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18/02/22

Dopo 50 anni l'enorme attualità di "Arancia Meccanica" - Le questioni etiche, la violenza, il libero arbitrio

 


Di un capolavoro assoluto del cinema, come Arancia Meccanica (A Clockwork Orange), girato nel 1971 da Stanley Kubrick, non si finisce mai di parlare. 

Pochi altri film posseggono un alone leggendario come questo, e contengono implicazioni etiche sulla violenza e il libero arbitrio che lo rendono eternamente contemporaneo. 

In una recente intervista di Mariolina Venezia per Io-Donna/Corriere della Sera, è tornato a parlare l'indimenticabile protagonista Malcolm Mc Dowell, oggi ottantenne, che vive a Ojai in California, con i suoi 3 figli adolescenti (ne ha 5 in totale), che è tornato a raccontare curiosità riguardo le mitiche riprese di quel film che lo vide, a 25 anni, protagonista.

Fra l'altro Arancia Meccanica fu di gran lunga il film girato più rapidamente da Kubrick che, come è noto, trasformava i suoi set in estenuanti prove di resistenza (con l'apice toccato per Eyes Wide Shut, la cui produzione si è protratta praticamente per un intero decennio). 

Quel film fu invece realizzato in pochi mesi e Kubrick andò dritto all'obiettivo di trasformare il romanzo da cui film era stato tratto, scritto da Anthony Burgess in un apologo sulla libertà e sul libero arbitrio trascinato fino alle sue estreme conseguenze.

A parte le diatribe personali avute dopo l'uscita del film da Mc Dowell con Kubrick - l'attore ancora in questa ultima intervista sostiene di essere stato "truffato" da Kubrick che non gli riconobbe la percentuale sui diritti d'autore che gli aveva promesso prima di iniziare a girare (ragione per cui McDowell riesce nel corso dell'intervista ad avere parole più entusiaste per Lindsay Anderson, di cui fu protagonista del celebre If, piuttosto che per Kubrick)  - Malcolm - sullo schermo il fantastico e terribile Alex, capo dei drughi, ha ricordato l'ossessione di Kubrick per il tema del film che culminò nella maniacale cura con cui furono girate le scene della famosa "Cura Ludovico". Mc Dowell racconta che a causa di quei divaricatori oculari e del numero altissimo di ciak, rischiò anche dei seri danni all'occhio. 

Dal punto di vista dei contenuti, uno degli obiettivi del film che stava a cuore a Kubrick è il comportamentismo (psicologia comportamentale) sostenuto dagli psicologi John B. Watson e BF Skinner. Burgess disapprovava il comportamentismo, definendo uno dei libri più famosi sull'argomento scritto da uno dei più noti comportamentisti BF Skinner, Beyond Freedom and Dignity, pubblicato nel 1971, "uno dei più pericolosi mai scritti".

Sebbene i limiti del comportamentismo siano stati dichiarati dal suo principale fondatore JB Watson, Skinner affermava che la modifica del comportamento, in particolare il condizionamento operante (condizionamento che viene effettuato tramite tecniche alternate di ricompensa/punizione), più del "classico" condizionamento Watsoniano , è la chiave per un società ideale

Una tesi quantomeno inquietante. 

La Cura Ludovico nel film è ampiamente vista come una parodia della terapia dell'avversione più del classico, normale condizionamento

Mostrando il "riabilitato" Alex che rifiuta sia il sesso che la violenza, il film suggerisce che privandolo delle sue capacità di badare a se stesso, il condizionamento mentale di Alex attraverso la Tecnica Ludovico sta disumanizzando i suoi autori, proprio come gli atti di violenza di Alex nella prima parte del film avevano finito per disumanizzare lui.  

Fra l'altro, la tecnica che tende a condizionare Alex ad avere reazioni di sofferenza fisica di fronte alla violenza è simile al progetto MKUltra che era stato sviluppato dalla CIA negli anni '50

Secondo alcuni, la tecnica Ludovico può essere paragonata alle tecniche esistenti e moderne di castrazione chimica, rendendo la materia del film strettamente contemporanea.

Inoltre, il film permette di “porre lo spettatore di fronte alle sue pulsioni tabù” e quindi di considerare il cervello come un “covo di follia”. 

La società ritratta nel film, caratterizzata da crisi sociale e deriva totalitaria, fu accomunata secondo alcuni a un tipo di struttura comunista, per le evocazioni della cultura russa, come lo slang adolescenziale, creato da Burgess traendo ispirazione dal vocabolario russo, o affreschi di operai in stile Propaganda realista socialista sovietica , deturpata da disegni osceni, che si trovano sia nel film che nel romanzo. 

