezione di fotografie della serie Occhi (2016), macro immagini di occhi di pesce, di diverse dimensioni, dai colori luminosi e brillanti, che creano un dialogo con il pubblico.
Il percorso continua con due focus dedicati ai temi della città e della casa. Nel primo, dal titolo The Other Cityuna serie di disegni di architetture “immaginate” per Roma da Franco Pierluisi  fa da contrappunto ai modelli di opere realizzate, come la Moschea di Paolo Portoghesi, esposto per la prima volta, l’Auditorium di Renzo Piano, la Nuvola di Massimiliano Fuksas. E ancora: il lavoro fotografico di Gea Casolaro Maybe in Sarayevo, sessanta fotografie che potrebbero rappresentare qualsiasi città, ma tutte scattate a Sarajevo nell'ottobre 1998, le videoinstallazioni Freedom of Movement di Nina Fischer e Maroan el SaniQuando Roma si fa sentire di H. H. LimSleepers di Francis Alÿs e la Città ideale di Liliana Moro.
Nel focus sulla casa, dal titolo No Place Like Home, troviamo la ricostruzione in dimensioni reali della White U di Toyo Ito, il progetto di Aldo Rossi per Casa Alessi, gli scatti di Armin Linke e Hélène Binet dedicati alla Casa a Noto di Giuseppina Grasso Cannizzo, l’installazione Io son dolce sirena di Luca Maria Patella e opere di Francesco Arena, Micol Assaël, Gregorio Botta, Ilya ed Emilia Kabakov, Domenico Gnoli, Michelangelo Pistoletto, Oscar Tuazon e 3 video di Adelita Husni Bey, Wannes Goetschalckx, Wolf Kahlen.  
Completa l’offerta la reading room realizzata con il sostegno di MINI per ospitare approfondimenti e incontri con gli artisti della collezione.

I CATALOGHI
THE PLACE TO BE è anche l’occasione per la pubblicazione del Catalogo aggiornato della Collezione MAXXI Arte, edito da Quodlibet e organizzato in due sezioni: il catalogo generale delle opere e la sezione dedicata a premi, committenze e allestimenti tematici. Sarà inoltre disponibile l’e-book del Catalogo MAXXI Architettura, che comprende anche le nuove acquisizioni del 2016-2017.

LA NUOVA CAFFETTERIA-BOOKSHOP E IL NUOVO RISTORANTE
La rivoluzione creativa passa anche attraverso il ripensamento degli spazi interni di accoglienza, a partire da TYPO, la nuova caffetteria-bookshop ospitata nella sala delle ex caserme che, con i suoi accessi su via Guido Reni, crea un nuovo ingresso al MAXXI.
La caffetteria-bookshop sarà aperta anche oltre gli orari di apertura del museo.
Su Piazza Alighiero Boetti affaccia invece LINEA, il nuovo ristorante del MAXXI.
La gestione di LINEA e TYPO è stata affidata con gara europea al Consorzio Stabile SEAMAN,  che si avvarrà della collaborazione di Cristina Bowerman, chef stellata.
  
ELISABETTA BENASSI
MareoMerz, 2013
peschereccio, automobile, rete, m 9 x 12 x 3
foto Musacchio Ianniello, courtesy Fondazione MAXXI

MARIO MERZ 
Senza titolo (Triplo Igloo), 1984-2002
Foto Musacchio Ianniello, courtesy Fondazione MAXXI

UGO RONDINONE
Winter moon, 2012
Cast aluminum, white enamel
191 3/8 x 192 7/8 x 185 inches (486 x 490 x 470 cm)
Copyright Ugo Rondinone
courtesy the artist and Gladstone Gallery, New York and Brussels

BRUNA ESPOSITO
E così sia...,2000
posa in opera e installazione con disfacimento finale: legumi, cereali, alloro, fornello elettrico, recipiente in pirex, acqua 
foto Musacchio ianniello, courtesy Fondazione MAXXI

ALIGHIERO BOETTI
Orme (1), 1990
tecnica mista su carta intelata
Comodato collezione privata
Foto M3Studio  Courtesy Fondazione MAXXI