Tuttavia, nella lunga e storica intervista rilasciata a Michel Ciment, Kubrick rispose, alla domanda sull'esatta natura della società descritta, che essa rimane volutamente ambigua. Kubrick riconosce di fare paragoni nel film tra la destra e la sinistra e sente che c'è poca differenza tra i due: "Il ministro, interpretato da Anthony Sharp , è chiaramente una figura di destra. Lo scrittore, interpretato da Patrick Magee, è un pazzo di sinistra. Differiscono solo nei loro dogmi. Il loro modo di fare e gli obiettivi finali sono quasi gli stessi."  

Una metafora potentissima del potere di ogni tipo e grado e ideale, che ancora oggi turba e affascina. E che esprime il pessimismo di Kubrick e la potenza filosofica dei film che ci ha lasciato.

Fabrizio Falconi - 2022  

02/02/17

A Berlino verrà consegnato l'Orso d'Oro alla Carriera alla nostra Milena Canonero, la costumista di Barry Lindon e Arancia Meccanica.

i fastosi vestiti di Milena Canonero per "Barry Lindon" di Stanley Kubrick (1975).



Dopo la vittoria di Gianfranco Rosi, nel 2016, con "Fuocoammare", quest'anno non ci sarà nessuna pellicola italiana in concorso, ma l'Italia sarà presente alla Berlinale nell'omaggio alla costumista Milena Canonero alla quale sarà consegnato l'orso d'oro alla carriera.

Un riconoscimento che si affiancherà ai quattro premi Oscar (per Barry Lyndon, Momenti di gloria, Marie Antoniette e Grand Budapest Hotel) all'artista che esordì col capolavoro di Stanley Kubrick, Arancia Meccanica.

Milena Canonero, torinese, 71 anni, vive ormai da molti anni a Los Angeles assieme all'attore Marshall Bell.

Oltre ai quattro Oscar è stata altre cinque volte, per film come La mia Africa, Dick Tracy, Tucker - Un uomo e il suo sogno, Titus, L'intrigo della collana.

La sua dedica è "per tutti i costumisti".

fonte askanews

31/05/16

Francesco Piccolo e il Male sullo schermo. Non è stato Hitchcock ma Kubrick a scoperchiare il nostro cuore nero di spettatori.






Francesco Piccolo, nell'ultimo numero de La Lettura, riaffronta l'annosa questione del Male sullo schermo (Dalla parte del Male, 29 maggio 2016), prendendo a spunto il successo della violenta serie Gomorra 2, dove praticamente i buoni non esistono più, e i cattivi sono diventati perfino modelli da emulare, come avviene anche per House of Cards e innumerevoli altri prodotti dell'entertainment contemporaneo. 

Piccolo dedica quasi tutto il suo lungo articolo alla dimostrazione che il diritto di progenitura per questo sdoganamento del male, spetta di diritto ad Alfred Hitchcock, e in particolare al celebre Nodo alla gola (Rope), girato nel 1948, dove il genio londinese, ispirandosi ad un dramma teatrale di Patrick Hamilton (a sua volta ispirato da un fatto di cronaca, avvenuto nel 1924, l'assassinio gratuito di un ragazzino da parte di due giovani uniti da un legame omosessuale, che sconvolse l'America) mise in scena un incredibile film girato in unico ambiente, con 11 piani sequenza, considerato oggi una pietra miliare del cinema. 

La teoria di Piccolo - ampiamente ripresa dalla celebre intervista di Francois Truffaut a Hitchcock (Il cinema secondo Hitchcock, 1966) - è che fu proprio Hitchcock a sovvertire per la prima volta il senso morale dello spettatore, portandolo a schierarsi dalla parte dei due omicidi. Durante il film, dice Piccolo, Hitchcock induce lo spettatore a parteggiare per loro, a sperare che la celebre cassapanca dove i due hanno nascosto il corpo della vittima innocente, non venga aperta; che i due non vengano smascherati dal professore di filosofia Cadell (James Stewart) insospettito dal comportamento dei suoi due studenti, che hanno messo in pratica fino all'estremo, le sue teorie. 

La teoria di Piccolo non mi convince, perché l'ho sperimentata su di me. E in tutte le volte che ho visto quel film mi sono invece ritrovato dalla parte dello spettatore che 'spera' che i due vengano scoperti, cosa che non avviene (se non alla fine) per una serie fortuita di circostanze, che Hitchcock è maestro nell'accumulare, tenendo in pugno la curiosità dello spettatore. 

In realtà Hitchcock, come sanno quelli che l'hanno studiato, era il più moralista dei moralisti, e il suo gioco, nei suoi grandiosi film, è stato sempre quello di manipolare lo spettatore, mettendolo a conoscenza di cose che i protagonisti non sanno. 

Giocando insomma, con l'ansia di giustizia dello spettatore, ed esasperandone l'attesa. Senza sovvertirla mai, nei valori morali di riferimento. 

Mi sembra invece che se proprio si vuole trovare un capostipite di questo geniale e terribile rovesciamento morale, esso vada cercato in Stanley Kubrick e nel suo Arancia Meccanica (1971), tratto dal romanzo di Anthony Burgess. 

In quel film, infatti, per la prima volta, viene completamente rovesciato il senso morale dello spettatore, il quale - seguendo le atroci scorribande di Alex e della sua banda - è condotto per mano, prima a simpatizzare con il contesto (Alex è un delinquente glamour, un vero dandy, dai gusti raffinati, che si esalta con Beethoven e che pratica l'ultra violenza gratuita come fosse arte) - e poi a schierarsi decisamente con lui (con un omicida efferato, un violentatore, un sadico), quando il sistema, attraverso La cura Ludovico, lo trasforma in un docile agnello che prende calci e non li restituisce perché non può. 

Quando nel finale del film si intuisce che Alex è 'guarito' dalla cura, ed è tornato quello di prima, il suo ghigno efferato ha conquistato definitivamente lo spettatore.  Tutti, nessuno escluso, siamo felici che Alex sia diventato la bestia d'uomo che era prima. 

Nessuno era arrivato a tanto, e con tale esemplare chiarezza enunciativa.  Arancia Meccanica per la prima volta scoperchiava il cuore nero degli spettatori, e li costringeva, senza più filtri, a guardarvi per bene dentro. 

Fabrizio Falconi




16/07/14

Non si "deve" vedere tutto ! Curare ciò che entra dagli occhi.





La sottile dittatura globale sotto la quale viviamo ormai da qualche tempo ha imposto un nuovo paradigma. In effetti si vive ormai nella società della visione. 

Dove tutto non solo è consentito, e cioè visibile (e visibile per tutti e a tutti), ma tutto è anche raccomandabile o doveroso

Chi non vede o non vuole vedere è quantomeno fuori dal gioco e nel grande gioco della dittatura della visione è naturalmente un disfattista

La visione viene sollecitata, blandita, invitata, raccomandata, perseguita, propagata in ogni modo, grazie al Vaso di Pandora della tecnologia: su un campo di calcio una volta c'era una telecamera, oggi ce ne sono trentasette; in un solo scorrimento di una home di facebook, puoi gustarti cento video, cento immagini, dalle più orripilanti alle più suadenti; con i nuovi google glass puoi anche avere la tua visione soggettiva o la visione di un altro in un infinito gioco di aspetti narcisistici. 

E chi non vuole, chi si sottrae ? 

E' un inadeguato o un pauroso o un antico

La vecchia Cura Ludovico che Burgess e Kubrick avevano immaginato agli albori dei '70, costringevano il povero Alex (Malcolm Mc Dowell) a cibarsi di immagini di orrore e sesso, senza poter chiudere mai gli occhi.  I ferri lo costringevano a vedere.  Il veleno che gli iniettavano nel sangue serviva per associare a quelle immagini sensazioni di vomito e repulsione. 

La Cura Ludovico, però, falliva.   Alex, uscito pecorella dal trattamento, nelle ultime immagini del film è già pronto a tornare Lupo. 

Anche oggi siamo un po' tutti come Alex. Costretti a vedere tutto. Forse nella convinzione che vedere tutto ci renderà tutti più agnelli, più mansueti, meno bisognosi. 

Ma è difficile che andrà così. 

Gli occhi sono specchio dell'anima, recita un vecchio aforisma. Ma il senso dell'affermazione è bilaterale: non significa soltanto che ciò che è nell'anima passa, si vede attraverso gli occhi, ma anche il contrario e cioè che quello che entra dagli occhi va - passa, si vede - direttamente nell'anima. 

Per questo gli occhi hanno palpebre.  E' stato deciso così.  Vedere non è un dovere.  Vedere è e resta una libera scelta dell'essere, sempre. 
Chiudere gli occhi non vuol dire non vedere.  Chi chiude gli occhi, anzi, spesso ha gli occhi più spalancati degli altri che credono di vedere.

Eyes wide shut, diceva ancora Kubrick, nel suo testamento finale.